Riceviamo
da un gentile lettore il documento che qui di seguito pubblichiamo. Vuole
essere un contributo al dibattito ancora caldo sul recente voto
referendario comunale e una lezione di educazione civica ad uso e
consumo di quei nostri rappresentanti che senza arte né parte, né, tantomeno,
prescrizione medica, decisero di
mettersi al servizio della comunità,
privi – fatti alla mano – delle
conoscenze e delle competenze minime di base
per poter assolvere degnamente
l’incarico ricevuto (o estorto) col voto del 10 maggio 2015.
I
piccoli comuni rappresentano la grande maggioranza degli 8.000 comuni
italiani. Piccoli rispetto al numero di abitanti delle realtà
cittadine e metropolitane, ma spesso grandi sia nella loro estensione
geografica, sia in riferimento alle risorse economiche, sociali e
culturali che sono conservate nei loro confini.
I nostri padri costituenti, con chiara in mente la lunga tradizione civica dei comuni, inclusero tra i principi fondamentali a cui avrebbero dovuto ispirarsi le politiche della Repubblica il riconoscimento del ruolo delle autonomie locali, attraverso l'adeguamento dei principi e dei metodi della legislazione “alle esigenze dell’autonomia e del decentramento” (art. 5 della Costituzione).
I nostri padri costituenti, con chiara in mente la lunga tradizione civica dei comuni, inclusero tra i principi fondamentali a cui avrebbero dovuto ispirarsi le politiche della Repubblica il riconoscimento del ruolo delle autonomie locali, attraverso l'adeguamento dei principi e dei metodi della legislazione “alle esigenze dell’autonomia e del decentramento” (art. 5 della Costituzione).
Il
Comune è l’elemento centrale di una solida tradizione civica
italiana che dal Medioevo giunge fino alla Costituzione
repubblicana.
In Italia, più che altrove, i territori locali fondano il loro profilo istituzionale sul Comune, che rappresenta il livello primario della democrazia e della rappresentanza politica.
In Italia, più che altrove, i territori locali fondano il loro profilo istituzionale sul Comune, che rappresenta il livello primario della democrazia e della rappresentanza politica.
Specialmente
nei piccoli comuni, il Municipio e il Sindaco sono un punto di
riferimento insostituibile per i cittadini e simbolicamente il
Gonfalone rappresenta un importante riferimento identitario in una
società sempre più priva di punti di riferimento collettivi.
In
una fase storica come quella che stiamo vivendo, caratterizzata dal
progressivo allontanamento dai cittadini dai luoghi decisionali,
dall’irruzione dei poteri economico-finanziari nei processi di
governo, dal diffondersi di sentimenti diffusi di antipolitica che
alimentano i populismi, è necessario un rafforzamento del ruolo dei
comuni, cioè l’esatto contrario del loro smantellamento.
Bisogna
adoperarsi per il mantenimento di un presidio democratico dentro le
comunità locali, per il rispetto e la valorizzazione delle identità
locali e per il rilancio del ruolo dei Consigli Comunali come luogo
di partecipazione politica.
Dobbiamo
sostenere i piccoli comuni nella loro attività di erogazione di quei
servizi fondamentali ai cittadini che, per caratteristiche
intrinseche, enti di più grandi dimensioni non riuscirebbero a
fornire con altrettanta efficacia e puntualità. Un buon governo
locale non riproducibile su dimensioni troppo vaste.
Se i piccoli comuni sono in difficoltà dobbiamo aiutarli a vivere, non a morire.
Se i piccoli comuni sono in difficoltà dobbiamo aiutarli a vivere, non a morire.
Purtroppo
invece il modo in cui oggi molta parte della classe politica italiana
affronta il tema delle fusioni dei comuni, proponendone in alcuni
casi l’obbligatorietà per legge, in altri promuovendo processi che
ne sanciscono l’obbligatorietà di fatto, segna un insostenibile
attacco alle autonomie locali ed all’esistenza stessa dei piccoli
comuni.
Un
attacco condotto sulla base di un approccio contabile-amministrativo
che, non solo non tiene conto di altre dimensioni, ma soprattutto non
si fonda su alcuna evidenza oggettiva di dati economici e finanziari.
I quali dati mostrano come in realtà l’impatto dei costi dei
piccoli comuni nella spesa pubblica nazionale sia del tutto
marginale, sia in valore assoluto che percentuale. Altri sono i
centri di spesa improduttivi nel nostro Paese.
Assistiamo ad analisi fondate solo sul parametro del numero degli abitanti, che impediscono di comprendere come i processi di fusione, soprattutto nelle zone rurali, possano creare, o aggravare, le criticità connesse all'estensione territoriale dei comuni, la cui eccessiva ampiezza incide negativamente sull'efficienza nell'erogazione dei servizi ai cittadini.
Ci troviamo di fronte a proposte che non tengono conto delle profonde differenze tra le aree del Paese, che conta Regioni come la Lombardia con un numero di comuni pari a 1.500 con una media di 6.500 abitanti o il Piemonte con i suoi 1.200 comuni con una media di 3.600 abitanti, ed altre come la Toscana che invece ne conta 279 con una media di 13.450.
Assistiamo ad analisi fondate solo sul parametro del numero degli abitanti, che impediscono di comprendere come i processi di fusione, soprattutto nelle zone rurali, possano creare, o aggravare, le criticità connesse all'estensione territoriale dei comuni, la cui eccessiva ampiezza incide negativamente sull'efficienza nell'erogazione dei servizi ai cittadini.
Ci troviamo di fronte a proposte che non tengono conto delle profonde differenze tra le aree del Paese, che conta Regioni come la Lombardia con un numero di comuni pari a 1.500 con una media di 6.500 abitanti o il Piemonte con i suoi 1.200 comuni con una media di 3.600 abitanti, ed altre come la Toscana che invece ne conta 279 con una media di 13.450.
Oppure
ad attacchi strumentali condotti utilizzando numeri per creare
sensazione, facendo ritenere che gli 8.000 comuni italiani, circa uno
ogni 7.500 abitanti, siano un’insostenibile anomalia, quando ad
esempio la Francia, Stato tradizionalmente centralizzatore, ne ha
36.000, cioè uno ogni 1.700 abitanti, e non si sogna di mettere in
discussione l’esistenza dei piccoli Comuni, pur pretendendo
un’organizzazione sovracomunale dei servizi. Le politiche di
razionalizzazione devono infatti riguardare la gestione dei servizi
comunali, dai quali derivano i costi e dipende l’efficienza
dell’azione amministrativa, e non gli organi di rappresentanza
politica. Sui costi dei quali organi politici si alimentano
demagogie, nascondendone la loro reale portata, spesso così esigua
da configurarli nella sostanza come un’attività condotta
localmente per mero spirito di volontariato. Le necessarie e
improrogabili politiche di razionalizzazione, valorizzazione e
coordinamento di territori e comunità debbano essere perseguite, con
convinzione e determinazione, utilizzando gli strumenti delle
associazioni dei servizi, attraverso convenzioni e soprattutto nelle
Unioni dei Comuni. Le unioni e le convenzioni vanno considerati un
modello istituzionale stabile - non qualcosa di propedeutico alla
fusione – e devono assicurare servizi efficienti con minori costi.
Laddove non si raggiungano questi obiettivi ciò non può essere
pretestuosamente imputato al modello associativo in quanto tale, ma
semmai alla mancanza di convinzione negli Amministratori o alla
inadeguatezza delle relative previsioni normative nazionali e
regionali, e non può dunque costituire un alibi per invocare
fusioni. Le fusioni tra comuni, invece, devono essere portate avanti
solo dove esista una chiara,inequivocabile ed esplicita volontà,
espressa direttamente dalle singole popolazioni interessate,
conseguente a situazioni di reale marginalità abitativa e ad una
riconosciuta perdita di coesione sociale e del senso di comunità.
3
febbraio 2016
Firmato
Piero Pii, Sindaco del Comune di Casole d'Elsa
Piero Pii, Sindaco del Comune di Casole d'Elsa
Claudio
Galletti, Sindaco del Comune di Castiglione d’Orcia
Eva
Barbanera, Sindaco del Comune di Cetona
Andrea
Marchetti, Sindaco del Comune di Chianciano Terme
Luciana
Bartaletti, Sindaco del Comune di Chiusdino
Raffaella
Senesi, Sindaco del Comune di Monteriggioni
Luigi
Vagaggini, Sindaco del Comune di Piancastagnaio
Fabrizio
Fè, Sindaco del Comune di Pienza
Francesco
Fabbrizzi, Sindaco del Comune di Radicofani
Emiliano
Bravi, Sindaco del Comune di Radicondoli
Paolo
Morelli, Sindaco del Comune di San Casciano dei Bagni
Giacomo
Bassi, Sindaco del Comune di San Gimignano