13/01/08

LA POLITICA DELL'ECOLOGIA OLTRE IL RIFIUTO DEI NEGAZIONISTI


Gli ecosistemi hanno la forma che conosciamo perché 20mila anni fa la natura è passata da un paesaggio dominato dai ghiacci in gran parte dell'Europa e dell'America del nord al paesaggio attuale, dove i ghiacci sono concentrati ai poli e ad alta quota. Questa transizione, durata 5mila anni, coincide con un riscaldamento globale di circa 5 gradi, cosa che permette di stimare che il ritmo naturale del cambiamento di temperatura a lungo termine sia su scala mondiale di un grado per millennio. Il problema è che entro il 2050 si prevede un raddoppio della quantità di CO2 (anidride carbonica, principale gas a effetto serra). Ciò potrebbe provocare un aumento medio della temperatura almeno dieci volte più rapido dei ritmi medi globali di cambiamento dall'ultimo periodo glaciale. Per l'Agenzia internazionale dell'energia (Aie), se il consumo di combustibili fossili continua al ritmo attuale, le emissioni di CO2 legate esclusivamente all'energia raggiungeranno le 40 giga-tonnellate nel 2030, cioè il 55% in più rispetto al 2004. Abbastanza per riscaldare il pianeta di 2,4-6,4 gradi entro la fine del XXI secolo, secondo il margine di oscillazione più alto degli scenari previsti dall'ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sull'evoluzione del clima (Ipcc), l'organo di riferimento delle Nazioni unite, che annuncia un cambiamento di era climatica. Un aumento del genere provocherà profonde modifiche della geografia mondiale. La nuova distribuzione delle agricolture, l'esodo delle popolazioni costiere e insulari, la migrazione o la scomparsa di una parte delle specie animali e vegetali determineranno un cambiamento di civiltà. Al di là dei semplici dati, la crisi ambientale è anche una questione psicologica, un fattore cognitivo, in quanto le sue dimensioni superano la capacità di comprensione degli individui. Nonostante il gran numero di rapporti scientifici, dal primo vertice della Terra a Stoccolma nel 1972 fino alla recente Valutazione degli ecosistemi per il Millennio, questa crisi è oggetto di un rifiuto generalizzato, alimentato da controversie che cercano di relativizzare la portata del problema. Dallo scrittore «clima-scettico» Michael Crichton, autore di Stato di paura, un tecno-thriller antiecologista, a Claude Allègre, convinto sostenitore della tecnologia contro i mali del mondo, personaggi di ogni sorta hanno cercato di disorientare l'opinione pubblica, alimentando al tempo stesso delle controversie sull'esistenza del riscaldamento climatico. Negli Stati uniti i centri di studio (think tanks) finanziati dalle compagnie petrolifere vicine al presidente George W. Bush, prima fra tutti la Exxon-Mobil, cercano ancora oggi di minimizzare la portata del cambiamento e di screditare i lavori dell'Ipcc. Una rete di scienziati e di privati cittadini americani ha di recente condotto un'indagine presso 279 climatologi che lavorano per agenzie di ricerca federali negli Stati uniti: il 58% è stato censurato dai superiori o ha subito pressioni affinché espressioni come «cambiamento climatico» fossero eliminate dai rapporti. A questo proposito una polemica sulle condizioni della Terra è iniziata nel 2001 con la pubblicazione del libro del danese Bjorn Lomborg, “L'ambientalista scettico”. Con lo slogan «non bisogna preoccuparsi», l'autore sosteneva che in molti campi la situazione ambientale migliorasse anziché deteriorarsi, e che i meccanismi di mercato avrebbero saputo correggere i problemi transitori. L'apparente rigore scientifico di questo libro è stato denunciato da molti esperti. Ma questo non sembra aver scoraggiato il suo autore, che in “Cool It: The Skeptical Environmentalist's Guide to Global Warming” (La guida del riscaldamento climatico dell'ecologista scettico), replica con una negazione più mirata: quella della portata del riscaldamento climatico. In sintesi Lomborg esorta le società a non adottare serie misure per limitare le variazioni del clima. Secondo i suoi calcoli, per rispettare gli obiettivi di riduzione di emissioni di gas a effetto serra, le economie industriali dovranno spendere 180 miliardi di dollari. Di fronte a costi così elevati sarebbe meglio? secondo lui? continuare a distruggere la Terra per alimentare la crescita e produrre delle tecnologie che finiranno per salvare l'umanità! Questo atteggiamento scettico ha sempre meno sostenitori, anche a causa del rincaro del costo dell'energia. Del resto la stessa Aie, che non può certo essere sospettata di difendere le tesi della decrescita, si schiera contro questo tipo di ragionamento. Secondo il suo ultimo rapporto annuale, il World Energy Outlook del 2006, ci vorranno 14,5 miliardi di euro di investimenti cumulati per soddisfare la crescente voracità energetica del mondo fra il 2006 e il 2030. L'Aie stima «vantaggioso» prendere delle misure adottando degli scenari di ricambio come quelli proposti dal Protocollo di Kyoto e questo il più rapidamente possibile: «Il costo di queste politiche sarebbe più che compensato dai vantaggi economici che procurerebbero un consumo e una produzione energetica più efficienti». Questo approccio è confermato dal rapporto molto pubblicizzato dell'economista inglese Nicholas Stern, secondo cui il riscaldamento potrebbe costare all'economia mondiale 5.500 miliardi di euro. La distruzione della natura provoca la perdita degli inestimabili servizi vitali resi dagli ecosistemi, come la purificazione dell'aria e dell'acqua, la stabilizzazione del clima, la diversità delle molecole utili in campo medico contenute nelle piante. La considerazione del clima in economia ha di recente conferito alla crisi ecologica una nuova credibilità per i dirigenti dei paesi industrializzati. Senza però rimettere in discussione gli aspetti fondamentali della crescita. Ormai il numero di pubblicazioni e di rapporti scientifici convergenti, ripresi da portavoce emblematici come il conduttore televisivo Nicolas Hulot o l'ex vicepresidente americano Al Gore, è tale che la realtà della crisi ambientale non può essere più negata. Questa sovrabbondanza di segnali di allarme ha però anche un aspetto negativo: il rischio della loro banalizzazione. L'intera società sembra impegnata in un'operazione di greenwashing («lavaggio ecologico»), che permette di riciclare le coscienze anziché cambiare modello. I mondiali di rugby sono stati presentati dal ministro francese dell'ecologia Jean-Louis Borloo come il «primo grande spettacolo sportivo internazionale concepito come un modello in termini di evento ecosostenibile». Tuttavia questa manifestazione emette circa 570mila tonnellate di CO2 a causa del traffico aereo che comporta. Via via che la società prende consapevolezza del degrado delle condizioni di vita sulla Terra, le forme di rifiuto si fanno più complesse, come se si volesse rimandare la scadenza della riorganizzazione della collettività e la ridiscussione del produttivismo globalizzato. Come diminuire drasticamente i rifiuti mondiali, in particolare di CO2, e passare dalle parole a un'effettiva sobrietà energetica? Da quando gli specialisti del clima e delle questioni ambientali vanno in giro per il mondo a parlare ai vari vertici e conferenze internazionali, sono state proposte solo soluzioni globali. Ma tenuto conto dell'urgenza, sarebbe preferibile che alcuni paesi si facessero avanti e servissero da esempio piuttosto che attendere un cambiamento di politica ambientale di alcuni grandi come gli Stati uniti o l'Australia, paese fra i più grandi produttori mondiali di carbone e che non ha firmato gli accordi di Kyoto allo scopo di mantenere inalterata la sua ricchezza carbonifera.Hermann Scheer, deputato tedesco socialdemocratico e premio Nobel alternativo nel 1999, specialista delle energie rinnovabili, osserva: «La volontà di consenso [mondiale] a ogni costo è incompatibile con la necessità di ridurre al più presto i rischi, poiché il fatto di cercare il maggior numero di consensi ci mette in balia di chi vuole impedire, frenare e diluire gli obiettivi presi in considerazione». In altre parole, tutti aspettano tutti. Inoltre su un pianeta dalle risorse limitate, le grandi riunioni internazionali non affrontano mai la questione della crescita economica in quanto tale. Le misure in favore della sopravvivenza ecologica sono accettate solo se non ostacolano il principio di questa crescita nè la liberalizzazione del mercato. Le produzioni energetiche (compresa la raffinazione) sono all'origine del 49% delle emissioni mondiali di CO2 e sono fra quelle che hanno maggiori conseguenze sul clima. Alcuni paesi lo hanno capito bene e nei decenni scorsi non hanno esitato ad adottare strade energetiche alternative. La Danimarca, per esempio, ha sviluppato l'energia eolica terrestre fin dagli anni '80 e gli inglesi hanno avviato dei programmi di ricerca sulle energie rinnovabili marine alla fine degli anni '90. A sua volta la città di Barcellona ha imposto nel 2000 l'uso di celle solari termiche per le case nuove o in ristrutturazione; una misura che è stata ripresa dall'intera Catalogna e poi da tutta la Spagna. La Germania procede da diversi anni sulla stessa strada. Tuttavia alcuni sottolineano con una certa ironia che Berlino conduce una politica contraddittoria sviluppando da un lato i risparmi di energia e le energie rinnovabili, e continuando dall'altro a bruciare carbone, a importare elettricità dalla Francia e prolungando la durata di vita delle sue centrali nucleari. Ma questi critici dimenticano di ricordare che la Francia produce un ventesimo di energia verde rispetto al suo vicino e che quello che si sta svolgendo è una vera e propria battaglia fra due mondi energetici: da un lato un vecchio mondo centralizzato legato al carbone, al nucleare, al trasporto automobilistico individuale; dall'altro un nuovo mondo decentralizzato, legato ai risparmi energetici, alle fonti rinnovabili, ai trasporti in comune e alle questioni di sanità pubblica. Da decenni le lobby del vecchio mondo fanno di tutto per negare la necessità e la possibilità di un cambiamento rapido della situazione. Gli specialisti delle energie rinnovabili sanno che i freni non sono tecnici ma soprattutto amministrativi e politici. Particolare attenzione dovrà essere data alle elezioni regionali del 27 gennaio 2008, che si svolgeranno nel Land dell'Assia (sei milioni di abitanti per 21mila chilometri quadrati), dove la candidata del Partito socialdemocratico (Spd) Andrea Ypsilanti porta avanti un modello energetico alternativo, la cui applicazione concreta sarà affidata a Scheer. Se sarà eletta, la Ypsilanti conta di ottenere in cinque anni importanti risparmi energetici ed energie pulite, chiudere le due centrali nucleari del suo Land e dimostrare che la costruzione di centrali a carbone non è affatto necessaria.Le scelte da fare esigono che lo stato ritrovi il suo ruolo di arbitro sul lungo periodo per il bene comune, senza piegarsi agli interessi a breve termine delle lobby. L'americano Richard Heinberg ha pubblicato di recente un libro sulle questioni energetiche e ambientali. Il suo titolo, “The Party is Over”, è significativo perché è giusto affermare che «la festa è finita». Tuttavia la sfida del riscaldamento climatico, se capita bene, può rappresentare una grande possibilità per l'umanità. Rimettere in discussione gli spostamenti in automobile significa ottenere delle città meno frenetiche; abbandonare il nucleare e le energie fossili centralizzate significa sviluppare dei modelli energetici locali con il coinvolgimento della popolazione; diminuire gli spostamenti di merci nel mondo significa rilocalizzare l'economia e lottare contro la disoccupazione. Questa lotta contro il riscaldamento climatico rappresenta una possibilità per poter lavorare alla creazione di un mondo più bello.


di Philippe Bovet e Agnès Sinai

Nessun commento:

Posta un commento

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
Foto di Euro Delladio

MINU

MINU
Foto di Sabina

Archivio blog