15/01/10

LA LUNGA NOTTE DEI FUNERALI VOODOO


Si deve camminare adagio nella città dei morti viventi, perché le ruspe non seppelliscano gli spiriti e non distruggano quello che resta, almeno quello, dell'anima del popolo haitiano. Lo hanno capito subito e per primi i Caschi blu brasiliani. E dunque figli dello stesso universo di misteri e di fede che l'Africa riversò sulle Americhe tutte, da New Orleans fino a Rio de Janeiro, con quei nomi da brivido per i padroni bianchi, voodoo, macumba, abacua, santeria, candomble, che raccontano invece soltanto disperati brandelli di identità violentate. Non potevano che essere i brasiliani, che nella città dei morti inquieti hanno lasciato undici dei loro soldati, ad ammonire l'armata dei soccorritori piovuti con le loro telecamere, le loro macchine e con la giusta fretta di seppellire il rischio di epidemie micidiali, che quei corpi riesumati a diecine di migliaia vanno custoditi e sepolti secondo il rito del voodoo, non secondo le superstizioni e i culti degli altri. Perché loro lo sanno, come lo sanno i loro comandanti, e il ministro della Difesa brasiliano, che spezzare il filo tra i vivi e i morti può offendere i "Loa", lo spirito degli antenati. Ed evoca dal mondo invisibile la forza terribile di "Petro", del maligno. Il terremoto, hanno capito quei soldati venuti dagli stessi misteri che navigarono sui velieri dei negrieri, senza la presunzione di portare un Dio migliore soltanto perché ha più potere, ha scoperchiato più che tetti di lamiera e palazzi di mattoni. Sta sgretolando la facciata del sincretismo religioso, della reciproca finzione tra chiese cristiane ufficiali e culti popolari, come già scoprì, fingendo caritatevolmente di non saperlo, Papa Woytyla quando andò a Haiti, a Cuba, in Messico, nella Repubblica Dominicana, in Brasile, a celebrare la Messa e recitare il Credo di Nicea fra serpenti piumati e avvenenti vergini del mare, spiriti dei monti e dei fiumi, fra houngan e mambos, i sacerdoti e le sacerdotesse voodoo e i serviteurs, i devoti più fervidi e gli iniziati. Affidandosi al fatto che la suprema, e unica divinità del voodoo, che in lingua africana Fon significa soltanto "potenza dello spirito", è in fondo il "Bondyè", parente ovvio del "Bon Dieu", rappresentato accanto a ciascuno di noi dal "gros bonange", dal grande angelo buono che intercederà per noi al momento del Giudizio. Grandi angeli, con i loro fratelli minori, i "ti bonange", gli angioletti, tragicamente affaticati in queste ore e che soltanto accurate, tenere, precise cerimonie funebri potranno rassicurare trasportando lo spirito degli antenati al cielo, anche quando i nuovi "antenati" sono soltanto bambini. Non sarà possibile, lo sanno gli sciamani voodoo come i preti cattolici o i ministri protestanti e anche i brasiliani, timorosi di offendere, attraverso il voodoo la propria macumba, garantire a tutti il rispetto e la liturgia della sepoltura. Ma almeno dirlo pubblicamente, avvertire anche gli altri soldati, i soccorritori, i volontari venuti da altri mondi, che il voodoo non è una Disneyland morbosa per spettatori con popcorn, non è la gita nel più famoso dei cimiteri del "Bondyè", quello di New Orleans per turisti, potrebbe bastare a calmare con il rispetto lo spirito di quei morti che un giorno torneranno a "montare" i vivi, a impossessarsi di loro, risparmiando la sorte orrenda dei cadaveri rianimati dallo stregone, il "bokor", per farne servitori senza coscienza e senza identità come gli schiavi, gli zombie. Dall'albergo più famoso di Port-au-Prince e oggi colpito duro, la villa che un marinaio tedesco svedese, Gustav Werner Olofsson acquistò nel 1935 per farne il rifugio tropicale adorato da Graham Greene e da Jackie Onassis, da Mick Jagger e da sir John Gielgud, noi giornalisti che lo visitavamo non vedevamo, tra lo sfarzo di palme, bougainville e orchidee, l'orrore del regime Duvalier, i machete dei "ton ton macoute", le disperate invocazioni ai grandi o ai piccoli angeli dei cadaveri di coloro che venivano sgozzati e dei loro discendenti, che attendono di morire come si deve sotto le macerie. Ma i brasiliani sanno e capiscono. Vedranno le dozzine di candele che saranno accese attorno ai corpi dei defunti. Non si scandalizzeranno davanti alla gallina o al gallo decapitato vivo, per restituire una vita al cielo nella speranza di saldare il conto di altre vite e di dare fiato ai "Loa" accasciati dalla fatica di governare l'universo, o le trance dei posseduti, le invocazioni disperate a Papa Ghedè, lo spirito della morte e della resurrezione, l'agitare dei sonagli magici, anche senza la musica di Louis Armstrong e dei più sfarzosi riti voodoo a New Orleans. Il funerale giusto, il momento della impossibile, ma necessaria riconciliazione fra la vita e la morte in ogni religione creata dagli uomini, non sarà praticamente fattibile, come non lo fu dopo l'uragano Arthur, che fu soltanto un piccolo spirito malvagio portando via nel 2008 ottocento vite, rispetto al terremoto. Non ci saranno abbastanza sacerdoti e sacerdotesse, per 50 o 100 mila morti in attesa di rispetto, e forse basteranno le grandi e consolatorie cerimonie cristiane, le messe collettive nella cattedrale di Notre Dame, se ci fosse ancora la cattedrale, distrutta. Celebrate dall'arcivescovo, se ci fosse ancora l'arcivescovo, Joseph Serge Miot, ucciso sotto le rovine. Ma molte messe e molti funerali voodoo saranno necessari per placare le anime dei vivi e dei morti sbigottiti davanti a un buon Dio che sembra ancora una volta aver abbandonato i propri figli neri.

Vittorio Zucconi – La Repubblica 15/01/10

13/01/10

LA SCOMMESSA



Gentile anonimo mrz 21r45 nnv L147r, credo di aver capito chi lei sia. E credo che al di là dell’anonimato che difende, o finge di difendere, lei abbia voglia anche di ragionare. Da quello che intendo, leggendo il suo commento, la differenza tra lei e gli altri anonimi è questa. Dice il vero, quando sostiene che …“Se l'obiettivo del blog è quello di smuovere le idee, bisogna ricordare che esse non hanno un viso, un nome una icona. Sono idee e basta. Se a esse si vuole appiccicare un volto, si rischia di cadere nella logica del potere per il quale le parole e le scelte di chi “conta” valgono e pesano in maniera incomparabilmente maggiore rispetto a quelle di chi si muove su un profilo defilato, da uomo/donna della strada… L'anonimato o la firma (vera o fasulla) rispecchiano uno spirito di libertà, non di codardia o di coraggio”. Giusto e condivisibile. Purché, anonimato o no, si entri nel merito delle questioni. Purtroppo invece, come avrà senz’altro verificato direttamente, qui si mantiene l’anonimato a prescindere, non apportando affatto il proprio contributo alla discussione. Io credo che ciò dipenda dalla forte pressione psicologica esercitata dal potere locale. Potere che non è entità astratta e indefinita, bensì persone in carne ed ossa ben identificate. Credo anche che, con la sua presa di posizione, lei intendesse proprio scatenare (nel senso originario del termine) qualche lettore bloccato dal timore di quel potere che qui, più che altrove, usa in modo formidabile l’arma del ricatto. In due anni e mezzo di scritti pubblicati, riferiti in particolare al nostro paese, dalla speculazione edilizia alla mobilità, dalle prossime opere mondiali alla raccolta differenziata, dallo sgombero neve alle giornate ecologiche, eccetera, occasioni per ragionare ed eventualmente confutare qualcosa nel merito ce ne saranno pur state, immagino. Ed invece, quella palestra di democrazia, quella tribuna libera, senza censure né limiti di spazio, che ben potrebbe essere un blog come questo, è per lo più disertata o usata come buco della serratura per sbirciare di nascosto qualcuno. E quando proprio non se ne può più di ‘subire’ in silenzio questo nostro onanistico esercizio critico e di non contrapporre alcunché alle questioni sollevate, si inveisce inutilmente o si ironizza senza aggiungere altro al confronto. Vede Signor mrz 21r45 nnv L147r, purtroppo nella nostra realtà locale manca uno strumento di confronto veramente libero. I mezzi d’informazione, o sono asserviti in maniera evidente, come ad esempio una nota emittente radiofonica, attraverso la quale, tra un servizio speciale, un santo al giorno e un oberkrainer, i padroni del vapore, periodicamente invitati e accolti con genuflessa deferenza dal Gran Cerimoniere, catechizzano i radioascoltatori sulle magnifiche sorti e progressive della vallata, oppure – come fa qualche periodico cartaceo, apparentemente meno becero – miscelano e giustappongono argomenti diversi, mettendoli in rilievo o sfumandoli con sapienza, per non irritare troppo gli inserzionisti e non prosciugare più di quanto già non sia il loro ‘bacino d’utenza’. In entrambi i casi comunque le voci vengono filtrate preventivamente e le eventuali “stonature” eliminate. Probabilmente è anche grazie a questa qualità dell’informazione che siamo giunti all’assopimento o peggio alla castrazione dello spirito critico e alla rinuncia ad esprimere e sostenere pubblicamente la propria opinione. Una piccola prova di ciò la abbiamo direttamente rilevata, allorquando lei, con quella sua perorazione citata all’inizio, ha, per così dire, ‘sdoganato’ gli anonimi, ed essi hanno sì preso coraggio, ma solo per rinfacciare rancorosi al sottoscritto che “a lei non va bene niente ed è quindi inutile parlare…”. E invece a me vanno bene molte cose, che però qui o non ci sono o non vedo, e vorrei ci fossero o poterle vedere. E se chi mi legge, bontà sua, farà la cortesia di ravvedermi gliene sarò grato. Perciò parlino signori, parlino pure. Mi facciano capire. Mi dicano se sono cieco o se mi sto sbagliando. Abbiano un’opinione e la manifestino. Si confrontino. Questo spazio è fatto apposta.
Signor mrz 21r45 eccetera, eccetera, tanto doverosamente premesso, io dunque la sfido. La sfido a confutare “in modo costruttivo” – come s’usa dire con abusata locuzione – le questioni che qui da tempo si sollevano. Per lo meno quelle di interesse locale. Sono certo che accetterà di duellare con me. Il tempo è propizio. Come ben sa stiamo per entrare nel cosiddetto quadrimestre bianco, quel periodo cioè che prelude alle prossime elezioni e al cambio amministrativo. È importante perciò che d’ora in poi il dibattito si faccia via via più serrato. Non foss’altro che per verificare se esistono i presupposti, per chi fosse interessato a “mettersi in gioco”, di una qualche remota possibilità di successo (anche se, concordando in questo pienamente con l’Orco, ne dubito fortemente). E se non ho frainteso chi si cela dietro quel suo contraffatto codice fiscale, forse lei è proprio uno di quelli. E magari aspira, beninteso senza rivoluzioni e affiancandosi al vecchio, a cambiare lo status quo, l’inerzia pesante di questa nostra situazione politico-amministrativa. Se è così, non indugi. Si faccia vivo. Non la accoglierò naturalmente con i guanti bianchi e il crodino sul vassoio (i lacchè lasciamoli fare ad altri) ma uno spazio glielo garantirò, ne può star certo. Io, qualche tempo fa, attraverso questo blog, avevo invitato chi fosse desideroso di proporsi agli elettori e di rendere pubbliche le proprie idee, a farsi avanti. Insomma a far conoscere la propria voce in qualsiasi forma preferisse, scritta o parlata in video. Pensavo che almeno qualcuno dei ‘giovani’ che a maggio ci ritroveremo di certo sulle schede elettorali, avrebbe colto la palla al balzo per far conoscere il suo punto di vista sulle cose rilevanti di interesse paesano. Sinora però nessuno si è fatto vivo. Non vorrei finisse come sempre è successo in precedenza e cioè con ‘la bella sorpresa’ resa pubblica 15 giorni prima del voto attraverso qualche muto santino, distribuito nei bar del paese, con nome, cognome e fotografia. Sarebbe un vero peccato. Credo che di argomenti da analizzare e chiarificare approfonditamente, prima che le rotative inizino a stampare le inutili pubblicità elettorali, ce ne siano parecchi. Lei può fare da apripista a questa iniziativa: è l’ultima scommessa che chi mi ospita si sente ancora di lanciare. Sono fiducioso e spero vivamente di poterla leggere su questa tribuna e di apprezzare il suo contributo all’analisi. Con stima.

Ario Dannati

11/01/10

PASSAPAROLA - 11/01/2010

IL SENSO DELLA TERRA E LE MADRI ASSASSINE



“Misera, dunque sei fatta di pietra, sei Fatta di ferro, tu Se al seme dei figli la mano tua ora la morte dà. Che può accadere ormai di più terribile?”

Euripide, Medea

In origine le madri rappresentano il senso della terra. Quel loro potere occulto di consegnare alla vita esseri dotati di movimento, lega la loro essenza alle profondità della terra. Alle sue caverne, alle sue voragini, aperte verso il cielo così come l’utero si apre verso l’Amore. Attraverso la terra le madri sono legate alla norma, alla legge. Il loro essere canali di emissione di vita, di nutrizione di spiriti e corpi, di fioritura di guerre e rinascite, le affianca in un modo sotterraneo ed intuitivo alla statuizione del diritto, alla creazione ed alla difesa di un confine umano e quindi politico nel suo significato più alto. Carl Schmitt apre il suo “Il Nomos della Terra” con un riferimento concreto e simbolico, a questo legame sottile: “La terra è detta nel linguaggio mitico la madre del diritto […] la terra risulta legata al diritto in un triplice modo. Essa lo serba dentro di sé, come ricompensa del lavoro; lo mostra in sé, come confine netto; infine lo reca su di sé quale contrassegno pubblico dell’ordinamento”. La Terra è madre, di Uomini e di Stati; madre di confini umani e sovra umani. Per questo, l’essere “donatrice” della madre, rende aberrante i continui omicidi di “figli”. Una follia che dilaga ed è lontana dalla ferocia dionisiaca delle Madri Greche. Medea, nella sua vendetta selvaggia, manifesta una passione, un amore dilaniante e profondo anche se infero e deviato – poiché l’amore non può essere se non amore del Tutto e di ogni cosa. Medea rappresenta un essere, o, meglio, una voragine dell’essere che pure può riempire di sé il cosmo. Oggi le donne, degradate e psichicamente spezzate, uccidono per il supremo nulla. Sono vittime del crollo collettivo della psiche e manifestano la rottura e la disintegrazione del filo che unisce l’Uomo alla sua Terra. Ogni confine è vinto, ogni cosa ha perso la sua definizione, si perde nell’infinita ed indefinita analisi. La vittoria moderna sul concetto stesso di “confine”, che si fonda su una deviata volontà di potenza, instilla nella psiche collettiva ed individuale il rifiuto rabbioso di legami, limitazioni esistenziali, impegni. Perfezione è, oggi, vivere nel limbo di una esistenza priva di contorni delimitati, sospesa nelle non-scelte, nelle non-decisioni, nelle non-responsabilità. In questa nuova costruzione onirica della perfezione esistenziale, un figlio non può che essere fonte di depressione e stanchezza. Quello che ieri era una ricchezza da ricercare, oggi è un oggetto invadente da sopprimere il prima possibile. Oggi una madre strangola il figliolo di quattro anni con il cavo di un caricabatteria di un telefonino. Nel suo essere drammatico, questo gesto ha perso la tragicità solenne che pure meriterebbe: è un gesto da compiere nel quotidiano, con un oggetto consueto.La famiglia, antico deposito di Diritto delle Gens, originaria cellula deputata alla definizione ed alla difesa del Sacro Limen, è diventata ormai teatro di una strisciante guerra civile. Sulla quale insiste il silenzio colpevole dello “Stato”, becero “stato di polizia” senza potere; della Chiesa, colpevole ed ipocrita “custode” del nulla; della politica; dei giornali. Dilaga la guerra di un popolo che ha perso il proprio volto. E che, paradossalmente, trova nei clan di immigrati, clandestini e non, il ricordo rinnovato del senso di unità familiare, di comunità, di stato. Se è vero che la giustizia è una Dea da onorare, anche questa madre, come le altre, pagherà il suo crimine. Ma a cosa serviranno le nostre guardie, i nostri Tribunali, le nostre prigioni, in un mondo dove le madri, trasformate in demoni oscuri, convertiranno il potere che è loro proprio, sulla vita e della vita, in potere di Morte? Dove cercheremo il confine sul quale batterci se il fronte amico/nemico è nel nostro sangue?

Amanda Incardona

10/01/10

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

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Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

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TESERO DI BIANCO VESTITO

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Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

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Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

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SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

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MINU

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