19/02/09

BEVERLY MILLS


Il 17 febbraio del 2009 passerà alla storia come il giorno in cui Silvio Berlusconi vinse due volte. Il cavalier Berlusconi, infatti, ha stravinto in Sardegna, grazie alla sua ben nota capacità di combinare populismo e interessi economici, (nel caso della Sardegna i suoi principali alleati sono stati quei costruttori che trasformeranno l'isola in una colata di cemento), e ha vinto sul terreno politico-giudiziario, riuscendo a evitare una condanna per corruzione in atti giudiziari grazie a una legge che va sotto il nome di lodo Alfano. Il cosiddetto lodo, che dovrebbe tutelare le alte cariche dello stato, è stato controfirmato dal presidente della Repubblica e congegnato con tempestività da Berlusconi per evitare la spada di Damocle del caso Mills. Questa la gravità dell'accaduto. Ora il lodo Alfano deve ancora essere sottoposto al vaglio della corte costituzionale ma intanto è riuscito a evitare che un presidente del consiglio fosse condannato, sia pure in primo grado, per un reato gravissimo, indegno di qualsiasi uomo politico in un sistema democratico. Ci preme fornire alcune chiavi di lettura del processo che si è concluso ieri con la condanna a 4 anni e 6 mesi per David Mills, l'uomo che costruì l'impero off shore del gruppo Fininvest e che disse davanti ai Pm, prima di ritrattare: «Berlusconi a titolo di riconoscenza per il modo in cui ero riuscito a proteggerlo nel corso delle indagini giudiziarie e dei processi aveva deciso di destinare a mio favore una somma di denaro» (600.000 dollari!). In un paese civile basterebbe quella frase per indurre il capo del governo alle dimissioni, nel sistema berlusconiano invece le leggi ad personam, ovvero il conflitto d'interessi che si traduce poi in ogni campo, da quello giudiziario a quello politico ed economico, nella combinazione minuziosa di interessi pubblici e privati, è diventato un sistema di governo, un modello politico e culturale. Non c'era nulla di casuale nel comportamento assunto dal presidente del consiglio nella fase successiva alla vittoria elettorale: quando Berlusconi nell'aprile del 2008 ha portato a casa la maggioranza del parlamento ha capito subito che da Milano sarebbe potuto arrivare un verdetto assai insidioso e così con una spregiudicatezza senza precedenti, ha mandato all'aria le illusioni veltroniane di un confronto civile tra maggioranza e opposizione e ha paralizzato il parlamento per dar vita al lodo Alfano. Lo scaltro leader del Pdl sapeva, ben consigliato dai suoi legali, che nel processo Mills c'erano tutti gli elementi per una condanna pesante e così applicando il suo sistema di governo ha fatto leva sui suoi poteri pubblici per difendere i suoi interessi privati. Non basta, gli uomini del cavaliere hanno pensato a tutto. Gli osservatori più attenti ci ricordano infatti che nella riforma della giustizia che dovrebbe essere approvata dal parlamento c'è una chicca: gli atti del processo Mills non potranno essere acquisiti in un eventuale processo a Berlusconi, qualora in un prossimo futuro il cavaliere non fosse più coperto dallo scudo del lodo Alfano. In tanta amarezza politica resta l'ironia della sorte: nel dispositivo di condanna si prevede che l'avvocato Mills risarcisca la presidenza del consiglio italiano. Più vincente di così non si poteva.

Bruno Perini

17/02/09

SCRICCHIOLIO SUPREMO E SINISTRO



Le ultime settimane ci hanno regalato altri segni di cedimento del sistema economico globalizzato. A causa di una serie di scompensi clamorosi l'intero sistema bancario britannico stava per essere congelato per decreto assieme ai conti correnti dei cittadini di Sua Maestà. L'amministrazione Usa, nonostante la svolta annunciata da Barak Obama, si guarda bene dallo smantellare il potere di ricatto dei banchieri legati alla Federal Reserve. Ancora i media stanno più o meno occultando la questione dei debiti incalcolabili (pari a mezzo pil del mondo più o meno) che stanno nelle pance delle banche europee senza dirci chi siano i creditori. Ma anche se disponessimo di altre informazioni ormai la sostanza del problema è chiara. Occorre un cambio di passo, una catarsi, una svolta. E occorre pensare a muoversi. Ribadisco per l'ennesima volta che le notizie faticano a circolare anche perché nel mondo il 90% dei media main-stream è posseduto da sole 10 conglomerate. Ogni contributo è ben accetto.


L'IPER-FRODE L'economista americano Micheal Hudson, intervistato di recente da una televisione iraniana, ha ribadito per l'ennesima volta che la crisi economica di questi ultimi mesi avrebbe una funzione ben precisa: quella di permettere ai big dell'economia mondiale di prepararsi ad un nuova stagione mondiale dopo aver letteralmente arraffato asset reali alla gente che fa lavori «veri». La modalità è perversa e si sintetizza così: «dare i soldi dei creditori ai debitori e lasciare a secco i creditori». I primi passi della presidenza di Barak Obama sarebbero la conferma di una ipotesi che appare sempre più verificata dai fatti. Stavolta il gioco però si fa più complicato rispetto alla crisi del 1929. «Lo scricchiolio è supremo e sinistro» ho letto su un commento ironico ma non troppo ad un piccolo reportage pubblicato su Youtube. Ad ogni modo stavolta giocare col fuoco potrebbe provocare uno schianto di dimensioni planetarie e grazie alla globalizzazione il giocattolo potrebbe rompersi, anche quello delle elite bancarie che hanno avviato questo processo sperando di lucrarvi. Alcuni passaggi inquietanti di questo percorso li ho illustrati in un mio articolo pubblicato su lasberla.net. In quel pezzo ho puntato l'indice sulla condizione delle banche dell'eurozona che da sole detengono nei loro bilanci quote immani di debiti derivanti da titoli tossici. La cifra è incredibile. Ben 18 trilioni di euro; in pratica meno della metà del Pil del mondo. Sempre in quel pezzo ho scritto che la strategia degli aiuti pubblici alle banche nasconde (male peraltro) il piano grazie al quale intere porzioni di stati potrebbero passare in mani private. E la situazione internazionale in queste ultime settimane rimane fosca.


IL GRANDE CRAC Il quotidiano britannico Daily Mail, era il 24 gennaio, ha rivelato che «... Il ministero del Tesoro stava preparando l’ordine di chiusura degli sportelli bancari, lo stop alle transazioni elettroniche ed il blocco totale dei bancomat. Il primo ministro Gordon Brown stava per apparire in tv a reti unificate per annunciare che l’intero sistema finanziario inglese sarebbe stato nazionalizzato». In pratica una apocalisse finanziaria che si sarebbe potuta espandere in un baleno al resto del mondo. Pare che in quelle ore decine di conti di super ricchi siano stati svuotati in contanti dai titolari, temendo che di lì a qualche giorno non ci sarebbe più stata liquidità per nessuno.


LO SCENARIO Oggi questo è il quadro degli eventi. Io non so se il mondo ne uscirà indenne. Forse per avere una speranza c'è bisogno che si rompa le ossa. Ma credo che le diagnosi senza uno straccio di cura valgano poco. Siamo obbligati perciò a guardare prima avanti, poi indietro alla storia e poi a guardare dentro di noi. In questi anni ho sentito tante possibili soluzioni: decrescita felice, ritorno ad una nazione basata sui valori della tradizione precristiana o pagana (concetto quasi evoliano), neocomunismo, capitalismo etico e solidale, democrazia del web, Venus Project e tanti altri.


LA PROSPETTIVA Al momento mi limito a dire solo una cosa. La storia ci insegna che elite ristrette hanno sempre o quasi avuto la meglio nei confronti della massa. Lo strumento principale è stato non la forza, ma la manipolazione del senso del limite. La chiesa ad esempio per secoli ha fondato il suo potere arrogandosi l'interpretazione di questa sorta di hybris, limite che in alcune fattispecie è vitale per la nostra sopravvivenza. Oggi le elite bancarie (che come dice Massimo Fini sono solo le mosche cocchiere perché la carrozza in realtà non la governa più nessuno) hanno il bastone del potere per ragioni identiche ma opposte. Ovvero perché si sono arrogate in un certo qual modo il titolo di vestali di un sistema senza limiti che può sempre crescere all'infinito, dando benefici a tutti. Falso. In questo modo sono state mandate al macero relazioni umane, spiritualità (che può avercela pure un ateo), etica ed estetica, valori condivisi. È chiaro che in una società complessa la società medesima tende a strutturarsi come una piramide perché gli uomini sono diversi uno dall'altro. È pacifico che le comunità avranno sempre delle leadership. Ma per scongiurare gli effetti perversi che una tendenza del genere si porta in seno, bisogna apportare correttivi costanti. In pratica la base della piramide deve essere sempre vicina al vertice e con questo deve potere interloquire fino a poterne modificare gli indirizzi. Le condizioni di benessere e di conoscenza della base non devono mai essere troppo differenti da quelle del vertice. Con una certa scadenza le leadership vanno cambiate dal basso verso l'alto, anche passando per le spicce, combattendo la loro innata tendenza all’ autoconservazione.

Marco Milioni

RACCONTARE L'EMERGENZA DEMOCRATICA IN TEMPO



Governa l'Italia un pirata, re d'affari: ateo come tutti i caimani, veste livrea clericale; da trent'anni spaccia oppio televisivo e aborre l'intelligenza, ma non sbaglia un colpo nei calcoli del tornaconto; sostenuto dai preti, occuperà i rimasugli dello Stato; perciò voleva scardinare la res judicata imponendo il nutrimento coatto con norme penali decretate d'urgenza. Dal Quirinale arriva un avviso: l'eventuale decreto non sarebbe pubblicato; e lui minaccia rendiconti plebiscitari. Ventiquattr'ore dopo insulta il padre d'E.E. spiegando a milioni di italiani che vuol disfarsi della figlia scomoda (l'aveva già detto un monsignore); la proclama idonea a gravidanza e parto; farfuglia torvo d'una Carta da riscrivere; vuol legiferare da solo, mediante decreti, in una corte dei miracoli tra asini che dicono sì muovendo la testa»

Franco Cordero, «La Repubblica» , 14 febbraio 2009

Un anno fa, quando un manipolo di giornalisti e intellettuali si riunì a Roma per lanciare l'idea di Pandora TV, parlammo di "emergenza democratica". Indicammo la Costituzione come il più probabile bersaglio dell'offensiva rivoluzionaria del Padrone di questo paese. Le cose avvengono in fretta, più velocemente di quanto molti si sarebbero aspettati. Purtroppo avevamo ragione. Ma il Padrone non si combatte con appelli. Di appelli ci siamo stufati, specie di quelli che vengono promossi da coloro che hanno legittimato il Padrone mentre diventava tale. Il Padrone si combatte solo sul terreno dove ha vinto e dove continua a vincere: sull'informazione e sulla comunicazione. Prima che l'Italia, come dice Cordero, si trasformi in una corte di asini consenzienti. Ancora non lo è, per nostra fortuna e speranza.

Giulietto Chiesa

15/02/09

IL DENARO


Nel momento in cui quasi ovunque si pone la questione del «ritorno allo stato», c'è da chiedersi: in nome di quali interessi? A volte la corruzione politica assume forme che la legge non punisce. Un anno fa, il 1° gennaio 2008, la banca americana JPMorgan Chase ha nominato suo consulente part time l'ex premier britannico Anthony Blair: un incarico di tutto rispetto, dato che il compenso è di 1 milione di sterline l'anno (1,06 milioni di euro). Difficile immaginare che JPMorgan gli avrebbe offerto una sinecura del genere se ai tempi in cui risiedeva al numero 10 di Downing Street avesse preso decisioni invise alle banche, magari per evitare un tracollo finanziario. E c'è anche da chiedersi se solo il caso abbia portato Gerhard Schroeder a diventare, nel marzo 2006, consulente di un'impresa di pipe-lines, filiale di Gazprom, da lui tenuta personalmente a battesimo ai tempi del suo cancellierato in Germania. Remunerazione annua: 250mila euro. Ecco l'acido commento di uno dei suoi compagni socialdemocratici: «Non posso fare a meno di trovare un po' indecoroso che un uomo di stato sia a tal punto ossessionato dal denaro». Ora è venuto il turno di George W. Bush, che si sta preparando alla sua prossima carriera. C'è già una piccola anticipazione in proposito. «Terrò qualche discorso, giusto di che riempire i miei vecchi bauli. Non so bene quanto chieda mio padre - qualcosa come 50.000 o 75.000 [dollari per conferenza]; anche Clinton guadagna moltissimo». Difatti, l'ex presidente democratico dovrà sottoporre a un Comitato etico del Dipartimento di stato l'elenco dei committenti che retribuiscono la sua attività di conferenziere: così nessuno potrà sospettare Hillary Clinton di condurre la politica estera Usa nel modo più adatto per favorire surrettiziamente i guadagni dei clienti di suo marito... Nel luglio scorso Le Point, una rivista il cui marchio di fabbrica non è certo l'ostilità nei confronti di Nicolas Sarkozy, ha reso pubbliche alcune colorite espressioni del presidente francese in merito ai suoi progetti per il futuro: «Nel 2012 avrò 57 anni, e non intendo ripresentarmi. Quando vedo quanti miliardi guadagna Clinton! Io pure ne avrò di che riempirmi le tasche. Vado avanti qui per cinque anni, e poi via, a far soldi come Clinton. Centocinquantamila euro a conferenza!» Dunque, dalla casella «presidenza» si passa direttamente a quella successiva, «conferenze». Ma oltre a vendere consulenze o a tenere discorsi a pagamento c'è anche la possibilità di dirigere una mega-impresa. Se si decide di seguire quest'ultima via, non è male avere al proprio attivo un passato di ministro delle finanze. Anche per attaccarsi meglio al seno di «mamma stato» quando dispensa denaro pubblico alle banche private a rischio di fallimento. Ne sa qualcosa Robert Rubin, influente consigliere economico di Barack Obama, passato dalla presidenza di Goldman Sachs al ministero delle finanze, e poi dal ministero delle finanze alla direzione di Citigroup. Thierry Breton, ministro francese dell'economia, delle finanze e dell'industria dal 2005 al 2007, in quel periodo si era dato molto da fare per rendere più «attraente» la politica fiscale per i percettori dei redditi più elevati. Avrà modo di apprezzare direttamente i vantaggi di questa politica, dato che è stato chiamato a presiedere la società di servizi informatici Athos, dopo aver trascorso un anno presso la banca Rothschild - dove tra l'altro ha ritrovato Gerhard Schroeder. Secondo le sue stesse dichiarazioni, percepirà «uno stipendio annuo fisso di 1,2 milioni di euro, con una componente variabile che potrebbe arrivare al 120% del fisso dopo il raggiungimento degli obiettivi; ma su mia espressa richiesta questa percentuale non supererà il limite massimo del 100%. A ciò si aggiunge l'attribuzione di duecentotrentatremila stock-option alla fine del 2009, del 2010 e del 2011». Thierry Breton ha precisato poi: «Ho anche chiesto di non beneficiare di paracadute d'oro in caso di cessazione delle mie funzioni». Certo, la crisi impone sacrifici a tutti. Quando il potere costituisce, di volta in volta, la tappa necessaria di una lucrosa carriera negli affari, o il rifugio degli «uomini d'oro» alla ricerca di un rilancio, si può ancora sperare che i primi responsabili della crisi facciano la loro parte, quando si tratta di riparare i guasti?

Serge Halimi (L.M.D. 01/09)

INCANTO NOTTURNO

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LE OCHE E I CHIERICHETTI

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VIA STAVA ANNI '30

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