07/06/11

LO SVILUPPO ECONOMICO IN FIEMME E FASSA


















Non più tardi di un paio di mesi fa, il 16 marzo, ci informa la puntuale Alice Divan sul sito valdifiemme.it, si è svolto a Cavalese un incontro sul tema “LE RICADUTE ECONOMICHE DEL FARE IMPRESA IN UN CONTESTO DI MONTAGNA”. Poiché io non c’ero, ma i relatori erano d’eccellenza, da Alessandro Olivi a Ilaria Vescovi, da Pierpaolo Dellantonio a Lorenzo Delladio, mi sono dedicato alla lettura dell’articolo. Il succo del discorso – che considero il pretesto per questo intervento - era questo: “I cinque relatori, dopo essersi confrontati sui molteplici benefici del fare impresa ad alta quota, come ad esempio un maggior benessere psico-fisico che spinge impresari e dipendenti ad una miglior resa economica […] si sono focalizzati sulle difficoltà che potenzialmente possono interferire con il successo dell'impresa stessa.” Sintetizzo per brevità: la posizione decentrata della Valle di Fiemme rispetto all'asse dell'Adige può risultare svantaggiosa. E continua: “Ciò nonostante, le aziende di Fiemme sanno confermarsi con successo non solo in un contesto locale e nazionale, ma anche internazionale, come dimostra da anni La Sportiva che, come ha riferito Lorenzo Delladio, esporta all'estero ben l'82% dei suoi prodotti.”
Insomma: per fortuna che abbiamo l’aria fresca che ci permette di avere successo economico e macinare utili.
Se mi prendo la briga di scrivere queste due righe è –non me ne vogliano i relatori d’eccellenza- per dire, anche se dovrei urlare per la disperazione: ma che fesseria è? A sentire questi commenti pare –per dirla con l’Orco- che i Cònchi non alberghino solo a Tesero. Lo dico e lo scrivo perché nessuno in Valle, dagli imprenditori ai politici, creda veramente che serva l’aria fresca per vincere le sfide economiche che noi nel nostro piccolo, il Trentino e poi tutto il Paese devono affrontare.
Andiamo però con ordine e chiediamoci, per iniziare, qual è la struttura produttiva della nostra Valle. Per farlo presenterò pochi dati, tratti da Unioncamere, confrontando due realtà: la Val di Fiemme e la Val di Fassa. I dati ove non diversamente indicato si riferiscono al 2008, ultimo anno disponibile.
La tabella 1 presenta il numero di imprese per settore nelle due valli. In termini assoluti in Val di Fiemme troviamo circa 2.500 imprese, mentre in Val di Fassa ve ne sono 1.824. Poiché però la popolazione fiamaza è il doppio di quella fassana l’imprenditorialità è più sviluppata nella valle vicina (5 abitanti ogni impresa contro 8 abitanti per impresa in Fiemme). Tuttavia, il tessuto imprenditoriale in Val di Fiemme appare più diversificato grazie soprattutto al maggior peso della manifattura e delle costruzioni. Non sorprende, invece, il peso preponderante di alberghi e ristoranti che in val di Fassa assorbono un terzo delle imprese complessive. Onore quindi all’assessore Olivi e a Ilaria Vescovi perché ne hanno imbroccata una: la Val di Fiemme è maggiormente diversificata e quindi più resiliente a shock idiosincratici. Non è vero, invece, che sia più robusta all’attuale crisi, per due ragioni: la prima è che si tratta di una crisi sistemica; la seconda è che il settore delle costruzioni e attività immobiliari (da soli fanno il 30% delle imprese totali) è fra i più colpiti dalla crisi finanziaria e dalla restrizione del credito, e sarà così anche negli anni a venire.
Nelle crisi sistemiche come quella del 2008-2009 tutti i settori soffrono del crollo della capacità di spesa delle famiglie e del blocco degli investimenti da parte delle imprese. Nel nostro caso, il maggior risparmio delle famiglie colpisce il commercio (20% delle imprese), il turismo e la ristorazione (13%, ma merita un discorso a parte), e, come già evidenziato, in misura molto severa le costruzioni e gli immobili. Ma non è tutto, in un mondo dove la domanda e la competizione sono globali, anche la silvicoltura (circa 10% insieme ad agricoltura e zootecnia) e la manifattura stessa, spesso se di tipo artigianale, può soffrire la concorrenza dei produttori stranieri e il brusco calo della domanda.

Salto, perché non particolarmente rilevante qui, il discorso occupazione. Basti sapere che il tasso di disoccupazione (dati 2007) in Fiemme era del 3%, circa due punti e mezzo inferiore a quello della Val di Fassa (5,3%). Il dato non deve stupire per la maggior diversificazione e il maggior numero di imprese che qui chiamo genericamente “settore pubblico” che include sanità, istruzione e servizi sociali e personali.

Vediamo ora quanto efficace è l’azione delle imprese nelle due valli in termini di capacità di generare ricchezza. Una buona misura di ciò viene data dal valore aggiunto. Il database ci fornisce il valore aggiunto totale e per settore –sono numeri un po’ vecchiotti (2005) ma proprio per questo ci permettono di astrarre il ragionamento dalla “Crisi” che sembra inghiottire l’attenzione di tutti. Per dare l’idea di quanto siamo bravi, economicamente parlando, estenderò il confronto all’Italia nel suo complesso.
Nel 2005 il valore aggiunto totale (a prezzi base) generato dalle imprese della Valle di Fiemme era di 430 milioni, mentre la Val di Fassa faceva segnare 280 milioni circa. Ben il 77% del VA (330 milioni) veniva generato nel settore dei servizi, un valore che sale all’88% (247 m) nella valle vicina. Il dato in valore assoluto non è molto significativo. E’ tanto? È poco? Ad esempio, nello stesso anno, il valore aggiunto di un grande gruppo multinazionale come l’ENI generava un valore aggiunto superiore ai 27 miliardi di Euro. E’ più utile quindi guardare ai dati pro-capite e alla produttività. In termini di valore aggiunto pro-capite la val di Fiemme si colloca poco sopra la media nazionale con 22.570 Euro. I vicini fassani sono più fortunati e portano a casa 30.151 Euro ciascuno.
Potremmo quindi chiederci se l’aria ancora più fresca della val di Fassa stimoli questa maggior resa economica. A guardare i dati della produttività del lavoro, cioè il valore aggiunto per addetto, sembrerebbe di no. In tutti i settori la nostra Valle fa meglio dei cugini di Fassa, così che é la minor popolazione che si spartisce la torta a generare una maggiore ricchezza pro-capite.
Il settore più produttivo in ambo le valli è quello dei servizi, ma a sorpresa, superiamo la val di Fassa di ben 5.000 Euro. Non disponendo di dati più dettagliati possiamo solo fare alcune ipotesi. Concedendo pure ai fassani che sappiano fare turismo meglio di noi, rimangono due settori dove generiamo maggiore ricchezza: trasporti e comunicazione e, soprattutto, banche e assicurazioni. La presenza di imprese in questi due settori è doppia in val di Fiemme rispetto alla val di Fassa e spiega con alta probabilità, la maggiore produttività dell’intero settore dei servizi. Spiegherebbe anche lo sviluppo superiore delle costruzioni da cui gran parte della domanda di credito si origina. E’ però probabile che la causalità vada nella direzione opposta, cioè: la presenza di servizi finanziari e immobiliari segue lo sviluppo del settore edile.

Tolta l’agricoltura, che in quanto agricoltura di montagna non può raggiungere elevati livelli di produttività, ciò che salta agli occhi è il gap dell’industria, quasi 10 mila Euro rispetto alla media nazionale, la quale risente sì di giganti come Eni, ma anche delle performance sub ottimali del Meridione.

Insomma, pare che le virtù taumaturgiche dell’aria fresca nulla possano contro la posizione decentrata della nostra Valle, la scarsità di infrastrutture di comunicazione e la lontananza dai mercati di sbocco. Lo dico, sia chiaro, con evidente intento ironico e provocatorio. Ed è utile sottolineare ancora, che la specializzazione del nostro micro-sistema economico, non può essere quello dell’industria manifatturiera e a nulla vale, soprattutto, raccontarci delle favole su quanto siamo bravi e fortunati. Le storie di successo, anche internazionale, come La Sportiva poggiano su altre basi ed è forse bene richiamarle perché possano, si spera, essere imitate (mi correggeranno gli addetti ai lavori se sbaglio o ometto qualcosa). Le imprese moderne basano il proprio successo su pochi pilastri. Il primo è avere una buona idea e saperla realizzare, occupare cioè una nicchia di mercato o crearne una nuova (è più facile nell’elettronica vedi iPhone e iPad, più difficile nelle industrie tradizionali). Il secondo è innovare e continuare ad innovare, migliorare come processo e distribuzione, e migliorare il prodotto. L’innovazione passa per la continua sostituzione di prodotti vecchi con prodotti nuovi (iPhone 1, 2, 3, 4, etc.). Il terzo è internazionalizzarsi, ampliarsi cioè oltre il mercato locale prima e oltre quello nazionale poi. Riuscire a combinare tutti questi elementi è difficile. Il successo di La Sportiva non dipende dal contesto della valle di Fiemme perché quest’ultima non si connota né come un sistema produttivo locale, né come un territorio ove risorse pubbliche investite in capitale umano e infrastrutture possono generare effetti esterni positivi. Il suo successo dipende dalla realizzazione di un prodotto eccelso, innovativo, che le garantisce una posizione di quasi-monopolio sui mercati internazionali.
Chiudo con un auspicio. Quello che è riuscito ad alcune imprese manifatturiere della valle che competono a livello internazionale dovrebbe riuscire anche al nostro sistema-turismo. In questi anni siamo riusciti ad internazionalizzarci, aprendo la nostra offerta turistica ai mercati dell’Est. Ma più che specializzarci in un mercato di nicchia, di qualità e ad elevato valore aggiunto, abbiamo scelto, più o meno consapevolmente, l’offerta di massa. Questa scelta politica ha probabilmente attutito l’impatto della crisi (vedremo se e quanto, quando saranno disponibili i dati) ma è difficile credere che essa costituisca un percorso di crescita sostenibile nel lungo periodo.

Evgeny




INCANTO NOTTURNO

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LE OCHE E I CHIERICHETTI

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TESERO 1929

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PASSATO

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ANCORA ROSA

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VIA STAVA ANNI '30

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LA BAMBOLA SABINA

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SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

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