27/02/10

BRETELLE & PENSIERI (IL MIRACOLO E' ANCORA POSSIBILE)


Il tempo purtroppo non è propizio. Le elezioni si avvicinano e gli amministratori uscenti potrebbero essere distratti. C’è il rischio che in questo clima da ultimi giorni di naja, con la stecca quasi completata, si adotti la tattica politica più usata in simili circostanze: parlar d’altro, far finta di non sapere, evitare che “prima del tempo” il malumore aumenti e il chiacchiericcio confuso e indistinto diventi nitido tumulto di popolo.
Ci sono però questioni impellenti su cui i consiglieri uscenti a breve dovranno pronunciarsi. Ce n’è una in particolare tutt’altro che irrilevante, alla quale, proprio per tale sua rilevanza, non vorremmo si applicasse la suddetta tattica. Ci riferiamo all’ipotesi di realizzazione del nuovo collegamento stradale tra la Fondovalle e la Statale 48, che comporterebbe il sacrificio della seconda più importante zona agricola di Tesero.
La cittadinanza (quella con il senso civico da bollino blu) è in attesa di conoscere cosa stia bollendo in pentola e soprattutto cosa stiano pensando coloro che saranno tenuti a decidere nel merito per essa. Chi si è rivolto speranzoso in Comune per sapere ha ottenuto risposte vaghe, molto vaghe. Nel Palazzo apparentemente nessuno sa esattamente come stiano le cose. Possibile?
Alcune fonti riferiscono di recenti azioni compiute da emissari provinciali, volte a informare e convincere gli ambienti economici e finanziari della valle della necessità di questo intervento infrastrutturale. Siamo alle solite: far digerire i “rospi”, irretendo e plagiando i vanagloriosi capetti del vapore fiemmese, come ben sanno fare i signori di Trento, dando poi per assodato l’assenso generale.
Ma il Consiglio comunale può scongiurare il pericolo. Vedremo quanto valgono “le quindici migliori persone del paese”. Vorremmo che una volta tanto, i consiglieri discutessero nel merito su un tema che non possiamo esattamente definire “cazzata residuale”. Vorremmo che il Consiglio comunale, per una volta, valutasse, con la capacità e la competenza che dovrebbe avere, il senso di un’opera che produrrà un forte impatto ambientale sul territorio comunale. Vorremmo che per una volta, forse l’unica in questa legislatura che sta per finire, i consiglieri comunali consigliassero il sindaco sull’opportunità di non fare ciò che un comitato d’affari (mentendo sulle reali ragioni di quell’opera) ha deciso si faccia. Il Consiglio è sovrano, quindi, se la democrazia rappresentativa è effettivamente l’espressione della volontà popolare, questa ennesima imposizione dall’alto che riguarda il nostro territorio, non dovrebbe passare. Vorremmo insomma che il Consiglio, consigliere per consigliere, dal Primo di Opposizione all’Ultimo di Maggioranza, esercitasse codesta sovranità dando prova di avere una parola e un pensiero propri, e dimostrando, almeno per questa volta, di non essere solo uno strumento di legittimazione al servizio del Sovrano di Trento. Pia illusione? Certo non si può escludere che l’adunata degli amministratori si risolva come già innumerevoli altre precedenti volte: con una muta alzata di mano dei “maggioritari” e un’inutile astensione dell’Opposizione. Soprattutto temiamo che le manovre pre-elettorali in atto, con probabili osmotici passaggi di elementi dell’Opposizione al fronte avverso, determinino l’assopimento del dibattito, la resa del Consiglio comunale al Principe e il conseguente scontato approdo all’ennesimo atto arbitrario a danno del territorio comunale.
Pur temendo fortemente tutto questo, ci auguriamo che per miracolo, quando la questione giungerà nella sua naturale sede decisionale per essere verificata, dibattuta e votata, i “giochi” non siano ancora fatti e che i nostri rappresentanti comunali rifiutino di licenziare per conto terzi ciò che va contro l’interesse della nostra comunità. Per una volta tanto vorremmo che il Consiglio tutto si scandalizzasse di fronte all’ingerenza provinciale e alla pretesa del Principe di disporre ancora una volta del territorio comunale di Tesero come se esso fosse niente di più che il suo orticello di casa. Per una volta almeno che le 15 migliori persone del paese, com’erano definiti un tempo i consiglieri comunali, abbiano il coraggio di gridare unanimemente: NO GRAZIE!

L’Orco

25/02/10

CRISI FIAT? ...


Ma come siete tristi! Ma come siete catastrofisti! Ecco qui una bella iniezione di fiducia nel futuro, una buona notizia che viene da Torino, dalla Fiat, sapete quella fabbrica di macchine un po’ scarse che chiude lo stabilimento di Termini Imerese, che ieri ha deciso la cassa integrazione per 30.000 dipendenti, che ha messo sul lastrico decine di migliaia di lavoratori dell’indotto? Ecco, quella. Tutte balle per comunisti, naturalmente, i soliti operai che per prendere un po’ d’aria buona salgono sui tetti. Ma chi l’ha detto che lavorare in Fiat fa male? Nemmeno per sogno. Se ci riuscite, fate un salto all’assemblea degli azionisti, si terrà a Torino il 26 marzo e si può ben dire che c’è qualcuno che ne uscità con un sorriso a 32 denti: i bonus dei top manager cresceranno di un terzo, oltre il 30 per cento, non male, eh! Ecco un po’ di numeri, giusto per rallegrarvi la giornata. All’amministratore delegato Sergio Marchionne, per il fatto di aver raggiunto un utile di gestione di 1,1 miliardi e di aver tenuto l’indebitamento a 4,4 miliardi, è stato assegnato un bonus di 1,343 milioni, che si aggiunge ai 3,347 milioni percepiti per la carica ricoperta nel gruppo. Luca di Montezemolo incasserà 5,2 milioni: 550.000 sono la retribuzione per la presidenza, mentre 4,6 milioni comprendono l’emolumento per la presidenza Ferrari e il raggiungimento dei bonus legati agli obiettivi di bilancio. Al vicepresidente John Elkann vanno "solo" 631.000 euro. Poverino, chissà come soffre, forse si potrà comprare qualche rigore per la Juventus, che ne ha tanto bisogno. Per i top manager di prima fascia il monte stipendi è salito dagli 11 milioni del 2008 ai 19 del 2009. Il 26 marzo gli azionisti Fiat voteranno alzando le manine ed ecco almeno tre dipendenti Fiat che non dovranno salire sul tetto. Un operaio metalmeccanico ha un salario di 1.200 euro, ma quando è in cassa integrazione ne prende 700, che è pur sempre una bella sommetta. In pratica, soltanto con il bonus di Marchionne si potrebbero pagare 1.119 stipendi pieni di lavoratori Fiat e addirittura 1.918 assegni di cassa integrazione. Ma perché sparpagliare una simile sommetta, meglio darla a uno solo, no? Anzi, un consiglio: Marchionne potrebbe salire sul tetto della sua Ferrari e chiedere qualcosa in più. Se lo merita. Sei un operaio Fiat? Clicca sulla foto per mangiarne un po’ anche tu.

Alessandro Robecchi

22/02/10

LA COMPLESSITA' ENERGETICA




Come ci aveva promesso, riceviamo da Michele Vinante (Baldesalin) alcune sue considerazioni sui futuri scenari delle produzioni energetiche nostrane e non. Seguono un suo precedente intervento pubblicato nel post PIU' SCIENZA E MENO ETICA? Ci auguriamo che lo scritto, di cui ringraziamo l’Autore, pur nella sua obbligata brevità, possa aiutare i lettori a farsi un’idea del complesso problema energetico, e, in particolare, della paese. controversa e inquietante questione del rilancio nucleare in Italia.

Caro Orco,
grazie per lo spazio che mi concedi e scusa il tempo passato dalla prima parte della mia risposta al post di Bertani. Dunque, il nocciolo della questione è il ritorno alla produzione di energia elettrica grazie alla fissione nucleare in Italia (argomento per altro di strettissima attualità anche oltreoceano). Comincio subito col dirti che pur dichiarandomi pro-nucleare questa scelta non mi convince. Il motivo è molto semplice: in Italia non esistono le condizioni “ambientali”. Mi pare assurdo essersi fatti condizionare da un referendum che nemmeno ce l’aveva il potere di far chiudere le precedenti centrali e a distanza di vent’anni ripensarci. Tra l’altro promettendo incentivi economici che invece, quelli sì, sono stati cassati proprio dalla “volontà popolare”. Abbiamo rinunciato a quattro centrali funzionanti e tecnologicamente e gestionalmente neanche paragonabili con l’Ucraina e ora, con il clima culturale e l’opinione pubblica che c’è in Italia, vogliamo ripartire da zero. Ma come si fa in un paese in cui al tentativo di stabilire un deposito per le scorie la rivolta è stata tale che si è preferito rinunciare ad affrontare il problema, a pensare di imporre siti per nuove centrali? Come si fa in un paese in cui non si riesce quasi a raccogliere e smaltire l’immondizia, affetto com’è da una sindrome NIMBY assurda e irresponsabile, a ragionare in questi termini? Abbiamo regioni che mettono la moratoria persino sull’eolico, e in campo energetico ci sono proteste (quando non boicottaggi) per ogni cosa, dalle linee dell’alta tensione ai rigassificatori. La sindrome non risparmia nemmeno i nostri politicanti che, coerenti nella loro incoerenza, si proclamano d’accordo col governo sulla necessità di un contributo alla produzione energetica nazionale da fissione nucleare, ma “non nella mia regione, ha già dato a sufficienza”. Non sia mai che troppa simpatia per l’argomento mi faccia perdere le elezioni! D’altronde sono sufficienti i sondaggi on-line che, per quello che valgono dal punto di vista statistico, illustrano bene l’aria che tira. Dal Corriere alla Repubblica (più nel secondo caso) la risposta è un chiaro no. E figurarsi se si chiedesse “vorreste una centrale nucleare entro trenta chilometri dal vostro comune di residenza?”. Insomma, se per la TAV (altra attualità strettissima) si sono mosse intere popolazioni che cosa dovremo aspettarci qui? Tornando al post, la lettura mi vedeva inizialmente ben disposto perché puntare (anche) sull’eolico off-shore mi sembra una scelta ragionevole. Meno realistico è dire che grazie a questo, più il solare termodinamico e le biomasse, avremo risolto il problema energetico (perché questo emerge dal pezzo). Perché trascurare il fatto che in ogni caso, finché non si trova qualcosa di veramente alternativo, la parte del leone continuerà a farla, e per parecchi anni, il gas? Questa, che io interpreto come disonestà intellettuale, insieme alle famose esperienze biodinamiche passate, mi portano a diffidare (sono prevenuto, lo ammetto) del personaggio. Aggiungiamoci poi il carico da undici, Rifkin, e il gioco è fatto. Con un elemento del genere, uno che propugna l’idrogeno come “fonte energetica” rivoluzionaria, non si può pensare di programmare una politica energetica seria e realistica. Non basta portare “certe idee” ad un certo livello se le idee non sono concrete. Così l’opinione pubblica la si illude, mentre se c’è un campo in cui è indispensabile stare con i piedi ben piantati per terra è proprio quello energetico. In quest’ottica il nucleare si presenta come uno dei tanti contributi (non l’alternativa per eccellenza) al paniere delle energie. Con pregi e difetti. Il punto è che per alcuni tali difetti sono inaccettabili mentre io ritengo che (in una nazione civile, una a caso: gli USA) ci si possa convivere. Il problema delle scorie: è ovvio, non ho la bacchetta magica; mi limito a osservare che esistono impianti per il riprocessamento del combustibile esausto a elevata radioattività come La Hague in Francia e Sellafield in Inghilterra. Qui le scorie provenienti dai reattori nucleari europei sono dissolte e separate in uranio, plutonio e soluzioni altamente radioattive. Questo trattamento permette di riciclare il 97% del combustibile, lasciando appena il 3% di scorie. L’uranio e il plutonio recuperati sono rispediti alle centrali di provenienza per essere utilizzati nuovamente come combustibile, mentre il minimo residuo deve essere stoccato. Se rinunciamo a tutto questo (aldilà dell’eredità di Caorso, Trino, etc.) siamo tranquilli? Non credo. Molti, nell’euforia di dichiararsi denuclearizzati (bel merito: tanto vale proclamare il proprio territorio privo di marziani), dimenticano che le radiazioni nucleari non sono solo uno sgradevole effetto secondario delle centrali o della bomba atomica. Hanno un importante ruolo in campo medico (radioterapia), ma è più comodo fare finta di niente e soprattutto dimenticare che anche in questo caso si ha una produzione di scorie. E tutt’ altro che trascurabile, quindi il deposito serve comunque. Detto questo, nel nostro piccolo sarebbe stata già buona cosa portare a fine ciclo le centrali nucleari in attività a fine anni ’80, invece di farsi condizionare, per evidenti timori elettorali, dall’emotività derivata da Chernobyl. In conclusione, resto favorevole al nucleare, ben consapevole che è una scelta di compromesso. Quel compromesso che, dicono, Obama preferisca all’emissione equivalente a 3.5 milioni di auto. La scoperta della panacea energetica a colpi di ideologia non mi interessa. Però se posso azzardare una previsione che potrà apparire ingenua, ma positiva, il futuro non sarà del nucleare (almeno di questo), né del fossile (sebbene per molti anni ancora ne dipenderemo in massima parte). Sono fiducioso che la ricerca ci porterà se non ad eliminare il problema scorie, almeno a minimizzarlo. E soprattutto, a lungo termine la vera fonte energetica sarà l’ottimizzazione dello sfruttamento del sole. Ti saluto, Michele

A strettissimo giro dalla fresca Danimarca ci è pervenuta la risposta da parte di Lorenzo Zeni (universitario in quel di Copenhagen) al pezzo di Michele pubblicato ieri. Per non far perdere ritmo al botta e risposta la pubblichiamo con altrettanta velocità in calce al pezzo di Michele. Ringraziamo anche Lorenzo per il contributo alla discussione su questo tema fondamentale che, evidentemente, appassiona la futura classe dirigente teserana molto di più del mesto dibattito politico in corso nel nostro paese.

Finalmente leggo con piacere il pezzo promesso. In linea di massima condivido il parere di Michele. Io, più che definirmi pro-nucleare, mi definirei un non-anti-nucleare. La scelta di reintrodurlo in Italia mi sembra però, come ho sempre detto, discutibile, visti i fattori messi da te in risalto, combinati con la difficile situazione sismica di gran parte del territorio ed il fatto che l’indipendenza energetica di cui si fanno condottieri i nuclearisti è una balla colossale (a proposito di colpi di ideologia). La tecnologia proverrebbe dalla Francia ed i Paesi che dispongono di significative riserve di uranio si contano sulle dita di due mani. Per di più, se si considera il livello di corruzione che esiste in Italia, i costi di ogni opera (buona o cattiva) lievitano abbondantemente e, se ci aggiungiamo la delicata questione della gestione delle scorie, la frittata è fatta (vedi scarico di rifiuti radioattivi da parte della mafia nel mare somalo). Anche assumendo di riuscire a rendere l’Italia un Paese, come dici tu, civile, il nucleare ha anche lo svantaggio di mal coniugarsi con l’integrazione di energie rinnovabili, che sono per natura, ad eccezione della biomassa e in parte dell’idroelettrico, discontinue e fluttuanti, mentre le centrali a fissione hanno bisogno di funzionare a pieno regime e in modo continuo. Ci sono altri Paesi europei che fanno già massiccio uso dell’energia nucleare; perché non pensare ad una maggiore integrazione energetica tra queste nazioni e le altre, dotando le ultime di più fonti rinnovabili? E ancora, fai bene a dire che ci vogliono idee concrete e realismo in merito, ma è anche vero che alla fine dei conti la partita si gioca a livello economico e di conseguenza politico. Se le idee, concrete o no, non vengono portate alla popolazione dai personaggi verso cui tu sei prevenuto, nessuna decisione che non sia dettata dalla necessità di pochi di guadagnare subito può essere presa. Io non dico che si debba prendere per oro colato tutto ciò che esce dalla bocca di Rifkin o Bertani, ma neanche che il loro contributo sia da ignorare a priori. Le soluzioni comprendenti solare, eolico e biomassa (a cui aggiungerei un’intelligente gestione dei rifiuti), del resto, sembrano non essere nemmeno prese in considerazione attualmente; per quale motivo? Il mio parere è che la totale indifferenza della popolazione porta gli amministratori a compiere la scelta politicamente più "facile", dettata puramente da interessi economici di pochi. La politica poi, è fondamentale anche nell’indirizzare la ricerca in cui tu sei, giustamente, fiducioso, nella direzione giusta. Concedimi altri due appunti finali. Il Paese che tu prendi come esempio è, tra gli industrializzati, il meno efficiente da un punto di vista energetico e il simbolo del consumismo estremizzato che abbraccia anche il settore energetico. Forse il risultato ottenibile con le nuove installazioni a fissione sarebbe raggiungibile con una moderata politica di risparmio. Le fonti attendibili di cui parlavi nel tuo pezzo precedente sono, come ben sai, per lo più inaccessibili ai non addetti ai lavori. Quindi, come si può alimentare la discussione? O gli scienziati scendono dall’Olimpo e provano a comunicare il loro sapere, oppure si accetta che le fonti citate non siano sempre di adeguata qualità ed affidabilità. Ad ogni modo, concordo in pieno sul succo del tuo scritto e cioè sul fatto che compromessi devono essere accettati e che il problema energetico dev’essere affrontato con tutti i mezzi a disposizione, e quindi con l’impiego di un mix di risorse. Per concludere, comunque, io resto pessimista. Niente è guidato dalla scienza (come vorresti tu) o dall’etica (come vorrebe Ario). Tutto è controllato dall’economia. Soluzioni diverse si troveranno, o meglio si implementeranno, di certo, quando gli interessi si sposteranno in quella direzione. Sperando che allora non sia troppo tardi... Con l’intenzione di portare un modesto contributo alla discussione, vi saluto,

Lorenzo

21/02/10

SÌ, SONO INCOERENTE


Vedo che ti ostini a credere ch'io ne faccia una questione personale nei tuoi confronti. Te l’ho già detto, non è così. Ho deciso di pubblicare la risposta direttamente sul blog dato che la tua, pur inviatami separatamente, fa riferimento a un mio precedente post. Naturalmente avrei pubblicato anche le tue contestazioni, ma non avendomi autorizzato per il momento soprassiedo. Casomai fammi sapere.
Per cominciare non capisco il tuo risentimento per l’appunto sulla scarsa attenzione alla questione urbanistica, che ho mosso all’attuale Opposizione consiliare, anche in conseguenza, a mio vedere, di un conflitto d’interessi al suo interno. Ebbene, ribadisco questa mia convinzione. In ogni caso dovresti ben sapere che la titolarità di una carica pubblica comporta anche il rischio di essere fatti oggetto di critica. Io che pure non sono amministratore e non determino quindi né direttamente né indirettamente le cose, da due anni (cioè da quando qualcuno mi legge) sono bersaglio di una discreta maldicenza. Pur non avendo detto, anzi scritto, nulla di sbalorditivo, se non cose che in molti sanno e conoscono. Ma pur essendo risapute lo stile ortodosso di questa comunità presuppone e pretende che non le si dicano e, soprattutto, che si finga di non saperle. Chiuso il preambolo, vado al cuore della questione.
1 – C’era una locuzione molto in voga, che girava tra i politici locali del dopo Stava: “valorizzazione territoriale”. Nella sostanza, traducendo, con essa s’intendeva semplicemente dire cementificazione. Se consideriamo l’andamento demografico di Tesero degli ultimi 30 anni e l’incremento del patrimonio immobiliare possiamo senz’altro convenire che l’obiettivo è stato abbondantemente raggiunto e superato. In quel periodo tu non eri ancora partecipe di quel “nobile” intento in divenire, ma gli studi professionali, come già scrivevo, si stavano organizzando proprio per poter soddisfare il raggiungimento di quell’ambito traguardo. I risultati di quella “valorizzazione”, ancorché purtroppo non conclusa, sono ben visibili e tangibili. Il consumo territoriale pretende nuovo consumo. È una catena che si allunga, anello dopo anello, ad ogni nuova costruzione che si aggiunge. Peraltro, particolarmente nel nostro paese, che non ha, come ho detto più volte, la possibilità di diluire i flussi di traffico da e per i nuovi inurbamenti, questo sregolato progredire produce una sempre maggior sofferenza del centro. Nuove case, nuovo traffico. Nuovo traffico, diminuzione della qualità della vivibilità urbana. E poi, in conseguenza della mancanza di spazio disponibile per allocare veicoli che fanno avanti e indietro, necessità di realizzare infrastrutture di sosta e parcheggio. Quindi sottrazione di spazio naturale e qualità ambientale per realizzarle. Quindi ulteriore peggioramento della vivibilità complessiva. Quindi, per chi sta nell’abitato vecchio, risorse finanziarie permettendo, voglia o necessità di ritrovare in periferia la qualità perduta, alimentando altro inurbamento. Quindi ancora, proseguendo in questo perverso avvitamento, progressiva cessione alla speculazione del patrimonio immobiliare del centro antico, che passa spesso nelle disponibilità di foresti, per essere usato da essi soltanto qualche periodo all’anno. Quindi difficoltà per il piccolo commercio “di vicinato” di sopravvivere. Dato che, per l’ex clientela, che ora abita in periferia (a Proprian piuttosto che a Restiesa, ai Piani da Fia piuttosto che te Sottopedonda o te Arlasa, te Rial piuttosto che ta Cerin, eccetera) e che per spostarsi usa normalmente l’auto, è ormai del tutto indifferente tirar de lòngo e nar a proveder föra Piera o ta Süan. E avanti avanti con questa insostenibile catena. Certo l’economia apparentemente va. L’esercito delle ditte artigiane aumenta ogni anno di più. Soldi girano, nero (tanto) gira, fuoristrada girano. Ma peggiora il profilo complessivo del paese e più peggiora, più le risposte alle seguenti domande si fanno attendere: dove si vuole arrivare? Ma per vivere (bene) è logico proseguire in questo modo? C’è etica nella sottrazione continua di territorio, di paesaggio, di vivibilità per beneficiare sempre più spesso non già chi necessita di una casa per vivere ma chi della casa ne fa un uso speculativo o un mero investimento economico?
2 – Ti compiaci della localizzazione della nuova casa di riposo e di aver contribuito a dare una soluzione al problema di chi non trova posto per locare il suo “carro-armato”. Che devo dirti, bravo? Se entrassi nel merito di quella scelta logistica, di quel nuovo business edilizio e di tutte le altre questioni che l’espansione comporta si potrebbe anche discutere. Purtroppo ti sottrai al ragionamento e all’analisi, nonostante le mie insistite richieste di confronto. D’altronde sarebbe difficilissimo sostenere una “logica” che non c’è. Beh, certo tu hai famiglia. Hai dunque un livello di benessere da garantirle. Perciò tu no. Tu non puoi. Io sì invece che posso anche rinunciare a barbecue, panorama e s.u.v. Per chi vive nel buco del culo del paese, per di più single, questo ed altro. Transeat, mi sacrificherò! Ma la tranquillità posso pretenderla? O anch’essa è solo un tuo diritto e di quelli che si sono fatti o si faranno prossimamente il “castello” tra i prati in fiore? Le risposte logiche e ragionevoli ovviamente non ci sono. E perciò non parli. Non riesco davvero più a capire come facciate (voi come categoria professionale cui appartieni) a non vedere. A procedere con questa superficialità e questa assenza di visione complessiva.
3 – Altro punto, che si collega al primo: l’incapacità di vedere il peggioramento e il degrado del centro. Vivere in periferia, per così dire, come fai tu già da un po’ di anni, non aiuta, me ne rendo conto. Io invece da sei mi sono spostato dall’ex periferia di via Fia al centro paese vero e proprio. Queste cose, che ho già scritto, te le ripeto ancora una volta. Quarant’anni fa, in via Fia, con la stessa attuale densità immobiliare, fatta eccezione per le nuove scuole medie e il residence Volcan, che all’epoca era un magazzino, sembrava di stare nel paradiso terrestre. Gli orti che circondavano le case davano un senso di benessere, il piazzale delle scuole era un’oasi ricreativa, la strada che saliva era fiancheggiata da alberi maestosi. Superata l’antica casa Panetti ti trovavi già in luoghi selvaggi. Certo il costruito allora non prevedeva obbligatoriamente di avere un’area di rispetto che lo proteggesse da “avvicinamenti indesiderati”. C’era però un senso di rispetto e di tutela nei confronti della proprietà altrui che oggi possiamo soltanto rimpiangere. Tu dirai che allora non c’erano le esigenze che ci sono oggi. E va bene, concediamoci pure questa attenuante. Sta di fatto però, che in 40 anni siamo passati, in quella zona, dall’ eden alla barbarie. Il piazzale, metro dopo metro, si è trasformato in una terra di nessuno, in parcheggio abusivo, in una scorciatoia per automobilisti frettolosi. Le sue adiacenze deturpate, le siepi verdi che lo delimitavano ridotte ai minimi termini, e via dicendo. L’alberatura che fiancheggiava via Fia, da casa Braito in avanti, sparita e trasformata in colmél. Due dei tre magnifici tigli, che presidiavano l’ingresso scolastico, abbattuti anch’essi dalle maestranze comunali. E poi asfalto, scale, muri e muretti, un po’ qui e po’ lì. Le “Popolari”, abitate ormai da quattro gatti anziani, sono assediate dalle auto del residence, pur avendo esso a disposizione tutti i posti macchina previsti dalle normative urbanistiche vigenti. Nella sottostante via Delmarco il frutteto del Checo Berti, sotto la malga, da tempo scomparso, trasformato in due posti auto. La cesura del Chémela anch’essa ridotta a posticcio prato di copertura per garage. Gli orti di via Peròs in attesa di trasformarsi anch’essi in autorimesse. Per non parlare dell’ultima perla aggiunta a questa barbara collana dai fratelli Peretti, che si sono svenduti l’inestimabile valore naturale dell’orto di casa per “regalare” alla speculazione foresta (tanto per restare in tema) 4 posti auto sotto le finestre di camera. E potrei continuare. Insomma, mentre l’espansione urbanistica si divora nuovo territorio vergine, prati e campi spariscono dalla vista della periferia e si trasformano in villette per le ingordigie di una parte, la qualità del preesistente si degrada ogni giorno di più.
4 – Mi rendo conto che parlare nel merito delle questioni oggetto della tua professione sia come parlare di corda in casa dell’impiccato. Evidentemente l’approccio quasi esclusivamente economico al tema impedisce alla vostra categoria (sottolineo categoria, che non coincide esattamente con la tua persona) di considerare altre cose al di là del semplice trovare terreno o case da ristrutturare e trasformarli in nuovo denaro. Il territorio, finché ce n’è, per voi (vale la specifica di cui sopra) è una variabile che conta poco, visto che della sua finitezza non volete proprio occuparvene. Sono due anni che di tanto in tanto, attraverso queste pagine, invito gli amministratori comunali (quindi anche tu) a dire qualcosa sull’urbanistica, ma tutto tace. Zitti e mosca. Ci sarebbe il rischio che poi magari qualche concittadino aprisse la bocca per dire qualcosa. E a proposito di amministratori non so nemmeno se quelli della maggioranza (uomini di Giunta esclusi) abbiano o meno la bocca per parlare e se sì se in cinque anni la abbiano mai aperta. Da quelli di opposizione però mi sarei aspettato un qualche intervento nel merito. Naturalmente tutti sono liberi di dire o di non dire. Mi fa però specie che una tribuna libera e a disposizione non venga usata proprio da quella parte politica che meno ha voce in paese. Questo, correggimi se sbaglio, la dice lunga sul valore che anche l'uomo pubblico “di opposizione” dà al confronto e alla circolazione delle idee.
5 – Il tuo lavoro e il tuo impegno pubblico. Dici che l’appartenenza a quella parte politica in comune ti ha comportato un danno economico. Può essere sia stato così. Ma quando ti candidasti mica potevi sapere se la tua parte sarebbe diventata maggioranza o minoranza. E infatti, nell’ultima tornata elettorale, lo scarto fu davvero minimo (20 voti circa). Ciò dicendo confermi dunque il sospetto che in effetti, a parti invertite, una rendita di posizione professionale da quel ruolo pubblico ti sarebbe derivata. Anche questo è peraltro abbondantemente suffragato da riscontri pregressi.
Infine due appunti su ciò che mi rinfacci. Sulla mia incoerenza hai ragione. Riguardo al mio lavoro sono incoerente. Probabilmente, a pensarci bene, di impieghi perfettamente compatibili con quel che penso non ce ne sarebbe nemmeno uno. Peraltro, nel tempo ho più volte cambiato mestiere proprio per cercare maggior coerenza con il mio sentire. Passando però dall’incoerenza totale… all’incoerenza e basta. Ma, siccome questo sistema non l’ho fatto io e, purtroppo, qui mi tocca stare, in qualche modo dovevo barcamenarmi. Ciò detto, ti chiedo cosa cambierebbe se anziché il mio attuale impiego indifferente e generico, che soltanto casualmente svolgo in quell’ambito merceologico conflittuale, fossi impiegato in qualche altro settore? L’incoerenza non verrebbe assolutamente meno. Essere coerenti in un sistema che fa dell’incoerenza la sua forza è un esercizio difficile, forse impossibile. Infatti, se, tanto per dire, fossi impiegato alla cooperativa, mi potresti rinfacciare che vivo grazie agli acquisti dei turisti, se lo fossi alla cassa rurale, che vivo grazie ai depositi degli albergatori e degli impiantisti, eccetera. Alimentando una catena infinita di incompatibilità che terminerebbe soltanto se andassi a lavorare… sulla Luna. Insomma, a parte forse l’agricoltore (ma quello alla San Liseo, con l’aratro e i buoi), avevo in effetti pochissime alternative per non venire accusato d’incoerenza. E probabilmente d’ora in avanti sarà grama che le cose possano cambiare, ammesso che, di questi tempi, ci siano effettivamente posti di lavoro ancora disponibili da poter scegliere. E però incoerente io cerco di esserlo il meno possibile e nel merito della questione testé discussa, se permetti, c’è una certa differenza tra quello che attualmente faccio, che, ripeto, è lavoro banale, generico e indifferente, e la tua professione, che invece trova la sua ragion d’essere nel consumo continuo del bene territorio.
Riguardo i fuoristrada, resto convinto che sono un’assurdità oltre che una mancanza di rispetto: per chi va a piedi, per l’aria che respiriamo (tutti), per gli spazi ridotti del paese vecchio. Sì, lo ribadisco, sono 20 quintali di ferraglia per trasportare 70 chili di merda (nel senso traslato del termine e cioè di cafone). Quando riuscirai a spiegarmi la razionalità che sta dietro all’uso di questo tipo di autoveicolo per girare in spazi così angusti cambierò idea e ti chiederò scusa. Ciao e grazie per l’attenzione.

Ario

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
Foto di Euro Delladio

MINU

MINU
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