C’era una volta, nei paesi trentini, la Famiglia Cooperativa. Era il negozio di tutti, e tutti, per automatica affiliazione, vi si recavano per gli acquisti quotidiani di prima necessità. Le commesse e i commessi erano naturalmente compaesani. La mia memoria, nel ricordo di queste figure quasi mitiche, molte delle quali già passate a miglior vita, si spinge indietro sino ai primi anni Sessanta: la Gisella Zeni (del Piciol) (1928), l Tullio Mich da Lago (1929), l Bruno Zeni (Cesterin) (1930), l Pierin Trettel (Fanin) (1932), la Rosina Zeni (Valgerota) (1936) la Mariarosa Vinante (Micea) (1940), l Giuliano Redolfi (1942), la Giuliana Andreatta (1942), la Giuliana Cristel (Panetti) (1943), l Mario Ventura (Cionder) (1944), la Marcella Trettel (Negrelli) (1944), la Silvana Canal (Bolza) (1946), l’Albina Gilmozzi (Rasa) (1946), e altre ancora.
In quell'epoca ormai lontana, anche il consiglio di amministrazione era eletto e costituito da uomini del posto; lo spirito solidaristico "donguettiano" stava alla base del suo operare e, di conseguenza, tra l’altro, deliberava l'assunzione del personale privilegiando spesso giovani e signorine di specchiato irreprensibile contegno sociale, provenienti da famiglie numerose e, talvolta magari in difficoltà economiche. La gestione della Famiglia era semplice e “sostenibile” (aggettivo quest’ultimo che all’epoca era vero nei fatti e non, come sarebbe accaduto molto tempo dopo, soprattutto e fintamente negli slogan). Lo spaccio delle derrate alimentari, per esempio, si faceva al banco, il cuore pulsante del negozio, dove il personale serviva ogni cosa adoperando l'unico materiale (oltre al vetro e alla latta) preposto al packaging, cioè la carta o al più, per le farine, il sacchetto di stoffa, senza consumo sfrenato d’imballaggi plastici indistruttibili. Veniva servita sfusa, per esempio, la marmellata, stoccata sullo scaffale in appositi mastelli di legno a tronco di cono. Così la cioccolata, disponibile di solito in tranci avvolti in una carta stagnola dorata, che veniva tagliata a richiesta e incartata. Il pesce (per lo più lo sgombro) veniva invece servito e impacchettato nella carta oleata. Per il “rabbocco” dell’olio il cliente si recava in cooperativa munito della propria bottiglia vuota che lì veniva riempita. Insomma, niente self-service, ma economia vera e, soprattutto, rifiuti al minimo. La nota spesa di quanto comperato al banco veniva annotata col relativo importo dalla commessa servente su un foglio colorato di un piccolo block-notes che il socio/cliente consegnava poi alla cassiera per le operazioni di incasso e la registrazione sul libretto personale. Anche i pagamenti non avevano bisogno di particolari stratagemmi, di tessere, o di qualsiasi altra diavoleria. Li si faceva semplicemente usando la vecchia e funzionale cartamoneta, immediatamente all'acquisto o, più comodamente, posticipandoli in un'unica rimessa a fine mese. Insomma, facilità ed efficienza in un contesto ambientale familiare, appunto, di mutuo rispetto tra paesani con ruoli diversi: quelli con la "telara" verde/grigia dietro il banco e quelli in abiti borghesi davanti, in attesa del proprio turno.
Andò avanti così sino all’inizio degli anni Settanta. Poi, l’evoluzione dei costumi, la mobilità, lo sviluppo economico e urbano, il turismo, l’ “americanizzazione” dei consumi, con l’introduzione anche in Coop del sistema self-service, trasformarono via via anche le piccole comunità paesane, che assunsero connotati più vicini e simili a quelli di città. Di conseguenza, le conoscenze e i contatti di vicinato cominciarono a rarefarsi sino a sparire quasi del tutto. In quella temperie onnicomprensiva non poteva certo estraniarsi alcuna parte dal tutto. Così, anche la Famiglia Cooperativa si conformò a immagine e somiglianza di quella società modificata, perdendo sempre più le precipue caratteristiche del negozio di vicinato, che per anni, dal primo dopoguerra sino ai primi anni Ottanta, era stato il punto di riferimento commerciale principale di ogni piccolo/medio paese trentino.
E veniamo all’oggi. La Coop ora è un gruppo nazionale importante, che deve confrontarsi con una sempre più agguerrita concorrenza. Le melanconie romantiche e "donguettiane" legate a quegli anni lontani non possono più esserne il segno distintivo. Bisogna categoricamente efficientare il sistema. Il socio non ha più un nome e un cognome, ora è un numero, anzi un QR code. E il personale che conoscevi e col quale ti rapportavi in maniera diretta non esiste più. Ora in servizio ci sono commessi e commesse in perenne avvicendamento, obbligati a spostarsi da una filiale all’altra e a usare l’auto ogni giorno per recarsi al lavoro, in base a non si capisce qual principio e in barba a un’altra moderna chimera, quella dello zero emissioni.
Oggidì, acquistare alla Coop o alla Despar o al Poli ormai è quasi indifferente. Anzi, paradossalmente la Cooperativa, affiliata al gigante della Federazione Trentina e dunque, teoricamente avvantaggiata nella logistica e nella distribuzione rispetto al concorrente privato, spesso è meno conveniente. Chissà come mai. Quindi, in una lotta sempre più serrata, per mantenere la linea di galleggiamento c’è necessità di vincolare la clientela ancor di più e di tornare se possibile a quell’affiliazione del tutto automatica, ovvia e scontata di un tempo. Ma, se il socio/cliente è ormai un QR code, come fare? Non certo ripristinando lo spirito delle origini, sia mai! No, attraverso massicce, estenuanti, quotidiane, campagne promozionali di “istigazione” al consumo. Sino a raggiungere il paradosso della discriminazione tra i soci. Socio con app e socio senza app. Assurdo!
Proprio in questi giorni è in corso una campagna promozionale su una moltitudine di prodotti con sconti anche molto importanti riservata però ai soli soci muniti di app. Neppure quelli con la “tradizionale” tessera arancione possono beneficiarne. Ma come! Io socio A pago in contanti con la tessera arancione l'acquisto del prodotto X a prezzo pieno! e tu cooperativa con questa mia azione hai la disponibilità immediata della mia rimessa, ma, anziché premiare me vai a premiare il socio B, munito di app, che però ti accrediterà l'importo dell'acquisto dello stesso prodotto X ma scontato! soltanto a fine mese. Qui il buonsenso ci dice che qualcosa non torna. Perché? Per chi non bazzica da anni le fonti avvelenate del mainstream bugiardo e fanfarone è abbastanza facile intuire dove con queste politiche commerciali apparentemente paradossali si voglia andare a parare. Basta unire i puntini, perché tutto si tiene. Ovviamente, a chi non avesse ancora colto l’antifona dei fatti accaduti in Italia e nel mondo a far data dal 2020, sarà probabilmente difficile unirli.
Ecco dunque la (probabile) ragione del paradosso. La Federazione della Cooperazione Trentina, cui fa capo anche la filiera dei Supermercati Trentini e delle Famiglie Cooperative (a loro volta affiliati al gruppo Coop), è molto vicina ai cosiddetti “protocolli di Davos” (quelli della famigerata Agenda 2030) che portano avanti, con sempre maggiore forza ed evidenza, la digitalizzazione massiva di ogni aspetto dei rapporti interpersonali. Nel 2026 in Italia partirà la sperimentazione della cosiddetta CBDC (valuta digitale della banca centrale) cioè dell’€uro digitale.
Ciò provocherà (e questo è l’intento nascosto), salvo un'improbabile alzata di scudi da parte della maggioranza della popolazione, la progressiva sparizione del contante.
Tornando alla Coop, ecco spiegarsi il motivo vero degli incentivi premiali all’uso di app a danno di chi invece pur socio e con tessera arancio paga in contanti. Chi acquista con l’app viene fidelizzato non tanto al negozio in sé, come ci vogliono far credere, ma ad usare in ogni contesto dispositivi elettronici digitali per introiettare nell'immaginario collettivo l'equazione farlocca no cash + digitale = comodità & libertà.
Purtroppo, per noi (tutti) è vero esattamente il contrario. La digitalizzazione di ogni aspetto della nostra vita costituirà la vera gabbia dove i padroni universali vogliono rinchiuderci. Gabbia gestita e sorvegliata da remoto attraverso la cosiddetta Intelligenza Artificiale. Se riusciranno a raggiungere il loro obiettivo non saremo più padroni di niente. Ogni cosa sarà controllata: ogni acquisto, ogni operazione bancaria, qualsiasi azione quotidiana che comporti un movimento di denaro pur minimo (dal biglietto ferroviario o del bus al ticket sanitario, dalle fortae pagate al giro de le "Corte" al bicchiere di vino al bar, dal libro acquistato in negozio alla cena pagata in pizzeria, dall'entrata in un cesso pubblico all'entrata al museo, e chi più ne ha più ne metta) sarà registrata ed entrerà nei mega database dell’I.A., con buona pace della privacy e di tutti i nostri "dati sensibili". Soltanto il baratto, forse, non sarà soggetto al controllo! Con la scomparsa del contante, l'occhio del Grande Fratello digitale, riuscirà a vedere e a registrare vita morte e miracoli di ognuno di noi. E potrà di conseguenza imporci a suo piacimento , cioè dei padroni universali, qualsiasi cosa. Il nostro denaro ormai digitalizzato non sarà più nella nostra arbitraria ed esclusiva disponibilità, ma diverrà di fatto una semplice "gentile" concessione, magari addirittura a tempo. Basterà un clic e saremo fottuti.
Meditate gente, meditate.



