07/02/08

DISGREGAZIONE E RIFIUTI


Temo che l’emergenza rifiuti di Napoli non sia soltanto un problema di ordine pubblico o di nettezza urbana. In essa sono riconoscibili i caratteri di una sorta di metafora, se volete di una caricatura della situazione propria di tutta la nostra beneamata Italia. La quale dispone di un territorio ricco di bellezze naturali ma in gran parte montuoso, impervio, e soprattutto sovraffollato da una popolazione fitta concentrata in grandi città cresciute in modo disordinato, senza la sapienza di una cultura dell’ambiente che sapesse preservare spazi liberi; ma anche dispersa in una moltitudine di borghi collegati da una rete ingombrante ed intricata di strade asfaltate. La sua è un’economia diseguale ma con almeno una impronta comune derivata dalla dominante prassi del consumismo, che ignora la sobrietà ed è alimentata dallo spreco. Le nostre mamme si recavano nella bottega sotto casa con la borsa della spesa e comperavano lo stretto necessario per il fabbisogno della famiglia. Ora nei supermercati le esuberanti provviste sono disposte nelle borse di plastica. Se prendi un etto di prosciutto te lo avvolgono in tre o quattro fogli di carta e molti prodotti sono raccolti in scatolette di cartone e protetti da carta stagnola. Ciò che veramente serve è poca cosa, ed il residuo che non si utilizza - il così detto "umido organico" - potrebbe essere smaltito senza grandi problemi. Ma unito alla carta e cartoni, ai vetri, all’alluminio, alla plastica, a tutto il contorno di vana dissipazione che affluisce nelle case, forma una montagna di rifiuti che devono essere dispersi. Dove e come? Lo spazio da destinare a tale scopo è ormai quasi esaurito. In prossimità dei centri urbani, le ville, le periferie abitate, i capannoni industriali, le tangenziali ripudiano le discariche ed ancor più gli inceneritori. La soluzione del problema è dunque effettivamente difficile e diviene impossibile se concorrono altri fattori che in quel di Napoli sono presenti in misura accentuata, ma non sono assenti nel resto d’Italia. Il primo di tali fattori è costituito dal debole sentimento comunitario che ispira la nostra società. Uno per tutti, tutti per uno è un monito che ci è estraneo. Tutti invocano la discarica per i rifiuti, "ma non nel mio cortile". E’ una nostra peculiare attitudine lo spiccato individualismo, l’incapacità di mettersi insieme per cercare ed interpretare l’interesse comune. Con il risultato di avere una spropositata quantità di partiti che rendono ingovernabile la nazione, ed in economia una prevalente moltitudine di imprese medio-piccole, ciò che pregiudica la competitività del nostro sistema. Questo sfrangiamento della società costituisce poi l’ideale terreno di cultura della illegalità. La legge, espressione e tutela del bene comune, è oggetto di disprezzo e quindi di trasgressione. Il fenomeno a Napoli si chiama camorra ed in altre regioni è noto con altre denominazioni. Ma si ritrova dappertutto ove vi siano da lucrare privati profitti a carico della comunità, manipolando pubbliche gare o appalti pubblici, con forme e modalità fantasiose e stupefacenti. Al punto di trasformare la "monnezza" in oro. Infine una efficienza causale decisiva è quella rappresentata dalla debolezza della politica. La politica in tutte le sue espressioni. Le leggi contengono affermazioni di principio valide, regole severe, che poi sono sfibrate da eccezioni, da ipotesi subordinate, da cavilli che nella pratica della burocrazia e nella applicazione degli organi amministrativi finiscono per prevalere. I partiti, il governo e l’opposizione, non offrono alla cittadinanza soluzioni dei problemi della comunità per chiedere su di esse il consenso. Al contrario, mirano a propiziarsene il favore assecondando le inclinazioni più disgreganti che allignano nei vari gruppi territoriali o di mestiere.


Renato Ballardini

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