29/08/08

ANGELINO GIURISTA PER CASO


Angelino Jolie, incredibilmente ministro della Giustizia, in un’intervista al Giornale della ditta, ha voluto dare ragione alla collega Gelmini sulle scuole del Sud, che ad avviso della ministra dell’Istruzione produrrebbero somari. Lui infatti ha studiato ad Agrigento. Come il suo spirito guida Al Tappone, egli dice di ispirarsi a Falcone: “Stavo rileggendo proprio in questi giorni l’intervista del giudice a Marcello Padovani”. Ora, Marcello Padovani non esiste, dunque è altamente improbabile che Falcone gli abbia mai rilasciato un’intervista. Esiste invece Marcelle Padovani, corrispondente del Nouvel Observateur dall’Italia. Resta da capire che cosa diavolo stia leggendo Angelino Jolie. Forse un apocrifo prestatogli da un altro Marcello: Dell’Utri, noto bibliofilo pregiudicato. La sua riforma della Giustizia, rivela Angelino al genuflesso direttore del Giornale, si propone anzitutto “la parità di accusa e difesa di fronte a un giudice che sta sopra le parti e non ha alcun collegamento con esse”. Come se gli avvocati, pagati dai clienti per farli assolvere anche se colpevoli, fossero paragonabili ai pm, che devono cercare la verità processuale per far condannare i colpevoli e assolvere gli innocenti. Poi, aggiunge Jolie, va “riformulata l’obbligatorietà dell’azione penale” con “criteri di priorità fra i reati in base all’allarme sociale che essi creano”. Forse intende affidare i criteri di priorità alle regioni o ai comuni, visto che i reati che allarmanti in Barbagia non sono gli stessi a Corleone o in Aspromonte o nel centro di Milano. Senza contare l’assurdità di prevedere come reato comportamenti che poi si decide di non punire. “E’ vietato, ma si può”. All’italiana. Il presunto ministro pare atterrato poche ore fa da Marte: parla di giustizia come se fosse il primo a occuparsene, come se negli ultimi 15 anni non fossero state approvate circa 150 “riforme della giustizia”. Quasi tutte votate anche da lui e dal suo partito. Le carceri scoppiano? L’indulto - dice - “non è servito a nulla”. Ma va? Infatti lui, due estati fa, lo votò. E poi lo chieda a Previti, se non è servito a nulla. Ma ecco l’idea geniale per sfollare le carceri: braccialetto elettronico ed espulsione dei detenuti immigrati. Forse non sa che il braccialetto elettronico fu sperimentato 8 anni fa da quell’altro genio del ministro Enzo Bianco, dopodichè si scoprì che i detenuti il braccialetto se lo sfilavano col taglierino e se ne andavano a zonzo senza controlli. In ogni caso, non è male l’idea di certi parlamentari che vanno alla Camera o al Senato col braccialetto al polso. Quanto alle espulsioni, forse il ministro ignora che gl’immigrati condannati sono quelli che più spesso rientrano in Italia, assistiti dalle organizzazioni criminali. Bella sicurezza. Ma ecco un’altra idea geniale, suggerita dall’autorevole Mario Giordano:“La responsabilità civile”dei giudici, che “non c’è mai stata” perché il referendum del 1985 è stato “tradito”. Balla colossale: già oggi, per legge, il magistrato che sbaglia per dolo o colpa grave paga in proprio. Diverso il caso del magistrato che giudica sufficienti le prove per arrestare o condannare un tizio che altri giudici di grado superiore ritengono insufficienti: questo non è errore giudiziario, altrimenti non si troverebbe nessuno disposto ad arrestare o condannare. Angelino trova inaccettabile che “chi sbaglia paga in qualsiasi settore tranne che in magistratura”. Potrebbe chiedere informazioni a Metta e Squillante, arrestati dai loro colleghi per le tangenti che incassavano da Previti e Berlusconi. I magistrati, quando prendono un collega che ruba, lo arrestano. I politici, quando prendono un collega che ruba, lo coprono e lo promuovono. Jolie è “disponibile ad ascoltare” l’idea della Lega e di Dell’Utri di eleggere i pm. Gli aspiranti pm si candidano, fanno campagna elettorale nei rispettivi partiti e vengono eletti se trovano abbastanza elettori. Magari fra i loro futuri imputati. Oppure potrebbero candidarsi a pm direttamente gli imputati: in certe regioni d’Italia, hanno ottime possibilità di farcela. Dopodichè, auguri all’imputato extracomunitario che incappa nel pm leghista con toga verde. E auguri al padano che incappa nel pm siciliano di Rifondazione comunista. Come antidoto alla presunta politicizzazione dei pm, non c’è davvero male. Angelino Jolie, in due pagine di intervista, dimentica di spiegare come intenda ridurre i tempi dei processi, che tutti gli italiani ritengono il primo e unico problema della giustizia. Ma questo è comprensibile. Per Al Tappone e gli altri politici imputati, la giustizia è ancora troppo rapida. Bisogna rallentarla un altro po’.

Marco Travaglio

28/08/08

SENZA RITORNO


Dunque Dmitrij Medvedev ha deciso di non prendere tempo, rendendo immediatamente operativo il riconoscimento dell'indipendenza delle due regioni secessioniste georgiane, Abkhazia e Sud-Ossezia, e suscitando un'enorme ondata di scandalo e furore in Occidente. Attenti, però: la decisione del Cremlino non è la causa della gravissima tensione internazionale cui stiamo assistendo, bensì la sua conseguenza. È la presa d'atto che nessun negoziato, nessuna soluzione politica sarà possibile - non in tempi realisticamente prevedibili - visto che l'Occidente non ha la minima intenzione di riconsiderare la propria pretesa di dettar legge al resto del mondo, come sta facendo sin dal fatidico 1989 con conseguenze catastrofiche. Non avrebbe avuto alcun bisogno di compiere questo passo, Medvedev, se la flotta da guerra della Nato non si fosse precipitata a schierarsi davanti alle coste russe del Mar Nero, se non fosse partita la corsa a riarmare subito un regime aggressivo e irresponsabile come quello di Tbilisi, se i governi di Usa e Ue non avessero continuato a somministrare a Mosca condanne e ultimatum, ignorando totalmente le plateali responsabilità del loro alleato georgiano. Se, in una parola, ci fosse stata la disponibilità occidentale a discutere sul serio dei fatti accaduti nel Caucaso e a cercare una soluzione comune invece di una rivincita. Ma non è accaduto. A impedire qualsiasi dialogo è stata una precisa scelta ideologica dei governi, incapaci di concepire l'idea di non aver sempre ragione e persino di rendersi conto della propria debolezza e della distanza crescente che li separa dai propri cittadini. In Russia e in Cina oggi il consenso intorno ai rispettivi «autocratici» governi è probabilmente assai più alto di quello che raccolgono i «democratici» governi occidentali, Usa in testa; lo si percepisce anche spulciando i «commenti dei lettori» sui grandi siti d'informazione - Bbc, New York Times e simili - in netta maggioranza più realisti e aperti alle ragioni altrui di quanto non siano i governi di Londra e Washington, che i lettori accusano invece di muoversi in modo ipocrita e falso, con due pesi e due misure. E ora? Il passo di Medvedev ha tracciato una linea dalla quale gli sarà difficile tornare indietro. Nei giorni scorsi era apparso del resto chiaro che il Cremlino non ha alcun timore delle reazioni politiche occidentali, perché da un ritorno a situazioni di guerra fredda l'Occidente (e l'Europa in particolare) ha da perdere assai più di quanto non abbia Mosca. L'elenco dei cerini che Usa ed Europa si trovano ad avere in mano accesi è lungo: dall'Afghanistan all'atomica iraniana, dall'energia all'Ucraina (che non potrà sopravvivere come stato unitario, in un'Europa lacerata). La palla è quindi nel «nostro» campo. Sono i nostri governi che devono incominciare finalmente a ragionare, mettendo da parte isterie, frustrazioni e pregiudizi ideologici per capire come venir fuori dal vicolo cieco in cui sono andati a cacciarsi in questi ultimi vent'anni con presunzione e arroganza. L'uscita di scena di George Bush potrebbe esser l'occasione per una svolta; ma quel che Obama (per non parlare del suo rivale McCain) va dicendo in queste ore non lascia spazio all'ottimismo.

Astrit Dakli

GLOBALIZZAZIONE E AMBIENTE - 2^ parte


Consumo


Nella società dei consumi le merci non si consumano: si riducono a rifiuti senza usarle completamente. La società è quindi dei rifiuti, dell’allontanamento rapido delle merci, nella disaffezione sentimentale nei confronti degli strumenti utilizzati. Gli oggetti sono tutti diversi ma tutti indifferenti per chi li usa, e vengono sostituiti rapidamente senza lasciare memoria ma solo una profonda traccia fisica (la quantità dei rifiuti). Ridurre gli acquisti, ridurre le merci, mantenere gli oggetti, riutilizzarli, “consumarli”, ripararli è indispensabile per rallentare una produttività che non porta benessere.

Consumo di suoli

Insediamenti e infrastrutture si espandono occupando terreni. La aree sottratte perdono ogni potenzialità ecologica, non sono biologicamente produttive. Le aree insediate sono deserti portati all’interno di sistemi naturali di ben altre capacità, ambiti di difficile recupero naturalistico, che permangono nel tempo e partecipano attivamente all’innalzamento delle temperature e tale condizione diviene ancora più grave in quanto esse si collocano nei territori di maggiore produttività agricola (le medesime che garantiscono condizioni ottimali per gli insediamenti). Le grandi quantità di suolo consumate dovrebbero aprire una riflessione sulla necessità di contenere gli insediamenti non tanto trovando soluzioni nell’altezza degli edifici, quanto recuperando gli spazi non utilizzati o sottoutilizzati, composti da seconde e terze case, troppo ingenti superfici pro capite, capannoni abbandonati e iper-dimensionati, derivati da utilizzazioni strumentali del costruito (investimenti e redditi), permessi dal modello economico (costi ridotti, speculazioni) e sostenuti dalla cultura (le grandi dimensioni) che sono la principale causa dell’espansione del costruito.

Crescita

L’obiettivo della crescita è sostanziale per questo modello economico e culturale. Il benessere dei paesi e delle aziende si misura in quantità di prodotto e nella capacità di aumentarlo anno dopo anno. Ma gli stessi criteri governano le vite dei singoli. L’appagamento individuale avviene quando la condizione successiva è quantitativamente superiore a quella precedente; quando vi è la possibilità economica si sostituiscono alle condizioni materiali altre di maggiori quantità (la casa di maggiore superficie, l’automobile di maggiore cilindrata, il computer di maggiore potenza etc). Ebbene l’illimitata crescita materiale, nonostante tutti gli sforzi tecnologici che si possano fare, non è praticabile in ragione del fatto che le risorse sono, al contrario, limitate. Oltre alla evidente inutilità della crescita quantitativa è opportuno considerare che non è possibile perseguire l’obiettivo crescita; vi è un limite che, per quanto lontano si voglia porre (ma si ritiene essere molto ma molto prossimo), è esistente ed il suo raggiungimento implica il blocco della crescita. È dunque fondamentale modificare l’atteggiamento culturale reimpostando non solo la vita degli individui ma anche quella della produzione che dovrebbe ritrovare i suoi vantaggi nella qualità della produzione e non nella quantità, nella continuità temporale delle attività, nel mantenimento di quantità connessa alle reali necessità della comunità a cui quei prodotti si rivolgono.

Fonti rinnovabili

L’uso di energia da fonti rinnovabili va accompagnato dalla dismissione di equivalenti fonti non rinnovabili e dalla significativa riduzione dei consumi.

Globale

Globale è il meccanismo inventato e sostenuto dai maggiori operatori economici per aumentare gli scambi, concentrare la produzione e la gestione del mercato, fare crescere esponenzialmente i profitti. Globale è sostenuto da intellettuali che, ignorando la condizione del precedente capoverso, lo ritengono essere il modello di crescita culturale e sociale del pianeta. Globale è il non luogo dove l’individuo non ha peso, dove l’individuo, uniformato, è il ruolo che esso svolge, dove la comunità non esiste, dove vi è un governo economico che detta le regole sociali. Non acquisire prodotti globali, non utilizzare soluzioni globali, porre attenzione alle capacità produttive locali, ai caratteri sociali delle merci, alle comunità.

Infrastrutture


Se si vuole aumentare la mobilità delle merci e delle persone, privilegiando gli spostamenti privati, non vi è dubbio che servano infrastrutture. Dato che non vi è un limite stabilito alla soddisfazione né per quanto attiene ai tempi di percorrenza, né per quanto attiene la quantità di spostamenti, risulta evidente che, perseguendo questo modello, le infrastrutture non saranno mai sufficienti. Ad un continuo aumento delle infrastrutture corrisponderà una sempre maggiore dipendenza dalle stesse. Ad esempio, la costruzione di strade faciliterà l’uso del vettore che le usa e quindi comporterà un continuo aumento della viabilità su gomma (privata e delle merci), delle emissioni, dei consumi energetici, dell’alterazione dell’ambiente, dei danni alla salute dei cittadini e favorirà la parcellizzazione degli insediamenti e la concentrazione della produzione, ambedue facilitate dalla semplicità del trasporto degli individui e delle merci. L’attuale esagerata mobilità è l’esito del mercato dei suoli ed immobiliare (che rendono necessario l’allontanamento dalle città consolidate delle persone a minore reddito) e dello spostamento delle merci (che, essendosi concentrata la produzione, necessita di trasportare i prodotti nelle località dove appunto la concentrazione ha fatto fallire gli operatori locali). Opporsi ad alcuni tipi di infrastrutture (in particolare quelle stradali ed aeroportuali, oltre che degenerazioni di quelle ferroviarie ad Alta Velocità) vuol dire opporsi al modello economico, produttivo ed insediativo limitandone lo sviluppo. (continua)

26/08/08

GLOBALIZZAZIONE E AMBIENTE - 1^ parte


Premessa

Il continuo peggioramento delle condizioni ambientali del pianeta palesa, senza ombra di dubbio, che in questo momento l’umanità non è in condizione di avviare una politica atta ad invertire le tendenze in atto. Nonostante vi sia una diffusa consapevolezza ed una approfondita conoscenza scientifica delle modalità con cui l’uomo altera l’ambiente e su come queste variazioni comportino effetti negativi, immediati e duraturi, alla sua salute, nonostante vi siano tutte le strumentazioni tecniche necessarie per modificare le cause, non è attivata un’azione complessiva che possa ridurre i fenomeni di degrado riscontrati. Da diversi decenni il termine sostenibilità è divenuto parte del linguaggio, indicando con esso la ricerca e la pratica di soluzioni in grado di non peggiorare ulteriormente le condizioni del pianeta. In tale maniera, per quanto le definizioni del termine possano sembrare aleatorie, comunque è stata dichiarata la possibilità che vi siano scelte concretamente perseguibili. Potendo oggi fare un bilancio di quanto fatto in questa direzione negli ultimi trenta anni da molte decine di paesi, e da quasi tutte le organizzazioni internazionali in cui si affronta il problema della sostenibilità, si può concludere che il modello praticato è stato capace di peggiorare in maniera significativa la già grave situazione. E questo nonostante la rarefazione nel tempo del termine sostenibilità, nonostante la grande confusione terminologica volutamente creata dagli operatori per mistificare le proprie azioni e presentarle come ambientalmente qualificate. I successi raggiunti sono parziali, specifici, locali e contribuiscono a dimostrare tanto che altri percorsi sono perseguibili quanto che pur avendone le capacità non sono diffusamente perseguiti. La grande confusione che interessa le modalità con cui viene attribuito l’aggettivo “sostenibile” o “ambientale” ai progetti, alle merci, ai manufatti evidenzia come la cultura di questo modello abbia una cattiva coscienza. La cattiva coscienza di sapere perfettamente che un percorso di sostenibilità cambia profondamente la struttura culturale, sociale e produttiva di una società e di non volerla assolutamente cambiare anche a rischio della salute di tutta la popolazione planetaria. La sostenibilità non è compatibile con questo modello, è alternativa. Perché parla un linguaggio diverso. Se si vuole adoperarsi per essa in primo luogo non è possibile parlare di crescita, vanno ridotte le quantità, vanno ridistribuite le ricchezze per permettere un miglioramento del benessere dei molti, vanno eliminati gli sprechi che sono la ragione della rincorsa all’arricchimento, va eliminata l’accumulazione, va aumentata l’autonomia e la consapevolezza delle comunità. Per bloccare il continuo peggioramento delle condizioni del pianeta, non sono sufficienti gli stentati passi fatti dai governi, è necessario avviare un processo diffuso di riqualificazione e conservazione ambientale che limiti gli interessi di quelli che sono i motori primi di questo modello, che riduca i profitti, che modifichi la cultura allineata alla difesa di piccoli vantaggi di una società dannosa per l’ambiente e nociva per gli uomini. Per fare questo si ritiene che si debbano acquisire comportamenti individuali e collettivi che consentano di uscire dalla trappola letale del quotidiano, dalla schiavitù delle merci, dall’asservimento ad abitudini incongrue, dall’autoritarismo delle decisioni, dal decisionismo dei poteri economici. Ciò si può attuare solo nell’ambito della cultura libertaria.
Di seguito si tracciano delle piccole riflessioni volte ad individuare quanto di insostenibile vi sia nel modello praticato, quanto sia importante fare chiarezza su comportamenti apparentemente sostenibili e quanto siano facilmente praticabili altre forme di vita sociale sul pianeta.

Abitare

La cultura contemporanea ha destrutturato il senso di questa parola parcellizzando le attività che compongono una giornata: una zona dove si dorme, una dove si lavora, dove ci si diverte etc.: l’unitarietà dell’abitare si è persa nello svolgimento di azioni produttive o commerciali (acquisto e consumo). I territori sono ignoti, non vi è legame con essi non vi è conoscenza dell’ambiente e della società, neanche quella conoscenza semplice ma efficace che aveva la cultura tradizionale. I luoghi vengono precostituiti dagli interessi economici (vedi centri commerciali, ipermercati, multisale etc) e sono uniformati all’immagine commerciale della contemporaneità. In essi gli individui hanno solo la funzione di acquirenti di merci ma non possono contribuire alla loro definizione e uso.In tale maniera non si abitano più i luoghi perché non vi è più relazione con essi. Partecipazione attiva alla definizione degli spazi insediativi, promozione della critica ai centri commerciali, agli ipermercati, alle catene di produzione e distribuzione che uniformano l’alimentazione, l’arredamento, lo spazio fisico.

Automobili

Ogni giorno gran parte dei cittadini del mondo è tartassata da una incalzante pubblicità sugli autoveicoli privati su gomma. Se non ci fosse questa pubblicità costante quasi certamente si venderebbero molte meno auto, la nostra società non sarebbe automobile-centrica, non avremmo problemi di inquinamento urbano, di posteggi, etc. etc. Nel modello attuale la mobilità individuale su gomma appare per molti territori indispensabile e insostituibile (si pensi agli insediamenti di case individuali diffuse su gran parte del territorio). Ma non è così. Si possono organizzare molte altre modalità di trasporto a partire da quello individuale a motore (moto di piccola cilindrata) bicicletta o altro che possono risolvere percorrenze di minore entità o ricorrere ad auto pluriutilizzate, comunque di cilindrata e dimensioni più piccole. Si può fare adesso, senza troppo sacrificio, senza cambiare le regole che sussistono:
chi non si muove in questa direzione, chi possiede per scelta autoveicoli di grande cilindrata, di grande dimensione, di recente costruzione è portatore di fatto di una cultura autoritaria, inquinante, socialmente dannosa.

Consumo dei suoli

Insediamenti e infrastrutture si espandono occupando terreni. La aree sottratte perdono ogni potenzialità ecologica, non sono biologicamente produttive. Le aree insediate sono deserti portati all’interno di sistemi naturali di ben altre capacità, ambiti di difficile recupero naturalistico, che permangono nel tempo e partecipano attivamente all’innalzamento delle temperature e tale condizione diviene ancora più grave in quanto esse si collocano nei territori di maggiore produttività agricola (le medesime che garantiscono condizioni ottimali per gli insediamenti). Le grandi quantità di suolo consumate dovrebbero aprire una riflessione sulla necessità di contenere gli insediamenti non tanto trovando soluzioni nell’altezza degli edifici, quanto recuperando gli spazi non utilizzati o sottoutilizzati, composti da seconde e terze case, troppo ingenti superfici pro capite, capannoni abbandonati e iper-dimensionati, derivati da utilizzazioni strumentali del costruito (investimenti e redditi), permessi dal modello economico (costi ridotti, speculazioni) e sostenuti dalla cultura (le grandi dimensioni) che sono la principale causa dell’espansione del costruito. (continua)

25/08/08

L'ESTATE DI AL CAFONE


L’Italia in vacanza dice molto più di se stessa che nelle altre stagioni. Anche quest’anno sono in ferie in un villaggio turistico (motivi famigliari) e sulla spiaggia, quando non sono impegnato a respingere con cortesia e fermezza le proposte più bizzarre degli animatori che vorrebbero coinvolgermi in un girone infernale di tornei, passo il tempo a leggere e a sonnecchiare. Ma c’è un momento della giornata in cui, qualunque cosa stia facendo, mi blocco e rimango rapito ad ammirare lo spettacolo: l’ora dell’ "acquagym". Una mandria di bagnanti maschi e femmine, perlopiù flaccidi e inguardabili, dunque orgogliosissimi di farsi guardare, ballonzolano ritmicamente per una mezz’oretta buona con l’acqua alla cintola sulle note di vari motivetti della discodance anni 80 tentando invano di ripetere i movimenti che, dalla riva, suggerisce loro una graziosa animatrice. Fissandoli negli occhi, inspiegabilmente raggianti, si ha la netta impressione che quello sia il loro momento, la loro mezz’oretta di celebrità, una specie di Isola dei Famosi proletaria e democratica, aperta a tutti, senza bisogno di selezioni o nomination. In quei corpi sudaticci e sgraziati, che tremolano come gelatine malferme, c’è tutta la volgarità, l’esibizionismo, la vuotaggine della società italiana degli ultimi anni. Fino a qualche tempo fa, osservando la gente sotto l’ombrellone, era rarissimo trovare qualcuno che non leggesse almeno un giornale, una rivista, un libro. Oggi la stragrande maggioranza non legge nulla. Mai. Per tutto il giorno. Per tutta la vacanza. Il tempo che una volta era dedicato alla lettura oggi è riservato ad armeggiare col cellulare (sempre con suonerie sgangherate e a diecimila decibel), a ripetere ad altissima voce i tormentoni ebeti sentiti alla televisione, a viziare bambini obesi e cafoneggianti ricoprendoli di gelati, ghiaccioli, cornetti, leccalecca, patatine, popcorn e porcherie varie (ultima trovata: il chupa-chupa con ventilatore incorporato, in grado di tranciare anche tre dita per bambino), a guardare nel vuoto per ore e ore sotto il sole, o, per i più impegnati, a grattarsi la pancia davanti a tutti. Un gruppetto di tamarri sui cinquant’anni prelevano ogni giorno le sdraio dalla fila, le immergono nell’acqua, oltre il bagnascuga, restandovi stravaccati a mollo per tutto il giorno, e lì le lasciano la sera, finchè un’onda non se le porta via, tanto quella mica è roba loro. Devono essere gli stessi che scorrazzano nella stanza sopra la nostra con gli zoccoli ai piedi fino alle quattro del mattino. Di fronte a me, un nonno passa il tempo a farsi dare dello “stronzo-testadicazzo-figliodiputtana” dal nipotino di 6-7 anni. Al posto del moccioso, io da piccolo avrei perso i denti con mio padre e le gengive con mio nonno. Invece questo nonno moderno trova simpaticissimo il nipotino, e lo ricompensa con ogni sorta di regali per la squisita educazione. Tra qualche anno, se tutto va bene, il piccolo mostro diventerà ministro. Dichiarerà guerra ai fannulloni, manderà i soldati nelle strade, chiederà l’arresto dei mendicanti, bandirà Blob e Montalbano dalla televisione pubblica, metterà il grembiule alle scolaresche e il velo ai nudi del Tiepolo, perché è ora di finirla con tutto questo permissivismo e questa volgarità.

Marco Travaglio

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
Foto di Euro Delladio

MINU

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