Colendissimo N.H. Prof. Silvano Valenti
Barone della Guidicciona / von Wiedeschaun (salute!)
y de la Cruz y de la Escaloña Blanca etc.
E p. c. a chi legge.
Da lunga pezza vivo in questo cittadone murato; ma non mi ci ritrovo, stento ad ambientarmi. La gente ha da fare, il tempo è danaro e siccome qui, precipuamente, i ‘baìni’ sono in cima ai pensieri dei più, non le resta tempo per dare ascolto ai poeti, ai filosofi e affini rompiballe. Qui le mura, gli archi, i simulacri eccetera si vedono, ma fermati lì. Tutto il resto è ‘terra di morti’. Il meglio (musicisti, letterati, scienziati) è sepolto. In superficie trovi solo il semianalfabeta sordo ad ogni sentimento, tuttavia avvinghiato al motto del Conte di Cavour: ‘Gott und mein Recht’. Niente di male se il loro dio non fosse il Dio Tondo che soverchia il Dio Celeste e se loro precipuo diritto non fosse soltanto quello di spogliare il prossimo. Dirai: “Non essere manicheo: guarda fuori delle mura e vedrai che tutto il mondo è lucchese”. Sicuro, Barone mio, ma qui si esagera; qui sono più lucchesi che altrove.
A persuaderti allego due missive inviate al mio padrone di casa che chiamo, a ragion veduta, Scilocca, perché come lo Shylock di scespiriana memoria pretende da me, già abbastanza scarnificato, una libbra di carne viva. Ogni mese, non una tantum.
Sta di fatto che a Lucca non ho relazioni umane, non mi resta che carteggiare con te e con gli amici extra moenia; e rifarmi parlando alle statue e alle immagini, come gli spiriti magni dell’antica Grecia che quando avevano il fumino dicevan cose da cavar la pelle. Ricorderai Demostene che prima di lasciare Atene per l’esilio sostò davanti alla figura di Pallade, tossicchiò e asciutto asciutto le chiese con un ghigno: “O dea dell'Acropoli, come puoi compiacerti di bestie così brutte come le civette e la democrazia?”.
Ultimamente ho parlato con il ‘Santo Volto’ e con Vittorio Emanuele. Il Santo Volto lo conosci bene, oltre che per reminiscenza dantesca, per essere tu disceso da magnanimi lombi della Lucchesia. Sai che è un culto aberrante, ben più del culto di San Gennaro, espunto dal Calendario Romano ma tuttora oggetto di venerazione a Napoli. Ebbene, al Santo Volto ho espresso la mia opinione, ad un dipresso in questi termini: «Perdonate l’ardire se Vi parlo come nessun concittadino di Bonturo oserebbe parlarVi, illustrissimo Signore, anzi ‘Signora’. Così devo chiamarVi, perché – l’ho già scritto in qualche parte – Voi non rappresentate un Cristo vestito’ bensì una clandestina, anche se rispettabile, Magna Mater. Dal riciclaggio del culto pagano i mercanti hanno introitato in nome Vostro buoni soldoni anche fuori Lucca, dove Vi hanno trapiantato più brutta che mai. A Bolzano c’è una Vostra malacopia nella cappella alla Torre di Druso. Lassù Vi chiamano ‘Virgofortis’ o vergine barbuta; e Vi hanno condecentemente rivestita, oltre che di panni preziosi, di un alone romantico da cui una delicata leggenda, lontana le mille miglia dalla venalità che Vi assedia qui, meritando i sarcasmi di Dante. E adesso Vi pongo la domanda: ‘Uomo o donna, Gesù o Madre Terra che siate, vabbè che siete di legno, ma come potete sopportare tutto questo? Riverisco ».
A Vittorio Emanuele, monumentato nei giardini sopra le mura, ho tenuto tutt’altro discorso. “Ti rivedo sempre con piacere – gli ho detto di sotto in su, levando il capo da fiaccarmi il collo –; con quei baffoni a manubrio, lo sciabolone da parata, tutti i ‘pumèi’ in ordine che t’invidio perché il problema dei bottoni’ è uno dei tanti che complicano la mia triste condizione vedovile, Maestà, credimi, Tu m’infondi tanta simpatia e confidenza. Però gli epiteti che ti incidono sul piedistallo non mi vanno giù: “Re Galantuomo, Liberatore d’Italia…”. O icché dì’ono! Per me ‘Re Galantuomo’ è pleonastico non meno dell’inflazionato ‘Papa Buono’. Si è mai visto, nella norma, un re farabutto e imbroglione che strazia il popolo e bara nel tressette, o un pontefice programmaticamente perfido e iracondo al modo del dantesco Filippo Argenti, il quale, ad ogni pisciatina di cane, si inc…iprignava, con teatrali escandescenze? E poi, come sarebbe a dire ‘Liberatore’? Dio ci liberi dai Liberatori: dopo il disordine e l’arraffa arraffa che imperversano in Italia dalla ‘Liberazione’ in poi, dopo le nere pagine dell’Afganistan e dell’Iraq ‘liberati’, il termine è diventato nefasto, come altri in cui la malizia umana ha fatto slittare il ‘segno’. ‘Liberatore’ è termine tralignato, come ‘tiranno’ (il tiranno chiudeva le porte della città dal di dentro per proteggere i cittadini, ma poi, per tartassarli e non farli scappare, finì per chiuderle dal di fuori, o innalzare la cortina di ferro); è parola screditata come ‘democrazia’ che da governo di popolo è diventata il malgoverno che sai. Grazie comunque per il bene che hai fatto alla nostra Italia: e da lassù infondici coraggio e speranza, ché ce n’è bisogno. Per me, lo dissi già e lo ripeto, monarchia o repubblica fa lo stesso, purché sia italiana. Ti dirò, in tutta confidenza, che sono di sinistra, beninteso della sinistra storica e nazionale, quella di Garibaldi, di Crispi, di Cesare Battisti e di un altro che so io. Va da sé che mi tengo alla larga dalla sinistra di mestiere, – ignorante e rapace, miliardaria e borghese marcia, salottiera e borbonica, senz’arte né parte, senza patria – che da me non ha mai beccato un voto ».
A questo punto chiudo il discorso che scotta e rischia di diventare lungo e stucchevole come il telegiornale di Emilio Fede. Abbi pazienza, Barone mio: sopportami se depongo ai tuoi serenissimi piedi i dubbi e le angosce che affollano le mie onuste meningi e i miei esausti precordi.
Bacio le mani
Ferruccio Bravi
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