A Ferragosto è già Natale.
Le prime palle di vetro colorato, i primi fili d’argento, la neve finta e l’agrifoglio spuntano timidamente nei grandi magazzini già dai primi di settembre.
Le agenzie turistiche hanno cominciato a vendere i viaggi esotici sin da luglio.
I Re Magi sono da tempo in cammino sotto il solleone con i loro doni moderni: il computer, l’abbonamento a Sky, il cellulare.
Le prenotazioni per il veglione di fine anno si accettano cinque mesi prima.
Alla vigilia, il 24 dicembre, il Natale è già tutto consumato, gli scaffali dei negozi, malinconicamente vuoti, depredati da orde di consumatori che hanno acquistato tutto: calze di nylon e profumi, giocattoli e “underwear”, borse e guanti, pentole e panettoni.
Natale si esaurisce in questo attacco di bulimia che riempie le “shopping bag” fino a farle scoppiare di merci inutili in questa frenesia di regalo che è la massima celebrazione dell’ipocrisia.
Nuore che comprano regali alle suocere, nipoti che si ricordano dei nonni solo se i nonni si ricordano di loro, mogli che sperperano la tredicesima dei mariti per regalare a loro una cravatta e la pelliccia a se stesse.
Cesti di prelibatezze gastronomiche arrivano negli uffici di professionisti, banchieri, amministratori delegati, pubblicitari.
Il circo alza le tende in periferia già dopo il 2 novembre.
L’orgia del consumo viene dilatata a dismisura dagli strateghi del marketing che se ne fregano della poesia e della semplicità, dei Natali di una volta: perché Natale deve durare tre, quattro mesi, altrimenti sarà difficile smaltire le merci. Sarà difficile dare fondo a tutte le risorse per vestirsi, rimpinzarsi di cibo, andare ai Carabi.
Il 25 dicembre si è già sazi e nauseati. E fin dal 27, alla riapertura dei negozi, fanno la loro comparsa nelle vetrine le prime uova di Pasqua.
Oliviero Toscani – da “Non sono obiettivo”
Le prime palle di vetro colorato, i primi fili d’argento, la neve finta e l’agrifoglio spuntano timidamente nei grandi magazzini già dai primi di settembre.
Le agenzie turistiche hanno cominciato a vendere i viaggi esotici sin da luglio.
I Re Magi sono da tempo in cammino sotto il solleone con i loro doni moderni: il computer, l’abbonamento a Sky, il cellulare.
Le prenotazioni per il veglione di fine anno si accettano cinque mesi prima.
Alla vigilia, il 24 dicembre, il Natale è già tutto consumato, gli scaffali dei negozi, malinconicamente vuoti, depredati da orde di consumatori che hanno acquistato tutto: calze di nylon e profumi, giocattoli e “underwear”, borse e guanti, pentole e panettoni.
Natale si esaurisce in questo attacco di bulimia che riempie le “shopping bag” fino a farle scoppiare di merci inutili in questa frenesia di regalo che è la massima celebrazione dell’ipocrisia.
Nuore che comprano regali alle suocere, nipoti che si ricordano dei nonni solo se i nonni si ricordano di loro, mogli che sperperano la tredicesima dei mariti per regalare a loro una cravatta e la pelliccia a se stesse.
Cesti di prelibatezze gastronomiche arrivano negli uffici di professionisti, banchieri, amministratori delegati, pubblicitari.
Il circo alza le tende in periferia già dopo il 2 novembre.
L’orgia del consumo viene dilatata a dismisura dagli strateghi del marketing che se ne fregano della poesia e della semplicità, dei Natali di una volta: perché Natale deve durare tre, quattro mesi, altrimenti sarà difficile smaltire le merci. Sarà difficile dare fondo a tutte le risorse per vestirsi, rimpinzarsi di cibo, andare ai Carabi.
Il 25 dicembre si è già sazi e nauseati. E fin dal 27, alla riapertura dei negozi, fanno la loro comparsa nelle vetrine le prime uova di Pasqua.
Oliviero Toscani – da “Non sono obiettivo”
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