16/07/11

IL BUONSENSO... COL CAPPOTTO








Caro Orco
E' da tanto che non ti leggo, anzi lo confesso, per mie distrazioni personali mi sono distaccato totalmente dalla lettura del tuo blog. Quasi per ritrovare un po' di sollievo del pensiero.
Sento però, d'improvviso, un gran bisogno di comunicarti ciò che penso sia una notizia non da poco.
Ho finalmente capito qual è il sentimento guida che pervade i nostri attuali amministratori e che, molto probabilmente, ha fatto da faro a tutte le precedenti più recenti Amministrazioni comunali: a guida Delladio, per intenderci.
Non ci crederai! IL BUONSENSO. Quello sconosciuto. Ebbene sì, proprio lui. In persona. Quel buonsenso che tutti noi ricerchiamo e che sempre più spesso troviamo solo nelle parole.
Bada bene, non mi è stato riferito da alcun consigliere. Né di minoranza né di maggioranza. Con loro, del resto, non vado al di là di un formale “bondì”. Nemmeno con quelli ai quali ho dato il mio voto alle ultime elezioni. No, loro no. Eppoi starebbero attenti a non proferire quella parola; troppo sacra e imbarazzante per sfuggir loro di bocca. Perché, anche se solo un po', nell'animo sono dei politici. Magari solo di paese.
No, l'ho raccolta nitida e chiara a uno di quei banconi di quell'unico ufficio del piano rialzato che i recenti lavori (utili?) di ristrutturazione hanno aperto all'indiscrezionalità pressoché totale, se non fosse per quell'accenno di quinta che nasconde a occhi indiscreti almeno il suo capo ufficio. Ma non i suoi interlocutori.
Ero lì, quasi per caso, per avere chiarimenti su questioni inerenti l'obbligo di parcheggi nel centro storico, a Pedonda. Cosucce da poco, ma che potevano riguardarmi personalmente; ma anche no! Mentre l'addetto, con gentilezza e attenta premura, sfogliava le carte con l'intento di trovare risposta puntuale alle mie richieste, prendendo spunto da un elaborato passatomi inavvertitamente sotto l'occhio, allargo a un accenno di confabulazione sulla questione “cappotto”. Anzi, la questione cappotto sulla strada comunale. Nel mio caso specifico chiedo lumi se qualora si tratti di demolizione totale con ricostruzione sull'ingombro del preesistente, il cappotto esterno (n.d.r. di cm. 15), fatto in aggiunta e successivamente, debba essere tollerato quando va a ingombrare sulla strada comunale; anche nel caso esso non pregiudichi la normale viabilità della stessa. Con la mitezza che apparentemente gli è naturale l'addetto mi spiega che è divenuta consuetudine quella di ammettere (non tollerare!) che il cappotto invada la strada comunale e che ad oggi ci sono già parecchi casi nei quali si può constatare questo costume. E in effetti sembra che addirittura la famosa Legge Gilmozzi, sancisca la possibiltà di pretendere ciò. A prova della veridicità delle sue tesi, porta l'esempio recente del caso dell'Albergo, lì vicino al Palazzo Comunale. Non obbietto alcunché, se non il fatto che le strade comunali, in quanto “Bene Pubblico Strade”, risultano avere la caratteristica di bene indisponibile. Lui, riconoscendomi una punta di ragione in termini di diritto, non riesce a far suo il concetto che nemmeno il Comune può disporre alcunché su di esse, se non previa sdemanializzazione e spesso nemmeno in quel caso. Figurarsi il privato! Ed è qui che in un attimo di quasi imbarazzante silenzio, piomba con il fragore assordante di un meteorite quel sommesso “... ma ci si comporta con buonsenso.”
Senza rendermene conto, tiro un profondo e quasi interminabile sospiro di sollievo, convinto di trovarmi finalmente nell'ufficio che fa per me. Che l'esservi dentro in quel momento mi rincuori, mi faccia sentire protetto, al riparo dalle più indicibili e possibili angherie, ingiustizie, prepotenze burocratiche. Insomma, in quei brevi istanti che seguirono, non lo nego, ho sperato che quella ultima parola risvegliasse in me persino un'esclusiva simpatia non solo per quell'addetto ma, anche se postuma, verso quell'amministrazione (Delladio) che lo avrebbe istruito in tal guisa. Quella di adesso (Zanon) non avrebbe alcun merito visto che si lascia trasportare dalla corrente (non politica ma degli eventi) generata da quella che l'ha preceduta.
Confuso da tanta saggezza non ho più trovato il coraggio di pretendere l'esaudimento ai quesiti per i quali, dieci minuti prima, avevo bussato a quella porta. E dopo aver lasciato un mio aggancio telefonico diretto, me ne sono uscito, sempre dalla medesima. Erano quasi le 12.30 di ieri, venerdì. Lungo la strada di casa non ho potuto far altro che riflettere su quella parola che ora, mentre affronto la salita, mi appare in tutta la sua inutilità. Tanto importante nella quotidianità dei rapporti tra le persone quanto inadeguata e impossibile da seguire nelle questioni Amministrative, Urbanistiche, di Diritto e in generale ove è coinvolta la responsabilità giuridica delle persone o degli Uffici pubblici.
Ho pensato quale sarebbe la reazione se decidessimo di rivestire a cappotto i fabbricati alla strettoia Farmacia-Artesan Franz, oppure l’imbocco di via Fia alle Tessare-Iori, oppure ai Tonaci-Tiburzi, la ex Felitzita, o alla Canonica-San ‘Liseo, a Pedonda la casa de La Tzila o più sotto la casa de Le Rase o addirittura la Chiesa del Ricovero - Casa Bessati, ecc.
Ho pensato quanto buonsenso usiamo noi cittadini nei nostri comportamenti quotidiani verso il patrimonio collettivo, nelle cose semplici e riguardo al codice della strada. Quanto ne usino i Vigili nel tollerare o nell'essere intransigenti. Quanto ne usano gli operatori di mezzi cingolati nel transitare coi loro mezzi sulla pavimentazione stradale. Quanto importa al privato ingombrare con pericolose copertine (a taglio o a spacco) dei propri bei muretti in sasso, la libera e spensierata circolazione di bambini a piedi o in bici nell'area limitrofa (e non) all'edificio scolastico? Dov'è il buonsenso nell'aprire porte o scuretti e nel porre i propri contatori gas sulle aree pubbliche di transito. Nell'occupare marciapiedi comunali con piante di abbellimento, con pluviali, con luci pubbliche. Nel piegare alle comodità di accesso carrabile dei propri “inutili” interrati, la viabilità comunale o la pedonabilità dei marciapiedi. O addirittura la Piazza. Quella che a buon ragione possiamo definire l'emblema (l'unico?) di lungimiranza dei Teserani, costruita nella seconda metà del ventesimo secolo.
Dov'era il buonsenso quando si doveva pianificare e attuare l'espansione della ricettività su via Roma, su via Delmarco o in via Arestiezza. O magari a Stava, ora che ci si avvicina al 19 luglio o alla sua Sagra.
Naturalmente l'elenco delle situazioni destinatarie di buonsenso sarebbe infinito e ognuno di noi potrebbe far la propria parte nell'allungarlo sia a favore che contro.
Tu stesso, dal tuo pulpito, ci hai più e più volte fatto indice di strali senza però arrivare a risultato alcuno, o quasi.
E qui ti lascio, caro Orco.
Prima di congedarmi però, mi sento di suggerire a quell'addetto: - Almeno per quel ristretto ambito dell'ingombro della viabilità comunale con “cappotto”, lascia da parte il buonsenso. Riservalo a contesti che per loro natura non possono invece essere regolamentati da norme ben precise. Al contrario di quel delicato settore Urbanistico del quale ti occupi con competenza, e che da cinquant'anni ne è l'ambito più importante e controverso di Norme e Regole ancorché di frequente disattese che, spesso per i soliti, appaiono scritte sull'acqua. -
Un caro saluto.



M.V. Tesero, lì 15 luglio 2011.

1 commento:

  1. Caro Orco, chapeau!
    Sottoscrivo a pieno il tuo post precedente. Non mi trovi d'accordo sulla radicale chiusura del CML. Il Comitato dispone di un regolamento scritto e approvato l'ultima volta dalla giunta Zeni; basterebbe applicarlo e renderlo operativo, cosa che spetta in primo luogo all'assessore competente. Il quale troppo spesso si è dato alla macchia.
    Sul discorso (sarcastico) del cappotto dissento in merito e in forma col professore. Mi perdonerà.
    Sulla qualità di bene pubblico della strada comunale nessuno discute. Ma la fattispecie prospettata non mi pare ledere tali caratteristiche "nel caso esso non pregiudichi la normale viabilità della stessa". Se consideriamo che il servizio reso dalla strada è per definizione di bene pubblico non rivale (la possiamo usare tutti) e, soprattutto, non escludibile (non posso impedirti di transitare)il problema non si pone. Non solo, la legge (Gilmozzi) è perfettamente coerente. Peraltro, entro questi vincoli, si raggiunge un utile sociale oltre che un guadagno privato(il minor consumo energetico e il minor inquinamento).
    Forse la tradizione culturale del professore gli fa confondere il pedissequo rispetto delle regole formali con la valutazione sostanziale delle stesse. Forse ignora, o preferisce ignorare, che esistono regole cattive e conflitti fra regole. Ne è piena l'Italia. Patria illiberale che incentiva e premia il peggio, frutto di un sistema giuridico e amministrativo bizantino e inefficiente, che alimenta posizioni di monopolio, attività predatorie, corruzione, pirateria. Di fronte a tutto ciò, per me è meglio il buonsenso. Almeno, in attesa che i tecnici si diano una regolata.

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