30/05/08

OTTUSITA' DI MASSA


Piangono i TG: secondo l’ISTAT, la famiglia italiana mediana «deve campare con 1.900 euro» al mese. Vien da dire: ancora così tanto? Siamo il popolo meno scolarizzato d’Europa, i nostri lavoratori per lo più hanno la licenza media; il numero dei laureati diminuisce rispetto alla popolazione (e che laureati sono, poi); le nostre burocrazie pubbliche sono le più costose e le meno efficienti; i nostri giovani sono di un’ignoranza abissale eppure rifiutano anche i posti di commesso, perchè bisogna lavorare il sabato; la popolazione attiva è nettamente inferiore a quella dei Paesi civili. Insomma, siamo già Terzo Mondo, e ancora, bene o male, strappiamo stipendi da primo mondo. Quanto può durare? In Italia si fa ancora ciao ciao con la manina. Voglio dire: basta che una telecamera compaia a piazza Montecitorio, e dietro il giornalista si forma subito una folla che resta lì impalata, si sposta per far vedere la sua faccia a mamma e ai parenti a casa, impacciata e confusamente sorridente, o con il cipiglio, come i nostri bisnonni contadini di cent’anni fa davanti alla macchina dei dagherrotipi. E fa ciao con la manina. E’ una cosa che non si fa più nemmeno in Africa: rivela menti provinciali, primitive, con ritardi abissali. Non dico in Europa. Chiunque abbia viaggiato in Francia, Germania o Gran Bretagna ha la sensazione che tutto, lo Stato, i servizi pubblici, i notiziari TV, la piccola gente comune, il panettiere e il barbiere, siano di qualche gradino (o tanti) superiore alla nostra: più responsabile e più istruita, più ben educata, più civile e servizievole. Persino in USA, dove ci sono ignoranze immense, anche l’ignorante operaio edile è straordinariamente competente nel suo mestiere e sa parlarne con competenza; la barista part-time, che ha i suoi problemi, si accorge subito se sei in attesa e perspicace e intelligente - e inoltre sorridente, nonostante i suoi problemi personali - ti chiede in cosa possa servire. No, non può durare. E infatti non dura. Ancora l’ISTAT informa: in soli sei anni, il nostro reddito è calato del 13% rispetto all’Europa. Ancora nel 2000 guadagnavamo il 4% in più, oggi il 9% in meno. Ciò è inevitabile e perfettamente giusto: nel mondo, di ignoranti come noi ce ne sono un paio di miliardi, e sono disposti a lavorare per 100 euro. Senza fare gli schifiltosi. E non parliamo dei colti: ho appena conosciuto una badante bulgara che ha la laurea in psicologia. Lavora nel Viterbese senza lamentarsi, se non della ottusità dei suoi padroni (ricchi ristoratori) che non hanno un solo libro in casa e trattano lei come una selvaggia, con una maleducazione insultante. Intravedo il titolo de La Stampa: «Italiani sempre più poveri» - perché più ignoranti, doveva aggiungere. […] …bisogna cominciare a guardare in faccia la realtà, sgradevole e disonorevole: è la nostra ottusità che ci sta facendo arretrare. Una ottusità specificamente italiana, che è diventata la nostra immedicabile attitudine nazionale. E che è incurabile perché, solo qui, si rivendica il diritto all’ignoranza e all’ottusità. Stiamo arretrando, sprecando risorse materiali e umane, perché ogni gruppo o cosca o casta si aggrappa ottusamente a privilegi anche minimi, in secessione mentale dal resto della comunità, anche a prezzo, alla lunga, di perdere tutto. Il personale Alitalia è un chiaro esempio di questo particolarismo stupido fino al suicidio; aggrappato ai suoi privilegi insostenibili rispetto alla concorrenza, fino all’ultimo incapace di fornire un servizio o anche solo un sorriso, incompetente fino al ridicolo - e presto, finalmente, senza stipendio (la cordata, cari fancazzisti, non si forma). Ma gli esempi sono infiniti, anche ai livelli presuntivamente alti: la cosca universitaria che ha strappato l’autonomia solo per truccare i concorsi, assegnare cattedre a parenti in micragnosi do-ut-des, e intanto abbandona la didattica e la ricerca a docenti a contratto che paga 3 mila euro l’anno - non è molto diversa, come ottusità autolesionista, dalle tifoserie che mettono a ferro e fuoco strade e piazze, picchiano e ammazzano gratuitamente. I barricadieri di Napoli che gettano nella spazzatura la loro città, la sua fama e il suo turismo, sono un esempio di idiozia senza uguali nel pianeta, che fa vergogna alla presunta vispa intelligenza napoletana. Sono stupidi gli aggressori gratuiti di extracomunitari; scambiano un romeno con un rom. Di una stupidità specifica, solo italiana per restrizione mentale e sovrappiù d’ignoranza, per primitivismo e arretratezza. Ottuso, in questo modo specificamente italiano, è Berlusconi che per furbescamente salvare Rete4 regala una vittoria all’opposizione dopo solo 15 giorni di governo, rivelando lo sfaldamento iniziale della sua maggioranza, e peggio. Proprio mentre il suo chiaro dovere di governo sarebbe chiamare tutti a superare i loro particolarismi per il bene comune, egli si ritaglia un vantaggio particolare. I suoi ministri serii (Tremonti, Brunetta) hanno bisogno di eliminare sprechi e inefficienze della amministrazione pubblica, perchè i fondi aggiuntivi possono venire solo dalla sua razionalizzazione; devono perciò colpire interessi consolidati e privilegi indebili, in nome di un principio morale; e lui, il capo del governo, prova a mantenersi un privilegio indebito pro domo sua. […] C’è un rimedio? Certo che c’è. Essere ottusi fino alla propria rovina non è un destino: è la scelta deliberata della via facile, l’adesione ai propri interessi più prossimi e immediati a scapito di quelli generali. La cura sarebbe il contrario: stare in guardia, ciascuno, contro i propri istinti incivili, cogliere ogni occasione per imparare da chi ne sa di più anziché deriderlo, recuperare la dignità del ragionare di larghe vedute contro la «furbizia» di cui ci vantiamo. Dobbiamo imparare le virtù che ci mancano. E qui sorgono le difficoltà. Da una parte, ci manca la pressione obbligante di una classe dirigente «esigente», cioè moralmente qualificata ad esigere dalla gente di migliorarsi. Dall’altra, c’è la corale chiusura mentale di massa, la presunzione accecata di saperne già anche troppo, di fare anche troppo. Lo vedo anche nelle mail che ricevo. Non in tutte per fortuna, ma in troppe. Questo sito, che già in qualche modo seleziona, è letto da troppe persone di cui salta agli occhi la mancanza di cultura generale, di attitudine ad interrogarsi, a imparare, ad avere flessibilità e apertura mentale. Troppa gente è ormai incapace di eseguire quel vecchio e facile gioco della Settimana Enigmistica: unire i puntini numerati per far risaltare una figura complessa. Riporto qui una mail come esempio di ciò che intendo. Le minuscole e la punteggiatura sono quelle originali: «mi scusi ma lo sa che sono almeno 6 anni (diconsi sei anni) che lei e i personaggi che prende a riferimento giornalisti del W.p. e h.t., dite che gli usa atteccheranno l’iran, beh prima o poi succederà se non altro per farvi contenti. va bene fare controinformazione, però usare sempre toni catastrofistici alla lunga si perde di credibilità non trova? sempre complotti sempre sotterfugi, sempre manovre oscure, si parla crolli di borsa, crolli dei mercati, fallimenti bancari, iper inflazione, mah sinceramente sente queste cose da decenni, ma poi siamo sempre qui a raccontarcele, per lei che è fervente cattolico è un po come la fine dei tempi, prima o poi arriverè». Il peggio qui non è l’imprecisione, il pressapochismo della scrittura, la vacuità mentale. Il peggio vero, rovinoso per chi scrive, è questo: che costui crede che in questi sei anni non sia successo niente di ciò che abbiamo previsto con molto anticipo, perchè «siamo sempre qui a raccontarcele». Che il petrolio sia passato da 27 a 140 dollari il barile, il che cambia per sempre il nostro sistema di vita; che ci siano in corso due guerre con truppe nostre; che effettivamente i mercati siano crollati e grandi banche davvero siano fallite; ed effettivamente sia già in atto l’inflazione (i prezzi di alimentari e gasolio dovrebbero dirgli qualcosa) - e che tutte le crisi stiano convergendo in una colossale crisi sistemica, a lui non consta. E chi lo segnala, esercitando una capacità di previsione che a lui manca per ignoranza, fa solo «catastrofismo», anche se magari è uno dei tanti che hanno visto calare il loro potere d’acquisto di 13 punti rispetto alla media europea. Non è capace, per mancanza di fantasia, nemmeno di imparare sulla propria carne: giorno per giorno si adatta - ci adattiamo - a una vita sempre più misera, ogni giorno meno ambiziosa e con meno possibilità. Questo lettore non sa connettere i puntini, e questo non sarebbe il peggio - possiamo farlo per lui, aiutarlo. Ma il peggio è la sua aria di sufficienza, il suo non riconoscere a nessun altro alcuna superiorità su di lui. E questo a rendere incurabile l’ignoranza, e quella specifica ottusità italiana: l’indocilità, ossia il rifiuto di imparare - di migliorare - proclamato come diritto.

Maurizio Blondet

28/05/08

RIVELAZIONE: SADDAM ERA RAGIONEVOLE. BUSH NO.

Tre anni prima dell’invasione americana, Saddam Hussein «offrì agli stati Uniti un accordo: avrebbe aperto (agli americani) dieci nuovi giganteschi giacimenti petroliferi a condizioni ‘generose’, in cambio di un alleviamento delle sanzioni». Lo ha rivelato ad una commissione parlamentare inglese l’economista petrolifero Mahmaoud Salameh, cittadino britannico, che è consulente insieme della Banca Mondiale e dell’UN Industrial Development Organisation (Unido). Se l’offerta fosse stata accettata, il greggio sarebbe oggi a 40 dollari il barile anziché a 137. «Certamente avrebbe prevenuto il rapido rincaro che constatiamo», ha detto il dottor Salameh. «Ma gli USA avevano un’altra idea: occupare l’Iraq e annettersi il suo petrolio». Non è stata una buona idea, diranno gli ingenui. Le forze USA occupano l’Iraq al costo di 780 milioni di dollari il giorno (per confronto, la FAO ha chiesto al mondo, per affrontare i rincari alimentari che le rendono impossibile sfamare gli ultimi degli ultimi, 480 milioni di dollari; mezza giornata di occupazione), e tuttavia non riescono a succhiare dal sottosuolo iracheno nemmeno tanto petrolio quanto ne estraeva, negli ultimi tempi, il governo di Saddam, nonostante le difficoltà imposte dalle sanzioni: 3,5 milioni di barili al giorno. Oggi sono 2 milioni. E i rincari dovuti alla guerra costano al mondo intero, in maggiori costi energetici, 6 mila miliardi (6 trilioni) di dollari. Tuttavia, i meno ingenui diranno che l’idea è stata ottima, se si tiene presente che il vero scopo strategico dell’avventura militare non era impadronirsi del petrolio, ma il bene supremo di Israele: che voleva essere liberata da un avversario potenzialmente serio, ed ora - mai contenta - vuole da Bush che la liberi, con le ultime forze rimastegli, dell’altro nemico immaginario, l’Iran. In questo senso l’operazione è stata un successo, che gli USA pagano con la rovina della loro egemonia, della loro credibilità e della loro economia, e a cui tutto il mondo noachico contribuisce pagando cifre stellari alla pompa di benzina, ed entrando perciò in recessione. La rivelazione del dottor Salameh ricorda un noto precedente storico: anche il Giappone, nel 1939, offrì a Roosevelt un accordo molto ragionevole - persino l’uscita dall’Asse - in cambio di un alleviamento del blocco economico, soprattutto petrolifero, che Washington aveva imposto a Tokio. Per tutta risposta, Roosevelt confiscò i beni e i conti giapponesi nelle banche USA. E aspettò l’inevitabile Pearl Harbour, il proditorio attacco nipponico, da un Giappone messo con le spalle al muro. L’America ufficiale voleva la guerra, e la ebbe. Come sappiamo, il centro neocon PNAC (Project for a new american Century) auspicò nel 2001 «una nuova Pearl Harbor» onde avere il pretesto per la nuova tornata di guerre per la democrazia. La nuova Pearl Harbor venne puntuale l’11 settembre 2001. E’ probabile che l’offerta di Saddam fosse arrivata prima, forse ancora quando era presidente Bill Clinton: ma Clinton - se fu lui a rifiutare il compromesso - era sotto minaccia di impeachment per il suo amorazzo con la Levinsky, la Giuditta degna di un tale Oloferne (le numerose donne di malaffare che nella Bibbia si danno carnalmente al nemico per distruggerlo o controllarlo sono eroine in Giuda: non è un caso che abbiano imitatrici lungo tutta la storia). Ora si capisce meglio perchè è stato necessario impiccare alla svelta Saddam, ed ora i liberatori si preparano ad ammazzare il cristiano Tarik Aziz con un processo-lampo (e farsa): anche il ministro degli Esteri di Hussein deve essere messo a tacere. Nè è probabile che il petrolio iracheno, sotto confisca americana, torni a fluire a fiumi. Prima, c’è da perfezionare il progetto israeliano finale: smembrare l’Iraq in tre provincie etniche e reciprocamente ostili, di nessun peso politico, onde impedire la rinascita di un avversario potenziale moderno e funzionante. Così, l’esausta superpotenza, prima di tramontare, deve infliggere altre crudeli sofferenze al popolo irakeno, sul modello che viene inflitto ai palestinesi da Sion. Dopo 4 anni di occupazione, continuano i bombardamenti sulla popolazione occupata, le uccisioni e gli arresti arbitrari, fra combattimenti che la stampa servile non riporta. Continua la battaglia per togliere a Muktada Al-Sadr il controllo di Bassora, e questo groviglio di bombe e massacri è stato chiamato dal Pentagono «Operation Peace». Ancor meno visibile, un «mini pogrom di sunniti» è in corso a Mossul, ed è chiamato offensiva contro Al-Qaeda in Iraq. Ma la realtà è un’altra, come rivela Pepe Escobar, uno dei pochi coraggiosi giornalisti che in Iraq fanno il loro mestiere col rischio immanente di essere eliminato da «terroristi islamici» (Al-Mossad in Iraq). I collaborazionisti curdi vogliono Mossul come capitale - e Mossul non è curda, essendo una città multietnica e multi-religiosa di 1,7 milioni di abitanti. Dunque occorre una preliminare pulizia etnica, che viene condotta dalla milizie del «governo» dello sciita Al-Maliki, con l’appoggio armato di Washington. Il numero degli ammazzati è salito dai 90 del settembre 2007 ai 213 del marzo 2008. Le forze di Al-Maliki hanno arrestato da gennaio ad oggi oltre 1.100 persone, quasi tutti ufficiali ex Baathisti - il Pentagono li chiama «Al Qaeda in Iraq» e annuncia una vittoria su «al Qaeda». La minoranza araba di Mosul denuncia che il «governo» sciita di Maliki ha tagliato l’acqua alla parte della città dove abitano loro, «come punizione collettiva contro gli arabi che rifiutano la kurdizzazione di Mosul». Intanto, le milizie curde (Peshmerga) vanno casa per casa a far firmare alle minoranze delle lettere, in cui le persone devono dichiarare che la loro proprietà è collegata ad un’area dominata dai kurdi. Peshmerga e miliziani sciiti di Al Maliki (che ora formano l’esercito regolare, diciamo così) sono noti per far sparire uomini a decine, che poi vengono trovati orribilmente mutilati. La gente firma. Il tutto in vista delle elezioni provinciali di novembre (sono state rimandate di un mese): dove, dopo questo trattamento, la popolazione di Mosul liberamente sceglierà di passare sotto il Kurdistan, oggi protettorato di Al-Mossad. Anni ed anni di orribili sofferenze attendono ancora gli iracheni. E’ stupefacente però che questo popolo massacrato, privo ormai di tutto, dove tutti sono nemici ormai l’uno dell’altro, continui ad opporre una continua, potente e inarrestabile resistenza all’occupante. Lo riconosce il sociologo statunitense Michael Schwarz: «A Washington, per i politici democratici non meno che per i repubblicani, l’idea resta quella... di un Iraq con una economia neoliberista, con un settore petrolifero moderno in cui le multinazionali usano la tecnologia più avanzata per aumentare al massimo la produzione di petrolio che stagna. La resistenza irachena, di ogni genere e ad ogni livello, ha tuttavia impedito a questa visione di diventare realtà. A causa degli iracheni, la gloriosa Guerra Globale al Terrore si è tramutata in una guerra vera, senza fine e senza speranza. Gli iracheni hanno pagato un prezzo terribile per resistere. L’invasione e le politiche sociali ed economiche che l’hanno accompagnata hanno distrutto l’Iraq, lasciando il suo popolo in privazione totale (destitute). Nei primi cinque anni di questa guerra senza fine, gli iracheni hanno sofferto più, resistendo, che se avessero accettato e sopportato il dominio economico-militare americano. Ma, coscientemente o no, essi si sono sacrificati per fermare la progettata marcia di Washington lungo il Medio Oriente petrolifero, sulla strada di un Nuovo Secolo Americano che, ormai, non sarà mai più». C’è qui il riconoscimento di un evento - cui stiamo assistendo - che non riguarda più la cronaca storica. Senz’armi e alla fame, irradiati da uranio, senza guida, senza unità e persino senza umana speranza, coscientemente o no, non nazioni, ma «fazioni» islamiche stanno resistendo vittoriosamente alla Bestia e alla sua Babilonia globale, la sfiniscono e la fanno piegare: lo fanno in Palestina, lo fa Hezbollah, lo fanno gli iracheni. Questi, con «l’estremo sacrificio di sé sotto le più avverse condizioni» - che è la definizione stessa dell’eroismo militare. I media e la propaganda del nemico, stupido, vile e feroce, non glielo riconoscono: li chiamano terroristi. Dio, credo, avrà un altro giudizio. E quello su noi cristiani complici, temo, non sarà lieve.

Maurizio Blondet

26/05/08

CERTIFICAZIONE FIEMME

Tra qualche giorno (la decisione per l’esattezza sarà presa il prossimo 29 maggio nientemeno che a Città del Capo) una ben assortita delegazione, costituita da operatori turistici, politici locali e “padrini” provinciali, sotto l’alto patrocinio di Piero De Godenz, tenterà di far assegnare alla Val di Fiemme, per la terza volta, l’organizzazione dei mondiali di sci nordico (l’appetito vien mangiando e mangia che ti mangia, a qualcuno la fame sembra non riesca più a passare…). Comunque, se questa candidatura – come tutto lascia intendere e come noi speriamo vivamente – vincerà la concorrenza, ci sarà nuovamente l’occasione per “mettere in vetrina e far vedere a tutto il mondo” le qualità ambientali, l’offerta turistica, l’ospitalità e la bonarietà della Gens Flemmae.
Una costosa vetrina promozionale che, da vent’anni circa a questa parte, si è cercato di addobbare con trovate sempre più eclatanti. Dalla prima edizione, del lontano 1991, che sbandierava urbi et orbi l’irripetibilità culturale dell’evento alla qualificazione ambientale del 2003 che, manco a dirlo, promosse a pieni voti l’aria di Fiemme classificandola come la più pura del pianeta. Oltre alla pianificazione dei lavori di contorno: leggasi, tra gli altri, nuova bretella Pònte de Fèr – Valena dal Morto e relativa galleria con sbocco in località Cerin (costo indicativo 40 milioni di euro) gli strateghi del marketing turistico dovranno spremersi non poco per cercare il nuovo leitmotiv (oltre alla mascotte) che farà da sfondo culturale alla terza edizione del mondiale. Per il benessere supremo dei fiemmazzi, persone semplici e modeste, che in fondo in fondo è il vero scopo di questa voglia di primazia, noi suggeriamo loro di rompere ogni indugio e di buttarsi questa volta in un’impresa veramente titanica: certificare ecologicamente, uno ad uno, tutti gli abitanti della valle! Cosicché finalmente, batti che ti batti, i Campionati ci lascino veramente qualcosa di unico e irripetibile rispetto a qualsiasi altro evento sportivo precedentemente disputato! Avere 19 mila persone eco - certificate farebbe certo un bell’effetto. I media di tutto il globo ne parlerebbero. Gli inviati delle principali testate giornalistiche accorrerebbero in questo ameno paradiso per capire come si sia riusciti a tanto. Le interviste (è proprio il caso di dirlo) fioccherebbero copiose e il fall out conseguente alle esclusive si trasformerebbe prestissimo in un discreto ricavo che, a sua volta, rimpolperebbe i sempre troppo poco pingui depositi bancari fiemmazzi.
Anticipiamo in esclusiva come si dovrà procedere. Innanzitutto il nome: il Protocollo di certificazione, studiato in tutti i suoi minimi dettagli, sarà denominato ISO 2013.
Dunque, la prima cosa da fare, a nostro avviso, sarà quella di organizzare corsi serali di educazione civica e di acculturamento rapido per tutta la popolazione adulta. Basta con le inutili, antiquate e ripetute infarinature di excell e word. Il protocollo ISO 2013 prevede cose mai fatte prima; si insegnerà a salutare e a salutarsi vicendevolmente: buon giorno Signore, buon giorno Signora; si imparerà a rispettare la quiete notturna. A tutti i boys dei paesi ancora sprovvisti di patente “B”, ma già motorizzati, si ritireranno motorini e apette da euro 1 sino a euro 3 e contemporaneamente l'Organizzazione li doterà invece di biciclette e scarpe da tennis per girare in lungo e in largo ecologicamente e silenziosamente. Nei paesi verrà rifatta la segnaletica orizzontale che delimiterà, con buona evidenza, gli spazi riservati ai pedoni. I corsi di acculturamento rapido faranno capire senza possibilità di equivoci che camminare fa molto bene alla salute sia dei camminatori che di quelli che, restandosene in casa, non sentiranno rumore e inquinamento. L’Organizzazione acquisterà degli autobus elettrici supertecnologici che percorreranno in lungo e in largo la valle e che partiranno dalle autostazioni, rimodernate per l’occasione, ogni 10 minuti. Nessuna scusa sarà quindi possibile per ingolfare i paesi di autoveicoli privati provenienti da fuori: tutti potranno spostarsi da paese a paese con mezzi pubblici silenziosi e non inquinanti. Le scolaresche verranno accompagnate ai rispettivi istituti scolastici da addetti dell’Organizzazione senza che alcun genitore possa approfittare per farsi il suo primo giretto in macchina. Ogni incrocio stradale sarà presidiato da vigili gentili (per l’occasione mascherati da mascotte Fiemme 2013) che impediranno che la precedenza del pedone sull’auto assolutamente venga meno. Per i più lontani dai centri dei paesi saranno disponibili minibus navetta nuovi di zecca a propulsione elettrica. Saranno istituiti corsi di agronomia e conduzione agricola, aperti ai giovani fiemmesi dai 16 a 28 anni (specializzazioni in tubero-coltura, asparago-coltura, taglio a falce raso, semina, raccolta e battitura granaglie) con l’intento di recuperare il valore fondamentale del settore primario nonché preparare adeguatamente i figuranti nelle varie rievocazioni estive ad uso turistico (Corte de Tieser, Catanauc, eccetera). All’interno dei centri abitati si predisporranno dei percorsi pedonali tematici con stazioni gastro-culturali che permetteranno ai residenti e agli ospiti delle soste piacevoli e rilassanti: degustazioni biologiche e vegetariane, di produzione locale, verranno distribuite gratuitamente. Le biblioteche comunali di ogni paese saranno aperte no-stop curando, in quel particolare periodo, l’approfondimento di temi ambientali diversi: dalle risorse rinnovabili, all'ipotesi di ripristino della ferrovia Ora-Predazzo, dal fondamentale bene dell’acqua alla cura del territorio, dal rispetto della fauna all’autentico spirito sportivo, eccetera. Tutti i negozi alimentari della Valle proporranno ai consumatori derrate biologiche certificate in “pacchetti” superconvenienti: della differenza tra il prezzo di costo e quello di vendita se ne farà carico l’organizzazione. I medesimi esercizi commerciali proporranno anche l’uso di imballaggi riciclabili come il vetro e la carta ed elimineranno tutti i prodotti contenuti in tetrapak e plastica. Inoltre, spiegheranno alla clientela, per mezzo di esperti ivi presenti, come superare velocemente la terribile sindrome da acquisto compulsivo. L’Organizzazione farà effettuare degli studi di abbellimento paesaggistico urbano cui sarà data concretezza già dal prossimo anno e, in conseguenza dei quali, una parte dello spazio dei centri abitati valligiani, attualmente sottratta alla vivibilità per dar posto alle auto, sarà convertita (nella misura di 1:4) in posti albero. Del pacchetto ISO 2013 importantissima sarà l’iniziativa concertata dalle municipalità della Valle che predisporranno un nuovo piano urbanistico – cosiddetto Piano Zero ISO 2013che precluderà definitivamente e con immediata esecutività ogni futuro tentativo di edificazioni ad uso speculativo (prime e seconde case rispettivamente per non residenti e residenti) su tutto il territorio fiemmese. Ma le idee contenute nel Protocollo ISO 2013 non finiscono qui ed altre sono già pronte per essere svelate. Sarà bello tra non molto, dopo che il processo di assimilazione ai parametri protocollari sarà completato e verificato dall’apposita commissione che testerà e certificherà ogni fiemmazzo, trovarsi in una valle rinnovata, nelle cose e nello spirito, con 19 mila abitanti ecologicamente certificati, tutti verdi per davvero, che faranno vedere a tutto il mondo come è bello vivere e camminare in una Valle Verde.

L’Orco

25/05/08

50 KM CON UN LITRO, EPPURE NON SI FA!


E’ di qualche giorno fa l’annuncio del ritorno al nucleare dell’Italia. Sembra di capire che i partiti maggiori sono più o meno tutti d’accordo. Al di la dei costi di realizzazione, della reale o presunta pericolosità, del problema dello smaltimento delle scorie radioattive, rimane il fatto che l’energia nucleare viene presentata da tempo, dalla principale stampa, come l’unica seria alternativa al petrolio. Ho molti dubbi in proposito ma non essendo un esperto non mi esprimo. Ora, però, mi sono più comprensibili le pastoie burocratiche create in passato, e tuttora vigenti, per poter mettere in funzione un impianto fotovoltaico. Mesi di attesa per ricevere l’autorizzazione ad allacciare in rete pannelli già acquistati e pagati da tempo, rimborsi ENEL che arrivano solo dopo 1 anno, ecc., ecc. Chissà se questi ritardi sono collegati ai rumors del ritorno del nucleare in Italia da qualche tempo sussurrati in parlamento e non solo. Guai se per caso in Italia fossimo arrivati ad avere una significativa produzione di energia con il fotovoltaico, come in Germania e in Austria. Chi li avrebbe sopportati gli strali dei padroni dell’energia? Quali pretesti usare per il ritorno al nucleare? In ogni caso si parla di un tempo di attesa di almeno 6-7 anni per le prime realizzazioni di impianti nucleari (che nel bel Paese diventeranno almeno 10). Nell’attesa continueremo a consumare petrolio e derivati, subendone gli aumenti di prezzo decisi a tavolino nel corso di una delle ultime riunioni del gruppo Bilderberg. Nel campo dei trasporti privati il mercato automobilistico offre le seguenti scelte: Motori a benzina o gasolio; Motori ibridi a benzina / GPL o Metano; Motori ibridi elettrici / benzina; Motori elettrici. Ho un’auto ibrida benzina/GPL che va sostituita. Il prezzo del GPL segue quello del petrolio (il GPL in 4 anni è passato da 0,50 a 0,70 centesimi di euro al litro). Mi oriento quindi su una ibrida elettrica. Mi informo da un rivenditore Toyota per l’acquisto della Prius. Prezzo: da 23.000 a 25.000 euro, secondo gli allestimenti, valore già scontato dell’incentivo statale di 2.000 euro (così mi dicono). Grazie al motore elettrico che opera sino a 50 km di velocità, i consumi dell’autovettura si aggirano intorno ai 20-25 km con un litro di benzina. Interessante ma non eclatante. Possibile che si debba continuare ad andare con un motore a scoppio che ha una tecnologia vecchia di oltre 130 anni? Possibile che in questo settore non vi siano state innovazioni mentre in altri settori la tecnologia in essere 100 anni fa è considerata preistoria? Che la lobby del petrolio controlli tutte le società che producono mezzi di trasporto? Il sospetto è lecito. Vado su internet e mi informo allora sulle auto elettriche (suggerisco di cliccare «auto elettriche» con Google. In un paio d’ore vi fate una cultura). Vi sono diversi modelli: si va dalle city car a vere e proprie ammiraglie. Il costo d’acquisto è elevato (si parte da 30.000 euro circa) ma è compensato in gran parte dal fatto che per una ricarica completa di energia, che garantisce una percorrenza di 150-160 km, si spende meno di 1 euro alle le attuali tariffe elettriche (si, avete letto bene: meno di 1 euro per 160 km). I punti deboli sono altri: innanzi tutto la scarsa autonomia (non si arriva quasi mai a 200 km) e poi i tempi di ricarica, che sono di almeno 2-3 ore. In Finlandia l’attuale governo sta ovviando a questa situazione con la creazione di una rete perla sostituzione di batterie in luogo delle attuali stazioni di servizio: l’automobilista si ferma, viene sostituita la batteria scarica con una carica, e riparte. Non si paga la batteria, ma solo il servizio di ricarica. Questo elimina in un sol colpo la scarsa autonomia ed il tempo di ricarica rendendo competitive le auto elettriche rispetto a quelle con motore a scoppio. Con questo sistema non vi sarebbero nemmeno scompensi sociali ed economici nel settore della distribuzione dei carburanti: le attuali stazioni di servizio verrebbero riconvertite nell’attività di sostituzione e ricarica delle batterie. Sembra un sogno, tanto è semplice. Eppure non si fa. Lo stanno facendo in Finlandia. Ma da noi nemmeno lo si dice. Perché? Sempre su internet mi informo meglio sulle auto elettriche e mi imbatto nella seguente notizia (tratta da un sito che si occupa principalmente di risparmio enegertico): … «Ma ancor più interessante è la possibilità di modificare alcune auto ibride che nascono con trazione mista benzina /elettrica per aumentarne di molto le prestazioni e per avvicinarsi al mondo delle auto elettriche in maniera più soft, …. Stiamo parlando ad esempio del kit plug-in (commercializzato nel suddetto sito alla sezione trasporto sostenibile) che permette di trasformare una normale Toyota Prius in una macchina puramente elettrica per almeno 50 km»… L’articolo prosegue informando che in tal modo la Prius con 1 litro di benzina percorrerebbe 50 km. 50 km con un litro di benzina! Non male davvero. Telefono e mi informo meglio. Scrivo anche ad un altro sito che si dedica al mondo dei veicoli elettrici e ricevo la medesima risposta: con questa modifica la Prius può percorrere 50 km circa con 1 litro di benzina. Mi spiegano, però, che il kit in realtà è rappresentato dalla sostituzione delle attuali batterie utilizzate sulla Prius con altre al litio più efficienti e moderne, da tempo presenti sul mercato. La sostituzione delle batterie tuttavia costa 12.000 euro e, soprattutto, fa cessare la garanzia su quelle vecchie. Quindi l’operazione non è conveniente su una Prius nuova. Chiedo allora al mio interlocutore perché queste batterie non sono montate già all’origine sulla Prius. Tutti acquisteremmo un’auto che fa 50 km con un litro di benzina! Risposta: proprio per questo non vengono montate. Se no il petrolio a chi lo vendono? 50 km con 1 litro di benzina. Eppure non si fa! A chi giova? Inutile dirlo. La risposta è nota a tutti. Ma vi è un’altra notizia ancora più clamorosa che riguarda un’auto che va ad aria compressa nota in Italia come «Eolo». Quest’auto era stata presentata ufficialmente a Roma nell’aprile del 2001. Poi è scomparsa. Una piccola ricerca su internet porta a scoprire che l’autovettura esiste ancora ed è commercializzata a Carros, un piccolo paese vicino a Nizza (Francia) da una società che si chiama MDI Enterprises SA. Ne commercializzano diversi modelli, ad un prezzo contenuto (9.700 euro per una city car). L’auto non inquina, consente di percorrere 130 km ad un costo praticamente irrisorio (qualche centesimo di euro), e viene fornita con tanto di generatore per la ricarica. Recentemente è stato firmato un accordo con la TATA per la produzione e la vendita di queste auto in India (ma solo in India). Vi è tanto di modulo d’acquisto sul sito dell’azienda ma se lo compilate non ricevete alcuna risposta. Mi informo e vado a Carros. Scopro che l’azienda è stata fondata da un ex progettista Renault noto in Formula 1 negli anni ‘80, l’ingegner Guy Negre, il quale abita a Sanremo (Italia) e va avanti e indietro da Carros con questa autovettura. L’azienda, così mi dicono, non vende fuori Francia. E’ però interessata a sottoscrivere contratti per la produzione dell’auto ad aria compressa su licenza in Paesi terzi, inclusa l’Italia. Costo dell’operazione: oltre 6 milioni di euro più royalty annuali sulle vendite. Me ne torno in Italia con le pive nel sacco, ma riprovo con un amico francese ad acquistare la macchina. Vengo così a sapere che il motivo delle mancate vendite è dato dalla difficoltà di brevettare l’autovettura, con conseguente rischio che possano copiarla, per il semplice motivo che il compressore ad aria compressa usato per le auto era già funzionante nel comune di Lille (Francia) dal 1919 al 1956. Poi nel ‘56 venne eletto sindaco della città un ex dirigente di una nota casa automobilistica e tutto andò in soffitta. Dal 1919, subito dopo la fine della I guerra mondiale, e sino al 1956, l’intera rete tranviaria di Lille andava ad aria compressa, senza inquinare e al solo costo della manutenzione degli impianti. L’informazione è tuttora verificabile presso gli archivi comunali. E allora perché non si fa? Chi ci sta prendendo per i fondelli? Il problema non è solo economico. Nelle città italiane non si respira più. I disturbi alle vie respiratorie sembrano in certi momenti dell’anno delle vere epidemie. Quelle poche volte che vado in bicicletta a Milano anche per poco me ne torno con gli abiti sporchi dallo smog. Non stiamo parlando di cospirazioni. Stiamo parlando dell’aria che respiriamo tutti i giorni e facciamo respirare ai nostri figli. E tutti fanno finta di non accorgersene. Come se il problema non ci fosse o non li riguardasse. Ma morire di tumore ai polmoni per arricchire i petrolieri mi sembra un po’ troppo.


Claudio Bianchini

INCANTO NOTTURNO

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LE OCHE E I CHIERICHETTI

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TESERO 1929

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PASSATO

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VIA STAVA ANNI '30

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TESERO DI BIANCO VESTITO

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LA BAMBOLA SABINA

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SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

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