07/05/15

SINDACO 2.0? DIFFICILE, QUASI IMPOSSIBILE.


Caro Orco, riassumo un pensiero sulla politica teserana com'è e come dovrebbe essere.

1. La squadra.

Il fallimento della lista Cambiare per Crescere era forse già scritto nella sua formazione. Non uno dei “centravanti” che nomini nel tuo post (Barbolini: analisi di una sconfitta annunciata... n.d.r.) fu disposto dall'origine a metterci la faccia, a giocare in attacco, a fare la punta. Poi alle prime difficoltà amministrative sbattono la porta, lasciando un inesperto Zanon a unire i fragili equilibri della politica comunale con onestà e coraggio. Il miglior uomo di questo quinquennio.
Carpella, Iellici e Barbolini erano uomini dotati di investitura popolare, non indifesi di fronte alla bruta indipendenza del burocrate. Ma forse tutto si tiene, se gli stessi hanno rinunciato alla loro missione (“trasparenza amministrativa, discussione dei problemi illuminata, analisi delle priorità, oculatezza e prudenza nella spesa, affrancamento dalle interferenze esterne dell'associazionismo paesano”) perché non guidati dal gionco -come lo chiami tu- ma dalla passione per il risultato... Come nelle migliori squadre di calcio le compagini di governo devono essere coese. Insomma per incidere sulla vita del paese e davvero risollevarlo serve una squadra, venuta dal basso, con comunità d'intenti, e un vero bomber che sappia tradurre in azioni le idee che vengono proposte dai suoi.

2. Principi e idee.

Le due liste teserane in campo mostrano soprattutto pochezza d’idee. Tre cose di questa vacuità colpiscono.

Primo: la ricchezza di splendidi principi: etica, trasparenza, impegno ben 2 volte - che non ci sia il sospetto... - perfino umiltà e rispetto. Tutto cose che un cittadino dovrebbe dare per scontate. E siccome non lo sono diventano argomento elettorale, a scapito di quelle idee che sono le uniche a poter arricchire una comunità di fronte a poche risorse e meno indipendenza. Le idee sono o buone o cattive, e non costano nulla. Ma al contrario dei Princìpi, che restano, cambiano e alimentano l'azione (politica) degli uomini.

I problemi di Tesero sono sempre gli stessi. Il Paese si trova da anni a un bivio: con meno risorse come può attrarre persone, attività imprenditoriali e creare valore per i suoi cittadini? I temi sul tavolo dovrebbero essere noti:

a) Come rafforzare il rapporto fra e integrare il centro urbano e le periferie Pampeago, Lago e Piera? Ad esempio, come rilanciare il centro sportivo di Lago e come trasformare Tesero paese in un centro turistico (e non nel dormitorio di Cavalese)?

b) Come sostenere le numerose attività artigianali e ritagliare uno spazio a quelle commerciali (rimaste)?

c) Come porre fine al caos urbanistico (Tesero, cosa sei? Dimmelo tu!), tutelare le aree agricole (ne avremo bisogno), e sfruttare le risorse naturali di cui disponiamo in un'ottica di fruizione più ampia del territorio? Non è forse uno dei più bei borghi d’Italia? Forse le idee ci sono ma nessuno le vuole spendere. Perché si rischia di sbagliare o scontentare qualcuno.

Secondo. La campagna elettorale è nella miglior tradizione paesana fatta al bar e dura il tempo di un battito d’ali. I primi volantini compaiono un mese prima del voto. Gli incontri con l'elettore sono ridotti all'ultima settimana. Il “pensatoio” locale va curato sempre, prima, durante e soprattutto dopo. Prima di partire si dica dove si vuole arrivare e come, e saremo tutti disponibili a contribuire.

Terzo. La debolezza delle comunicazione che segue naturalmente da Primo e Secondo. Se ho poche idee ma confuse e non voglio discuterle perché mai dovrei cercare di diffonderle? Il futuro sindaco si adegui ai tempi, sia 2.0: apra un blog pensionando il costoso giornalino; di più si esponga a critiche e vi risponda con argomentata veemenza.

Chiudo. Messi in fila alcuni ragionamenti io credo che il bomber ce l'abbiamo e sta in provincia. Che le idee si possono raccogliere e gli strumenti sono tutti davanti a noi. Che vincere è forse più facile che governare. E che ci vuole passione e attenzione al dettaglio.
Cari elettori, questi sono i suonatori e con questi tocca suonare.
Ci vediamo al seggio. Sicuramente.
 
Evgeny


*****


Evgeny, scusa il ritardo, ma in questi giorni sono indaffarato a rincorrere le mie api sciamanti e di tempo me ne avanza quasi niente. Hai messo troppa carne al fuoco, non posso risponderti puntualmente, quindi prendo un po' qui e un po' là.

Condivido la necessità del pensatoio permanente. Ma dubito lo si possa realizzare. Raffazzonare 30 persone a caso un mese prima del voto è l’eterna presa per il culo degli elettori (ammesso che ad essi di ciò gliene importi). Il risultato è un sinedrio di muti e straniti apprendisti, che coprono il numero di persone previsto per quell'assemblea e alzano a comando la mano. Ma un consesso siffatto aggiunge al danno anche la beffa e cioè mortifica e umilia le eventuali rare eccezioni pensanti presenti al suo interno. Condivido anche la proposta di sopprimere il costoso apologetico giornalino comunale e di sostituirlo con un blog del sindaco che ‘obblighi moralmente' quest’ultimo a confrontarsi in modo diretto con le istanze della cittadinanza. E’ da vedere poi se il sindaco di turno accetterà di mettersi così faticosamente in gioco… Mi trovo d’accordo anche con le tue considerazioni sulla pochezza di idee offerte alla popolazione in questa tornata elettorale (e non solo in questa). Ma, a questo proposito, devo annotare che lo scadimento, anche numerico dell’offerta (2 sole liste contro le 9 di Cavalese) è diretta conseguenza del P.U.T. (pensiero unico teserano) di cui qui già scrivemmo.


So di ripetermi ma credo che il punto sia proprio questo. Se una generazione e mezza di Teserani (proprio quella che ora porta al giudizio degli elettori alcuni suoi rappresentanti) è cresciuta a base di Tendoni di San Bartolomeo, Mondiali, Presepi e Corte, si può pretendere che da quella emergano amministratori consapevoli della complessità della gestione della cosa pubblica, dei delicati equilibri territoriali, della necessità urgente non di licenziare nuovi piani urbanistici che vadano a intaccare ulteriori aree vergini, ma di negare ogni altra richiesta in tal senso? Come puoi pensare che trent'anni di 'libera baracca' e di 'facciamo tutti quello che ci pare' possano alimentare un qualche pensatoio permanente? Per questa gente, finché ci sarà un prato (e soldi e un fuoristrada), gli parrà del tutto ovvio chiedere, anzi pretendere, che quel prato, ovunque si trovi, venga "fabbricato". E come puoi sperare che questi nuovi Teserani immaginino un menu diverso e più qualitativo rispetto a quello consumato negli ultimi trent'anni (dal 1985, l'alfa delle nostre disgrazie e l'omega dalla "sapienza" teserana) e possano portare idee nuove per un paese anch'esso 2.0? It's impossible!

Dissento da te invece su una cosa. Cioè sulle capacità taumaturgiche di quel bomber che, se non ho capito male, corrisponderebbe proprio a quel signor P attualmente a pane e acqua in Provincia. Se quella è la soluzione per svoltare allora permettimi di dirti che non hai capito. Quello che indichi non è affatto un bomber, ma casomai, passando dalla metafora calcistica a quella bellica, un bombardiere nemico che ha ridotto in macerie il paese. Un attimo di onestà intellettuale! Non difendiamo l’indifendibile soltanto perché grazie alle 3 edizioni dei suoi mondiali le strutture alberghiere locali hanno fatto il tutto esaurito per (15 giorni x 3 edizioni = 45!) quarantacinque giorni. Se non abbiamo il coraggio di ammettere la verità non ha senso parlare. Dici: cosa facciamo del centro sportivo di Lago? Appunto! Perché mai dovremmo essere noi a dare un senso a quella roba là. Chi l’ha voluta, dicendoci che il turismo con quella avrebbe fatto un clamoroso salto qualitativo? Lui! Chi l’ha ampliata per ben tre volte, raccontandoci sempre la stessa bufala? Lui! Chi vi ha fatto aggiungere inutili ulteriori costose appendici (ponte pedonale in legno sull’Avisio, da quattro passaggi all’anno!!? Lui! E piazza Battisti, quell'orrendo attuale contenitore d'automobili? Ti ricordi il concorso di idee per trasformarla in un’area pedonale con piante e panchine, posteggi interrati, aree di intrattenimenti estivi all’aperto, eccetera? Bello, no? Certo, costava un po', ma forse se i quattrini non si fossero buttati anno dopo anno nel baratro "mondiale" almeno un qualche stralcio lo si sarebbe potuto realizzare. E allora? Ci prendiamo in giro? Abbiamo un paese che fa da dormitorio a Cavalese con strade e piazze che ci si “’ngamberla te i bolognini”?  Ma chi ha suggerito l'agenda politica di questo paese dal 1985 sino al 2013? Chi, salvo una breve parentesi dal 1990 al 1992, è sempre stato all’interno della “sala dei bottoni” teserana, condizionando pesantemente tutte le scelte di Giunta? Sì, proprio lui, il tuo supposto bomber! Quella sarebbe la soluzione? Non credo proprio! Se pensi che quel tale possa miracolosamente rinsavire e trasformarsi nel salvatore della patria ti stai sbagliando.
 
L'Orco







03/05/15

11 MAGGIO


La mattinata dell’undici maggio 2015 fu incredibilmente uggiosa. Il cielo di un grigio torbido, non consono alla stagione, avvolse e oscurò il paese per lunghe ore. Piovve a tratti così intensamente che avresti pensato a novembre. Verso mezzogiorno, a scrutinio terminato, un pallido e intirizzito sole fece capolino tra le nubi illuminando di sghimbescio il campanile della parrocchiale. La perpetua Giuliana quel giorno era assente e il reverendo per il pranzo avrebbe dovuto arrangiarsi. Alle dodici meno cinque il campanello della canonica suonò. Un'improvvisa tachicardìa con brividi allegati e sudorini fece imbiancare la faccia normalmente rosa scuro del parroco: "Dio santo, no sarà miga ancora la... (omissis)." Qualche istante dopo si udì il rombo di un'auto che stava allontanandosi. Don Daprà trepidando si accostò alla finestra di cucina e sbirciò fugace attraverso i vetri la piazzetta sottostante. Non c'era nessuno. Tutto tranquillo... Alzò gli occhi al crocefisso appeso alla parete, tirò un sospiro di sollievo ed iniziò a cucinare.


La notizia, certificata dalla Commissione elettorale presieduta dall'ingegner F.V., già nell'aria da tempo, uscì dal palazzo comunale verso mezzogiorno e quaranta, facendo rapidamente il giro delle osterie. L’ha vinto la Laghèra, la vinto la Laghèra… E dalle osterie, di bocca in bocca, in breve fu cosa di pubblico dominio. In quel supremo istante Tesero capì che per la prima volta nella sua storia millenaria, sarebbe stato governato, almeno per i successivi 1826 giorni, da una donna, una Laghèra appunto. In verità la prescelta, laghèra lo era solo per un quarto, per un altro quarto era in effetti tiesera e per una buona metà, derivata dal padre, foresta. Il punto rischioso, peraltro ponderato attentamente al momento della sua candidatura, che avrebbe potuto offendere la suscettibilità dei campanilisti del paese più oltranzisti e farle quindi perdere qualche prezioso voto stava proprio in quella sua metà 'straniera'. Un inedito cognome da föra avrebbe avuto l’onore del Comando a Tesero? Oddio, no, no! avrebbero di sicuro sospirato intolleranti i più viscerali tradizionalisti. Ma tutto filò liscio. Quando le cose devono andare in un certo modo, vanno! Fu un trionfo. Ad ogni modo, come sempre era accaduto in quel dannato paese, cotanta novità, per atavica propensione all'austerità e all'indifferrenza dei suoi abitanti, non suscitò pubblicamente chissà quale particolare scalmana. Nemmeno la parte che determinò la vittoria della nuova sindaca e che giocoforza doveva essere preponderante si dimostrò entusiasta. Almeno così parve sulle prime. Piuttosto, qualche bertoldo linguacciuto non perse l’occasione per fare della facile e triviale ironia sulla nuova prima cittadina e sulle sue qualità amorose delle quali un po' per vizio e un po' per gioco già si vociferava in giro: (omissis). Ma insomma il cambio epocale avvenuto con quel voto birichino non lo si percepiva ancora.

Dal muto coro generale una sola voce si alzò stentorea. Quella dell’infermiere Angelo Deflorian, residuo veterocomunista ed ex consigliere comunale (nelle fila socialiste) dei bei tempi andati, che dopo una notte insonne ed agitata si era concesso un inusuale giro di birre mattutino all’Ancora. All’annuncio di quella vittoria che lo colse proprio mentre stava accomiatandosi per recarsi a marena imprecò con veemenza tra lo stupore degli altri avventori: “(omissis) ! Con tüti quei santini che hae dato föra, varda quel che i è nai a votar. Peggio par lori. Mi ghe l’aveva ben dito de votar ‘l Barbo, i vederà ben adesso sti (omissis) tieseri…”. Ma ormai il popolo aveva deciso e c’era ben poco da fare.

In quel mentre, due chilometri più a valle, nella frazione di Lago, la signorina Elena, già informata del franco successo ottenuto da un infiltrato del suo comitato elettorale nel seggio n° 1 di via 4 Novembre, stava preparandosi a salire in paese per testare, attraverso gli sguardi dei paesani, di quanto la sua popolarità fosse aumentata in sole ventiquattro ore. Che ebbrezza! Sulla sua minuta ma armoniosa figura il tailleurino color carta da zucchero, che decise di indossare per l'occasione, le stava da dio. Il Comune, perlomeno riguardo alla rappresentanza pura e semplice, ne avrebbe senz'altro guadagnato. Si guardò un'ultima volta allo specchio, fece un ammicco d'intesa con l'occhio destro al suo viso riflesso, un'ultima spruzzata di Chanel n°10 sui polsi e via. Scesce in strada, salì sull'auto, avviò il motore e partì. "Il mio primo viaggio Lago-Tesero da sindaca! Wow!!" pensò soddisfatta. La sua vanità in quegli istanti raggiunse picchi mai prima neppure sfiorati. Il miracolo dell'improvvisa metamorfosi che talvolta scompiglia e confonde la sorte di chi, senza arte nè parte, ne viene fatto oggetto, si era compiuto un'altra volta ancora. Da ex speaker della banda a sindaca del più antico paese di Fiemme… Da muta e insignificante consigliera di minoranza a raggiante e riverita first lady. Sarebbe stata lei, pensò orgogliosa in quel breve tragitto, a sfilare durante la processione del Corpus Domini dietro al parroco, in veste di capo popolo, al centro del manipolo delle autorità paesane, tra il Corrado e il Giovanni, nel ruolo che sempre, per secoli e secoli, fu esclusiva prerogativa maschile! Lei, proprio a Tesero, con quel suo cognome foresto! Chi l’avrebbe potuto immaginare soltanto qualche mese prima? Sicuramente in pochi. Forse due. Uno certamente! Il suo tutore e mentore, certo che sì. Chi altri? Lui sì se l’immaginava… E infatti - ma la cosa trapelò molto più tardi - proprio lui, il grande Burattinaio, fu il primo a complimentarsi con la sua Elena in collegamento Skype dal suo ufficio in Provincia. Era appena passato mezzogiorno: "Ciao Elena, i m'ha apena telefonà da Tieser (omissis)... Aòn vinto! Te l'aveva ben dito... Mi, quanche me meto e vöi 'na roba, no ghè santi, me basto e me n' vanzo... e po' a Tieser, con quei Conchi... l'è talmente facile... Godete sto bel momento e no te preoccupar, 'l me numero te l'has e mi hae tütti i altri numeri che serve. Scuseme cogno scampar. Hae 'na riunion a momenti con i albergadori de Fassa e dapo' con i impiantisti de Madonna de Campiglio... Complimenti de nöo, ne vedòn."

Era ormai l'una di quel così particolare lunedì, feriale solo a metà. La fame, passato da un'ora il mezzodì, cominciava a battere e così, al riparo da occhi indiscreti e dunque liberi di esternare i loro veri sentimenti, i teserani (la stragran maggioranza di essi) a tavola liberarono finalmente la loro gioia. Durante la marena in molte case del paese non si parlò d'altro che della nuova sindaca:

(Aveo sentü? aveo sentü, l'è deventada sindaca la fiöla de l'idraulico. Elo da Cavales? Creso de sì, ma no son següra. L'è quel che l'ha tonto la Cornacci. Aì, quel. L'è 'n foresto de sì? Sì, ma so mare no elo 'na Ciassana? So mare l'è na fiöla del Pino Ciassan e de la Carmen del Ponte... Che sarìa la fiöla del Giovanni de la Todora. Sì, ma adesso basta! Che, che pöco pöco se ariva ben all'Antico Testamento... I dis che l'è brava, nó? L'è vera, ae sentü an mi. I ha dito che la è laureada... Ohhh) Finito il pranzo, per parare giù il tradizionale piatto delle feste grane a base di polenta e lüganeghe, si tirarono fuori dagli òlti le bottiglie di spumante avanzate dai cinque natali precedenti e si brindò, 15 giorni dopo quella ufficiale, a quella nuova Liberazione. In qualche casa, dove il tifo per la Laghèra raggiunse il parossismo, massaie solerti recuperarono in fretta e furia il panaöl e ipso facto iniziarono a far grostoli. Adesso, passata quella grigia e indisponente mattina di maggio vestita d' autunno si respirava un'aria leggera, si percepiva gaiezza, insieme al sole la serenità era tornata. L'onta subita cinque anni prima ad opera di quella lista antagonista così lontana dal sentire paesano nonché i tanti rospi inghiottiti, con quel voto erano stati finalmente cancellati.

Anche il maestro banda volle partecipare a quella giornata feriale ma festosa e dopo un consulto telefonico con la direzione convocò i bandisti per una festicciola serale nella sede di via Fia. Il direttore e i musicanti accorsi numerosi fecero un liberatorio brindisi collegiale ed inviarono una salva di sms di felicitazioni alla loro ex valletta. Alle 21 e 30 precise il maestro salutò e si avviò verso casa. Fu forse l'aria della sera maggiolina, o forse lo spumante e l'allegria che ancora si portava addosso, fatto sta che all'improvviso l'ispirazione gli balenò nel cervello. S'affrettò. Giunto a casa si precipitò nel suo studio e, messosi al pianoforte, compose in poco più di un'oretta una marcia brillante d'occasione in 6/8 in stile americano. Pensò brevemente al titolo. Gli venne subito l'idea: "Elena the first". Con dedica speciale e da lui diretta in modo impeccabile venne eseguita dalla Strepitosa in prima assoluta un mese dopo in occasione del concerto di San Liseo.

E i vinti? Che fecero i vinti in quel per loro tragico 11 maggio? Il povero Barbolini stette tutta la giornata tappato in casa. Anch’egli domiciliato nella frazione di Lago, non se la sentì proprio di salire in paese. Spense il cellulare, cosa per lui di una gravità assoluta,  restando attonito sulla poltrona del salotto per lungo tempo. Sfinito si mise a letto poco dopo le quattordici, ma non gli riuscì di chiuder occhio. Remenò a lungo cercando invano di capire dove avesse sbagliato. Forse avrebbe dovuto anche lui allestire un gazebo in piazza Battisti e dare fuori qualcosa. Chissà. Aveva investito molto in quel suo tentativo di raggiungere l’agognato traguardo. Dieci anni dieci passati correndo avanti e indietro a controllar lavori, a sovrintendere maestranze sui tanti grandi e piccoli cantieri del Comune, a presenziare eventi, giornate senz'auto, raduni dei pompieri, processioni, feste, sbaldorgiae. Lui la faccia e le energie ce le aveva messe davvero, ma quella cazzo di metamorfosi su di lui non aveva proprio voluto agire. Colse in quell’inappellabile verdetto popolare tutta l’ingratitudine dei suoi compaesani. Neppure il suo estremo tentativo rivolto alla nazione via WhatsApp sullo sfondo bucolico del Cucal era riuscito a far cambiare idea a quella masnada di bigotti. Ah, maledetti, maledetti. Stava meditando vendetta.

Poco lontano, in località Val il suo promesso vice, l'allevatore di conigli Michele Pessèla aveva appena finito di allestire un barbecue nei prati antistanti il mangiamerda comunale per far regalia dopo l'eventuale vittoria con i colleghi di lista quando gli arrivò la fatale notizia. Tutto era pronto, tartine, spiedini, paste vino, aranciate. Poi, come un fulmine a ciel sereno, lo squillo ferale. Drin, drin: Michele, laga perder, l'ha vinto la Laghèra. Bestemmiò e imprecò il giusto. Disfece con furia i vettovagliamenti e ritirò le pietanze. Rientrò in casa buio in volto. La moglie lo guardò interrogativa ma il buon Pesse senza proferire parola si rimise il toni blu e tornò dabbasso a spalar grassa. Degli altri compagni d'avventura nessuno seppe più nulla. Nè di Emma, assessora alla cultura in pectore, se la sorte fosse stata diversa. Né di Enza, pronta per le finanze, né della Jo che avrebbe forse suggerito qualche novità estetica in paese. Nemmeno dei due medici si seppe più niente. Il pediatra terminò lì la sua avventura politica, cinque anni dopo la sua entrata a palazzo. L'oculista non la assaporò nemmeno, stroncato da quel voto ancor prima di iniziare. Entrambi mestamente tornarono alle loro professioni. Era finita. Era davvero finita.

Ario Dannati

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

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SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
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MINU

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