Caro Ezio, no la buon’anima del don Pinza (al secolo
Pietro Vinante) non c’entra nulla, anche
se non posso escludere che lui abbia a sua volta plagiato l’originale. Il suo Inno
a Tesero io non lo ho mai sentito. Comunque, visto che qui ci si vanta delle nošše tradiziòn
dalla mattina alla sera, spesso e volentieri senza la benché minima conoscenza
della ‘storia patria’, informo chi non
lo sapesse che quella marcetta, esattamente quella, accompagnava la
cosiddetta Canta dei mesi eseguita in paese da una rappresentanza di Laghèri
durante i carnevali dell’immediato dopoguerra. All'epoca una delle poche
concessioni alla mondanità degli abitanti della frazione. La strofa conclusiva,
che preludeva al rompete le righe dei cantori e alle immediate libagioni nelle
osterie del paese, era la seguente: In di-cem-bre un bel ma-ia-le il bec-ca-io
ucci-de-rà. La sua car-ne non fa ma-le nean-che
a quei de la cit-tà…
Se poi, pur avendo ben specificato trattarsi di una
burla, a qualcuno (leggasi commentatore con cappuccio) le quattro note –
musicalmente parlando – sono raccapriccianti, beh non so che farci. Quelle
erano e quelle sono. D’altronde, lo scherzo ne prevedeva l’esecuzione da parte
del Bandìn e del coro Slavàz, non dei Berliner.
Ecco, se posso dire, questo paesello è ammalato di
seriosità. Ogni cazzata va fatta con sussiego, ponderandone possibilmente tutte
le anche minime conseguenze, i pro e i contro, il che dirae mae… Così
non va, così si vive male. E’ agghiaccianteee, signori miei, agghiaccianteeee,
un po’ più di auto-ironia, almeno a carnevale.
che sia tu a predicare meno seriosità... questo è agghiaccianteee....
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