Non smetteranno mai di scherzare se non li fermeremo. Mi riferisco alle recenti «performance» politiche bianche rosse e verdi. E mi sembra già di vederli insorgere a denunciare il qualunquismo di tutti quelli che proprio non ce la fanno più a credere, sopportare, ascoltare. Vorrei gentilmente inviare qualche improperio bilaterale o omnilaterale, tanto per non fare confusioni né esclusioni, a tutti quegli uomini che parlano di sé invece che di noi, del loro futuro invece che del nostro. Vorrei dedicare un’altrettanto gentile maledizione ai loro colpevoli e conniventi amplificatori cartacei e audiovisivi dai quali viene loro concesso di urlare e sbracciarsi nel tentativo di spacciarsi per difensori dei nostri interessi. Vorremmo avere il diritto alla non informazione per un momentino piccolo a piacere. Desidereremmo restare in pace durante una pausa di riflessione. La loro intendo. Qualcuno potrebbe prendersi del tempo per rivedere autocriticamente le proprie credenze sulle definizioni di dignità, sincerità, fedeltà, cultura, dovere, disinteresse, educazione, eleganza, saggezza. Magari aiutandosi con un bigino della Repubblica di Platone, sia politici che politologi che chiacchieratori di politica, potrebbero migliorare forma e contenuto delle dissennatezze che riproveranno a raccontarci. La mia è un’invocazione all’intervallo. Intanto che qualche pecorella pascola sullo schermo, intanto che «i pagliacci» si rifanno il trucco in camerini e transatlantici, noi, nei liquami del foyer del teatrino, abbiamo il dovere primario di non affogare e quello di impedire la prossima riapertura del sipario sulla stessa scena. Almeno i loggionisti devono essere in grado di dimostrare pesantemente un dissenso conclusivo. Ciò che è intonato e giusto lo sanno tutti, sia i giusti che gli ingiusti. In politica, ogni certezza diventa un po’ più incerta e il senso di giustificazione può, incolpevolmente, essere ampliato fino al limite ultimo della legalità. Il politico, cultore della pratica della mediazione e del compromesso, si può concedere ampi spazi, ma non può prendere in giro «chicche e ssia», come diceva Totò. Altrimenti non sarà odiato soltanto dall’anarchico e dall’individualista, ma da tutti. Mi vien voglia di sperare che non si riaffacci nessuno, con camuffamenti costituzionali, a reiterare inefficienza, quando va bene, o disastri, se la dea si sbendasse. Non mi abbandona un presentimento. Non smetteranno mai di scherzare se non li fermeremo. E se qualche intelligente mi vuole zittire, sono a disposizione.
Mina 27/01/2008
Mina 27/01/2008
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