13/03/10

DE TÜTO VEN ‘NA FIN


De tüto ven ‘na fin” ripete, di tanto in tanto, la mia vicina di casa Anna Delladio in Zorzi, classe 1914.
Ha ragione. Infatti sta per finire anche il regno del signor P. L’aria in paese si è fatta pesante. La pentola a pressione sibila pericolosamente. Bisognerebbe abbassarle il fuoco sotto. Ma i pompieri sono fuori servizio e in troppi sperano di godersi il grande spettacolo della città in fiamme. C’è un clima da notte dei lunghi coltelli. Questa volta non ci saranno santi, il botto si sentirà lontano. La resa dei conti è alle porte e non ci risparmierà macerie e feriti. A Toronto, o a Vancouver, o in qualsiasi altro diavolo di posto si trovi in questo momento, i sonni del Grande Cameriere si stanno agitando. Le telefonate Italia – Canada e ritorno in questi giorni non si contano. Accidenti, proprio adesso, con tutti gli intrallazzi in corso… Non ci voleva davvero, cazzo!
Ma chi poteva immaginare un epilogo così imprevisto? Le cose sono precipitate (addosso al signor P) per la sua troppa supponenza. O forse per uno di quei casi del destino che ti si ritorcono contro proprio mentre credi di poter girare a tuo favore, ancora una volta, una situazione non esattamente positiva. E’ stata l’uscita dalla Giunta di un assessore, con violentissima sbattuta di porta, a non venire sufficientemente valutata nelle sue conseguenze. E da lì la catena degli eventi si è dispiegata a tutto vantaggio dell’uscente e di quelli che a lui si sono subito aggregati. Guarda un po’ te, alle volte…
Per la prossima legislatura il signor P aveva già programmato per bene le cose, certo di poter contare su un Consiglio ecumenico, tranquillo e obbediente. Per potersi avvicinare all’Evento con le redini dell’Amministrazione comunale ben salde in mano. Come sempre gli era capitato di tenere da trent’anni in qua. Tra le sue annate migliori, il nuovo quinquennio amministrativo, che si aprirà tra qualche mese, includerà il fatidico 2013, e far che tutto giri e fili liscio restando fuori dalla Stanza ovale sarà ardua veramente, anche per un filibustiere come lui. Prima di cedere, comunque, come capita a ogni despota che si rispetti, Il Grande Cameriere le proverà tutte in questi due mesi di manovre che gli restano. Ma non basterà! Non gli basteranno i voti delle maestranze Bortolas, né quelli arcisicuri provenienti dal suo feudo di Pampeago. Né gli sarà d’aiuto subissare di sms il suo fido, interessato elettorato. Né pagar grappe e grappini a destra e a manca. Né prometter ulteriori favori e patrocini. Questa volta non ha scampo. Non ci saranno 22 voti di scarto a suo favore, bensì oltre 100 a suo danno. Questa volta la squadra che gli fregherà la vittoria è ben assortita ed equilibrata. Ed è stata allestita con strategia inaspettata, piazzandogli con sapienza dei ruba-voti ovunque: nella Banda, nel Genzianella, nella Cornacci, nelle associazioni di categoria…
Finisce così un’era lunghissima, durata oltre 30 anni. Esce di scena il personaggio che più di tutti ha rappresentato la teseranità: il Grande Cameriere che, con indubbia capacità, è riuscito a soggiogare per 3 decenni consecutivi la quasi totalità del popolo locale. Allettandolo con sapienti equilibrismi, giochi e cotillons e disponendone poi a piacimento. L’uomo che ha saputo trarre il massimo vantaggio anche dalle pesantissime tragedie patite dalla valle (dal Cermìs 1 al Cermìs 2, passando per Stava). L’uomo che all’indomani del 3 febbraio 1998, con i 20 cadaveri ancora caldi all’obitorio, in televisione ebbe il coraggio di dire “Adesso i Mondiali dovranno darceli per forza”.

L’Orco

10/03/10

LETTERE & INTERVENTI


Ringrazio Alex Bernard (Evgeny) per questo suo bell’intervento. Spero che la sua lezione di “economia territoriale” applicata, che in gran parte faccio mia, possa essere anche di esempio agli aspiranti prossimi consiglieri comunali. Se avessimo la certezza che chi ci amministra analizzasse ognuna delle tante questioni di carattere urbanistico e territoriale, che transitano nelle aule consiliari, con il rigore scientifico e analitico, e il giusto senso critico che il lettore verificherà essere propri del pezzo qui di seguito riprodotto, forse noi, semplici cittadini, dormiremmo più serenamente. A.D.


Caro Ario,

Raccolgo il tuo invito a commentare i recenti progetti della PAT sulla costruzione della strada di Milón.
Sto mettendo brutalmente il culo nelle pedate e lo faccio con l'ingenuità del giovane che crede nella politica delle idee e della convergenza di interessi. Le opinioni che ho espresso sono strettamente personali, per questo mi sono firmato Evgeny, sebbene sia uno pseudonimo ormai vacuo.
Spero che il dibattito possa valicare gli stretti confini del web e continuare fra la popolazione di Tesero. Chissà che non serva, se non per quest’ affare, per il futuro.

Mi scuso se abuserò dello spazio che mi concedi e della pazienza del lettore. Non scrivo per coerenza, una qualità che non credo sia sempre facile da identificare, ma per offrire al lettore un punto di vista contro la realizzazione della ormai famosa strada. Lascerò spazio anche per qualche argomento a favore (non mi nego a nessuno). La mia posizione è la seguente: sono contrario alla costruzione della strada di Milón.
La mia tesi è: la realizzazione di questa strada è uno spreco di risorse che non porta alcun beneficio. E’, anzi, la triste metafora della “strada” sbagliata che ha preso lo sviluppo turistico dei nostri paesi, delle nostre valli, del Trentino. E' un errore perché affronta un problema reale – la distanza delle nostre stazioni turistiche e delle nostre montagne dai grandi mercati di sbocco – con i mezzi sbagliati. Cercherò di spiegare perché, partendo dall'unico argomento a favore della “bretella-con-galleria” che sono riuscito a trovare.
Si potrebbe sostenere che la strada di Milón devierà il traffico da e per Pampeago-Lavazé, lasciando in gran parte il Paese di Tesero libero dal traffico. Gli abitati di Socce e via Roma ne beneficerebbero per primi in maggior misura. Questo argomento ha un certo appeal in quanto si può a ragione sostenere che, nei giorni di gran traffico, la strada di Fondovalle ha dimostrato di raggiungere lo scopo per cui era stata costruita. In mancanza di dati e di un controfattuale, l'occhio ci aiuta, tenendo conto dell'enorme incremento di mezzi che transitano nella nostra valle oggi rispetto a un decennio fa (bisogna chiedersi cioè come sarebbe il traffico in Paese oggi senza la Fondovalle).
Il problema é che nessuno, proprio nessuno, ci garantisce che una volta che la nuova strada sarà lì, bella pronta, il turista così come il locale, proveniente da Egna o da Cembra, la userà per raggiungere le bianche piste dell'Alpe (posto che ciò sia la sua destinazione!). Per raggiungere lo scopo (paesi meno congestionati) bisognerebbe trovare una fata che seleziona ogni automobilista secondo il suo volere oppure mettere un bel casello all'ingresso della valle incantata e all'uscio di ogni Paese, con tanto di stanga e pedaggio; oppure, ancora una vignetta in stile austriaco. Follia amministrativa o soluzione innovativa? Chissà.
La realtà è molto più semplice (benché in pochi se ne rendano conto), il transito da e per Pampeago é una piccolissima parte del traffico complessivo. Al contrario, il problema di cui stiamo discutendo è infinitamente più complesso. Esso si basa su tre “paradossi”.
Primo paradosso. Per anni le statistiche provinciali e quelle sugli andamenti turistici delle valli di Fiemme e Fassa hanno mostrato un costante incremento di arrivi e presenze. Uno sviluppo incredibile spinto dal concomitante incremento della domanda mondiale di turismo e dai sussidi pubblici all'offerta. Un'offerta di basso profilo ritenuta ancor oggi insufficiente, nonostante i prezzi “reali” medi non superino i 40 Euro la mezza pensione.
Secondo paradosso. Nonostante la crescente domanda non si è badato a potenziare le infrastrutture di trasporto, né interne (vedi il “buco” annuale della Trentino Trasporti), né di collegamento (aeroporto civile, treno, trenini), ovvero, i due mezzi non auto-mobili. Infine, non esiste un vero mercato dei taxi, né un'alternativa “sostenibile” all'automezzo.
Allo stesso tempo, vi è un’endemica carenza di strutture e servizi per il tempo libero. Non c’é un vero centro sportivo con piscina e zona salute, la palestra di roccia è un giocattolo privato costruito con soldi pubblici, non vi sono servizi per la popolazione locale come per il turista (in un siffatto contesto chi non passeggia sulle cime del Lagorai, si annoia a morte o si dedica all'alcol...).
Terzo paradosso. Democratico è bello. Mentre si discute di come sarebbe bello il “nuovo golf” per attirare i turisti first class, per più di un decennio si è reso lo sci molto “democratico”. Si è fatto con lo sci alpino quello che gli americani hanno fatto con i mutui-casa. Prova ne sia il sito del Corriere della Sera, ove il Trentino fa bella mostra di sé come paradiso low cost degli sport invernali con slogan quali: “Sulle Dolomiti si scia gratis”
http://viaggi.corriere.it/nazioni/europa/italia/trentino.shtml (ma attenti, un panino con una fetta di speck costa 5 Euro!). Ora, il paradosso è che come tutti gli economisti sanno bene “there is no free lunch”, appunto. Paga sempre “pantalone”, almeno la differenza fra il prezzo dello ski-pass e il suo costo (può coprire uno ski-pass a 30 Euro i costi quando a Saint Moritz costa 70 CHF e a Vail in Colorado 100$?).
E' evidente, a questo punto, che risolvere il problema del traffico, del sovraffollamento, del turismo sub-prime “mordi e fuggi”, significa affrontare tutti e tre questi paradossi. Il turismo trentino ha subito negli ultimi anni una profonda mutazione. Un' “eterogenesi dei fini” direbbe Hegel, quando l'impatto quantitativo del numero di turisti finisce per mutare la qualità del servizio stesso, ovvero lo scopo ultimo del sistema locale (promuovere e conservare il territorio). Porre freno o rimedio a questo sviluppo erratico (e pericoloso) del turismo e dell'economia richiede di ripensare noi stessi. Dobbiamo porre maggior enfasi sulla qualità del servizio e del territorio. Collaborare maggiormente fra operatori turistici e altri settori privati e pubblici. Un'impresa titanica, che richiede idee, spirito d’iniziativa, coraggio. E che, ammetto, ha costi di breve periodo molto elevati (e risultati forse incerti).
E' possibile che una nuova strada possa essere un piccolo tassello di questo grande mosaico. Quello che é certo è che una strada fuori da questo contesto nuovo, non sarà altro che uno spreco di risorse, una lingua d'asfalto destinata ad essere percorsa da pochi. Ancora, una dose di morfina per quell'occasionale irrazionale eccitazione che colpisce le nostre valli a Capodanno e a Carnevale.
Per finire, non c'è evidenza alcuna che la strada di Milón possa risolvere i problemi per cui sembra essere concepita (e se ci fosse evidenza sarebbe bello e trasparente averne la documentazione).
Come teserani, tuttavia, vorremmo vedere un progetto più organico, una qualche idea su come impedire ai TIR di transitare a 80 km all'ora in via Roma, un progetto di ski-bus on-demand più flessibile e organizzato, un percorso ciclabile come suggerito dal Sig. Zanon, un’alternativa di mobilità locale. Non siamo noi esiliati culturali a sognare cose impossibili, è anche la gente che ce le chiede. Il nostro futuro sta nelle idee. Ma si sa, produrre idee è molto più difficile che distribuire soldi pubblici.

Evgeny

P.s. Breve nota metodologica. In questo breve commento mi sono basato sulle seguenti assunzioni. 1) scopo dell’azione pubblica è la massimizzazione del benessere collettivo (ovvero la massimizzazione dell’utilità di chi sta peggio (Rawls)); 2) la costruzione di opere pubbliche segue un’analisi costi-benefici quantificabili o comunque stimabili; 3) le decisioni sono prese in un contesto democratico, ma sotto l’influenza di gruppi di pressione e in presenza di asimmetrie informative.
Tutte queste assunzioni mi sembrano ragionevoli. Tuttavia, l’interazione della 3) con la 1), ad esempio, potrebbe portare al perseguimento di obiettivi diversi.
Contrariamente a quanto si è spesso sostenuto su questo blog, io non credo che l’esito sub-ottimale che abbiamo raggiunto sia dovuto al fallimento del mercato. La stessa crisi globale è un esempio largamente incompreso del contrario. Entrambi questi esempi sono, infatti, il frutto dell’assenza di mercato come luogo d’innovazione e meccanismo di trasmissione delle informazioni, mentre sono segnati dal predominio del dirigismo pubblico dove esso non servirebbe. Costruire strade inutili, sussidiare imprese private con soldi pubblici in un’economia matura e scrivere regole disincentivanti, sono solo alcuni esempi.

09/03/10

LETTERE & INTERVENTI


Diamo ulteriore visibilità al commento di Lorenzo, che ringraziamo per l’ottima sintesi del “quadro” complessivo.

Be', caro Ario, io credo che non sia tanto una questione di capacità di intendere e volere. Quella la possiedono in molti! Il problema, a mio parere, è ben più grave. Parlando con numerose persone, per quel poco che mi è stato possibile, ho potuto carpire un malumore diffuso, almeno riguardo alla fatidica bretella. Quasi tutti però tacciono, alcuni per convenienza, altri per quello che io definirei come un istinto di sopravvivenza. La passività che ci contraddistingue è dunque ancor più meschina, perché consapevole. La coerenza è ahimè difficile esercizio (anche e a volte soprattutto per il sottoscritto), ed è per questo che rispetto te e l'Orco, seppur non condivida in pieno le vostre idee. Per citare ancora una volta Settembrini, chi viene additato come "criticone" deve indossare il più delle volte una maschera, se vuole essere perlomeno accettato. Manca la disponibilità a "captare" ed elaborare le critiche, e vi è un fastidioso pregiudizio nei confronti di chi tali pareri contrapposti tende a produrli. La descrizione dell'incontro con i "capoccia" che tu provocatoriamente ipotizzi ha un che di verosimile. Magari al termine della serata, se qualche residuo focolaio di resistenza sarà ancora acceso, i membri saranno liquidati con una risposta "da bar" ovviamente condita da qualche sana bestemmia, cosa che peraltro mi è già capitato di vedere qualche tempo fa quando un politico così reagì a delle civili ed argomentate, seppur accalorate e discutibili, critiche. Per ciò che riguarda la bretella, ci sono due ragioni che dovrebbero sconsigliarne la realizzazione: la pura e semplice razionalità ed il parere dell'opinione pubblica (che, ripeto, mi sembrava essere contrario). Ormai non vale più la pena illudersi sulla prima ed è meglio confidare nella seconda. Come andrà a finire? Con solidarietà,

Lorenzo

Ti segnalo che da qualche giorno “fuori onda” sto ricevendo parecchie e-mail molto incazzate contro questo intollerabile silenzio del Comune. Vedremo come evolve. Ciao,
Ario

07/03/10

OSTERIE E SILENZI



Siamo in attesa del pronunciamento del Consiglio comunale, fiduciosi che l’assemblea deliberativa di Tesero, all’unanimità, o, al limite, anche soltanto a maggioranza semplice (8 consiglieri), decida di non autorizzare la realizzazione della ormai famigerata bretella Milón - Valena dal Morto e rimandi al mittente quella proposta di scempio sul nostro territorio.
Ma la fiducia è uno stato vago e speranzoso dello spirito nell’attesa che qualcosa accada, mentre l’esperienza è la sedimentazione, nel proprio vissuto, del susseguirsi dei fatti. E l’esperienza in questo caso ci fa temere che quel qualcosa trovi sul suo percorso parecchi inciampi e difficilmente si compia. Da 43 anni ininterrotti, esattamente dal 1967, c’è una macroscopica anomalia all’interno dell’assemblea comunale che impedisce il sereno confronto e il dibattito tra gli amministratori nell’esclusivo interesse generale del paese: la presenza di uno o più rappresentanti della ITAP s.p.a. Quarantatré anni di condizionamenti, di suggerimenti, di veti, di imposizioni, di conflitti d’interesse, esercitati vieppiù con arroganza, che hanno trasformato il consesso comunale in una succursale del c.d.a. di quella società turistica.
Più il tempo passa, più netta è l'impressione che il Consiglio comunale, anziché un organo di rappresentanza correttamente e democraticamente dialogante con la cittadinanza (che l’ha eletto e alla quale tra non molto tornerà a chiedere voti) sia un’improvvisata compagnia di burattini (con relativo burattinaio) e di (s)comparse che a comando risponde ai vari comitati d’affari.
A farne le spese è la buona amministrazione e la capacità di reazione e di vigilanza della popolazione. Quanti Teserani, tra silenzi e bugie, sono al corrente di ciò che sta accadendo? Di sicuro non molti. È un paese apatico, svogliato, senza un’opinione. E questa “classe dirigente” di certo non aiuta. Le osterie traboccano di avventori che riescono a malapena a pettegolare (quando va di lusso), riportando cose dette da altri, senza sapere di che cosa stiano parlando, né del perché. D’altronde, si sa, i bicchieri lubrificano le gole, non il cervello, e così, tra gente che svuota il carico pisciando tranquilla nel tombino di Cavada e gente che respira aria buona, fumando e sbevazzando da mane a sera davanti al bar Bolini, o al Tolo, gli inquilini del Palazzo possono dormire sonni tranquilli. È un paese distratto, molto distratto.
In questo contesto agire è ‘na parola! Se ci fosse tempo si potrebbe proporre un referendum. Ma servono un bel po’ di firme. E chi le raccoglie? Qualcuno ipotizza una scesa in piazza. Anche questa idea non sarebbe male se solo ci fosse la certezza di non perdersi poi in un tumultuoso assembramento di una o due persone! I precedenti non sono rassicuranti. Il coraggio all’esposizione pubblica, che non sia organizzata dai riconosciuti centurioni del borgo, non è esattamente il punto di forza della nostra popolazione. Meglio, molto meglio sarebbe organizzare per bene il boicottaggio del voto. Cosa, almeno in teoria, più fattibile. Ovviamente, a questo punto, bisognerà aspettare l’esito del pronunciamento consiliare sulla Milón-48 (concediamogli ancora quest’ultima prova d’appello), poi, nello sciagurato caso che il NO GRAZIE! non venga pronunciato, ci si può organizzare.
Se i 15 caleranno le braghe anche stavolta, boicottiamo il voto e rinunciamo a questa inutile e pericolosa assemblea. Sì, boicottiamolo! Giunti a tanto, anche un funzionario palermitano sarà meglio di questo bolso ciarpame. Per contrappasso, visti i nefandi accadimenti susseguitisi dal ’67 in poi sotto l’alto patrocinio ITAP, questo paese, per rinascere e per disinfestare le aule del municipio dal ristagnante fetore pampeaghiano, merita di sbafarsi almeno quarant’anni di commissario.

L’Orco

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
Foto di Euro Delladio

MINU

MINU
Foto di Sabina

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