La lettura dell’articolo di Renzo M. Grosselli (L’Adige, mercoledì 12 settembre 2007), avente come oggetto la grave congestione da traffico in cui versano i centri storici delle valli, ha suscitato in noi delle perplessità non tanto in merito ai contenuti della questione quanto ai termini in cui essa è stata posta.
Siamo infatti ben consapevoli della problematica e della necessità di attuare dei provvedimenti che la ridimensionino e che conducano verso una mobilità maggiormente equilibrata.
Tuttavia ci interroghiamo sull’opportunità di sollevare il problema attraverso i giudizi e le osservazioni dei villeggianti anziché porgere l’orecchio ai lamenti di chi per necessità si ritrova a subire la situazione non solo durante un paio di brevi settimane estive bensì lungo un intero e faticoso anno.
Ammettiamo che magari sia non banale trovare qualche indigeno che si produca in simili esternazioni. Infatti gran parte dei nativi sono saldamente e compulsivamente al volante di ridondanti automezzi intenti a percorrere, ogniqualvolta si renda necessario anche il minimo spostamento, le strette strade del borgo dando prova di insipienza e totale sconsideratezza.
Si dà il caso però che qualora qualche coraggioso paesano dissidente – non dimentico del piacere di calpestare gli annosi “salesài ” e i ruvidi “bolognini” – si permetta di avanzare delle critiche, questi venga prontamente tacciato di eresia, bollato come retrogrado passatista, incapace di vivere al passo coi tempi, di partecipare all’arrembante frenesia consumistica – altrimenti detta progresso – associata alla concezione di un benessere tanto effimero quanto illusorio, più ostentato che percepito.
Le sortite del dissidente sono attribuite alla bizzarria, alla stravaganza di uno spirito eccentrico non meritorio di significativa attenzione se non forse di un accondiscendente sorriso.
Ma i turisti, ovvio, costituiscono un’altra categoria, dopotutto sono e restano sempre “i siori” come programmaticamente s’usa dire fra questi monti.
Ecco quindi che il turista solamente ha il privilegio di ergersi quale autorevole giudice ed i verdetti emessi vengono accolti dai buoni amministratori, divenuti improvvisamente solleciti, quali sentenze degne della massima nota.
In nome dell’antica ospitalità delle nostre rustiche genti montanare questo ed altro.
Abbiamo infatti da tempo palesato quanto sappiamo essere prodighi quando si tratta di soddisfare le esigenze del sacro e pregiato ospite che qui giunge da ogni dove per ritemprarsi, fra coste selvose e … soavi olezzi.
Lo stiamo tuttora dimostrando in termini di insistito sfruttamento territoriale, di spregiudicate politiche urbanistiche, di sfregi paesaggistici, attraverso il kitsch ed il cattivo gusto venduti per cultura e tradizione.
Sostenibilità economica, ecologica e sociale sono concetti buoni esclusivamente a riempire la bocca in occasione di fatui esercizi retorici.
Ma la retorica serve a poco se non vi è autentica comprensione dei problemi, lungimiranza per presagirli, emancipazione rispetto alla filosofia del “cliente ha sempre ragione” e soprattutto la capacità di elaborare una visione olistica dell’esistente in opposizione all’ invalsa pratica del ragionar per compartimenti stagni, quel tanto per realizzare in fondo che il traffico ipertrofico non è che un accidente, un aspetto patologico di un sistema di sviluppo economico e turistico lungi dall’essere sostenibile.
Settembrini
Siamo infatti ben consapevoli della problematica e della necessità di attuare dei provvedimenti che la ridimensionino e che conducano verso una mobilità maggiormente equilibrata.
Tuttavia ci interroghiamo sull’opportunità di sollevare il problema attraverso i giudizi e le osservazioni dei villeggianti anziché porgere l’orecchio ai lamenti di chi per necessità si ritrova a subire la situazione non solo durante un paio di brevi settimane estive bensì lungo un intero e faticoso anno.
Ammettiamo che magari sia non banale trovare qualche indigeno che si produca in simili esternazioni. Infatti gran parte dei nativi sono saldamente e compulsivamente al volante di ridondanti automezzi intenti a percorrere, ogniqualvolta si renda necessario anche il minimo spostamento, le strette strade del borgo dando prova di insipienza e totale sconsideratezza.
Si dà il caso però che qualora qualche coraggioso paesano dissidente – non dimentico del piacere di calpestare gli annosi “salesài ” e i ruvidi “bolognini” – si permetta di avanzare delle critiche, questi venga prontamente tacciato di eresia, bollato come retrogrado passatista, incapace di vivere al passo coi tempi, di partecipare all’arrembante frenesia consumistica – altrimenti detta progresso – associata alla concezione di un benessere tanto effimero quanto illusorio, più ostentato che percepito.
Le sortite del dissidente sono attribuite alla bizzarria, alla stravaganza di uno spirito eccentrico non meritorio di significativa attenzione se non forse di un accondiscendente sorriso.
Ma i turisti, ovvio, costituiscono un’altra categoria, dopotutto sono e restano sempre “i siori” come programmaticamente s’usa dire fra questi monti.
Ecco quindi che il turista solamente ha il privilegio di ergersi quale autorevole giudice ed i verdetti emessi vengono accolti dai buoni amministratori, divenuti improvvisamente solleciti, quali sentenze degne della massima nota.
In nome dell’antica ospitalità delle nostre rustiche genti montanare questo ed altro.
Abbiamo infatti da tempo palesato quanto sappiamo essere prodighi quando si tratta di soddisfare le esigenze del sacro e pregiato ospite che qui giunge da ogni dove per ritemprarsi, fra coste selvose e … soavi olezzi.
Lo stiamo tuttora dimostrando in termini di insistito sfruttamento territoriale, di spregiudicate politiche urbanistiche, di sfregi paesaggistici, attraverso il kitsch ed il cattivo gusto venduti per cultura e tradizione.
Sostenibilità economica, ecologica e sociale sono concetti buoni esclusivamente a riempire la bocca in occasione di fatui esercizi retorici.
Ma la retorica serve a poco se non vi è autentica comprensione dei problemi, lungimiranza per presagirli, emancipazione rispetto alla filosofia del “cliente ha sempre ragione” e soprattutto la capacità di elaborare una visione olistica dell’esistente in opposizione all’ invalsa pratica del ragionar per compartimenti stagni, quel tanto per realizzare in fondo che il traffico ipertrofico non è che un accidente, un aspetto patologico di un sistema di sviluppo economico e turistico lungi dall’essere sostenibile.
Settembrini
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