26/10/08

TERRA MADRE LA RIVINCITA


Intervista a Carlo Petrini

È diventato una specie di papa Carlo Petrini, detto Carlin, presidente di Slow Food International, fondatore e molto altro ancora. Riceve per cinque giorni politici e contadini, cuochi e giornalisti da tutto il mondo e per tutti ha un verbo, una storia, un aneddoto. All'ambasciatrice australiana presso il Quirinale che s'infila nella nostra stanza per un saluto, Carlin racconta di quell'allevatore di mucche che ad Adelaide lo invita a visitare la sua tenuta. E lo fa accomodare su un aereo. Il Salone del Gusto e Terra Madre sono il suo regno, sospeso tra cielo e terra a spiegarci perché l'agricoltura e i suoi prodotti devono tornare al centro della produzione e della cultura. Parliamo di economia reale, quella che Slow Food sta portando a Torino in questi giorni? Questa è in effetti l'economia reale del cibo, che negli ultimi 50 anni ha perso valore al punto che è diventato quasi un'appendice ludica e parlare di gastronomia rischia di sconfinare nell'immaginario collettivo in un divertissment elitario. Invece la storia ci ricorda quanto l'umanità ha lavorato, ha sofferto e fatto delle guerre per garantire la nutrizione e quanto ancora siamo dentro questo contesto. Riconciliare la gastronomia vera con l'importanza del cibo, dell'agricoltura e dei saperi tradizionali, questo stiamo facendo. Tanto più che oggi una moltitudine di persone si trova in una fase storica particolare gravissima, determinata da uno sconquasso di natura finanziaria. Il liberismo, dopo aver speculato sulle abitazioni della gente, dell'energia e del petrolio, come colpo di coda prima che la bolla scoppiasse, è riuscito a speculare ancora sul cibo. Determinando gli aumenti di derrate alimentari fondamentali per milioni di persone. E colpendo la popolazione malnutrita, quasi un sesto dei viventi, aumentata per queste speculazioni. Ora la bolla è scoppiata e noi la viviamo con duplice sentimento. Da un lato con preoccupazione per un futuro di crisi e di difficoltà soprattutto per i meno abbienti, ma dall'altro anche con un senso di liberazione. Per la fine di questa logica, diventata quasi un pensiero unico, mentre l'economia di sussistenza veniva considerata marginale. Mica vorrai dire che è la rivincita di Terra Madre? Terra Madre in qualche modo assapora questa sconfitta storica dell'economia di mercato, ma lo fa anche con indignazione. Perché una comunità politica planetaria che non è stata in grado di reperire 30 miliardi di dollari all'anno per abbattere il numero dei malnutriti, in quindici giorni ha trovato 2.000 miliardi per difendere le banche complici della finanza canaglia. La strada è ancora lunga ma non c'è dubbio che in questa sconfitta storica noi intravediamo la certezza e la necessità che verrà data maggiore attenzione all'agricoltura, ai saperi manuali, alle nuove tecnologie sostenibili e alla ricerca di energia pulita e rinnovabile. Siamo tornati di colpo agli aiuti pubblici. Per banche e industria, sull'agricoltura c'è però silenzio. In questo settore ci sono stati aiuti pubblici detti sussidi soprattutto ai grandi proprietari e non ai piccoli, che nel nord del mondo sono serviti per pagare le grande produzioni per fare poi dumping in Africa e nei paesi poveri. Ora bisogna puntare a quella piccola agricoltura che difende il paesaggio e che è pronta a impegnarsi nelle nuove tecnologie, un tema purtroppo non ancora al centro dell'attenzione. Penso che i contadini siano uno dei soggetti principali per l'avanzamento della terza rivoluzione industriale. La prima è stata quella della macchina a vapore, la seconda quella dell'energia elettrica, entrambe sostenute dal combustibile fossile. Questa terza sarà quella che farà lievitare la produzione di energia rinnovabile. Le piccole aziende possono realizzare microimprese di produzione autonoma di energia. Ecco perché sono contro il nucleare ma anche contro le grandi concentrazioni di energia solare. Tante piccole entità sono la risposta! Alla base della sostenibilità, ci sono il rifiuto dello spreco, il riuso e il riciclaggio, già nelle pratiche dei contadini. C'è la possibilità di un'alleanza virtuosa tra i nuovi manager dell'energia che vedono il business e l'agricoltura. Vadano dai contadini, e li ascoltino. Cibo e futuro sono una questione culturale, dunque. Ma siamo anche in un paese che sta tagliando fondi per i saperi, scuola, università, ricerca, editoria. Che fare? È un momento complicato. Andrebbe risolto a monte il discorso del cibo come uno degli elementi virtuosi di vere relazioni vitali. Cibo, agricoltura, ambiente, sostenibilità, lotta contro il cambiamento climatico, salute, educazione, convivialità. Se noi ridiamo al cibo questo valore, la musica cambia. Ma da questo punto di vista il lavoro culturale è ancora immenso, perché non è patrimonio né della destra né della sinistra. Sì, anche la nostra amata sinistra non ha intercettato questo cambiamento, questa nuova politica. Voi de il manifesto siete l'eccezione che conferma la regola. Da sempre avete avuto attenzione a queste tematiche e per esempio la vostra rubrica Terra Terra messa a pagina 2 del giornale è un segno molto forte. Vi chiudono? Vedo in questo paese un rigurgito di ostentato pragmatismo, di governo dei bilanci della fabbrica Italia, come se bisognasse mettere in riga tutte quelle economie poco virtuose perché non rendono o costano troppo, relegando la cultura e la conoscenza in un ambito non produttivo. Va da sé che se ragiono così penso che tutto sia uno spreco. Ma non è così. Da che mondo e mondo, la cultura, l'informazione libera e la formazione degli individui sono un bene preziosissimo per l'economia. Se passa questo meccanismo, è come un effetto valanga, dove il padrone del vapore decide quello che va e quello che non va e taglia. Salvo poi chiedere a tutti magari di tornare a essere consumatori.

Francesco Paternò

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