Ci risiamo, si torna a parlare di ogm e riparte il terrorismo ideologico. Caro Orco, davvero di tutti i commenti critici che potevi scegliere hai proposto di gran lunga il più disarmante. Non ci si limita al solito ritornello delle multinazionali cattive che fanno gli ogm per affamare il mondo e per rendere i contadini loro schiavi (per la cronaca tutte le aziende agricole di una certa dimensione dipendono annualmente dai grandi produttori di sementi dato che gli ibridi che utilizzano perdono produttività con la seconda generazione). Si conclude con il più assurdo oscurantismo. Già l’esistenza di un “movimento antimoderno” mi sembra di un’incoerenza incredibile; il concetto di natura sacra e benigna poi, alla luce dell’evoluzione umana (senza scomodare gli ogm basterebbe pensare, che ne so? Al computer che ho davanti) è davvero ridicolo. E quando si arriva a dire “noi antimoderni avversiamo gli Ogm per principio e continueremo ad avversarli anche qualora venisse dimostrata la loro non-nocività e persino la loro utilità pratica!” cosa si può rispondere se non allargare le braccia in gesto sconsolato?
Nessuno dice che qualsiasi intervento umano, tanto più nel campo della biologia molecolare, vada bene a priori. Ma cerchiamo di valutare caso per caso. D’altronde è un dato di fatto che gli ogm sono già tra noi: per chi non lo sa (o fa finta di non saperlo) il rimedio per i malati di diabete proviene da un batterio geneticamente modificato e programmato dall’uomo (alla faccia di santa natura) per funzionare da reattore che produce insulina umana. I signori puristi antimodernisti ne vogliono fare a meno? Non credo proprio.
Ma torniamo all’alimentare. La stragrande maggioranza del grano duro per la produzione di pasta è varietà “creso”, un grano ottenuto tramite mutagenesi all’inizio degli anni ‘70 nei laboratori dell’ENEA alla Casaccia. E qui perché nessuno si lamenta? Semplice, perché la legge furbescamente non lo considera ogm: sarà sicuramente più pericoloso un organismo in cui si è inserito in maniera mirata un singolo gene con la tecnica del DNA ricombinante, piuttosto che un grano a cui si è stravolto (del tutto casualmente) il genoma irradiandolo con raggi gamma! A favore di questa teoria in realtà interviene il mitico “principio di precauzione”: dopo quarant’anni di utilizzo senza problemi potremo pur star tranquilli!... O no?…
E che dire, a proposito della natura inviolabile, del “melo a due teste” ottenuto qualche anno fa mediante incroci dai ricercatori di S. Michele all’Adige? Grandi elogi da politici locali, Coldiretti e compagnia bella per aver dato un contributo all’aumento di produttività salvaguardando la (anch’essa mitica) tradizione. Alla faccia della coerenza!
Tornando poi alle perfide multinazionali, la ricetta per non fare il loro gioco nel campo delle biotecnologie è molto semplice: basta non deprimere la ricerca pubblica con il divieto di sperimentazione in campo. In questo modo saremmo all’avanguardia nel settore (molti brillanti sistemi funzionanti giacciono nei cassetti delle università grazie alla lungimiranza italiana) senza il cappio dei brevetti ai privati. Per tutte le altre considerazioni del caso (dalle sciocchezze sugli antibiotici, alla sterilità degli ogm) rimando al seguente sito (http://bressanini lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2010/03/03/amflora-la-patata-per-la-carta/ ) in cui tra l’altro vengono puntualmente confutati anche i “10 no” agli ogm presentati da Petrini qualche settimana fa su l’ “Espresso”. Ti saluto cordialmente
Nessuno dice che qualsiasi intervento umano, tanto più nel campo della biologia molecolare, vada bene a priori. Ma cerchiamo di valutare caso per caso. D’altronde è un dato di fatto che gli ogm sono già tra noi: per chi non lo sa (o fa finta di non saperlo) il rimedio per i malati di diabete proviene da un batterio geneticamente modificato e programmato dall’uomo (alla faccia di santa natura) per funzionare da reattore che produce insulina umana. I signori puristi antimodernisti ne vogliono fare a meno? Non credo proprio.
Ma torniamo all’alimentare. La stragrande maggioranza del grano duro per la produzione di pasta è varietà “creso”, un grano ottenuto tramite mutagenesi all’inizio degli anni ‘70 nei laboratori dell’ENEA alla Casaccia. E qui perché nessuno si lamenta? Semplice, perché la legge furbescamente non lo considera ogm: sarà sicuramente più pericoloso un organismo in cui si è inserito in maniera mirata un singolo gene con la tecnica del DNA ricombinante, piuttosto che un grano a cui si è stravolto (del tutto casualmente) il genoma irradiandolo con raggi gamma! A favore di questa teoria in realtà interviene il mitico “principio di precauzione”: dopo quarant’anni di utilizzo senza problemi potremo pur star tranquilli!... O no?…
E che dire, a proposito della natura inviolabile, del “melo a due teste” ottenuto qualche anno fa mediante incroci dai ricercatori di S. Michele all’Adige? Grandi elogi da politici locali, Coldiretti e compagnia bella per aver dato un contributo all’aumento di produttività salvaguardando la (anch’essa mitica) tradizione. Alla faccia della coerenza!
Tornando poi alle perfide multinazionali, la ricetta per non fare il loro gioco nel campo delle biotecnologie è molto semplice: basta non deprimere la ricerca pubblica con il divieto di sperimentazione in campo. In questo modo saremmo all’avanguardia nel settore (molti brillanti sistemi funzionanti giacciono nei cassetti delle università grazie alla lungimiranza italiana) senza il cappio dei brevetti ai privati. Per tutte le altre considerazioni del caso (dalle sciocchezze sugli antibiotici, alla sterilità degli ogm) rimando al seguente sito (http://bressanini lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2010/03/03/amflora-la-patata-per-la-carta/ ) in cui tra l’altro vengono puntualmente confutati anche i “10 no” agli ogm presentati da Petrini qualche settimana fa su l’ “Espresso”. Ti saluto cordialmente
Michele Vinante (Baldesalin)
Nessun commento:
Posta un commento