22/11/08

MENO DI 100 KG


Se ne parla tanto. Eppure i rifiuti urbani continuano ad aumentare. Forse perché si insiste di più sulla necessità di riciclarli che su quella di non farli, e sul come. In Europa la media annua pro capite di Rsu o rifiuti solidi urbani è di 600 kg (negli Usa 750); in Italia siamo poco sotto, e significa che ogni italiano allontana da sé in media circa 1,4 kg di scarti al giorno. Ancora nel 1980 eravamo a 0,6; eppure non stiamo certo meglio di allora. È certo importante se poi i rifiuti sono raccolti in modo differenziato e avviati al riciclaggio (e questo in molte zone d'Italia è fatto poco e male). Ma la chiave del cambiamento è la riduzione a monte, la prima R, eppure la cenerentola nei comportamenti individuali e nelle pratiche collettive. Prevenire i rifiuti significa ridurre l'uso delle risorse e dell'energia necessari nell'estrazione delle materie prime, nella loro lavorazione e nel trasporto dei materiali. Per non dire della riduzione (quasi la prevenzione) delle discariche e degli inceneritori. Correndo una non difficile gara di civiltà l'Europa come l'Italia potrebbero quasi azzerare l'immondizia, o quantomeno arrivare a «Meno di 100 kg di rifiuti all'anno per abitante». Così si chiama appunto una campagna promossa in Europa dall'Acr+ (Associazione città e regioni per una gestione sostenibile delle risorse e il loro ririclaggio), e in Italia dalle Agende 21, dall'Unesco, dall'Associazione Comuni virtuosi e da altri. Tutti possiamo partecipare, mettendo in pratica e diffondendo i consigli per individui, gruppi e istituzioni locali contenuti in un utile pieghevole scaricabile (su carta riciclata!) dal sito delle agende 21: www.a21italy/cerr_08/cerr_pieghevole.pdf. Spunti per l'impegno individuale. Limitare gli usa e getta (lamette, macchinette fotografiche, piatti e bicchieri di plastica, pile) sostituendoli con i loro equivalenti durevoli e riutilizzabili. Selezionare gli acquisti per ridurre quelli troppi imballati stile matrioska. Acquistare alla spina detersivi e altro. Usare l'acqua del rubinetto - evviva brocche, thermos e borracce. Preferire le confezioni famiglia a quelle monodose. Acquistare ortufrutta fresca e sfusa, se possibile locale (al mercato si può chiedere la pesa senza sacchetti e mettere tutto in sporta). Far la spesa muniti di borse di stoffa (rifiutando alla cassa sacchetti e sacchettini). Fare il compostaggio anche domestico se si ha un giardino, convertendo i rifiuti organici in terra fertile. Usare per i pupi i pannolini lavabili. Regalare o scambiare i vestiti e i giochi. Combattere lo spreco della carta (rifiutando la pubblicità postale così come inserti e gadget in edicola). Spunti per l'impegno a scuola, in ufficio, con gli amici. Chiedere cibi sfusi e piatti di ceramica e vetro nelle mense. Prevedere punti di erogazione dell'acqua di rubinetto. Programmare fronte retro computer e stampanti. Regalare tazzine e bicchieri, borracce e buste di tela. Spunti per le richieste a istituzioni locali. Inserire il tema nella fiscalità a livello di produzione, distribuzione e consumo. Promuovere la vendita di prodotti in confezioni cauzionate o di prodotti sfusi. Vietare il volantinaggio a perdere. Nelle gare di appalto per scuole e uffici pubblici porre il rifiuto degli usa e getta nella fortitura delle mense. Promuovere l'uso di pannolini lavabili per i neonati. Sostenere le associazioni attive nel riuso e recupero e le iniziative per lo scambio dell'usato. Incentivare i gruppi d'acquisto e/o i produttori locali (spesa a km zero e possibilmente a zero rifiuti). Come si vede, anche partendo dal rifiuto del rifiuto si cambiano le regole del sistema di produzione e consumo.

Marinella Correggia (il manifesto 21/11/08)

21/11/08

L'INCONTRO DE LI SOVRANI


Bandiere e banderole,
penne e pennacchi ar vento,
un luccichìo d'argento
de bajonette ar sole,
e in mezzo a le fanfare
spara er cannone e pare
che t'arimbombi dentro.
Ched'è? chi se festeggia?
È un Re che, in mezzo ar mare,
su la fregata reggia
riceve un antro Re.
Ecco che se l'abbraccica,
ecco che lo sbaciucchia;
zitto, ché adesso parleno...
-Stai bene? - Grazzie. E te?
e la Reggina? - Allatta.
- E er Principino? - Succhia.
- E er popolo? - Se gratta.
- E er resto? - Va da sé...
- Benissimo! - Benone!
La Patria sta stranquilla;
annamo a colazzione... -

E er popolo lontano,
rimasto su la riva,
magna le nocchie e strilla:
- Evviva, evviva, evviva... -
E guarda la fregata
sur mare che sfavilla.

Trilussa – Le Storie (dicembre 1908)

20/11/08

LETTERA APERTA AL PORTIERE DEL MILAN ABBIATI


Caro Christian, mi permetto di rivolgermi a te con il “tu”, dal momento che abbiamo quasi la stessa età (tu sei del '77 ed io del ’79). Leggo una tua intervista rilasciata a Sport Week (supplemento della Gazzetta) in cui dichiari la tua fede negli ideali del fascismo, ultimo di una lunga serie di calciatori che condividono le tue stesse simpatie politiche. Hai poi detto che eri sicuro che la cosa avrebbe provocato scalpore ma non ti volevi tirare indietro nel manifestare il tuo pensiero e le tue opinioni. A me francamente non hanno sorpreso più di tanto le tue dichiarazioni. In effetti non vedo perché, nell’Italia di oggi e nel calcio di oggi, ragazzi ricchi oltre ogni limite del decoro sociale e ignoranti oltre il limite della umana decenza, cresciuti in un ambiente di esasperato agonismo, ottuso maschilismo, rigida gerarchizzazione delle relazioni, razzismo sfrontatamente ostentato, dovrebbero pensarla diversamente. E non mi riferisco qui all’ambiente del calcio che conta, la cui patinata vacuità in un certo senso riesce a tenere a freno, grazie al sapiente lavoro della laicizzazione mercantile, le esuberanze più compromettenti e vistose. Mi riferisco a quel mondo delle giovanili (in cui anche tu sarai cresciuto) e del dilettantismo, ai campetti di periferia, cantati da De Gregori e descritti dalle meravigliose pagine di scrittori come Osvaldo Soriano. In realtà quei campetti di una umanità gioiosa, scanzonata e solidale, sono qui da noi – oggi – solo una suggestione letteraria. Non parlo per sentito dire, avendo girato centinaia di campi e campetti della periferia romana nella mia lunga e non fortunatissima carriera di ruvido terzino destro di una squadra di infima divisione (pur se di discreta caratura a livello giovanile). Chi parla di un calcio corrotto dagli interessi economici e dal circo mediatico che ci ruota attorno – comprese le curve neofasciste con la loro arcaicizzante lotta contro il “calcio moderno”, spesso guardata con simpatia a sinistra per le sue venature anticapitaliste – forse non ha mai sentito le grida di quei padri (e tantissime madri) indiavolati ai bordi di quei campetti ad imprecare contro i figli – degli altri, ma soprattutto propri, per qualche errore di appoggio o di disimpegno – o non ha mai assistito alle devastanti risse che quasi immancabilmente si scatenano dopo decisioni controverse di arbitri-eroi che non so quale fanatismo religioso, quale irresistibile pulsione al martirio spinge fino a quelle lande desolate. Ti risparmio, caro Christian, perché ne sarai esperto, di raccontarti cosa succede – e cosa viene gridato dagli spalti e dalla panchina – quando l’arbitro ha la malaugurata idea di essere di sesso femminile. Chi pratica il calcio dilettantistico sa che nessuno sport – a parte i combattimenti clandestini dei cani, da cui però sono esclusi i padroni – è più gratuitamente violento di questo. Detto ciò, veniamo dunque al motivo della mia irritazione nel leggere la tua intervista. Non sono tanto le tue prevedibili simpatie fasciste a darmi molto fastidio; sono cresciuto in una scuola costellata di celtiche, bomberini ghiaccio, saluti romani e tutto l’armamentario della gioventù romana di ultima generazione e sono abbastanza smaliziato su queste cose. Quello che mi irrita davvero è la trita liturgia di dichiarazione sul perché sei e siete fascisti: “La capacità di assicurare l’ordine, garantendo la sicurezza dei cittadini” e baggianate di questo genere. Nella vostra ottusa, crassa, ma per nulla innocente ignoranza, riducete sempre il fascismo a una grande organizzazione nazionale per il decoro urbano, a una sorta di braccio politico della polizia municipale. Come se uno dicesse che è comunista perché le metropolitane di Mosca erano splendide o liberale perché nell’Inghilterra della signora Thatcher le cabine del telefono erano efficientissime. E poi, immancabilmente, per far vedere il vostro critico distacco da alcune, casuali, degenerazioni, prendete le distanze dalle leggi razziali e dall’alleanza con Hitler. Come se si trattasse di cose accidentali, congiunturali, che nulla avevano a che fare con lo spirito originario di un partito nato per costruire quattro palazzi all’Eur e far arrivare puntuali i treni. Come se si potesse dire: “Io ho grande ammirazione per l’Unione Filatelica Italiana, ma certo non ho condiviso quando hanno organizzato quel vergognoso raduno di collezionisti di francobolli”. Mai uno che almeno si prenda la responsabilità delle sue idee, che onori quel “menefrego” fascista dicendo quello che pensa, quello che veramente pensate. Quel che pensate – giustamente e coerentemente dal vostro punto di vista, come direbbe il nostro ministro della Difesa – lo sappiamo bene noi che leggiamo queste patetiche interviste e lo sapete bene pure voi, caro Christian. Lo sai bene anche tu, che dalle foto del settimane scattate nel tuo soggiorno di eccezionale cafonaggine (tavolo di cristallo con attorno sei sedie... tigrate!) mostri orgoglioso le tue braccia coperte di insulsi tatuaggi. Lo sapete bene, ma mai nessuno che abbia il coraggio di dire: “Ebbene sì, sono fascista, mi stanno sul cazzo i negri, mi piace il Duce, i suoi ideali maschi di forza, di giovinezza, di comando, contro gli intellettualini mezzi froci e comunisti che danno lezioni su camere a gas, campi rom e altre stronzate del genere”. Invece no; siete li tutti a negare e a dire “ma figurarsi”. Come Buffon quando disse che non sapeva che “Boia chi molla” fosse un motto fascista, come Aquilani che disse che i cimeli in casa sua erano regali di uno zio ma lui non ci capiva nulla di politica, come Di Canio che disse che il suo non era un saluto romano ma un saluto alla curva col braccio poi equivocato dai giornalisti. Manco come fascisti siete buoni.

Emilio Carnevale

18/11/08

L'ANALISI


I Mannheimer locali, i sondaggisti che davano Divina e Dellai testa a testa nella recente contesa elettorale, mutate le vesti, si sono calati nella parte degli analisti di questo voto provinciale. Per qualche giorno ancora, tanto per riempire le pagine dei quotidiani locali, ci informeranno del perché i trentini abbiano ribadito, al di là delle più rosee aspettative, la loro preferenza a Dellai. Ci diranno che la messe di voti raccolta dal centrosinistra discende da un ancoraggio al territorio delle liste che lo costituiscono, dal buon governo prodotto nell’ultima legislatura, dall’affidabilità della sua classe politica (e viceversa dall’incertezza della controparte) e dalla capacità di dare puntuali risposte ai cittadini. Tutte palle. Ve la diciamo noi la verità.
Cosa dice il voto provinciale? Semplicemente che la maggioranza del popolo vota a comando e che il bastone è nelle mani dei grandi elettori. E che i grandi elettori (cioè la vasta rete imprenditoriale che fa riferimento ai potentati trentini, in buona parte nominalmente di centrosinistra, molto di centro e molto poco di sinistra) hanno gli strumenti per far valere la loro forza di persuasione. Infine che in una piccola realtà amministrativa, com’è quella della nostra provincia, il controllo della base è, tutto sommato, molto semplice. Non si spiega altrimenti il brusco ridimensionamento del voto di destra rispetto alle recenti elezioni politiche di aprile, dove la scelta, che non determinava alcunché nel feudo trentino, fu lasciata “libera” di sbizzarrirsi autonomamente. Dice altresì che nelle valli il voto di destra è più marcato rispetto ai capoluoghi più importanti, e che la stragrande maggioranza dei cittadini sceglie in base a ragioni del tutto indipendenti dalle reali capacità o incapacità del candidato (che peraltro, ovviamente, non conosce). E dice infine che, se lasciati “liberi”, i cittadini votano a “pancia” preferendo la destra, perché il voto di destra è un voto “facile”, concesso su base demagogica, che non impegna in un ragionamento e che nell’immaginario di chi esso sceglie, qui in Trentino più che nel resto d’Italia, ribadisce e rilancia un immeritato privilegio acquisito. Non ne siete convinti?
Ma perché sennò un libero professionista, per esempio di Tesero, per esempio geometra, dovrebbe votare Lega? Quali sarebbero gli intralci procurati da Dellai & C. che lo avrebbero vessato, che gli avrebbero impedito di esercitare con profitto (molto profitto) la sua professione? Non ci pare che la categoria cui appartiene si stia lamentando per l’imperversare della speculazione immobiliare in corso e l’infinita apertura di nuove zone d’espansione urbanistica. Né per i tanti incarichi che l’ente pubblico comunale le commissiona. Né per le innumerevoli, ripetute occasioni che, sempre a Tesero, soprattutto a Tesero, il centro sinistra provinciale da vent’anni le garantisce! E, continuando, perché, sempre a Tesero, un imprenditore affermato e di successo, che ha usufruito (e magari ancora usufruisce) di cospicui contributi pubblici per potersi ingrandire o allocare in strutture industriali o commerciali adeguate alla bisogna e ben servite da moderne infrastrutture, dovrebbe negare il voto al Signore Dellai in occasione delle elezioni provinciali e ai suoi vassalli periferici in occasione di quelle comunali? E ancora, perché un impiegato comunale, poniamo poco zelante, e poniamo anch’esso di Tesero, che, per il suo non esemplare comportamento professionale, da questa amministrazione comunale ha sempre ottenuto la benevola chiusura di un occhio, alle “politiche” nazionali dovrebbe votare PdL e quindi il fustigatore dei lavoratori del pubblico impiego Brunetta? Ma ovviamente perché il voto è tutt’altro che esercizio di razionalità, spesso è purissima reazione emotiva, e nel segreto dell’urna permette di esternare anonimamente le più intime e inconfessabili aspirazioni nonché le proprie (in)capacità di giudizio. Nella fattispecie – traducendo – un’ insaziabile voglia di avere di più e una grande confusione mentale. Nient’altro che questo.

L’Orco

16/11/08

MAFIA S.P.A.


In Italia gli affari della mafia costituiscono il 6% del PIL nazionale. Le grandi organizzazioni criminali italiane (Cosa Nostra siciliana, ’Ndrangheta calabrese, Camorra napoletana e Sacra Corona Unita pugliese), riunite sotto il nome di Mafia SpA, sono la prima impresa italiana e quest’anno fattureranno 130 miliardi di euro (circa 170 miliardi di dollari), con un utile di 70 milioni al netto degli investimenti e delle trattenute. La denuncia é arrivata ieri dalla Confesercenti nel suo documento intitolato “Le mani della criminalità sulle imprese”. Secondo il rapporto gli affari della mafia costituirebbero il 6% del Prodotto Interno Lordo italiano, duplicando il fatturato della FIAT, che fattura circa 80 miliardi di dollari. I ricavi della Mafia SpA derivano in primo luogo dai traffici illeciti, con un attivo di 62.8 miliardi. La vendita di droga fornisce 59 miliardi, il commercio d’armi ed altri traffici fruttano 5.8 miliardi, il contrabbando 1.2 miliardi e la tratta di esseri umani circa 300 milioni di euro. L’usura controllata dalle organizzazioni criminali farà entrare nelle loro casse nel 2008 12.6 miliardi mentre il racket delle estorsioni verso i commercianti, obbligati a pagare il cosiddetto “pizzo” (imposta mafiosa), frutterà altri 9 miliardi. Furti e rapine portano un altro miliardo di euro. L’attività delle mafie è molto importante nell’ambito imprenditoriale, permettendogli di fatturare altri 24.7 miliardi di euro, mentre le attività legate all’agricoltura, denominate “agromafia”, forniscono 7.5 miliardi. Inoltre l’approvvigionamento ed il rifornimento ad enti locali in Sud Italia, dove sono radicate le grandi organizzazioni criminali, assommano circa 6.5 miliardi. Il commercio del “tarocco”, ossia i milioni di oggetti di grandi marche falsificati che i poveri immigrati vendono in tutto il paese e che la Mafia SpA esporta all’estero, rende altri 6.3 miliardi di euro. Un mercato emergente proviene dalle cosiddette “ecomafie”, ossia dalla gestione dei rifiuti clandestini e legali e dal riciclaggio dei residui normali e pericolosi. Il fatturato arriva a 16.8 miliardi. La prostituzione rappresenta oggi un settore in completa decadenza, che rende alle mafie “solo” 600 milioni di euro. Secondo la Confesercenti, 180.000 imprenditori e commercianti risentono delle attività usuraie delle mafie e altri 160.000 sono vittime di estorsioni, il racket che li obbliga a pagare il pizzo nel sud del paese. Il contrabbando, che prima era una delle attività principali delle organizzazioni criminali, sta diventando sempre meno importante. Anche il ruolo economico delle scommesse clandestine e degli abusi edilizi è diminuito, nonostante fatturino in totale più di 10 miliardi di euro l’anno. Le mafie sono penetrate profondamente nel tessuto economico e sociale italiano. Le reti criminali si estendono anche al nord Italia e ad altri paesi, come la Germania, e a continenti come l’America Latina. I giganteschi guadagni della Mafia SpA sono investiti in molte attività legali, tra i quali hotel, concessionarie d’auto e supermercati. A Roma la giustizia ha sequestrato vari ristoranti di lusso nella zona di Piazza di Spagna.

Julio Algañaraz - El Clarin (Argentina) 13/11/2008

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
Foto di Euro Delladio

MINU

MINU
Foto di Sabina

Archivio blog