27/11/20

DA UN GRILLO PARLANTE FORESTO AI COMANDANTI NOSTRANI

Ho assistito, grazie alle moderne tecnologie, alla seduta del Consiglio comunale di Tesero di ieri 26 novembre. Ero interessato al dibattito sulle due petizioni contro la deroga per il cambio d'uso della Malga di Lagorai. Dibattito? Non c'è stato un vero dibattito. C'è stata un'arrogante maggioranza che ha respinto le mozioni e il civile tentativo della minoranza di inserire qualche punto di merito nella discussione. Gli argomenti della maggioranza, quelli che si possono dire, sono pochi e fragilissimi.




Argomento 1. Bisogna che la malga sia ristrutturata, ora è in stato derelitto.
Questo è il già noto "motivo Degodenz": c'è da vergognarsi, la malga fa schifo, bisogna metterla subito a posto! 
È però fuori bersaglio, perché nessuno - tantomeno le petizioni - ha mai obiettato sulla necessità di una ristrutturazione degli edifici. Piuttosto, questa scusa illustra come l'amministrazione (Comunità e Comune) abbia finora trascurato il suo bene, lasciando andare la malga in rovina.

Argomento 2. Stiamo facendo il bene della cittadinanza, in fin dei conti i teserani avranno vantaggio a potersi mangiare la polenta nel ristorante-rifugio Lagorai.
Bene, per far ricavare un po' di reddito al gestore, i teserani sono disposti ad impegnarsi per andare in Lagorai almeno 4 volte all'anno ciascuno? "L'integrazione del reddito del pastore" è una puttanata che un umano normale si vergognerebbe di sostenere come motivo sufficiente per fabbricargli un ristorante-rifugio.

Argomento 3. Il Progetto Translagorai viene da lontano, è stato partecipato da molti soggetti, e della Magnifica Comunità, custode dei nostri valori e della nostra storia, ci dobbiamo fidare. 
Però, se è stato tanto partecipato, perché migliaia di cittadini l'hanno visto fin dalla sua nascita come uno scempio? E sia chiaro, sono i cittadini che il Lagorai lo frequentano, lo conoscono, lo amano. E la Magnifica? Il suo passato garantisce che essa non subisca le pressioni di interessi privati? Mah. Le vergognose, ancora oscure, vicende del "nuovo ospedale", per cui si è perfino dimesso da Scario il più strenuo promotore del ristorante-bivacco-custodito, gettano una luce sinistra anche sulla Comunità. 

Argomento 4. Il progetto è proprio bello, il cambio d'uso a ristorante-rifugio non avrà impatto, perché strade e sentieri resteranno immutati, la frequentazione sarà comunque ridotta. 
Qui casca l'asino, anzi, gli asini! Ma come? Si lascia costruire una struttura turistica ricettiva. Poi da una parte si garantisce che sarà redditizia, potrà "integrare il reddito del pastore", si parla addirittura di un "gestore". E dall'altra si dice che tanto sarà il solito deserto (e quindi gestore/pastore guadagnerà ben poco). 

Il fatto evidente è che da parte di Provincia, Comunità, Comune, c'è una fermissima volontà di fare il rifugio-ristorante. A tutti i costi. Anche di sputtanarsi sciorinando motivazioni spudoratamente contraddittorie e superficiali.

Dei ragionamenti che sono stati ripetuti in interventi, lettere, petizioni, pare che i consiglieri teserani di maggioranza se ne freghino, ripetono come un disco rotto le quattro litanie, votano contro le petizioni senza nemmeno considerare almeno i punti più tecnici: come si fa a dare la deroga se non si sa nemmeno come saranno trattati e smaltiti i liquami biologici? Se non c'è un piano economico che possa giustificare una struttura turistica, che ha bisogno di clientela? Non si teme di venir giudicati? Senza voler offendere alcuno, sarei incerto se scegliere tra malafede e dabbenaggine. Oppure sbaglio, è una terza possibilità.

Delle tante parole di ieri sera, una mi ha colpito profondamente. Quella che non è mai stata pronunciata, ma era sulle labbra di tutti: "Cermìs"!

Quale pudore ha impedito di dirla? Forse perché dietro a tante illogicità, il solo pensarci rimette tutto in ordine, ogni tassello del puzzle va al suo posto, si vede finalmente una logica nello scodinzolare dei fautori del rifugio Lagorai. Il fatto che la società delle funivie se ne sia stata silente, attentissima a non farsi coinvolgere, sia pure solo per dire "a noi non interessa", è segno che il programma viene portato avanti con grande accuratezza. Nessun giornalista ha fatto domande alla società funivie, eppure l'interesse del Cermìs era stato chiamato in causa già nell'autunno 2018, immediatamente dopo la rivelazione del "Progetto Translagorai". Peccato, in Trentino i giornalisti "scomodi" (come dovrebbero essere i giornalisti) sono una rarità. 

Eppure gli indizi ci sono, espliciti. Il precedente amministratore delegato delle Funivie del Cermìs, Silvano Seber, ebbe a dire in un'intervista a L'Avisio del 13 dicembre 2017:"... noi vediamo il Cermis solo come una porta d'accesso verso la natura. La fortuna del Cermis è proprio quella di essere all'interno della catena del Lagorai che non è ancora antropizzata. Posti come la Val Moena sono veri paradisi naturali. Nei nostri intenti il Cermis e questo sentiero saranno una porta d'ingresso verso questo paradiso". 

E ora vorrei cercare di convincere qualche orgoglioso teserano che:

- all'economia della monocultura turistica i teserani hanno già dato e stanno sacrificando molto a Pampeago e dintorni: malghe-ristorante, boschi-pista, silenzio rotto dai megafoni delle "voliere"; quindi è un dovere preservare da questo destino almeno l'altro versante dei territori comunali;

- il ristorante Lagorai è a tutta evidenza un favore ai funiviari (cavalesani!), ma anche una concorrenza a Pampeago, essendo logico e naturale che la Val Lagorai verrà proposta dal Cermìs come meta per passeggiate e biciclettate (assistite);

- chi dice "siamo padroni e decidiamo noi" dovrebbe essere abbastanza intelligente da capire che è una contraddizione sostenere una proposta "che viene da fuori" e che svalorizza le proprie ricchezze naturali (comunque sempre "padroni di rinunciare ad essere padroni"). 

Ruggero Vaia socio SAT Cavalese

DISILLUSIONE

È con ancora maggiore amarezza che oggi mi ritrovo ad osservare il paese di Tesero. E mi rendo conto di essere passata da una sorta di "beata ingenuità" - che indubbiamente mi è stato possibile coltivare causa il mio stile di vita così socialmente defilato - ad una pesante consapevolezza sullo stato democratico del paese. Ho seguito in streaming ieri tutto il Consiglio Comunale, e ne sono rimasta disgustata. Uno spettacolo così misero e meschino, non me lo sarei mai aspettato. Quella squadra capeggiata da una sindaca a cui io ho deciso di dare la mia fiducia, scegliendola nella mia preferenza elettorale, non mi rappresenta in alcun modo nelle pretese che esprime e nella sua implicita incoerenza, nell'infantile atteggiamento di rimprovero, persino in un'aggressività che mi ha lasciata attonita ed offesa e che le credevo estranea. Mi rammarica prendere atto che questa amministrazione manchi evidentemente dell'umiltà che ogni carica pubblica, a mio avviso, richieda. Mettersi al servizio di una comunità comporta inevitabilmente l'esposizione a critiche, contrapposizioni, dubbi che tutti dovrebbero essere conferma di uno stato vitale, e non vegetativo, di uno spirito democratico.




Ma da ciò che ho visto ieri, dagli exploits anche scomposti e prepotenti della maggioranza, la mia impressione oggi è che questa amministrazione comunale non incarni i miei più alti ideali di rispetto, democrazia, trasparenza, maturità istituzionale e politica. La grave situazione sanitaria in cui versa Tesero ha occupato ieri l'ultima porzione del Consiglio Comunale: a mio avviso sarebbe dovuta essere prioritaria rispetto agli altri punti dell'ordine del giorno, ma mi rendo tristemente conto che, per come la sindaca e suoi consiglieri avevano intenzione di trattare l'argomento, ritenendo opportuno in quella sede dare ampio spazio a risentimenti astiosi per le DOVUTE critiche ricevute, avrebbe reso troppo tossico e velenoso il confronto successivo. La sindaca si è dilungata in un interminabile monologo che ha sì fornito informazioni necessarie per aggiungere qualche tassello in più alla conoscenza della confusa, scriteriata ed approssimativa gestione della pandemia nella nostra provincia, e per cui un'amministrazione comunale ha ben pochi strumenti per porvi rimedio, ma che è stato maggiormente incentrato sull'irritazione per essere stata oggetto di critiche. Il consigliere di minoranza Volcan ha avuto tutto il mio virtuale sostegno quando, dopo un'attesa civile e rispettosa che la sindaca finalmente giungesse a conclusione, ha cercato di intervenire per confutare le accuse che alla minoranza erano rivolte, e si è sentito redarguire con un infelice "qui basta lo dico solo io, perché io sono il sindaco!". Dopo questo monologo la minoranza è stata zittita, insultata, messa in un angolo da un fronte compatto di maggioranza evidentemente non aperta al dialogo quando si tratta d'essere contrapposta. In passato ho più volte dissentito sui modi irruenti, ai miei occhi fuori luogo ed eccessivi, anche speculativi, del capo di minoranza di criticare l'operato della maggioranza. Ma nel caso specifico della crisi sanitaria che stiamo attraversando, quanto espresso e richiesto dalla minoranza ha raccolto la mia condivisione e il mio sostegno. E quanto palesato ieri dai Consiglieri di minoranza Volcan e Deflorian, mi ha ulteriormente convinta che qui a Tesero l'amministrazione comunale si sia mossa male in questa seconda ondata.

Concludendo: ciò che ho visto ieri non mi è piaciuto per niente e non mi ha riappacificata con i dubbi che ho dovuto fronteggiare con me stessa in queste ultime settimane per la mia scelta elettorale. Da parte mia un apprezzamento indubbiamente dovuto per ciò che la maggioranza ha fatto, ma ancora viva la critica per tutto ciò che non ha fatto e la delusione per ciò che ho dovuto comprendere ieri. Mi auguro davvero che il clima che si è instaurato ieri tra le due parti opposte non sarà il leit motiv di questa legislatura.

Oltre ad essere controproducente per tutti, sarebbe oltremodo squallido.

Tatiana Deflorian

24/11/20

SCI-MUNITI

Il Covid-19 ci ha regalato due ondate e, se tutto va male, a gennaio arriva la terza. Invece la cosiddetta informazione sforna un’ondata alla settimana. Ma non di virus: di cazzate. C’è la settimana del governo Draghi (la prima di ogni mese), quella del Mes (la seconda), quella del rimpasto, quella delle troppe scarcerazioni (colpa di Bonafede), quella delle troppe carcerazioni (colpa di Bonafede), quella del governo senza “anima”, quella di Conte che decide sempre tutto da solo, quella di Conte che non decide mai niente neanche in compagnia, quella che le scuole che non riapriranno mai (colpa della Azzolina), quella che riaprire le scuole è stato un errore (colpa della Azzolina), quella che devono decidere le Regioni, quella che deve decidere il governo, quella che ci vuole il lockdown, quella che meno male che non s’è fatto il lockdown, quella che i vaccini arrivano troppo tardi (colpa di Arcuri), quella che i vaccini che arrivano troppo presto (colpa di Arcuri), quella di Salvini europeista liberale, quella di B. che è diventato buono. La settimana scorsa era quella del “salviamo il Natale”. Ieri, altro giro di giostra: “Salviamo le vacanze sulla neve”. 



Un’allegra combriccola di buontemponi che si fan chiamare “governatori” e “assessori” di alcune fra le Regioni peggio messe (le zone rosse Lombardia, Piemonte, Alto Adige, Val d’Aosta, l’arancione Friuli-venezia Giulia e le gialle Veneto e Trentino), chiede di riaprire la stagione sciistica. Con 600-700 morti al giorno e molti ospedali in overbooking, gli sci-muniti pensano alle “linee guida per l’utilizzo degli impianti di risalita nelle stazioni e nei comprensori sciistici da parte degli sciatori amatoriali”. 

Gli assessori lombardi Caparini e Sertori, in rappresentanza di una giunta che non riesce nemmeno a comprare i vaccini antinfluenzali per medici, anziani e malati, spiegano spensierati che chiudere gli impianti di sci è stata addirittura “una scelta scriteriata e incomprensibile da parte di un governo disorientato” (loro invece sono lucidi). Intanto i giornaloni raccolgono gli appelli di Alberto Tomba e di altri cervelli in fuga. Tutti a strillare che lo sci “è uno sport all’aperto e individuale” (come se gli assembramenti si verificassero sulle piste e non prima e dopo le discese, cioè negli hotel, negli impianti di risalita, nei rifugi e nei locali serali di “après ski”) e bisogna “dare un segnale positivo” (al Covid-19). È la stessa demenza collettiva che prima voleva “salvare la Pasqua”, poi “il ferragosto”, “la movida”, “le discoteche”. La stessa follia che ancora a metà settembre, mentre i contagi risalivano, portò la Conferenza delle Regioni a chiedere di riaprire gli stadi fino al 25% della capienza. Quando arriva il vaccino contro i cretini? 

Marco Travaglio - Il fatto Quotidiano

INCANTO NOTTURNO

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LE OCHE E I CHIERICHETTI

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PASSATO

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VIA STAVA ANNI '30

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LA BAMBOLA SABINA

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