
Mancano venti giorni all’inizio della Fine. Beninteso, niente botto apocalittico con i quattro Novissimi pronti a intervenire sull’uscio di ogni casa, il Dies irae, lunghe file d’anime in attesa del Giudizio e il Tuba mirum eseguito da una possente wind orchestra disposta su una improbabile quinta celeste. Piuttosto, e verosimilmente, il repentino approdo a un fine ciclo socioeconomico, la contemporanea accentuazione dell’estremizzazione climatica e il manifestarsi di grandiosi stravolgimenti geopolitici. Comunque sia, prossimamente, ciò che sin qui è stato, non sarà più.
Il Grande Rimescolamento comporterà severe rinunce e straordinaria forza di adattamento. Il Medioevo Prossimo Venturo, preconizzato nel suo omonimo saggio, nel lontano 1970, dal matematico italiano Roberto Vacca, è alle porte e in troppi ancora non lo sanno. Prima dello scoccar dell’imminente fatale mezzanotte, bene faremo a ungere gli arrugginiti mozzi dei vecchi carri dalle lignee ruote e con le lame, ad aggiustare i sarchi ed i forconi, a battere le falci, ad imbiancar con calce le dismesse stalle, a toglier dalla polvere i rastrelli. Avanti che cada, se cadrà, la prima neve vera, pure sarà opportuno erpicare gli ancora nudi campi e dissodare i prati da mettere a coltura. Per non trovarci poi spaesati all’ultimo minuto, di lavori da fare ce n’è ed i più accorti già stanno provvedendo.
Nel suo per quanto piccolo, la locale benemerita associazione cultural-colturale Mi.Sa.Po., consapevole del disagio nel quale in molti si potrebbero ritrovare a primavera, fa sapere che a breve avvierà nuovamente dei corsi teorici serali gratuiti di tecnica agricola per i più digiuni in materia. Per la pratica tutto è rimandato alla stagione nuova. Insomma, c’è fermento e, nonostante un’apparente e ingannevole inerzia, la parte meno passiva e più vitale della collettività, perlomeno psicologicamente si sta preparando.
Certo, il prossimo futuro sarà molto diverso dalla realtà del nostro attuale quotidiano. Era impensabile sino a pochi mesi or sono immaginare un così ratto mutamento. Tutto pareva dover durare all’infinito. Di poter continuare ad allargarsi, a sperperare, a pretendere, a ‘crescere’; noi montanari senza più saggezza lasciar che la campagna, per quanto magra e dura, andasse alla malora rievocandola incoerentemente, tanto per far baldoria ed esorcizzarne il ritorno. E di essa invece, sottratta al suo primario destino, far case, strade e specularci sopra. Sciupare il territorio, trasformarlo, per divertire i ‘siori’, che il loro da tempo hanno sciupato, ed avvitarsi così in una spirale senza fine e senza alternativa. Ma la fisica, con le sue leggi esatte e non fasulle ha rivelato l’imbroglio: la strada di quell’impossibile avvenire s’è interrotta irrimediabilmente ed il sistema del ‘sempre di più’ ha i giorni contati! La ‘crescita’, che a Roma il Professore s’accanisce a evocare, se non già subito, presto sarà chimera. E per vivere, non per sopravvivere!, volenti o nolenti torneremo alla moderazione, alla diminuzione, alla terra, al silenzio.
Ario Dannati
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