C'era
una volta l'allegra commissione edilizia comunale, composta da
semplici concittadini scelti più o meno a caso dal Consiglio e
spartiti tra maggioranza e opposizione, quasi sempre sulla base di
competenze e sensibilità del tutto assenti. Nelle intenzioni avrebbe
dovuto essere l'organo amministrativo di tutela preposto a verificare
e poi eventualmente licenziare le richieste di fabbricazione che
rispettassero i regolamenti urbanistici vigenti. Oltre alle verifiche
tecniche di conformità, quell'improvvisata assise esprimeva anche un
parere estetico sui progetti al suo vaglio e non di rado li
rimandava al mittente con la prescrizone di una qualche revisione
degli elaborati. Teoricamente, con quell'organo, l'ente pubblico
intendeva evitare arbìtri e soprusi da parte dei richiedenti
licenza, nonché, in caso di ristrutturazioni, disarmonie
architettoniche rispetto al preesistente.
In
realtà le disarmonie e gli arbìtri potevano comunque verificarsi,
anzi spesso si verificavano, non già per colpa della committenza
bensì perché quell'organo, succube del tecnico che lo sovrintendeva e
che rappresentava l'unica 'voce dòtta' presente al suo interno,
anziché elaborare dopo
attenta valutazione
un'equanime sintesi dei pareri dei suoi membri, si sottometteva alla
volontà o alle bizzarrie del professionista. A volte poteva capitare
che il tecnico pro
tempore della
commissione fosse in conflitto d'interesse con i professionisti
incaricati del progetto in esame e che di conseguenza intorno a quel
disegno si scatenasse una sorta di 'guerra tra studi'. Così, al
termine degli avanti e indietro e delle innumerevoli modifiche
dell'elaborato, questi conflitti si scaricavano puntualmente sulla
committenza con penalizzazioni e costi aggiuntivi a carico di
quest'ultima.
Ad
ogni modo, di rigore e zelo censorio ce n'erano da vendere, tanto che
non di rado si sarebbe potuto addirittura confonderli con
vera prevaricazione. Non erano affatto rari i casi in cui il
professionista di riferimento della commissione s'impuntasse e
pretendesse rettifiche e variazioni che superavano di gran lunga il
buonsenso, imponendo astrusità progettuali e architettoniche o l'uso
di materiali incongrui che per lo più peggioravano il risultato
finale dell'opera.
Adesso
invece pare che in commissione la filosofia di fondo sia cambiata:
il nuovo verbo è fantasia & spregiudicatezza! Semplicemente.
Dunque,
crescono nel paese gli ecomostri, a dimostrazione, fuor di ipocrisia,
che l'urbanistica
nulla ha di scientifico e la materia è di fatto alla mercé di chi
in quel determinato momento la manipola e degli interessi in gioco.
Strutture
abnormi e disomogenee rispetto agli stilemi architettonici esistenti
si insinuano nel contesto paesano senza un'apparente ragione logica.
L'arbitrio è macroscopico e insopportabile. Recentemente due
alberghi, all'interno dell'area paesana di massimo
rispetto urbanistico, cioè del cosiddetto Centro Storico, sono stati
sopraelevati oltre ogni decenza, quasi a voler far marameo a quei
poveri censiti che loro malgrado furono sottoposti alle forche
caudine dalla precedente intransigenza.
Ma
la sindaca che fa? E il consiglio comunale che dice? E la minoranza
dov'è finita? Ma in che mani siamo? Animo, rappresentanti del
popolo! ché di quindici balbettanti comparse il paese non sa che
farsene. Dite qualcosa. Battete un colpo. Se ci riuscite, tutelateci!
Questo paese sta rotolando velocemente verso la barbarie. Avevamo
proprio bisogno dei giovani al comando per ridurci così... Bravi!
Certo,
de
gustibus et coloribus non est disputandum.
Ma per favore d'ora in poi
non si rompano i coglioni a chi in una qualche oscura corte
paesana chiede di aprire un abbaino meno angusto di uno spiraglio per
poter far entrare in casa un raggio di sole...
L'Orco