Versione integrale di una lettera pubblicata in forma ridotta qualche tempo fa sulla stampa locale.
A proposito dell’intervento della consigliera provinciale Lucia Coppola, pubblicato dal vostro giornale in data 18 gennaio, vorrei brevemente puntualizzare alcune cose.
Innanzitutto, per chi non avesse ben chiaro il quadro di riferimento, ricordo che le olimpiadi invernali in programma qui in val di Fiemme il prossimo anno non sono frutto della volontà plebiscitaria o espressione diretta dei “territori”, come ama dire Fugatti, ma sono state calate dall’alto. Esattamente così come accadde per le tre edizioni dei campionati mondiali di fondo del 1991, 2003 e 2013 anch’esse ospitate in terra fiemmese. Nessuna consultazione (attraverso un referendum, per esempio), nessun parere preventivo è stato chiesto alla popolazione residente. A decidere sono sempre stati comitati d’affari direttamente o indirettamente interessati alle piogge di milioni che inevitabilmente quelle manifestazioni prevedono vengano “precipitate” sulle località coinvolte. Comitati per l'occasione "partecipati" dalla PAT e dalle organizzazioni sportive nazionali e/o internazionali di riferimento (FISI/CIO). Denaro che, manco a dirlo, finisce poi sostanzialmente nelle tasche dei soliti noti: politici locali, dirigenti sportivi, cementificatori/palazzinari, professionisti vari, albergatori. Dunque, al netto della robusta propaganda magnificante le ricadute generalizzate, il vero scopo di questi eventi è quello di soddisfare gli appetiti mai sazi delle anzidette categorie e soprattutto degli appaltatori aggiudicatari dei grandi lavori collegati imprescindibilmente alle manifestazioni. In sostanza si “crea” l’evento per giustificare opere precedentemente pianificate in camera caritatis. Una tecnica abbondantemente collaudata per aggiudicare con procedure straordinarie lavori di notevole impatto urbanistico e paesaggistico. Il rovescio della medaglia sono le conseguenze ambientali altrettanto scontate sui territori interessati.
Secondo
Ammesso e non concesso che la prima edizione dei mondiali di fondo possa essere stata concepita, soprattutto in termini di immagine, per "rilanciare" la val di Fiemme dopo la tragedia di Stava (19/07/1985), le successive edizioni dal punto di vista della promozione del territorio si potevano tranquillamente evitare. La valle infatti è da tempo in una pericolosa fase di bulimia turistica ove, casomai, sarebbe necessaria una cura dimagrante, e, diversamente da quanto asserisce Coppola nel suo intervento, la stagione invernale che si protrae da fine novembre a Pasqua ormai si collega senza soluzione di continuità a quella estivo-autunnale, sino alle festività dei Santi. Dunque, queste vetrine internazionali insistentemente ripetute non servono affatto a “promozionare” il territorio, bensì a spingerlo forzatamente verso un’irreversibile monocoltura turistica, esattamente com’è successo, ma per ragioni socio-economiche affatto diverse, nella vicina val di Fassa.
Terzo
Siamo nel pieno del processo di disgregazione delle comunità locali in conseguenza della massificazione dell’economia turistica. La mancata volontà di regolamentare il fenomeno ed anzi, appunto, di esasperarlo attraverso continui rilanci, provoca una sovraesposizione del tessuto sociale delle comunità territoriali all’influenza esterna. Rapidamente le peculiarità delle comunità si ibridano, tendenzialmente sino alla perdita totale delle loro caratteristiche identitarie. Un processo osmotico degenerativo attraverso il quale il fruitore dell'offerta turistica anziché adattarsi al territorio lo snatura sino alla sua completa destrutturazione.
Quarto
Questo andazzo a quanto pare è purtroppo destinato a continuare, tant’è che già si parla di prossime "vetrine" internazionali post olimpiche programmate per il 2028 e 2033, con annessi e connessi. Dunque, poiché l’occasione, come si dice, fa l’uomo ladro e in molti si stanno facendo ingolosire, ecco che il processo degenerativo sta vieppiù accelerando. A quarant’anni esatti dalla tragedia di Stava, la corsa all’oro innescata proprio all’indomani di quella catastrofe, ha di fatto raggiunto il parossismo e il quadro d'insieme non è affatto rassicurante: paesi senz'anima, centri storici abbandonati, assaliti dalla speculazione edilizia e trasformati in anonimi dormitori (bed & breakfast) per anonimi fruitori di impianti e piste da sci, traffico in perenne costante crescita (a distanza di trentaquattro anni dalla costruzione della strada di Fondovalle, voluta proprio per decongestionare i centri abitati fiemmesi dal transito turistico per la val di Fassa, Cavalese si ritrova nella stessa asfittica condizione del 1991), gli scorci interni più pittoreschi e caratteristici degli abitati antichi dei paesi, quali erano le "cesüre" e gli orti, sacrificati e trasformati in posteggi; costo della vita in continuo aumento (tra qualche mese sarà più conveniente per i valligiani scendere a Trento o a Bolzano a fare la spesa!), affitti alle stelle, prezzi degli immobili da capogiro. Ecco, se la PAT non fosse sostanzialmente asservita a quei poteri di cui sopra si diceva sarebbe tempo cominciasse a mettere qualche sassolino negli ingranaggi fin troppo oliati di questa ruota impazzita.
A.D.