22/10/21

LA PERIZIA CONFERMA LA CORRELAZIONE, MA PER IL CONSIGLIO DI STATO…




Camilla Canepa “non aveva preso alcun farmaco e non aveva alcuna patologia pregressa”. La sua morte, per trombosi, “è ragionevolmente da riferirsi a un effetto avverso da somministrazione del vaccino anti Covid”.



Sono le conclusioni della perizia depositata dai consulenti della Procura di Genova, che indaga sulla morte della studentessa di 18 anni, vittima di una complicazione seguita alla somministrazione del siero Astrazeneca.
I consulenti, il medico legale Luca Tajana e l’ematologo Franco Piovella, “assolvono” anche i medici, il cui operato era oggetto di altri tre quesiti: sia chi ha vaccinato la ragazza, che chi l’ha poi visitata nei successivi ricoveri, il primo al pronto soccorso di Lavagna il secondo all'ospedale San Martino di Genova. L’esclusione di terapie farmacologiche particolari o di malattie pregresse solleva i vaccinatori da una delle possibili contestazioni: non aver tenuto conto della condizione di salute della giovane o di aver compilato il modulo dell’anamnesi in modo frettoloso. Inoltre, argomenta la perizia, un rapporto di 74 pagine, le conoscenze di quel momento storico sui vaccini e i possibili effetti avversi, non consentono di attribuire alcuna “imperizia” da parte di chi ha effettuato la vaccinazione, che si è svolta dunque “in modo regolare”.
C’è poi il capitolo della diagnosi, potenzialmente tardiva, di uno dei rarissimi casi di reazione avversa al vaccino. Camilla, studentessa di Chiavari che si stava preparando alla maturità, si era sottoposta volontariamente al vaccino, in occasione di un Open Day organizzato dalla Regione Liguria. Era la mattina del 25 maggio. Il 3 giugno la giovane si sente male. Si presenta al pronto soccorso più vicino, nel Comune di Lavagna, con forti mal di testa e fastidio per la luce. Le fanno una Tac, non trovano niente di preoccupante e la rimandano a casa. L’effettuazione di quell’esame, secondo i periti, è sufficiente per escludere responsabilità penali dei medici della struttura, nonostante la cefalea sia uno dei sintomi che possono indicare una trombosi in corso, una delle complicanze possibili del vaccino. La tesi dei periti solleva i medici da responsabilità anche tenendo in considerazione “i costi-benefici della somministrazione” del siero e le conoscenze che si avevano in quel momento. In altre parole: se ne discuteva ancora poco e non era “intuibile” la “correlazione con il vaccino”.
Il 5 giugno le condizioni di Camilla precipitano. Arriva al San Martino di Genova in condizioni ormai disperate, ha una semi paralisi, una trombosi in corso. Non basta un’operazione d’urgenza a salvarle la vita. La perizia, dunque, spazza via anche una delle ipotesi che si erano fatte strada nei primi giorni: la concausa di una piastrinopenia genetica, che non risultava dai documenti ufficiali.
Secondo il difensore della famiglia, Angelo Paone, l’esclusione di profili penalmente rilevanti non chiude la porta a responsabilità “se non penali almeno civili. La Tac che le è stata fatta era senza contrasto e già durante le prime dimissioni il livello delle piastrine era in calo. Inoltre, se è ragionevole il discorso sui costi-benefici, va detto che in quel momento Astra Zeneca era consigliato per età superiori ai 60 anni. E queste non sono opinioni, ma fatti”.

Il Fatto Quotidiano 22/10/2021




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