Sulla stampetta di regime infuria la polemica,
artatamente montata per far notare la pagliuzza ed occultare il più possibile la trave. Eh già, perché va bene azzuffarsi
(si fa per dire) sulle cazzate residuali purché non si osi sporcare l’immagine
d’insieme del ‘grande evento’. E allora
giù bastonate al ‘povero’ Bregovic. Reo addirittura di aver plagiato sé stesso
e, orrore!, di essersi intascato ben 84.000 sesterzi per l’inno ai mondiali.
Domanda numero 1: Ma chi glielo ha commissionato sta
minchia di inno? Ve lo siete chiesti? E perché a Goran Bregovic e non a Fiorenzo Zeni, tanto per nominarne uno di qua, che una robetta così l’avrebbe scritta ad
occhi chiusi, magari pure gratis? Cari indignati, non dovreste prendervela con Bregovic, ma con qualcun altro. E non facciamo nomi…
Domanda numero 2: Serviva un inno per celebrare il
nulla? Evidentemente no! Ma un po’ di gente (sempre la solita), con i soldi di tutti, giammai coi propri, abituata da tempo
alla protervia, incurante dell’enunciato della terza legge dello spettacolo “chi di video-on colpisce di video-off
perisce”, non vuol
capacitarsi che il 4 marzo prossimo venturo tutta la gran menata degodenz-mellariniana
sarà già preda dell’oblio…
Domanda numero 3: Vi siete chiesti quanto si sono
intascati i numerosi professionisti partecipanti alla progettazione della nuova
passerella pedonale sull’Avisio in località Val, anch’essi peraltro plagiando un
manufatto già esistente da qualche anno poco sotto Masi? Perché in questo caso
nessuno s’è indignato? Credete che le parcellone degli architetti pontieri
siano state liquidate con banconote del
Monopoli?
Ecco, se per voi lo scandalo sono solo gli 84.000 sesterzi dati a Bregovic,
o siete degli ipocriti o siete degli ingenui. E ciò confermerebbe la presenza nel
fiero “Popol tenace…” di una grave tara di furfanteria o,
alternativamente, di dabbenaggine. Per noi,
soldi buttati per soldi buttati, meglio quelli trati via per una parcandola
ancorché redatta secondo le pretese della committenza (la solita polpetta
infarcita di logora retorica montanara, tanto per capirci) piuttosto che quelli
altrettanto trati via ma dalle
conseguenze presenti e future ben più dannose e compromettenti (p.es. le già
qui citate nuove strutture delle Centro del Fondo).
Il clamore con cui da giorni si martella questo e
solo questo tasto è il termometro della temperie decadente che imperversa in
queste valli, grazie anche alla quarantennale apologia dell’evento sportivo.
Il lavoro di redenzione sarà lungo e difficile.
Nella fattispecie per cominciare sarebbe cosa buona e giusta riservare un
briciolo dell’intelligenza personale al merito della questione e non ai
fronzoli che la contornano, nonché evitare di coprirsi di ridicolo imitando quel
tale amministratore nostrano ardimentatosi
qualche giorno fa, sempre sulla stampetta di cui sopra, nell’esegesi
delle parole dell’inno, per trarne
farisaicamente la conclusione, che esse, qua e là, istigherebbero la meglio gioventù locale a comportamenti poco edificanti...
L’Orco
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