20/12/08

ARRIVA IL NATALE


In questi giorni di metà dicembre, con i cieli plumbei solcati da nuvoloni neri che si fronteggiano con furia belluina, i corsi d'acqua in piena che borbottano minacciosi e le montagne infiocchettate di neve come mai prima d'ora in questo periodo, lo "spirito natalizio" sembra permeare ogni cosa, fino a penetrare nelle nostre anime aride d'inguaribili pessimisti. Il Presidente degli Stati Uniti G.W. Bush, recatosi in terra d'Iraq per un saluto di commiato da porgere alla colonia in occasione della scadenza del suo mandato, ha finalmente portato alla luce quelle armi di distruzione di massa che per tanti anni hanno albergato solamente nella sua fantasia ed in quella di pochi suoi fedelissimi. Si trattava di un paio di scarpe numero 42 che sibilando sinistramente sono sfrecciate poco sopra la sua testa, senza che nessun missile patriot riuscisse preventivamente ad intercettarle. Scarpe provenienti certo dall'arsenale segreto di Saddam, che un giornalista iracheno addestratosi a lungo nei campi di Al Qaeda nell’attesa del momento propizio, gli ha lanciato contro con destrezza, apostrofandolo contemporaneamente come "cane" fra lo stupore degli astanti, provocando un certo risentimento fra tutti i quattro zampe che hanno dimostrato di non gradire affatto il paragone. In Italia il PD di Veltroni somiglia sempre più alla vecchia Democrazia Cristiana durante il periodo di tangentopoli. Il numero degli inquisiti continua a salire ogni giorno di più e gli scandali si susseguono uno dopo l'altro senza soluzione di continuità. Veltroni, ormai drammaticamente a corto di fantasia, inveisce contro la magistratura che avrebbe preso di mira il suo partito, pronunciando le stesse frasi che Berlusconi ripete ormai da quasi 15 anni. Tutti si affannano a discutere della "questione morale", ma non si comprende bene come il ladrocinio qualora praticato all'ombra di un partito cessi di essere "furto" per trasformarsi semplicemente in un'azione moralmente discutibile. Le elezioni in Abruzzo hanno decretato il crollo del PD, che dopo gli scandali si è manifestato molto più vicino ai penitenziari piuttosto che non agli elettori. Nonostante lo scontato successo del PDL i veri vincitori sono risultati l'astensione, che ha portato un abruzzese su due a disertare le urne e Antonio Di Pietro, al quale ormai basta fare opposizione poco e male per raccogliere a piene mani voti dal partito ombra di Veltroni che non riesce a fare neppure questo. Silvio Berlusconi si è appropriato della filosofia Unieuro e simile ad un venditore di lavatrici e televisori esorta gli italiani ad essere ottimisti e spendere a più non posso nei regali di Natale. L'importante è sostenere i consumi, smentendo le cassandre e fugando i fantasmi della recessione. Ora che la social card di Tremonti ha risolto i problemi relativi alla spesa alimentare delle famiglie si può osare di più, va bene anche un alberello acquistato a credito o un TV al plasma preso a rate con il rimborso a partire da aprile 2009. Va bene anche l'abbonamento a SKY di "Pasquale" o un cucciolo robot che riesca a deliziare i bimbi senza sporcare in casa. Natale viene una volta l'anno ed ogni cittadino è chiamato a fare la sua parte di buon consumatore che contribuisce a far girare l'economia, senza rimuginare sul fatto che anche volendo applicarsi mancherebbero i danari, come fanno i soliti pessimisti. Nel mondo non si vendono più auto, probabilmente perché nel corso dell'ultimo secolo se ne sono vendute troppe e molte persone hanno iniziato a prendere coscienza del fatto che il mantenimento del "parco auto" (con relative tasse, gabelle, multe e riparazioni) ha un peso insostenibile all'interno del bilancio famigliare. Dagli Stati Uniti all'Europa tutti i magnati dell'auto che per un secolo hanno accumulato fortune miliardarie all’interno dei propri forzieri, lamentano il crollo delle vendite e domandano l'appoggio statale che li aiuti a socializzare le perdite che, a differenza di quanto accaduto con gli utili, aspirano a condividere con il resto della collettività. In Italia proprio Walter Veltroni risulta essere in prima fila fra coloro che esortano il governo ad aiutare economicamente la Fiat, sulla falsariga di quanto sta avvenendo negli altri paesi con le industrie automobilistiche nazionali. Esortazioni del tutto superflue dal momento che gli aiuti di fatto sono già stati stanziati, in quanto la Fiat proprio in questi giorni ha deciso che i propri stabilimenti resteranno chiusi per un mese intero, scaricando in questo modo sulla collettività (attraverso la cassa integrazione) l'onere degli stipendi dei propri dipendenti. In Irlanda è scoppiato il caso del maiale alla diossina che ha tenuto banco per molti giorni sulle pagine dei giornali, ed anche l’ipotesi che la UE pretenda di ripetere il referendum che ha bocciato il trattato di Lisbona, probabilmente ad oltranza fino al momento in cui vinceranno i SI, ma di questo i giornali hanno parlato molto meno. In Italia Freccia Rossa ha inaugurato l’era del TAV “taroccato” riuscendo perfino a peggiorare (chiunque avrebbe giurato che sarebbe stato impossibile) la drammatica condizione dei pendolari e dimostrando che al peggio davvero non c’è mai fine. Negli Stati Uniti la FED ha tagliato il tasso di sconto (ora è compreso fra 0 e 0,25%) probabilmente per l’ultima volta, dal momento che a partire dalla prossima manovra le banche dovranno provvedere a pagare chi prende soldi a prestito. Sempre negli USA gli agenti immobiliari hanno iniziato a noleggiare dei pullmann per portare i propri clienti a visitare le case espropriate ai proprietari schiacciati dai debiti, e davvero lo spirito del Natale fatica a manifestarsi all’interno di questi tour ai quali i proprietari rovinati sono costretti ad assistere loro malgrado. Ma nonostante tutto siamo ormai giunti nella settimana prenatalizia deputata allo shopping per antonomasia, in quei giorni dell’anno durante i quali anche il più cinico degli animi non può fare a meno di aprirsi verso gli altri e trasudare bontà, comprensione, amore verso il prossimo. Cammineremo fra le vie dei centri cittadini barbaglianti di luci, fra abeti che sfavillano intarsiati di lampadine, luminarie iridescenti che baluginano abbarbicate sopra le nostre teste, stelle comete, Babbi Natale e pacchetti regalo che occhieggiano in ogni dove, accattivanti, rassicuranti, a trasudare serenità e letizia, a dimostrarci che i mutamenti climatici e la crisi economica sono soltanto fantasie da disfattisti. I nostri sguardi si specchieranno dentro all’allettevole cornice delle vetrine, per inebriarsi di luci e colori, le musichette natalizie ci delizieranno riportandoci a quando eravamo bambini ed aprivamo i regali sotto l’albero con il visetto giocondo che si arrubinava tutto per l’emozione. Intorno a noi trepiderà un alluciolio così sfolgorante, gioioso, perfetto da farci sentire in colpa, noi ed il nostro inguaribile pessimismo che ci impedisce di consumare come dovremmo.

Marco Cedolin da http//il corrosivo.blogspot 19/12/2008

17/12/08

IL MODELLO TESERO 7 PER UNA NUOVA UMANITÀ


L’industria automobilistica è in crisi. Negli USA centinaia di migliaia di operai di GM, Chrysler, Ford rischiano di trovarsi senza lavoro. In Italia la Fiat da qualche giorno, per un mese intero, ha chiuso tutti gli stabilimenti del gruppo; il suo vasto indotto è in ambasce. Le PMI del mitico Nordest e della Lombardia non stanno meglio. Interi comparti produttivi boccheggiano o stanno chiudendo. Neppure il terziario avanzato da solo potrà restare in piedi. Si preannuncia un biennio 2009/2010 da brividi. E poi chissà. Prossimo alla fisiologica saturazione il modello di sviluppo occidentale si è perso. Ritornare al primario resta forse l’unica opzione possibile, ma non sarà facile riadattare l’intera società alla vita che fu per migliaia di anni la Vita dell’umanità. I prodromi di un annunciato rimescolamento cosmico stanno nelle cose: l’attesa, per chi vivrà, non sarà lunga. Ma nel frattempo che fare? Si troverà un modello temporaneo alternativo capace di traghettare la popolazione mondiale post-post-industriale verso la Nuova Era? Pur calati in questa inquietante atmosfera di incertezza, di crisi economico/valoriale e decadenza morale, restiamo fiduciosi, perché quel modello – secondo uno studioso di chiara fama – esiste. Definito tecnicamente con la formula Mod.∞.Te.7. è chiamato, più semplicemente, Tesero 7. L’elaborazione del modello è stata lunga e faticosa, frutto delle capacità di osservazione e della pazienza dello studioso, che, con tempismo quasi prodigioso, è giunto alla verifica scientifica dello schema teorico proprio nel mentre la crisi mondiale è prossima al parossismo. Ma in cosa consiste questo modello teserano? Ce lo spiega l’ideatore, l’esimio economista, professor Torquato Spavaldi, ordinario di sociologia economica applicata presso la Normale di Pisa, che da anni studia e teorizza l’estensione di micro modelli economici di scala a macro sistemi complessi.
D. Professor Spavaldi, innanzitutto perché quel nome?
R. Ho cercato semplicemente di racchiudere in quella sigla (Mod.∞.Te.7.) due elementi che mi sembrano peculiari della comunità teserana dalla quale ha tratto spunto il mio studio. Il simbolo dell’infinito (∞) rimanda, manco a dirlo, alla infinita capacità di rigenerarsi e di risorgere di quella comunità mentre il numero 7, numero sacro per eccellenza ed emblema della pienezza spirituale e cosmica, vuole significare il legame inscindibile tra quella comunità e la trascendenza, e quindi la capacità di quella gente di oltrepassare la miserevole condizione materialistica dell’uomo.
D. Da quanto studia il modello teserano?
R. Da quando, più o meno consciamente, nel lontano 1959 cominciai a frequentare il vostro paese. Ero un giovane studente universitario e la mia famiglia, casualmente, nell’estate di quell’anno decise di trascorrere le vacanze a Tesero. Precisamente a Stava, presso l’albergo Erica. Mi innamorai immediatamente di quei luoghi tranquilli e silenziosi. Quell’ameno luogo, tra prati verdi, ranuncoli gialli, azzurre genziane e larici profumanti di resine ed essenze, in estate, ed emozionanti candidi paesaggi in inverno, divenne la meta preferita delle mie vacanze successive. Cominciai a frequentare le persone del luogo, ne divenni amico. Ricordo con nostalgia il signor Bepi Longo (Menz) e la sua veneziana. Il signor Arcangelo Bozzetta con la sua Millecento bianca, la moglie, signora Felicita e i figli. Le escursioni nei boschi sovrastanti, le tiepide serate a far polenta nei prati della minuscola frazione, i temporali notturni, le partite a bocce nelle domeniche d’agosto con i fratelli Ciro e Remigio Braito, e poi le slizolade invernali da Stava a Cerin…
D. Professore, scusi se la riporto al tema della nostra breve intervista. Ma quando intuì che quel microcosmo economico paesano, quella gente, potevano fare da apripista a un modello economico alternativo, capace di venire implementato e sviluppato su scala nazionale, continentale o addirittura planetaria?
R. Non c’è una data precisa. Anzi, forse sì: il 1965. In quell’anno si costituì l’Associazione Amici del Presepio, sezione Trentino Alto Adige, con sede proprio a Tesero. Fu allora che le mie vaghe impressioni precedenti divennero più vivide. Lì intuii che le sinergie capaci di venire esternate da quella popolazione e trasformarsi in opportunità economica combinata avrebbero potuto essere riprodotte anche in altri luoghi e addirittura sostituire economie pesanti e complesse che per la nostra mentalità consumistica consideriamo imprescindibili.
D. Quali?
R. Vede, sinora molti credevano che l’economia, che ha prodotto lo sviluppo occidentale degli ultimi 60 anni e il conseguente cosiddetto benessere, basasse la propria forza sulla razionalità. In verità, al contrario, l’economia occidentale è basata su un presupposto irrazionale (lo diceva esemplarmente Herbert Marcuse) e cioè un consumo infinito delle risorse disponibili. Cosa questa, appunto, irrazionale e assurda. Eppure, sino alla crisi attuale, sino a qualche mese fa, nessun solone politico o economico, avrebbe mai messo in discussione questo assioma. Prendiamo ad esempio l’industria dell’automobile. Simboleggia l’industrialismo moderno, teorizzato da Ford e condensato nel motto “un’automobile per tutti”. Il non detto della teoria “fordista”, poi generalizzata indifferentemente rispetto a ogni altro bene di consumo, è il superamento del concetto di necessità. Il sistema si sostiene solo negando quel concetto. Ma ovviamente ciò è impossibile. Può andare avanti per un certo periodo, più o meno lungo, a seconda dell’intensità di applicazione e dell’estensione del modello. Ma poi, fisiologicamente, crolla. Nel mentre i fattori della produzione si riducono e il loro costo si accresce l’ingorgo della spaventosa messe di beni di consumo produce problemi insostenibili a catena. Più il bene prodotto comporta consumo di risorse naturali, più accelera l’esito finale verso la fine del ciclo. Se consideriamo, per esempio, proprio il bene-simbolo di questa economia, cioè l’automobile, possiamo facilmente verificare che averne prodotto in quantità sovrabbondante rispetto alle reali esigenze dell’umanità ha di fatto chiuso l’ “era fordista” in meno di 100 anni dai suoi albori. Ciò perché la mobilità diffusa, generata dall’automobile, ha comportato un dissennato sviluppo urbanistico, che, a sua volta, ha alimentato ulteriore mobilità, e dunque costi per infrastrutture, infinito consumo territoriale, inquinamento generalizzato, insostenibili necessità energetiche, irrisolvibili problemi di smaltimento dei cascami della produzione, eccetera. Insomma, se i primordi dell’automobilismo hanno rappresentato l’alfa della modernità, la sua repentina crisi ne segna l’omega. Siamo alla fine di questo modello schizofrenico, alienante, mortifero.
D. Dunque?
R. Dunque in attesa di giungere alla riscoperta dell’Uomo e di approdare a un nuovo Umanesimo libero dal vincolo materialistico della merce fine a se stesso, onde evitare crisi di rigetto per una troppa affrettata sospensione della quota quotidiana di tossicodipendenza consumistica, è opportuno, a mio avviso, tentare di promuovere questo transitorio nuovo modello: il Mod.∞.Te.7. Per il tempo necessario ad affrancare l’uomo-consumatore dalla dipendenza. Esattamente come si fa somministrando ai tossicodipendenti il metadone, in attesa del recupero psicologico del paziente, impedendo ricadute pericolose e senza ritorno. Credo non ci siano alternative.
D. Professor Spavaldi, ci parli adesso, brevemente, di questo speranzoso Mod.∞.Te.7. o Tesero 7, come dir si voglia.
R. Partendo dall'assodato presupposto che l’economia tradizionale si basa sull’irrazionalità e che il consumo è indotto artificialmente, essendo negato, come detto, il concetto di necessità, ho sperimentato un consumo leggero “transitoriamente sostenibile”. Che però può dare fiato a un indotto di un certo spessore. Tanto è necessario per evitare nell’immediato l’impoverimento delle masse meno abbienti e un generale effetto paralizzante. Il motore del modello è un’attività artigianale, finalizzata alla riscoperta della spiritualità, che sostituisca quella industriale pesante e ormai insostenibile, di cui dicevo sopra; che non comporti spirali perverse e che gradualmente riporti l’Uomo alla ragione. Serve promuovere su scala internazionale un prodotto, un bene-simbolo nuovo, che ognuno possa acquistare e sostituire con poca spesa e con facilità: “un presepe per tutti”. Bene che, esattamente come l’automobile, pur non servendo a niente o quasi, faccia girare, in questo intermezzo, un’economia non proprio di sussistenza ma che assai le si avvicini, quindi propedeutica al successivo epocale passaggio.
D. In pratica?
R. Come le dicevo, nel 1965 capii. Quando vidi gli Amici del Presepio, sul pònte vecio ardimentarsi nel costruire un’umile capanna, venni illuminato. Sapevo quanto lavoro si celava dietro quella capanna, quante persone avevano lavorato per mesi e mesi, per creare quell’opera. Perché non produrre presepi artigianali ovunque nel mondo? Ecco, il presepio sarà il bene-simbolo della nuova era, pensai. Ogni paese avrà un’associazione ad hoc. Un indotto di sarti, di scultori, di imbalsamatori, di scenografi, di musicisti, di allestitori che viaggeranno come ambasciatori di luogo in luogo. Il vostro Mario Fanin a Cracovia e il loro Stanislao Zrawbinsky a Tesero. Il vostro Bepo Lissa a Roma e il loro Artemisio Brachetti a Tesero. Il vostro Bandin a Berlino e i loro Philharmoniker a Tesero. Così per ogni paese e per ogni città d’Italia, d’Europa, del Mondo!
D. E poi?
R. E poi, contemporaneamente, procedere alla depurazione dell’Uomo attraverso la riscoperta della spiritualità e della terra (che peraltro, in quel frangente garantirà la sopravvivenza dell’umanità); e riportare l’orologio dei bioritmi sfasati in sincrono con quelli naturali; e riscoprire il piacere dilettantistico individuale fine a sé stesso per mortificare gli impulsi narcisistici che tanto contribuiscono alla discriminazione tra le persone. E molto altro ancora.
D. Ma perché surrogare un oggetto certo inutile come l’automobile con un oggetto, come il presepio, altrettanto inutile ma per di più così lontano dal nostro quotidiano?
R. Perché sostituire l’automobile, pregna di reali e simboliche valenze negative, generatrice di problemi ambientali spaventosi, di insane promiscuità, di egoismo, di protervia, di somma confusione, oltre che – non dimentichiamolo – causa primaria della mortalità giovanile in Occidente, con un prodotto innocuo che, viceversa, simboleggia e trasmette valori nobili e positivi quali la famiglia, la bontà, la mitezza, la filantropia, la lentezza, eccetera, potrà determinare anche una rapida modificazione dei rapporti interpersonali, che a loro volta modificheranno i rapporti tra le piccole comunità, e poi tra le nazioni, e poi tra tutti i popoli del Mondo. Il modello Tesero 7, verificato sulla comunità da cui il medesimo prende nome, conferma, senza ombra di dubbio, che un’eventuale produzione su scala planetaria di presepi, potrà provocare nel volgere di pochi anni, la scomparsa definitiva dei razzismi e delle guerre e avviare un percorso virtuoso dell’Umanità verso una nuova era di pace, bellezza e beatitudine. Non so se arriveremo a raggiungere un nuovo Paradiso terrestre, ma verosimilmente ci andremo molto vicini.
D. Ma allora, più che un modello temporaneo, il Mod.∞.Te.7. potrebbe rappresentare l’approdo definitivo cui agogna la nuova Umanità…
R. Non credo. Non possiamo illuderci. Sarà un importante passo che aiuterà a trasformare le persone della Terra, che restituirà al Mondo, dopo due millenni di ininterrotta decadenza, uomini nuovi di buona volontà, pacificati e consapevoli. Ma il cammino poi sarà ancora lungo e impegnativo e la vittoria sul serpente infernale ancora lontana. Però certamente l’applicazione planetaria del Tesero 7 sarà fondamentale.
D. Un’ultima domanda. Quanto potrebbe durare, l’intero processo di “purificazione”, secondo i suoi studi?
R. Dipende da diversi fattori. Durerà, in ogni caso, più del tempo della transizione dal modello Tesero 7, provvisorio, alla nuova e definitiva era del nuovo primario. Duemila anni di degrado, non si lavano in un decennio. Ci vuole pazienza. Quel che conta in questo momento è capire se il Mod.∞.Te.7. riuscirà a supportare il passaggio. Io credo di sì. Anche se il processo di transizione dovesse prolungarsi per 10/15 anni sono certo che esso riuscirà a reggere il peso di questa biblica "transumanza". Come ripeto, se l’attuale sistema in disfacimento, basandosi più sulla suggestione pubblicitaria che su autentiche necessità vitali, è durato oltre un secolo, non vedo perché il Tesero 7 non dovrebbe riuscire a tenere per un decennio o poco più. Ce la faremo e grazie alla gente di Tesero e alla mia fortunata intuizione, riusciremo a salvare l’Uomo.

Intervista rilasciata al blog dal professor Spavaldi (via Skype) il 16/12/2008 alle ore 22,43

TRANCIA LA PROVINCIA


Aderisco alla campagna di Vittorio Feltri per l’abolizione delle Province. Nessun dibattito rivela l’inanità della politica quanto il comizio infinito sulla morte di quegli enti nobili, ma ormai utili solo a risolvere le caselle orizzontali del cruciverba. Alla vigilia delle elezioni tutti i partiti si dichiarano sdegnati e quasi stupiti della loro esistenza. In clima di processo alla Casta, sembrava questione di giorni. Una sforbiciata alle centodieci Province il lunedì, una ai mille parlamentari il martedì, e il mercoledì ci saremmo svegliati in un Paese quasi normale. Sono passati i lunedì, i martedì e le feste comandate, ma le Province sono sempre lì, mentre altre spingono per entrare. Persino la Lega, rivoluzionaria per statuto, allenta i cordoni dell’indignazione quando si tratta di difendere palmo a palmo le cadreghe padane. Poiché non si è mai visto un tacchino farsi la festa a Natale, gli unici a poter sprovincializzare l’Italia sono i cittadini. Basterebbe restituire in bianco la scheda, la prossima volta che si andrà a votare per il Consiglio provinciale. Purché lo si faccia davvero, e non ci si produca nel solito numero del bertoldo che si lamenta del potente e poi lo vota, lo insulta e poi gli chiede un favore. Conosco l’obiezione: con la faccia tosta che si ritrovano, i politici non toccherebbero le Province neppure se le schede bianche rasentassero il 50%. Vero, ma se quel 50 diventasse 80, sarebbero costretti ad abolirle. Conosco anche la seconda obiezione: le farebbero rinascere subito dopo, cambiandogli il nome in «comunità intercomunali». E stavolta mi arrendo.

Massimo Gramellini

14/12/08

LA STRADA DEL DOPO-KYOTO E' UNA RIVOLUZIONE DELLE NOSTRE MENTI


Sarà sufficiente la cornice di tempo di qui a Copenhagen per costruire un accordo mondiale circa la necessità di una brusca inversione di tendenza nelle politiche globali sul cambiamento climatico? A me pare che siamo in bruttissime acque. Ricordo il pronunciamento finale dell'incontro del World Political Forum a Torino, lo scorso 28 maggio: «Il mondo è entrato in un periodo in cui la drammatica scala, complessità e rapidità del cambiamento causato dalle attività umane, minaccia i fragili sistemi ambientali ed ecologici da cui dipendiamo». Tuttavia i numerosi allarmi che sono stati lanciati dalla comunità scientifica internazionale nel corso di molti anni non hanno avuto successo sinora nel convincere i governi, né le élites politiche, né le società di capitali a prendere attivamente dei provvedimenti miranti a prevenire un impatto negativo sulla vita quotidiana di milioni di persone. Questi impatti sono stati identificati con grandissima certezza, sebbene non ci sia ancora una data, e nonostante la loro scala non sia di fatto prevedibile. Lasciate che ricordi un po' la cattiva sorte delle prime previsioni del Club di Roma. Era molto tempo fa e i suoi allarmi non furono quasi notati, non ricevettero nessuna attenzione e, una volta notati, suscitarono diffuse derisioni, specie fra gli economisti. Era proprio l'inizio della globalizzazione e tutti soggiacevano ancora all'illusione della crescita indefinita. Nessun limite era allora concepibile. Tra queste illusioni c'era la più grossa: l'epoca del petrolio a basso prezzo non sarebbe mai finita. E che dire poi dei peggiori esiti allora prospettati dagli scienziati? Vennero definiti indimostrati: mere ipotesi, nulla di più. Ma ora, quarant'anni dopo, disponiamo di una potenza di calcolo sei miliardi di volte maggiore di quella di allora, e possiamo usare delle serie statistiche molto precise e complete. Questi dati, e non più ipotesi, dimostrano, al di là di ogni dubbio, che siamo già in 'overshooting'. Il che significa che l'umanità ha oltrepassato già 25 anni fa i limiti della capacità di sostegno della Terra. La nostra impronta umana ha cambiato la dinamica dell'ecosistema. Il cambiamento climatico è una, solo una, sebbene la più spaventosa, manifestazione di questa situazione. E ci troviamo ora in una assoluta mancanza di tempo. Ciò per alcune ragioni basilari: la prima è che il mondo delle società di capitali sta ancora celebrando la precedente fase di crescita e rifiuta di riconoscere che siamo già entrati in un territorio di insostenibilità. Questo è un comportamento collettivo dettato dall'ideologia. Psicologicamente comprensibile, ma potenzialmente catastrofico dal punto di vista politico e organizzativo. Perché in questa maniera il collasso arriverà proprio in modo subitaneo, per la gran sorpresa di ciascuno. L'altro pericolo è l'idea sbagliata che tutto sarà rimesso in carreggiata tramite i miglioramenti della tecnologia e con un uso più efficiente delle leve del mercato. Cosa che riassumerei con l'espressione “gli affari vanno avanti come al solito”. Ma il rovescio della medaglia di questa ideologia sta nel fatto che si tratta esattamente del mercato che ha generato questi esiti, e sarebbe proprio stranissimo e curiosissimo credere che il mercato, così come è stato ed è tuttora, ci possa salvare. Non lo farà. Così come non è una soluzione nemmeno la buona idea del business “verde”. Buona ma insufficiente. E un errore correlato sta nel pensare che il passo delle tecnologie in corso di sviluppo sarà il medesimo dei progressi dei limiti della crescita. Nei fatti i due passi non vanno in pari, hanno solo poche relazioni fra loro, e le rispettive velocità non sono nemmeno comparabili. La crisi del cambiamento climatico, per esempio, sta andando avanti più in fretta delle tecnologie che, in linea di principio, potrebbero fermarla. E per realizzare un incremento nelle capacità tecnologiche in questo campo dovremmo dar vita a un enorme investimento preliminare nella spesa per investimenti. Ognuno capisce ora che sarà particolarmente difficile far questo nel bel mezzo della crisi finanziaria mondiale. Ma questo, per altro verso, risulta difficilissimo se la responsabilità sociale delle società di capitale rimane al livello del “tanto per dire”. Che risulta troppo basso. Allo stesso tempo tra le élites politiche la consapevolezza del pericolo rimane abbondantemente inadeguata. L'Europa è il posto migliore, in questo preciso momento, perché l'Europa ha assunto decisamente la guida in questo campo, sebbene alcuni governi resistano. Guardate all'Italia e alla Polonia come ai peggiori esempi di questa resistenza. A tutte queste difficoltà dovremmo aggiungere la mancanza di consapevolezza del pubblico generale in merito ai rischi seri e reali che i disastri naturali implicano come risultato del riscaldamento globale. Molti continuano a credere che il riscaldamento globale sia un problema che possiamo lasciare alle future generazioni mentre non capiamo che sta già avvenendo oggi, è già qui che ha preso piede e ci sta già colpendo. Certamente colpirà la prossima generazione. Questo genere di cose hanno appena cominciato a entrare nel pubblico dibattito. E in un modo talvolta molto disorientante. Milioni di persone stanno ricevendo, solo da pochissimi anni, dei segnali contradditori: da una parte informazioni crescenti sul cambiamento climatico; dall'altro la pressione a incrementare i consumi sta continuando e perfino aumentando. Il che significa un aumento delle emissioni di gas serra. Da un terzo lato c'è, anch'essa in aumento, una fortissima pressione, proveniente da ogni sorta di gruppi lobbistici in rappresentanza di imprese e interessi settoriali. Il suo scopo è di smorzare i problemi, riducendone la chiarezza, confondere il pubblico, spostare l'attenzione, ridurre la determinazione a cambiare le politiche delle amministrazioni pubbliche locali e dei governi. E considerando che i manager delle imprese mediatiche sono primariamente sottoposti a questo tipo di pressione, anche la credibilità dei media è a rischio. Come risultato abbiamo che stanno avanzando molte pseudo-soluzioni fittizie, che – anziché aiutare a ridurre le emissioni – distribuiscono privilegi ed esenzioni. L'enfasi spesso usata per lanciare il Mercato delle Emissioni è uno di questi casi. Una via d'uscita illusoria che, alla fine, rischia di produrre risultati trascurabili e insignificanti nell'ammontare complessivo della riduzione delle emissioni di gas serra. Tutto questo accade mentre abbiamo bisogno di uno sforzo straordinario per produrre, nei prossimi quindici anni, una riduzione assoluta di CO2; in grado assoluto, in termini di meno milioni di tonnellate, non solo di qualche miglioramento percentuale. In breve siamo ancora molto lontani da una soluzione onnicomprensiva, e molto lontani anche da una visione istituzionale e politica delle questioni che stiamo per affrontare entro un periodo di tempo relativamente breve. Egoismi nazionali, interessi aziendali, settoriali e di categoria continuano a prevalere. La più impressionante di queste tendenze negative si è vista nello scontro tra la Commissione europea e le industrie automobilistiche europee. Queste ultime hanno evidentemente le loro ragioni, buone e meno buone, per resistere. Ma se ogni interesse particolare si difenderà ignorando l'intero paesaggio, non arriveremo sani e salvi alla fine del cammino. Ritengo che non sia solo una questione di “moral suasion”, ancorché sia certamente una questione di un nuovo modo di pensare il bene comune. Noi, a livello europeo, abbiamo il compito di sviluppare strumenti legislativi miranti a incoraggiare e aiutare tutti i settori industriali a divenire leader (e non ostacoli) nella lotta al cambiamento climatico, iniziando con il chiedere trasparenza nelle emissioni di carbonio. In altri termini ogni ramo della società e della politica deve capire che i compiti che abbiamo di fronte sono ti tipo epocale, e senza precedenti. Essi richiedono un intero sistema di cambiamenti, che implichino tutti gli aspetti delle relazioni umane, industriali, politiche e sociali all'interno di ogni società così come fra gli stati. Anche le nostre idee sulla sicurezza devono cambiare radicalmente. I maggiori pericoli per la nostra sicurezza collettiva verranno da nuovi orizzonti. Per fronteggiarli, ad esempio, non ci servono cacciabombardieri e portaerei, missili e bombe. Al contrario, le bombe saranno l'ultimo e il più stupido mezzo quando avessimo fallito nel creare una giusta sicurezza collettiva in tutte le altre direzioni della presente crisi. Ma se sarà così, questo vorrà dire che avremo perso. Quel che intendo è che la strada per Copenhagen richiede, per essere completata, una vera rivoluzione nelle nostre menti.

Giulietto Chiesa

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

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Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
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MINU

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