Premessa:
sono recentemente incappato in questo interessante stralcio di articolo sul
sito di una delle nostre testate regionali.
Non
nascondo lo sconforto nell'apprendere che ciò che pensavo fosse solo una
barzelletta sia stato effettivamente attuato; ma, mi son detto, il pezzo
nasconde anche un accenno di speranza. Anche chi per mesi si è speso in pomposa
sebbene un tantino patetica propaganda sa dare spazio a critiche, anche se, ci
si perdoni il cinico e certamente infondato sospetto, le dolci
"sviolinate" arrivarono puntuali alle porte dei mondiali, mentre le
voci fuori coro giungono ora, a mo' di eco, con qualche settimana di ritardo.
D'altronde la forte opposizione già si impose contro lo scempio della bretella
Fondovalle-Tesero, che senso aveva discutere pure su una quisquilia da pochi
milioni di euro come quella degli autobus ad idrogeno?
Ora,
che il parere di un De Luca qualsiasi (con tutto il rispetto) risvegli
improvvisamente un mai visto spirito critico giornalistico nelle redazioni dei
nostri quotidiani è già di per se un evento di rilievo, ma vorrei limitare la
natura del mio intervento ad aspetti più prettamente tecnico-scientifici.
Tralasciando
inizialmente i dettagli economici, che almeno a livello puramente
etico-ecologico dovrebbero passare in secondo piano, uno dei punti che si
possono in parte decifrare dall'articolo è il seguente: L'IDROGENO NON È
SOSTENIBILE A PRESCINDERE. In più, aggiungo io, esso non è una FONTE di
energia, ma ne è semplicemente un VETTORE, un portatore. Ed è proprio questo
fatto a gettar luce sulla inesorabile, costante natura perversa e
propagandistica dell'agire politico a tutti i livelli, locale, provinciale,
nazionale.
L'idrogeno,
è vero, potrebbe davvero rappresentare una via verso un futuro più sostenibile,
ma bisogna fare attenzione a chi lo spaccia per la panacea di ogni cancro
antropogenico di cui è affetto il nostro ambiente. Vorrei qui proporre una
breve lista (aperta) di alcune delle problematiche da risolvere in merito:
- La
produzione del famigerato gas, ad oggi, è basata essenzialmente sulla
trasformazione in idrogeno (più altri prodotti di scarto) di combustibili
fossili. Il bilancio dell'efficienza totale dalla risorsa primaria al
chilometro percorso (il cosidetto good-to-wheel) non da indicazioni così chiare
sul fatto che l'idrogeno sia una buona soluzione. In più, le tanto combattute
emissioni di anidride carbonica non vengono ridotte, almeno fintanto che non
entri in funzione su larga scala il cosiddetto Carbon Capture and Storage, un
sistema di raccolta e stoccaggio della CO2 in peraltro discutibili riserve
sotterranee dedicate. Soluzioni più avanzate sono tutt'ora oggetto di ricerca
che, fatta eccezione per l'elettrolisi, si trova ancora in stato embrionale.
- La
mancanza di infrastruttura di trasporto e distribuzione fa sì che, per
consegnare l'idrogeno ai distributori (cattedrali nel deserto come quello di
Panchià), lo si debba trasportare con normalissimi camion, per lo più facenti
uso di normalissima benzina.
- La
questione dell'immagazzinamento dell'idrogeno è tutt'altro che triviale a
livello tecnologico. Enormi sforzi di ricerca, soprattutto per quel che
concerne i materiali, saranno necessari nel prossimo futuro per garantire un
efficiente e sicuro stoccaggio del combustibile.
Ciò
detto, e tornando per un attimo al lato economico della faccenda, viene da
chiedersi come mai a nessuno tra regnanti, organizzatori e finanziatori sia
venuto il dubbio che quei soldi potessero essere impiegati in modo migliore.
Solo per buttare lì un paio di idee, perché non si è destinato il denaro a
progetti di ricerca, magari proprio nel campo dell'idrogeno? Oppure, in termini
di progetti concreti, a soluzioni più genuinamente sostenibili come la famosa
seconda centralina idroelettrica, per la quale sembra che di fondi non ce ne
siano più? O ancora, perché non utilizzare i fondi per un piano di
riqualificazione serio che abbia l'obiettivo di rendere più appetibile l'unico
mezzo di trasporto veramente sostenibile, e cioè "nar a peòti"?
Ma è
ovvio che è molto più facile farsi fregio di uno specchietto per le allodole,
ordinare tre autobus, affittare un appezzamento e costruirci una inutile
stazione di rifornimento. E non ci si doveva aspettare altro da chi ci comanda.
Quello che però lascia senza speranza è la sterilità del dibattito pubblico
quando si tratti di problemi che non hanno, almeno apparentemente, impatto
immediato e diretto sugli interessi della popolazione o di una parte di essa. La
classe dirigente parassita, passiva, venditrice di aria fritta che ci
ritroviamo è, dunque, il giusto compenso per la cecità e l'ignavia che le
dimostriamo.
Lorenzo
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