23/04/21

SENZ'ANIMA

“Io non mi sento italiano” è un album di Giorgio Gaber pubblicato postumo. Vi si sente tutta l’amarezza, la disillusione, il disincanto di un uomo che ha attraversato la vita italiana dal 1939 al 2003. Gaber e io siamo più o meno della stessa mandata, la nostra vita si è svolta in campi diversi, ma esistenzialmente abbiamo vissuto lo stesso tempo.


Ma per trovare un’Italia diversa da quella attuale, con dei valori, non è necessario, come fa Giorgio, rifarsi al Rinascimento. Basta ricordare tempi assai più recenti che entrambi abbiamo vissuto, quelli del dopoguerra e degli anni successivi. Allora l’onestà, cardine di ogni convivenza civile, era un valore per tutti, per la borghesia, se non altro perché dava credito, per il mondo contadino, dove violare la stretta di mano costava l’emarginazione dalla comunità, per il mondo proletario che aveva una sua etica sia pur diversa, nei modi ma non nella sostanza, da quella di noi giovani borghesi. La solidarietà, che oggi ci si vorrebbe imporre dall’alto, stava nelle cose. A parte una sottilissima striscia di borghesia che aveva però il buon gusto e il buon senso di non ostentare la propria ricchezza, eravamo tutti più o meno poveri. Ed è fra poveri e non fra ricchi che ci si dà una mano. Milano, dove Gaber, come me è nato, era una città di quartieri e nel quartiere ci si conosceva e ci si aiutava tutti (la fame no, nell’Italia che ho conosciuto io la fame, almeno nel dopoguerra, non c’è mai stata). Non bisogna dimenticare, fra le altre cose, che Milano è una città che ha una tradizione cattolica e socialista. Noi ragazzi vestivamo tutti allo stesso modo, calzoncini quasi all’inguine con i quali giocavamo a calcio in strada o nei terrain vague che gli americani ci avevano lasciato come regalo dei bombardamenti. Le griffe, le scarpe firmate, non esistevano ancora. Questo clima durò fino al boom economico e, per qualche anno, anche oltre. Il boom lo vivemmo in modo ingenuo, naif, non volgare. Era bello, per ragazzi e adulti, dopo che per anni si era tirata la cinghia, assaporare un po’ di benessere. Ma un tarlo invisibile e silenzioso aveva cominciato a corrodere le nostre vite. Nel 1960 entrai per la prima volta, col mio amico Giagi, in un Supermarket. Ci sembrò il Paese di Bengodi. Era invece il cavallo di Troia entrato in città e che ci avrebbe tolto, per sempre, l’innocenza.
Ma erano comunque ancora i Sessanta, gli “anni blu” della mia giovinezza, ciò che per Fitzgerald era stata “l’età del jazz”. Ma quel che di ludico e libertario c’era stato nella contestazione giovanile era ormai agli sgoccioli. Arrivarono le Brigate Rosse che presero sul serio le parole d’ordine che i figli dei borghesi gridavano durante le manifestazioni, “fascista basco nero, il tuo posto è al cimitero”, “uccidere un fascista non è un reato”. Il Sessantotto fu, per usare una frase che Luigi Einaudi applicò alla massoneria, “una cosa comica e camorristica”, figli della borghesia che avrebbero dovuto rovesciare la borghesia, una cosa che avrebbe fatto rivoltare nella tomba il vecchio Marx. Ma nelle prime BR, a differenza del Sessantotto, c’era ancora un contenuto ideale sia pur espresso in modi e in tempi sbagliati perché il marxismo-leninismo cui si richiamavano sarebbe morto di lì a poco. È vero che i primi brigatisti non sembravano avere alcuna considerazione della vita altrui, ma a rischio della propria. In seguito anche nel terrorismo ci sarà una deriva che ha parecchio a che fare con quella della società civile che stava nel frattempo maturando. Per i brigatisti di seconda e terza generazione la vita altrui continuava a non contar nulla, ma della propria avevano grande considerazione. L’omicidio di Walter Tobagi, consumato da due giovani male educati, segnerà il culmine di questa fase, e infatti Barbone e Morandini, a differenza dei primi brigatisti, si pentiranno subito per avere i vantaggi della legislazione premiale. È il segno, sia pur sub specie terrorista, di un individualismo sfrenato che sta invadendo la nostra società.
Finito il terrorismo arriveranno gli anni Ottanta, i beati anni della “Milano da bere”. Per la verità se la bevevano soprattutto i socialisti. Ma il denaro girava e gli italiani credettero a questo nuovo boom. E non vollero vedere ciò che c’era sotto, e cioè che la classe dirigente, politica ed imprenditoriale, si era venuta corrompendo in modo sistematico. Fu Mani Pulite, nel ’92-94, ad aprir loro gli occhi. E fu l’ultima volta che la popolazione italiana, di fronte all’arroganza del potere, provò un legittimo e sincero sdegno. Ma nel giro di soli due anni, anche grazie all’appoggio massiccio dei media a loro volta corrotti fino al midollo, i magistrati divennero i veri colpevoli e i ladri le vittime. E qui si ruppero gli ultimi argini. Di fronte a simili esempi anche il cittadino normalmente onesto si chiese “ma devo essere solo io il più cretino della partita?”. E così la corruzione, fattuale ma, cosa ancor più grave, morale, discese giù per i rami invadendo quasi l’intera società civile. Lo dimostra il fatto che non era venuta meno tanto la sanzione penale quanto quella sociale. Prendo il caso di Luigi Bisignani solo a titolo di esempio. Bisignani fu condannato a due anni e sei mesi nell’ambito dell’inchiesta Enimont, cioè per un reato contro la PA. Si penserebbe che un soggetto del genere nella pubblica amministrazione non potrebbe metter più piede. Invece lo troviamo a metà degli anni Novanta come consigliere dell’ad delle FS Necci condannato per lo scandalo di quella che verrà chiamata “Mani Pulite 2”. Diventerà in seguito consigliere di Paolo Scaroni, ad dell’Eni. Oggi Bisignani è un editorialista di vari giornali. Insomma importanti amministratori dello Stato o del parastato non avevano nessuna remora a frequentare un soggetto come Luigi Bisignani che Wikipedia non riesce a definire meglio che come “faccendiere”. Quello che voglio qui dire è che erano saltati tutti i valori, preideologici, prepolitici, prereligiosi, che avevano contrassegnato il tessuto sociale dell’Italia degli anni Cinquanta e dei primi Sessanta: onestà, onore, dignità, lealtà, rispetto delle regole. Chiunque tu ti trovi di fronte oggi non puoi sapere se è una persona per bene o un corrotto. In fondo è la storia del “mondo di mezzo” romano allargato a livello nazionale.
Tentando di fare un ritratto dell’Italia contemporanea scrivevo nel mio libro Senz’anima del 2010: “È un’Italia (…) devastata dalla Televisione che sembra aver concentrato in sé l’intera vita nazionale dettando, insieme alla sua gemella Pubblicità che è il motore di tutto il sistema, i consumi, i costumi, la way of life, le categorie, i protagonisti e che ha finito per distruggere ogni cultura che non sia la sua subcultura. È un’Italia che ha perso ogni freschezza, la sua antica grazia, senza sorriso, cupa, volgare, ossessionata dal denaro, dal benessere, dagli ‘ status symbol’, dai gadget, dagli oggetti. Un’Italia ipocrita, pronta a commuoversi su tutto, solo per potersi autocompiacere della propria commozione, ma sostanzialmente indifferente all’altro, al vicino, al prossimo. Un’Italia senza misericordia. Un’Italia ormai inguaribilmente corrotta, nelle classi dirigenti come nel comune cittadino, intimamente, profondamente mafiosa, come sempre anarchica ma senza più essere divertente, priva di regole condivise, di principi, di valori, di interiorità, di dignità, di identità. Un’Italia senz’anima”.
Giorgio Gaber è morto nel 2003. Ma potrebbe dire oggi ancor più di allora: “Io non mi sento italiano”.

Massimo Fini

21/04/21

FURBETTI CORONAVIRUS

Stiamo lentamente superando un momento difficile della pandemia e ci auguriamo tutti di poter riprendere, gradualmente, modi e stili di vita adeguati.

A leggere i dati del contagio in Provincia di Trento la bassa valle di Fiemme si segnala come una delle zone in maggiore emergenza. A ieri i contagi erano 39 a Tesero, 49 a Cavalese e 27 a Castello-Molina di Fiemme.

Situazioni difficili si erano già vissute ad inizio emergenza e, per quanto riguarda Tesero, a più riprese tra novembre e gennaio.

Le misure di contenimento del virus e i sacrifici a tutti noi richiesti sono stati e sono notevoli. La maggior parte delle persone, la stragrande maggioranza delle imprese e degli esercizi pubblici hanno saputo rispettare con rigore le limitazioni imposte. C'è stata e c'è una comprensibile richiesta di allentamento delle restrizioni da parte di molti operatori economici.

Come mai, è logico chiedersi, nonostante il generale rispetto dei limiti imposti, ancora così alti permangono in Fiemme i dati del contagio ?

Bisogna avere il coraggio di ammettere e riconoscere che, sia pure in numero contenuto, i “furbetti dello spuntino e delle feste” non mancano: in abitazioni private e in alcuni casi anche in esercizi pubblici, al di fuori e al di là delle regole vigenti.

Non credo si possa tollerare ulteriormente una simile situazione. Nel mentre le istituzioni pubbliche, sia pure con modalità differenti, si stanno impegnando per garantire il più possibile la salute pubblica, un numero esiguo di cittadini e, ahimè anche di operatori economici, si ostina ad agire in modo irresponsabile.



Mi sento di muovere un appello a tutti coloro che vengono a conoscenza di situazioni anomale. Non si tratta di un invito alla delazione ma un accorato appello a difesa della salute pubblica. E' giusto e doveroso che i cittadini che quotidianamente sacrificano alcuni aspetti della loro libertà personale segnalino alle amministrazioni locali e alle autorità di pubblica sicurezza situazioni nelle quali ci si fa beffa delle norme di contenimento del virus.

Solo in questo modo, con la responsabilità ed il senso civico di tutti, potremo ritrovare, se non l'immediata normalità, almeno un ritorno alla socialità ed alla vita autentica di comunità.

Maurizio Zeni - Ex-Sindaco di Tesero 

20/04/21

ROTONDA SUL PONTE? NO, GRAZIE!

Torna all'attenzione della cronaca la realizzazione di una rotonda stradale all'intersezione tra la Statale 48 e la S.P. 215 per Pampeago. Già quindici anni fa, su iniziativa dell'allora assessore ai LL.PP. Alan Barbolini, era stata presa in considerazione l'idea di realizzarne una. Allo scopo, l'assessore ordinò all'Ufficio Tecnico comunale di predisporre un elaborato. La verifica del progetto 'sul campo' diede però esito negativo. Così, dopo aver anche sentito il parere dell'assessore provinciale dell'epoca, Gilmozzi, a sua volta contrario all'opera sia per ragioni tecniche che paesaggistiche, la questione venne giustamente archiviata e il problema tornò ad essere un non-problema. D'altronde, a più di trent'anni dalla realizzazione della circonvallazione ovest del paese e conseguentemente dell'incrocio S.S.48 - S.P.215 a memoria nessun incidente si è verificato in quel punto. Va ricordato che a far propendere la bilancia dei pro e dei contro verso il no contribuirono anche le osservazioni del signor Rinaldo Delmarco e la petizione popolare da lui promossa presentate in Comune il 22 maggio 2006, che qui di seguito riportiamo.



A seguito delle prove sperimentali su strada eseguite la scorsa settimana nel quadro di una possibile costruzione di una rotatoria alla confluenza della strada provinciale proveniente da Stava con la strada delle Dolomiti all'altezza del ponte sul rio Stava, mi permetto presentare a mio nome e a nome di tutti gli abitanti del distretto di Socce le seguenti osservazioni:

1° Problema:

Le autovetture quanto i camion, in prossimità della rotatoria debbono rallentare in quanto la stessa è stretta, cambiare marcia, effettuare la doppia curva, rimettersi in asse e quindi innestare la marcia superiore. Ciò comporta:

- rallentamento del traffico dalla media di 50 km orari a 20/30 km orari;

- l'emissione di gas inquinanti in misura molto superiore all'emissione a velocità di 50 km orari costanti;

- l'inquinamento acustico relativo all'accelerazione accentuato nel caso dei camion;

- un probabile dissesto degli strati inferiori della carreggiata in prossimità del ponte causato dalle continue vibrazioni dei mezzi pesanti costretti, tutti, nessuno escluso, a frenate orientate nello stesso senso, le quali, nel tempo, possono compromettere la stabilità del muro che porta l'arco del ponte.

A ridosso del muro troviamo del materiale roccioso minuto legato con argilla e perennemente bagnato, che ci fa ricordare la tragedia di Stava!


2° Problema:

La costruzione della rotatoria impone:

- la riduzione del marciapiede riservato ai pedoni che ora è appena sufficiente e per nulla eccedente;

- il depauperamento estetico della casa Delladio che verrebbe privata della pertinenza di terreno verso mattina, terreno già ora ridotto.

Questo depauperamento non opera solo nei confronti dei proprietari, ma crea una bruttura che disturba qualunque cittadino che abbia a transitare;

- lo spostamento verso monte del passaggio pedonale con disagio sia per gli anziani, quanto per le mamme che spingono le carrozzelle, per i ragazzi che vanno a scuola, per i villeggianti che passeggiano lungo il ponte;

- un pericoloso avvicinamento delle vetture e dei camion al residuo marciapiede che può trasformarsi in tragedia a seguito di errore, guasto meccanico del mezzo, malore del conducente ecc...

3° Problema:

L'inversione di marcia, per quanto riguarda camion, autoarticolati, mezzi pesanti in genere, non va assolutamente realizzata in un posto tanto delicato quanto importante nel centro del paese in una zona frequentemente transitata dai residenti quanto dai villeggianti.

Questa operazione eseguita in uno spazio così ristretto, e densamente abitato rappresenta solo pericolo e grave intralcio alla normale circolazione.

L'impossibilità di ampliare l'area di manovra verso sud e concentrare la curva della rotatoria tutta spostata verso nord (Stava) crea una curvatura insufficiente ai mezzi pesanti per effettuare la manovra e in corso della stessa viene bloccato sia il traffico verso Cavalese, quanto quello verso Predazzo.

Un'operazione del genere è negativa sotto tutti gli aspetti e l'eventuale rotatoria di tal genere va spostata in aree vaste, aperte e non nel centro del paese e perdipiù su una curva.

4° Problema:

L'eventuale allargamento della strada da eseguire nella direzione della casa di Saverio Delladio, verrà a compromettere la sistemazione dell'area "ponte romano e giardinetto antistante" che ora è di gradevole vista, e comunque non risolve la mancanza di spazio necessario sul lato opposto e non risolve la necessità di decelerazione dei mezzi che imboccano la stretta e irrazionale rotatoria che nulla risolve, ma intralcia la circolazione e depaupera paesaggisticamente la zona.

Che la situazione odierna dell'incrocio in argomento sia di tutto riposo e che non vada alterata è data dal fatto che non si è mai verificato alcun incidente dal momento in cui questo incrocio è stato sistemato con l'abbattimento della casa del "Pònte".

Questo fatto obiettivo e di certezza storica dovrebbe indurre l'Amministrazione ad evitare alcuna modifica in loco.

Io posseggo l'ufficio di lavoro proprio sopra la zona interessata alla rotatoria e quindi conosco meglio di qualsiasi altra persona l'andamento del traffico in qualsiasi stagione.

Posso assicurare che questo si svolge con grande regolarità senza rallentamenti e senza alcuna problema per cui la manomissione della zona è inutile quanto assurda.

Mi sono presa la briga di effettuare le 13 fotografie allegate prese proprio dalla mia finestra che mostrano, senza alcun dubbio, lo scorrere regolare del flusso veicolare.

Considerazioni finali

In una situazione siffatta ogni intervento pare inutile o meglio dannoso per i residenti quanto per i villeggianti per cui tutti uniti facciamo voti al fine che l'Amm.ne voglia tenere in conto le esigenze dei propri cittadini e abbandoni questa iniziativa inutile quanto dannosa.

Questo esposto è sottoscritto dai sigg...


Poiché gli argomenti di contrarietà all'opera in premessa riportati sono ancora del tutto validi ci chiediamo perché a distanza di 15 anni questa amministrazione torni alla carica. A maggior ragione se teniamo conto che né lo Stato né la P.A.T. hanno mai ravvisato la necessità di intervenire direttamente in tal senso su quell'incrocio e l'assessore provinciale dell'epoca - come già detto - ne era del tutto contrario. Peraltro il Comune - ciliegina sulla torta per un'amministrazione che pare fregarsene di quanto versano alle casse comunali i contribuenti locali - qualora il nullaosta venisse infine comunque concesso, dovrebbe accollarsi tutti i costi dell'opera (diretti e indiretti) ma ne dovrebbe intavolare poi la proprietà (e la gestione) allo Stato.

La Talpa

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
Foto di Euro Delladio

MINU

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