10/03/10

LETTERE & INTERVENTI


Ringrazio Alex Bernard (Evgeny) per questo suo bell’intervento. Spero che la sua lezione di “economia territoriale” applicata, che in gran parte faccio mia, possa essere anche di esempio agli aspiranti prossimi consiglieri comunali. Se avessimo la certezza che chi ci amministra analizzasse ognuna delle tante questioni di carattere urbanistico e territoriale, che transitano nelle aule consiliari, con il rigore scientifico e analitico, e il giusto senso critico che il lettore verificherà essere propri del pezzo qui di seguito riprodotto, forse noi, semplici cittadini, dormiremmo più serenamente. A.D.


Caro Ario,

Raccolgo il tuo invito a commentare i recenti progetti della PAT sulla costruzione della strada di Milón.
Sto mettendo brutalmente il culo nelle pedate e lo faccio con l'ingenuità del giovane che crede nella politica delle idee e della convergenza di interessi. Le opinioni che ho espresso sono strettamente personali, per questo mi sono firmato Evgeny, sebbene sia uno pseudonimo ormai vacuo.
Spero che il dibattito possa valicare gli stretti confini del web e continuare fra la popolazione di Tesero. Chissà che non serva, se non per quest’ affare, per il futuro.

Mi scuso se abuserò dello spazio che mi concedi e della pazienza del lettore. Non scrivo per coerenza, una qualità che non credo sia sempre facile da identificare, ma per offrire al lettore un punto di vista contro la realizzazione della ormai famosa strada. Lascerò spazio anche per qualche argomento a favore (non mi nego a nessuno). La mia posizione è la seguente: sono contrario alla costruzione della strada di Milón.
La mia tesi è: la realizzazione di questa strada è uno spreco di risorse che non porta alcun beneficio. E’, anzi, la triste metafora della “strada” sbagliata che ha preso lo sviluppo turistico dei nostri paesi, delle nostre valli, del Trentino. E' un errore perché affronta un problema reale – la distanza delle nostre stazioni turistiche e delle nostre montagne dai grandi mercati di sbocco – con i mezzi sbagliati. Cercherò di spiegare perché, partendo dall'unico argomento a favore della “bretella-con-galleria” che sono riuscito a trovare.
Si potrebbe sostenere che la strada di Milón devierà il traffico da e per Pampeago-Lavazé, lasciando in gran parte il Paese di Tesero libero dal traffico. Gli abitati di Socce e via Roma ne beneficerebbero per primi in maggior misura. Questo argomento ha un certo appeal in quanto si può a ragione sostenere che, nei giorni di gran traffico, la strada di Fondovalle ha dimostrato di raggiungere lo scopo per cui era stata costruita. In mancanza di dati e di un controfattuale, l'occhio ci aiuta, tenendo conto dell'enorme incremento di mezzi che transitano nella nostra valle oggi rispetto a un decennio fa (bisogna chiedersi cioè come sarebbe il traffico in Paese oggi senza la Fondovalle).
Il problema é che nessuno, proprio nessuno, ci garantisce che una volta che la nuova strada sarà lì, bella pronta, il turista così come il locale, proveniente da Egna o da Cembra, la userà per raggiungere le bianche piste dell'Alpe (posto che ciò sia la sua destinazione!). Per raggiungere lo scopo (paesi meno congestionati) bisognerebbe trovare una fata che seleziona ogni automobilista secondo il suo volere oppure mettere un bel casello all'ingresso della valle incantata e all'uscio di ogni Paese, con tanto di stanga e pedaggio; oppure, ancora una vignetta in stile austriaco. Follia amministrativa o soluzione innovativa? Chissà.
La realtà è molto più semplice (benché in pochi se ne rendano conto), il transito da e per Pampeago é una piccolissima parte del traffico complessivo. Al contrario, il problema di cui stiamo discutendo è infinitamente più complesso. Esso si basa su tre “paradossi”.
Primo paradosso. Per anni le statistiche provinciali e quelle sugli andamenti turistici delle valli di Fiemme e Fassa hanno mostrato un costante incremento di arrivi e presenze. Uno sviluppo incredibile spinto dal concomitante incremento della domanda mondiale di turismo e dai sussidi pubblici all'offerta. Un'offerta di basso profilo ritenuta ancor oggi insufficiente, nonostante i prezzi “reali” medi non superino i 40 Euro la mezza pensione.
Secondo paradosso. Nonostante la crescente domanda non si è badato a potenziare le infrastrutture di trasporto, né interne (vedi il “buco” annuale della Trentino Trasporti), né di collegamento (aeroporto civile, treno, trenini), ovvero, i due mezzi non auto-mobili. Infine, non esiste un vero mercato dei taxi, né un'alternativa “sostenibile” all'automezzo.
Allo stesso tempo, vi è un’endemica carenza di strutture e servizi per il tempo libero. Non c’é un vero centro sportivo con piscina e zona salute, la palestra di roccia è un giocattolo privato costruito con soldi pubblici, non vi sono servizi per la popolazione locale come per il turista (in un siffatto contesto chi non passeggia sulle cime del Lagorai, si annoia a morte o si dedica all'alcol...).
Terzo paradosso. Democratico è bello. Mentre si discute di come sarebbe bello il “nuovo golf” per attirare i turisti first class, per più di un decennio si è reso lo sci molto “democratico”. Si è fatto con lo sci alpino quello che gli americani hanno fatto con i mutui-casa. Prova ne sia il sito del Corriere della Sera, ove il Trentino fa bella mostra di sé come paradiso low cost degli sport invernali con slogan quali: “Sulle Dolomiti si scia gratis”
http://viaggi.corriere.it/nazioni/europa/italia/trentino.shtml (ma attenti, un panino con una fetta di speck costa 5 Euro!). Ora, il paradosso è che come tutti gli economisti sanno bene “there is no free lunch”, appunto. Paga sempre “pantalone”, almeno la differenza fra il prezzo dello ski-pass e il suo costo (può coprire uno ski-pass a 30 Euro i costi quando a Saint Moritz costa 70 CHF e a Vail in Colorado 100$?).
E' evidente, a questo punto, che risolvere il problema del traffico, del sovraffollamento, del turismo sub-prime “mordi e fuggi”, significa affrontare tutti e tre questi paradossi. Il turismo trentino ha subito negli ultimi anni una profonda mutazione. Un' “eterogenesi dei fini” direbbe Hegel, quando l'impatto quantitativo del numero di turisti finisce per mutare la qualità del servizio stesso, ovvero lo scopo ultimo del sistema locale (promuovere e conservare il territorio). Porre freno o rimedio a questo sviluppo erratico (e pericoloso) del turismo e dell'economia richiede di ripensare noi stessi. Dobbiamo porre maggior enfasi sulla qualità del servizio e del territorio. Collaborare maggiormente fra operatori turistici e altri settori privati e pubblici. Un'impresa titanica, che richiede idee, spirito d’iniziativa, coraggio. E che, ammetto, ha costi di breve periodo molto elevati (e risultati forse incerti).
E' possibile che una nuova strada possa essere un piccolo tassello di questo grande mosaico. Quello che é certo è che una strada fuori da questo contesto nuovo, non sarà altro che uno spreco di risorse, una lingua d'asfalto destinata ad essere percorsa da pochi. Ancora, una dose di morfina per quell'occasionale irrazionale eccitazione che colpisce le nostre valli a Capodanno e a Carnevale.
Per finire, non c'è evidenza alcuna che la strada di Milón possa risolvere i problemi per cui sembra essere concepita (e se ci fosse evidenza sarebbe bello e trasparente averne la documentazione).
Come teserani, tuttavia, vorremmo vedere un progetto più organico, una qualche idea su come impedire ai TIR di transitare a 80 km all'ora in via Roma, un progetto di ski-bus on-demand più flessibile e organizzato, un percorso ciclabile come suggerito dal Sig. Zanon, un’alternativa di mobilità locale. Non siamo noi esiliati culturali a sognare cose impossibili, è anche la gente che ce le chiede. Il nostro futuro sta nelle idee. Ma si sa, produrre idee è molto più difficile che distribuire soldi pubblici.

Evgeny

P.s. Breve nota metodologica. In questo breve commento mi sono basato sulle seguenti assunzioni. 1) scopo dell’azione pubblica è la massimizzazione del benessere collettivo (ovvero la massimizzazione dell’utilità di chi sta peggio (Rawls)); 2) la costruzione di opere pubbliche segue un’analisi costi-benefici quantificabili o comunque stimabili; 3) le decisioni sono prese in un contesto democratico, ma sotto l’influenza di gruppi di pressione e in presenza di asimmetrie informative.
Tutte queste assunzioni mi sembrano ragionevoli. Tuttavia, l’interazione della 3) con la 1), ad esempio, potrebbe portare al perseguimento di obiettivi diversi.
Contrariamente a quanto si è spesso sostenuto su questo blog, io non credo che l’esito sub-ottimale che abbiamo raggiunto sia dovuto al fallimento del mercato. La stessa crisi globale è un esempio largamente incompreso del contrario. Entrambi questi esempi sono, infatti, il frutto dell’assenza di mercato come luogo d’innovazione e meccanismo di trasmissione delle informazioni, mentre sono segnati dal predominio del dirigismo pubblico dove esso non servirebbe. Costruire strade inutili, sussidiare imprese private con soldi pubblici in un’economia matura e scrivere regole disincentivanti, sono solo alcuni esempi.

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