
È l’unico pezzo di Mozart per questo tipo di ensemble (quartetto di fiati, oboe, clarinetto, corno, fagotto, più pianoforte). La resa sonora che deriva dall’amalgama di questi aerofoni al piano è eccelsa. Il resto, si fa per dire, ce lo mette, come al solito, la genialità dell’Autore. Risalente al 1784 e dunque prodotto nella piena maturità del Musicista, questo godibilissimo Quintetto in mi bemolle maggiore K. 452 è il perfetto equilibrio fra il più acceso divertimento ed il sublime distacco aristocratico. La presenza dei fiati attrae verso la sfera dello scherzo, ma la presenza del pianoforte sembra far gravitare altrove questa pagina. La dialettica resta irrisolta per tutto il tempo assegnato alla musica da Mozart. Come nei concerti per pianoforte appartenenti allo stesso periodo creativo, il gioco imbastito dal musicista salisburghese dissimula in continuazione un teatro inesauribile di affetti. Fin dalle prime battute il Quintetto prepara ad un continuo gioco di ribaltamento di situazioni, proprio come se l’ascoltatore fosse finito nel mezzo di una commedia. Probabilmente è nel Larghetto centrale che si rintraccia la più inesauribile rassegna di prodigi musicali ottenuti da Mozart, anche con audaci cromatismi propiziati dalla presenza dei fiati. E nella stretta relazione con il primo movimento ed il Rondò finale si fa ancor più evidente la fisionomia propria di un concerto.
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