Domenica
12 maggio 1946, ore 10,50. E' una luminosa giornata di primavera. Nel campo, non ancora
seminato, un ignoto foto operatore immortala il diciottenne Lucillo Delladio (1928 - 1967)
davanti a Maso Tira (attuale casa di Carmelo Delladio) e a Casa Menoni dei fratelli Canal, oggi casa di Giuliano Jellici.
Sullo sfondo troneggia il nuovo magnifico palazzo scolastico, inaugurato poco più di un decennio prima. Sul poggiolo dei Menoni un uomo e una donna osservano incuriositi
l’insolito evento.
Finito il solenne scampanio, il silenzio la fa da padrone. I paesani, assolti gli
obblighi religiosi, tornano a casa in attesa di un pasto poco più che modesto. Nell’ampia campagna di Fia la quiete regna sovrana: s’odono soltanto il gaio fischiettare
dei merli e i cinguettii dei passeri in amore. Nessun rumore infastidisce e perturba il pensiero. I Valori di quella faticosa sopravvivenza, immutati e immutabili, trasmessi nei secoli,
di generazione in generazione, sin lì custoditi con riconoscenza e gratitudine, sono ancora evidenti in quell’immagine. Nessun eccesso, nessuna trasgressione. Traspare sobrietà, dignità, autenticità.
I
miti futuristici della modernità, i disvalori che di lì a pochi anni avrebbero
velocissimamente trasformato e irrimediabilmente compromesso quel passato e
quella terra, non sono ancora immaginabili. Una piena montante sempre più impetuosa di equivoco progresso, di effimere conquiste, di antropologiche mutazioni, che avrebbe
travolto tutto e tutti, sì come, fuor di metafora ed a suggello di ciò, sarebbe realmente successo proprio qui,
39 anni dopo.
A.D.
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