Il
conclave che inizia domani (oggi N.d.R) è diverso da tutti quelli che
ricordiamo. Per la prima volta, infatti, la percezione del pubblico e dei media
è che gli elettori del nuovo papa non stiano “dal tetto della Cappella Sistina
in su”, come ebbe a dire una volta il cardinal Dionigi Tettamanzi, bensì si
trovino tutti ben al di sotto del tetto, e alcuni addirittura si aggirino negli
scantinati. Fuor di metafora, per la prima volta è finalmente caduto il sipario
della finzione letteraria e religiosa, che presentava l’elezione del nuovo papa
come una “scelta dello Spirito Santo”. Sul palcoscenico si osserva un conclave
del tutto umano e mondano, invece che soprannaturale e celeste. E non ci si
nasconde più che si tratta di una questione di potere, inquinata dalle
tentazioni che da sempre allettano appunto il potere: il sesso e il denaro. O,
per dirla alla vecchia maniera, i peccati contro il sesto e settimo
comandamento. Lo scandalo della pedofilia ecclesiastica è ormai affiorato dal
sottosuolo nel quale la Chiesa era riuscito a
mantenerlo per decenni, e ha lambito i suoi vertici. Il cardinale scozzese
Keith O’Brien, reo confesso, è stato escluso dal conclave il 25 febbraio, tre
giorni prima dell’inizio della Sede Vacante. Il cardinale statunitense Roger
Mahoney è stato sollevato da tutti i suoi incarichi il 31 gennaio, ma ha
pervicacemente deciso di partecipare comunque al conclave, partendo subito dopo
le sue apparizioni in tribunale. La Snap (Survivors Network of those Abused by Priests,
“Associazione delle Vittime degli Abusi dei Preti”) ha circolato una lista di
dodici nomi di cardinali “impresentabili” e “ineleggibili”. Tra questi figurano
l’argentino Leonardi Sandri, che insieme al cardinale decano Angelo Sodano fu
il grande protettore del famigerato padre Marcial Maciel, recordpriest di violenze e abusi. Gli
altri nomi della lista includono i cardinali di Boston, New York e Washington,
e i primati del Messico, d’Australia e d’Irlanda: di quest’ultimo, il cardinal
Sean Brady, i cittadini e i politici irlandesi reclamano inutilmente le
dimissioni a gran voce da anni. Nella lista ci sono anche gli italiani Tarcisio
Bertone e Angelo Scola: cioè, i nomi di riferimento delle due grandi cordate
che entrano in conclave. Rispettivamente, quelle della Curia vaticana, da un
lato, e delle Chiese italiana e americana, dall’altro. Cioè, le due fazioni che
si sono combattute nell’ombra durante la fine del papato di Giovanni Paolo II e
per tutto il regno di Benedetto XVI, fino a quando le loro lotte intestine sono
affiorate nelle scandalose rivelazioni dei Vatileaks e dei corvi che svolazzano
sul Palazzo Apostolico. Benedetto XVI ha ricevuto alla fine dello scorso anno
il rapporto di una troika di
saggi, che ha appunto indagato sui farisei del sesso e sui mercanti nel tempio,
ma invece di fare piazza pulita ha preferito passare la patata bollente al suo
successore. Ma, non togliendo le mele marce dal paniere dal quale verrà
estratto il nuovo papa, ha reso possibile che la sorte favorisca appunto una di
quelle. Fare previsioni è inutile, ma quattro papabili potrebbero costituire
scelte interessanti. Il primo è il cardinal Giovanni Battista Re: il ritorno a
un Papa Re sottolineerebbe infatti metaforicamente il vassallaggio del nostro
paese nei confronti del Vaticano, che rimane immutato al cambiare dei governi e
dei presidenti. E, naturalmente, risolverebbe anche i rebus introdotti dalle
recenti elezioni politiche, rendendo inutili nuovi inquilini a Palazzo Chigi e
al Quirinale. Anche un Papa Marx, al secolo il cardinale Reinhard Marx, avrebbe
una grande valenza simbolica, e costituirebbe il riscatto di quella teologia
della liberazione, lontana dalle lusinghe del potere e vicina ai bisogni del
popolo, che Benedetto XVI e il suo “amato predecessore” hanno messo sotto i
tacchi delle pantofole e soffocato, a partire dagli anni ’70. L’elezione del
cardinal Sean Patrick O’Malley, cappuccino, potrebbe portare a un papa
significativamente vestito di un saio. Il motivo per cui i papi si vestono di
bianco, infatti, è soltanto che quando nel 1566 fu eletto Pio V, che era un
domenicano, egli decise di mantenere la veste bianca del suo ordine. La moda da
lui iniziata potrebbe appunto essere rinnovata, e il vestito dei poverelli
costituirebbe il significativo simbolo di un passaggio dalla Chiesa trionfante
a quella penitente. Se poi veramente ci fosse uno Spirito Santo, difficilmente
potrebbe smentire se stesso e ammettere di essersi sbagliato otto anni fa:
farebbe dunque rieleggere Joseph Ratzinger, richiamandolo al dovere. Salire due
volte al soglio di Pietro non sarebbe comunque una novità: anzi, costituirebbe
una conferma del detto omen nomen.
Benedetto IX fu infatti papa ben quattro volte, tra il 1032 il 1048, in una
girandola di elezioni, esautorazioni, vendite della carica e riconquiste. Dopo
solo un paio di settimane di pensione, Ratzinger dovrebbe dunque dismettere il
cappello bianco da giocatore di baseball, col quale lo si è visto passeggiare a
Castelgandolfo, e tornare al camauro o alla tiara. Ma naturalmente, niente di
tutto questo succederà, nell’umanissimo Vaticano. Centoquindici cardinali
entreranno in conclave col titolo di “papabile”, ma uno solo ne uscirà con la
prima parte del nome, mentre gli altri potranno solo avere un travaso della
seconda. Una buona parte del pubblico, invece, continuerà saggiamente a
pensarla come il protagonista del film di Woody Allen Harry a pezzi: “Se devo scegliere tra
l’aria condizionata e il papa, scelgo l’aria condizionata”.
Piergiorgio
Odifreddi – La Repubblica 11/03/2013
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