19/07/08

19/07/1985 – 19/07/2008


Fu la somma contemporanea e sconvolgente di 268 lutti individuali. Ma per la comunità paesana, eccezion fatta per quella parte direttamente coinvolta, fu soltanto emozione. Che durò poco. Poi l’istinto predatorio e animale, presente anche nella natura dell’uomo, riprese il suo corso, più famelico e brutale di prima. Proprio il profitto, attraverso l’alienazione del territorio, nelle sue varie forme, divenne la principale ragion d’essere di questa comunità. Per capire è bastato osservare le cose, giorno dopo giorno, in questo passaggio di tempo: i fatti, contraddicono palesemente i ripetuti “mai più…!”, le lapidi e i monumenti. Tolta l’ipocrisia, la verità è trasparente. Se ci fosse stata una traccia, ancorché minima, del dolore collettivo e di essa ne esistesse ancora una parvenza, oggi, in questo anniversario, ma anche nei ventidue precedenti, si sarebbe dovuto fare soltanto una cosa: tacere. Dopo ventitré anni, per un insperato riflusso di decenza, la recita potrebbe anche finire.

Ario Dannati

17/07/08

LA MUSICA DA TRE SOLDI


E così, tra il budget che non c’è più e la cultura ben ostentata ma che in verità non c’è mai stata, l’ Estate musicale di Fiemme è sparita, ahinoi, dal calendario delle manifestazioni di contorno dell’offerta turistica fiemmese. Per oltre 20 anni aveva rappresentato un’occasione d’ascolto musicale di qualità per quei tanti o pochi valligiani che attendevano con impazienza, anno dopo anno, l’uscita della brochure col cartellone della nuova programmazione. Di ciò, forse, va ringraziato anche l’affermarsi della rassegna di interesse provinciale denominata I suoni delle Dolomiti, che ha probabilmente dirottato verso di essa parte considerevole delle sempre più ridotte disponibilità finanziarie provinciali dedicate alla musica. In verità le due iniziative per qualche anno sono convissute, ma forte era il sentore che ormai il rubinetto P.A.T. dispensasse col contagocce la pecunia per Cavalese e fosse quindi imminente l’inevitabile soppressione, da parte della APT fiemmese, della gloriosa rassegna estiva di musica colta. Naturalmente gli analisti di Trentino s.p.a. avranno adeguatamente ponderato la cosa, verosimilmente assecondando una precisa strategia d’immagine, che però noi non condividiamo. Scrivevamo infatti, quasi un anno fa, in risposta a una dura presa di posizione, di un illustre musicista, contraria all’iniziativa provinciale: “Quando la si ideò (I Suoni delle Dolomiti, n.d.r.), gli strateghi della promozione turistica provinciale, sulla base dei dati di mercato, sapevano che il punto debole del turismo in provincia, cui dare urgentemente “risposte” nuove, era rappresentato dall’offerta estiva delle località montane. Bisognava rompere l’inerzia di un turismo troppo compassato e troppo poco dinamico. Un turista che si “accontenta” solo di aria buona e di silenzio, che non si muove e non consuma, non è sufficientemente “produttivo”. Pertanto tra le tante trovate che si escogitarono per far correre la gente e dunque i soldi e tentare di diversificare il “target” tradizionale, rappresentato da ospiti piuttosto anziani, ci fu anche quella di puntare su proposte di qualità. Nella fattispecie proposte che abbinassero l’arte della musica (che teoricamente è la meno mediata e quindi quella di più facile presa) all’immagine più pura del nostro territorio. Cioè appunto quelle Dolomiti conosciute nominalmente in tutto il mondo. L’idea era buona (fatte salve le intollerabili contraddizioni da te ben sottolineate). Siccome però il turismo (cioè il business, che poi alla fine è il solo…fine) si fa coi numeri, il risultato è quello da te constatato: da un canto molte persone (troppe) radunate in luoghi che avrebbero bisogno del massimo rispetto, stravaccate sul pascolo che ascoltano?, mangiano panini, bevono birra, che magari si annoiano pure e di cui forse soltanto lo 0,% si entusiasma davvero per la proposta musicale, dall’altro parecchi autentici appassionati esclusi loro malgrado e impediti di assistere a concerti proposti da interpreti di livello assoluto in ore e luoghi più appropriati. In altri termini: le perle ai porci! Ma questo ai signori “promoters” non importa. Il fine è l’immagine che ne deriva, che poi si fa viaggiare in Internet, e il “ritorno” che essa produce: la consistenza dei soldi che il sempre più esuberante e insaziabile esercito degli operatori del settore si ritrova alla sera nel cassetto.”
Grande è quindi il rammarico, per quelli come noi, che, lavorando, senza utilizzare un’ intera giornata di libertà (per un evento della durata di un’ora e mezza!!), non potranno più permettersi di godersi un concerto di qualità superiore. Con la cara, vecchia Estate musicale e la sua programmazione serale in valle, invece, nel paese di residenza o, mal che fosse andata, a cinque, otto chilometri da esso, il tempo (anche in un giorno feriale) lo si trovava sempre. Ma, a prescindere da ciò, restiamo del parere che comunque la qualità di un concerto classico al chiuso, tanto dal punto di vista esecutivo quanto della resa sonora, non possa essere paragonato allo stesso concerto eseguito in piena aria, sotto il sole cocente o, tra lo sferzare del vento nell’imminenza di un temporale. Conveniamo che in un conteso naturale l’emozione potrà forse essere “particolare”, con il paesaggio, la passeggiata, l’alba o il tramonto che contribuiscono a creare atmosfere, ma la qualità musicale e la resa complessiva sarà certamente inferiore. È scientificamente provato infatti che la sollecitazione psicologica di un ascolto musicale al buio, rispetto a qualsiasi altra condizione ambientale, sia insuperabile. Dunque, concludendo, da quest’anno in valle a noi appassionati musicofili, nonché impenitenti tradizionalisti, resterà la musica da tre soldi: la fisarmonica di Tizio, il clarinetto di Caio, la chitarra di Sempronio e, per ovvi motivi – (portare sotto le cime di Lavaredo un organo intero sarebbe stato davvero troppo anche per l’infaticabile organizzazione de I Suoni) – la Rassegna organistica, che però, a nostro ricordo, per ragioni sia tecniche che organizzative, non ha mai superato la soglia della sufficienza. Nei sontuosi uditori di velluti rossi e drappi neri e nei teatri dei centri fiemmesi si susseguiranno concerti di bande e di cori della montagna!! che ben starebbero invece all’aperto. Abbarbicati tra le crode delle Dolomiti quelli orchestrali. La musica da piazza al chiuso e quella da camera all’aperto. Tutto davvero molto logico!

L’Orco

16/07/08

IL CASSONETTO DEGLI ECCESSI


I rifiuti che hanno ingombrato per mesi e ancora ingombrano le strade della Campania sono gli stessi che in altri contesti vengono raccolti, più o meno ordinatamente, nei sacchetti, nei bidoni, nei camion e negli ecocentri della raccolta differenziata. Si presentano ai nostri occhi in modo diverso, ma materiali e oggetti di cui sono composti sono uguali: in gran parte imballaggi; di plastica, cartone, vetro, legno e metallo; poi altri prodotti usa-e-getta (stoviglie, pannolini e gadget) e avanzi di pasti non consumati o di acquisti alimentari non cucinati. Nei rifiuti urbani - quelli che ciascuno di noi produce - non c'è quasi altro. I rifiuti domestici sono il residuo dei nostri consumi: cioè di cose che abbiamo comprato, pagato e prima o poi (più prima che poi) buttato, perché non ci servivano più. Gli imballaggi sono tanti: il 40%, in peso, dei rifiuti che produciamo; il 60-70 e anche più in volume, cioè prima di entrare nel ventre di un compattatore che li schiaccia un po'; i prodotti usa e getta fanno un altro 10-15%. Gli avanzi alimentari contano molto meno: sono mediamente 250-300 grammi al giorno a testa, compresi quelli prodotti dai mercati e dai negozi. Inoltre, in confronto con gli altri rifiuti, occupano poco spazio (l'organico è pesante); ma, se non vengono ritirati e trattati, si deteriorano in fretta: puzzano e attirano topi, insetti, parassiti e malattie. Lo fanno ovunque si trovino: sia abbandonati per strada che depositati in un cassonetto; sia in un contenitore per la raccolta differenziata che in una discarica. Gli imballaggi - in gran parte superflui - e gli articoli usa e getta che potrebbero essere sostituiti facilmente da prodotti lavabili e gli alimenti che buttiamo via ogni giorno. Perché abbiamo fatto la spesa con poca attenzione, incidono molto sul costo della vita: quasi un quarto di ciò che spendiamo. Poi dobbiamo spendere una seconda volta per il servizio di igiene urbana che li porta via, sperando che funzioni. Insomma, dentro i rifiuti che produciamo ogni giorno c'è l'equivalente della quarta settimana del mese: quella in cui molti si ritrovano senza denaro, perché hanno già speso tutto nelle prime tre settimane. Un'amministrazione che aiuti non solo a liberarci dai nostri rifiuti (portandoli via e trattandoli in modo differenziato, come è suo dovere fare, se noi collaboriamo), ma anche a liberarci dalla necessità di dilapidare un quarto delle spese correnti in imballaggi, in prodotti e in acquisti inutili aiuterebbe a superare il problema della quarta settimana molto meglio di qualche modesto aumento salariale. Si può fare. In molti paesi europei e in qualche città italiana si è già cominciato a farlo: con la vendita di prodotti sfusi (alla spina): detersivi, liquidi alimentari, prodotti in grani; con la riduzione al minimo degli imballaggi - evitando l'eccesso di packaging; latte, vino, birra e bibite in bottiglie a rendere (richiede un sistema di «logistica di ritorno», con la cauzione per il vuoto, che molti paesi civili hanno reintrodotto da tempo). Imponendo o raccomandando stoviglie lavabili nelle mense, nei fast food e nelle feste; pannolini di nuova concezione, lavabili in lavatrice (complessivamente costano un decimo di quelli usa e getta usati da un bambino); acqua del rubinetto (che spesso è più pura di quella minerale); ecc. A questo vanno aggiunte la regolamentazione e la promozione dei mercati e dello scambio dell'usato, che consente a chi non può permettersi il «nuovo» di accedere comunque a beni importanti e di qualità; e a chi vuole sbarazzarsi del vecchio, di non aggiungerlo al pozzo senza fondo dei rifiuti. Sono tutte questioni su cui i poteri pubblici locali possono avere un peso decisivo. Non si vuole certo svalutare le rivendicazioni salariali, sacrosante soprattutto in Italia, che sta ormai al fondo della scala delle retribuzioni del lavoro dipendente in Europa. La lotta sindacale ha e manterrà sempre finalità redistributive che, se trascurate, finiscono per spianare la strada del declino di tutto il sistema industriale: cioè a farci assimilare sempre più a un paese del Terzo mondo. Tuttavia le rivendicazioni salariali non potranno mai più tenere il passo con i modelli di consumo che ci vengono proposti, dove prodotti inutili come gli imballaggi, l'usa e getta, gli ingorghi del traffico, le luminarie senza scopo hanno uno spazio crescente e ci costringono a un inseguimento senza domani. Per di più, in un contesto in cui le nazioni impegnate in un decollo economico e nel conseguente consumo di risorse contano miliardi di abitanti mentre i limiti del pianeta sono ormai resi evidenti dall'aumento irreversibile del prezzo dei cereali, del petrolio e dei suoli edificabili. La strada per la riconquista della quarta settimana, cioè di un reddito che permetta a tutti di fare fronte alle esigenze e alle aspirazioni di una vita decente passerà sempre meno attraverso mere conquiste salariali o il perseguimento di un maggior reddito; e dipenderà sempre più dall'adeguamento dei nostri consumi alle caratteristiche di un pianeta in cui i commensali e le loro esigenze aumentano, mentre le risorse sono sempre le stesse o addirittura diminuiscono. Non è detto che questo peggiori la qualità della vita. In molti casi può migliorarla: meno traffico, meno rifiuti, meno stress, meno miseria - se non ancora la nostra, sicuramente quella altrui, che sempre più, però, ricompare, come fonte di turbamento, sotto il nostro sguardo diretto o telematico: cioè per strada o alla televisione. Ma è una transizione che non può essere realizzata solo da ciascuno di noi, anche se i comportamenti individuali hanno in questo campo un peso crescente; e nemmeno può essere affidata soltanto alla lotta salariale o alla difesa settoriale degli interessi corporativi. E' una transizione in cui il rapporto tra cittadinanza e poteri pubblici - soprattutto locali - è decisivo. Per questo non possiamo più essere indifferenti a chi gestisce questi poteri, né delegare loro la definizione di interventi come la gestione dei rifiuti o la riconversione del sistema distributivo, che per tanti anni abbiamo considerato questioni al di fuori della nostra portata. Viviamo in un contesto di sfiducia e distacco - peraltro motivati - tra cittadinanza e chi la governa: sia a livello nazionale che locale. Una svolta nella gestione dei rifiuti è una cosa piccola; ma rappresenta la strada obbligata per ricostruire le basi della convivenza.

Guido Viale

14/07/08

"CARO PETROLIO"? MAH...


Domenica di metà luglio. Il meteo prevede temporali di forte intensità, ma al momento il cielo non s’è ancora deciso e la mattinata potrebbe restare asciutta. Le aperture di tutti i giornali nazionali sono dedicate al “caro carburanti”. La “verde” sfiora quota 1,60. Per la strada scendono anziani turisti che per evitare il peccato mortale si affrettano a recarsi a messa. Un mix di indefiniti rumori si fa più intenso. Ci sono giovani turisti con carrozzina, bambino in braccio e moglie al seguito. Guardo da dietro i vetri e penso che se oggi il 61,73% dei tieseri – per puro caso – riuscisse a leggere un giornale, forse, almeno oggi, ma che dico, almeno stamattina! il traffico potrebbe risultare quasi inesistente. Un forte tuono mi desta. Stavo soltanto sognando. Apro le finestre. Il cielo è minaccioso. Mi do una lavata. Mi vesto. Scendo in strada. I turisti ci sono veramente e sono pure affrettati: il peccato mortale evidentemente incombe come una spada di Damocle: ce la faranno ad arrivare in chiesa in tempo? Speriamo! Però c’è anche traffico. Ah, volevo ben dire! E sì, ci sono anche i miei cari compaesani. In “macchina” naturalmente. Non tutti, ma troppi comunque. Per fortuna la strada è a senso unico, penso. Corro sa ’l Cataraz: lungo il percorso incrocio la vettura del-mio-amico-(…)-che-per-la-sua-auto-dipendenza-ha-avuto-l’onore-di-venire-citato-più-volte-su-questo-blog. Lui non mi vede, è distratto. Arrivo all’edicola, do una veloce scorsa ai quotidiani esposti. In verità – come avevo sognato - le aperture sono tutte per il caro petrolio: la benzina sfiora € 1,60. Acquisto il giornale. Ripercorro al contrario la erta del Pegolaccio. Attraverso Begnesin e anche qui le “macchine” fanno già un bell’avanti e indietro. Mi infilo lungo il ripido di via Costa. Stanno scendendo turisti, con nonni e bambini. Dietro di essi (in contromano!) un altro tiéser che, se avesse il para-canguri montato sul coche, gliela farebbe vedere lui… Inizia a piovere. Chi c’è l’ha, apre l’ombrello. Sono a 20 passi dall’imbocco di via Stava. Ancora turisti che scendono. Intravedo un “trenino” di fuoristrada che sale, emettendo una nuvola nera di maleodorante gasolio mal combusto. Mi ripeto mentalmente: per fortuna che c’è senso unico! altrimenti questi qui in chiesa non ci arrivano di sicuro. Giungo all’incrocio, all’altezza de ’l Rana, proprio mentre sta scendendo placidamente e con nonchallance un furgone blu e – come capita sempre in questi casi, ma che, essendo senso unico, non dovrebbe più capitare!! – il flusso d’auto, che ormai è quasi continuo s’interrompe, e il furgone deve sfiorare il muro di casa Zepelona (Pulcherio) per permettere agli autoveicoli in salita di proseguire. I pedoni si fermano, inspirano e, lavorando di diaframma, trattengono il respiro per assottigliarsi quel tanto per non venire toccati. Da quando sono uscito di casa saranno passati 10 minuti: in quel mentre mi ripassa davanti il-mio-amico-(…)-che-per-la-sua-auto-dipendenza-ha-avuto-l’onore-di-venire-più-volte-citato-su-questo-blog. Gli do un’occhiata. Lui fa finta di niente. O forse è ancora distratto. La pioggia si fa più intensa. Ma ci sono anche squarci di sereno e qualche raggio di sole penetra le nuvole. Che domenica. Oggi saranno in pochi a far polenta, con la camisa a scacchi, te Cornon. A tutta velocità passa un imbecille a bordo di un quad giallo, che, per un attimo, copre il rumore di un contemporaneo tuono. Sono di nuovo davanti a casa. Entro, chiudo la porta, salgo le scale, apro il giornale. Leggo: “… Il caro petrolio sta compromettendo le vacanze degli italiani, ... l’intero settore primario subirà contraccolpi clamorosi, ... sarà un autunno di recessione…”. Che domenica. Chiudo il giornale. Ho voglia di farmi un giro. Esco. I passanti si sono diradati. Le auto no. Sto pensando se saranno arrivati a messa in tempo utile o se il conta-peccati avrà già registrato sulla loro anima una nuova macchia nera. Davanti al Bolognani incrocio, per la terza volta, il-mio-amico-(…)-che-per-la-sua-auto-dipendenza-ha-avuto-l’onore-di-venire-più-volte-citato-su-questo-blog. Questa volta sono io che non riesco a guardarlo e tiro dritto. Il sangue mi ribolle e i pensieri mi turbinano. Penso al Cataraz: era pieno di gente. Ma forse stavano comprando tutti Topolino. O forse non sanno leggere e volevano soltanto tabacco per pipa. O forse sì, ma solo le cronache sportive. Rinuncio all’analisi. Potrei arrivare a conclusioni censurabili. Sono le 11,15 di domenica 13 luglio, il meteo prevede forti temporali e la benzina è alle stelle…

Ario D.

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
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LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
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SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
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MINU

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