24/03/16

L'EVOLUZIONE DELLA SPECIE


"Finalmente una bella notizia per gli abitanti del capoluogo della valle di Fiemme: l’orto dei frati francescani diventerà un parcheggio pubblico." così apre il suo pezzo pubblicato ieri su il Trentino un entusiasta L.Ch. E così anche l'antico orto dei frati di Cavalese andrà a farsi benedire per venir trasformato in un bellissimo autoparco. Lo ha deciso all'unanimità il consiglio comunale del capoluogo fiemmese. Perché? Ma perché gli alberghi si ammodernano, aggiungendo, stagione dopo stagione, anno dopo anno, nuove comodità. Camere più spaziose, doppi servizi, tre docce, due vasche, solarium, palestre, fitness, sale per bambini, connessioni internet super veloci... Di pari passo i nostri paesi devono garantire aree acconce per le lussuose e sempre più ingombranti autovetture con le quali turisti e residenti, in una gara demente ed infinita a chi ce l'ha più grossa, si spostano avanti e indietro.

A farne le spese sono gli spazi interni ancora liberi risparmiati dalla speculazione edilizia, con i quali le ammistrazioni comunali o gli stessi privati, attraverso la loro trasformazione tentano di dare un'impossibile risposta alla domanda di posteggi che l'automobilità privata portata al parossismo riformula continuamente.

Purtroppo la conservazione dei luoghi della memoria, principali elementi di identità comunitaria, mal si concilia con le esigenze reali della nostra più importante economia. Al bando le ubbie, di turismo qui si vive e serve pragmatismo! Questo il refrain perentoriamente ripetuto in ogni occasione, tanto che più nessuno osa metterlo minimamente in discussione. E se dunque vogliamo stare al passo con l'evoluzione incessante e le infinite necessità di un'offerta all'altezza della fama acquisita a suon di mondiali dobbiamo rassegnarci ad agire così (e a perdere del tutto la nostra residua identità).

Perché l'identità di una comunità è connaturata al suo paesaggio di riferimento e ai luoghi gravidi di storia in cui essa si è forgiata.


L'orto dei Francescani, per quella cittadinanza e non solo, è uno di quei luoghi, come il Banco de la Reson, la Rocca di San Valier e alri. Un sito caratterizzante e identitario attraverso il cui riconoscimento i Cavalesani hanno potuto dire sinora di essere Cavalesani. Se però neppure il loro più importante consesso cittadino, teorica sedes sapientiae paesana, riesce a capirne la valenza profonda in esso custodita, significa che il punto di non ritorno è già stato superato e che ormai tutto è davvero perduto.

Di questo passo, tra vent'anni, quando lo stravolgimento paesaggistico avrà del tutto reciso i legami col passato sarà difficile distinguere un Baùscia con Ferrari seduto al tavolino di un bar da un Lovo con Cayenne seduto al tavolino del bar accanto, e allora di turismo, se già non lo saremo, potremo anche morire.

Intanto però non preoccupiamoci, qui si fantastica e forse si farnetica. Dobbiamo confidare: la Promozziòn del nostro signor P non ci abbandonerà. Ci penseranno le Pro Loco con le loro ragazzine in costume tradizionale, il gruppo Salvanel, le signorinelle mascherate da Streghe, a rievocare e a farci ricordare, tra un fuoco d'artificio e un rogo improvvisato, ciò che un tempo fummo. Accontentiamoci. D'altronde non c'è alternativa. In fondo che sarà mai un orto! Vuoi mettere poter aggiungere ulteriori 100 posti macchina. Eh dai. Mettiamoci il cuore in pace e consideriamo che così, solo così!, i più non dovranno ri-emigrare in una Svizzera qualsiasi con la mitica consunta valigia di cartone e potranno invece rimanere a fare i lavapiatti nella nostra amata Heimat.


L'Orco

23/03/16

SI STA COME D'AUTUNNO SUGLI ALBERI LE FOGLIE


Ciao Euro, ho appena letto due pagine sull'incidente di Tarragona in Spagna: sette ragazze che si stavano affacciando (e affidando) con fiducia ed entusiasmo alla vita sorprese dalla morte in una notte piovosa su una strada spagnola. Immediatamente mi è venuto in mente l'ultimo versetto della parabola evangelica delle vergini:

Vegliate dunque perché non sapete né il giorno, né l'ora.


In questi casi si disvela potentemente l'essenza del tragico: trovare la morte nell'atto di massima affermazione della vita.


Citando un verso di Hoelderlin:

Con il pericolo cresce anche ciò che dà salvezza
che preferisco riformulare così:
Con ciò che dà salvezza cresce anche il pericolo.


Pericolo e salvezza, pericolo e senso, sono facce della stessa medaglia. Non si può guadagnare in intensità della vita, in intensità del nostro essere-nel-mondo senza esporci al pericolo.
Questo concetto è difficile da accettare oggigiorno. Si pretende di avere intensità del vivere e sicurezza, ovvero confort, aspetti necessariamente inconciliabili.
In una società ossessionata dalla sicurezza e dal controllo e ancora dal confort, non si riesce ad ammettere che la salvezza, anche la piccola quotidiana salvezza che consiste nel coricarsi al termine di una giornata, non dipenda in larga misura da noi. Dipende infatti nel bene e nel male dall'imponderabile. Tantopiù che affidiamo noi stessi e la nostra vita a forze che si rivelano (tragicamente) sostanzialmente ingovernabili ed incoercibili:



Sono al volante e osservo nello specchietto retrovisore una macchina dietro di me. La freccia di sinistra lampeggia e tutta la macchina emette onde di impazienza. Il guidatore aspetta il momento giusto per superarmi: come un rapace che fa la posta a un passero. Mia moglie Vera mi dice: “ Sulle strade francesi ogni cinquanta minuti muore un uomo. Guardali, tutti questi pazzi che corrono accanto a noi. Sono gli stessi che sanno essere così straordinariamente prudenti quando sotto i loro occhi viene scippata una vecchietta. Com’è possibile che quando guidano non abbiano paura? ” Che cosa rispondere? Questo, forse: che l’uomo curvo sulla sua motocicletta è tutto concentrato sull’attimo presente del suo volo; egli si aggrappa a un frammento di tempo scisso dal passato come dal futuro; si è sottratto alla continuità del tempo; è fuori del tempo - in altre parole, è in uno stato di estasi: in tale stato non sa niente né della sua età, né di sua moglie, né dei suoi figli, né dei suoi guai, e di conseguenza non ha paura, poiché l’origine della paura è nel futuro, e chi si è affrancato dal futuro non ha più nulla da temere. La velocità è la forma di estasi che la rivoluzione tecnologica ha regalato all’uomo. A differenza del motociclista, l’uomo che corre a piedi è sempre presente al proprio corpo, costretto com’è a pensare continuamente alle vesciche, all’affanno; quando corre avverte il proprio peso e la propria età, ed è più che mai consapevole di se stesso e del tempo della sua vita. Ma quando l’uomo delega il potere di produrre velocità a una macchina, allora tutto cambia: il suo corpo è fuori gioco, e la velocità a cui si abbandona è incorporea, immateriale - velocità pura, velocità in sé e per sé, velocità-estasi. Strano connubio: la fredda impersonalità della tecnica e il fuoco dell’estasi.

Kundera, La lentezza
*****

Ciao, le tue considerazioni valgono naturalmente anche per le vittime degli attentati di ieri in Belgio, per quelle della nostra ormai lontana tragedia di Stava e per l'infinita catena di morti che dalla notte dei tempi avrà fine soltanto con... la fine dei tempi. Vittime che secondo le nostre categorie non avrebbero dovuto trovarsi (e morire) in quel luogo e in quel momento. Ma le belle facce delle sette italiane (stranamente delle altre sei studentesse nulla è dato di sapere) confermano che la vita, per quanto ogni individuo aneli e tenti di autodeterminarla, è regolata dalla forza soverchiante della Casualità.
E appunto, nemmeno la qualità superiore comprovata dalla bellezza di quei sette volti, di cui la vita stessa (sempre per le nostre categorie) avrebbe potuto beneficiare, è bastata a salvare quelle sette ragazze dall'oblio che oggi già le avvolge.

22/03/16

FUORI DAL CORO


Per il parroco la questione è chiusa. Nel 2017 inizieranno i lavori di restauro del vecchio Mascioni con buona pace di quanti avevano sperato nell'acquisto di un nuovo strumento. Uno Zeni avrebbe stravolto le antiche abitudini dei frequentatori del tempio. Che i coristi restino dove sono sempre stati e l'organo (rimesso a nuovo) pure! Il sottinteso di don Daprà non ci scandalizza affatto.

In quanti a Tesero sarebbero disposti a stracciarsi le vesti pur di ascoltare la passacaglia BWV 582?

UNO SCOMODO PERCHÉ

Pubblico con colpevole ritardo l'intervento di C.D. finito tra i commenti anonimi scusandomene con l'autore. Un'opinione dotta, suffragata dalla diretta conoscenza, che sulla stampa locale, naturalmente, non poteva (doveva) trovare spazio.
 
Mi fa piacere che il blog apra una discussione sulla sanità trentina. Mi scuso se sarò lungo, ma un argomento così importante merita un’analisi approfondita. A parer mio, tutto nasce negli ormai “lontani” anni 2006/07 quando la P.A.T decise di investire una vagonata di milioni di euro per riammodernare la flotta degli elicotteri con la conseguente necessità di adeguare tutte le piazzole per l’atterraggio, anche quello notturno, presenti sia nei presidi ospedalieri che nelle zone più limitrofi, vedi Canazei. Non solo, visto che gli hangar e la struttura che accoglieva tutto lo staff del nucleo elicotteri di Mattarello risultavano ormai non più conforme ai nuovi standard previsti per l’utilizzo dei mega velivoli, vengono costruite delle nuove strutture con dei costi che sarebbe interessante poter sapere nel dettaglio ma che purtroppo non sono in grado di quantificare ma, a spanne, sicuramente una seconda vagonata di milioni di euro. In quel periodo però nessuno ha mai accennato al fatto che tutto l’investimento aveva come finalità quella di accentrare su Trento tutte le emergenze sanitarie a scapito dell’utilizzo delle strutture ospedaliere periferiche. Anche la scelta dei velivoli fu molto mal digerita dai tecnici del soccorso in montagna, per le dimensioni degli stessi e per la difficoltà di manovra in zone impervie. Punto a favore dei nuovi mezzi, la velocità negli spostamenti da e verso la città. Mi sembra chiaro che in questo frangente ( forse uno dei pochi) la politica ha avuto lungimiranza, in negativo però. Non si è mai espressa pubblicamente relazionando su queste scelte, anzi ha sempre cercato di bypassare l’ostacolo. Ora che questo passo è stato fatto, emergono tutte le problematiche che fanno incazzare la popolazione. Forse la manovra avrebbe avuto un senso se il S.Chiara fosse già stata una struttura moderna, efficiente e pronta ad accogliere tutti i pazienti qui dirottati dalle periferie. Adesso si parla di N.O.T. con tempi biblici e con un profumo-puzza di speculazione nell'aria. Non sarebbe stato più utile utilizzare si tante risorse per ottimizzare i servizi sul territorio? Ed i nostri rappresentanti cosa fanno? Ovviamente danno ragione alla massa! Ma negli anni delle decisioni sulle macchine volanti dov’erano? Molti di loro erano in consiglio o addirittura in giunta!! Rossi era addirittura assessore alla sanità! Un secondo punto che mi sembra importante è l’analisi del perché si è arrivati alla scelta di trasformare l’ospedale di Fiemme in un nosocomio ad ore o par time se si preferisce. Infatti una struttura ospedaliera senza alcune figure basilari ( anestesisti ) non si può definire tale. Per assurdo nelle ore di assenza di questo personale bisognerebbe togliere la scritta Ospedale. La ormai famosa norma europea del lontano 2003 e sottolineo 2003 che stabilisce i riposi dei camici bianchi, anestesisti, ecc… entrata in vigore in Italia ed anche in Trentino il 24/11/2015 ha, di fatto, portato al collasso il sistema. Ma è una norma del 2003!!! Non c’era forse tutto il tempo per organizzarsi? Analizzando il problema del reparto maternità, già nel 2002 su richiesta dell’assessorato e dell’azienda sanitaria, il dipartimento materno-infantile ha elaborato un documento sulla riorganizzazione dei punti nascita dell’ azienda sanitaria della P.A.T. L’elaborato condiviso dai direttori delle Unità operative, sulla base di rigorose premesse scientifiche, con adeguate misure compensative ed organizzative, proponeva la chiusura motivata da ragioni di sicurezza di alcuni punti nascita. Questo documento è stato dimenticato e 13 anni dopo si è arrivati praticamente a conclusioni analoghe. In assenza di un percorso serio, analitico e, perché no, anche contraddittorio dell’analisi di cui sopra. Conclusioni frettolose ed applicate dal giorno alla notte! Dimostrazione del fatto che la politica provinciale è più preoccupata al consenso che al risolvere le problematiche che si trova di fronte utilizzando il metodo del rimando! Penso che qualsiasi persona ragionevole poteva, dopo tutti questi fatti, prevedere una conclusione simile. Purtroppo il vizio di rimandare rimane ma rimane anche il vizio di far fare ad altri le scelte che, secondo alcuni, creano un danno d’immagine. Infatti siamo in attesa della decisione del Ministro Lorenzin sul destino dei reparti di neonatologia periferici. Alla faccia dell’autonomia, tanto rivendicata e sbrodolata dai nostri rappresentanti. “ Su questo anche gli amministratori territoriali ( scriveva Pierangelo Giovanetti su l’Adige il 29/11/2015) dovrebbero dare dimostrazione di sguardo lontano, non di semplice piccolo cabotaggio, contrattando pure con la Provincia l’eventuale contropartita da ricevere in cambio della chiusura dei punti nascita. Aizzare o capitanare le folle, esasperando la rabbia che è già forte, non ha grande prospettiva. Forse gli amministratori avrebbero il compito di spiegare e far capire alla gente la situazione, anche economica , in cui ci troviamo, e il quadro generale che motiva le singole scelte. Ma anche per i sindaci e presidenti di comunità di valle, come per gli amministratori provinciali, ci vuole il coraggio e il saper guardar lontano, caratteristiche sempre più rare di questi tempi”
Ci sarebbe da aprire un dibattito anche sulla situazione della “mega” protonterapia di Trento dove si stanno dannando per cercare pazienti in giro per il mondo, ma questo è un altro capitolo, anzi è un fiore all’occhiello della sanità e della politica trentina che fa molta “fatica” a sbocciare.
(C.D.)

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
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MINU

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