12/02/08

IL DESERTO EMOTIVO


Conoscevamo la follia come eccesso della passione. Ne vedevamo i sintomi, ne prevedevamo i possibili scenari. Oggi sempre più di frequente, nell’universo giovanile, la follia veste gli abiti della freddezza e della razionalità, non lascia trasparire alcunché ed esplode in contesti insospettabili che nulla lasciano presagire e neppure lontanamente sospettare.
Così è stato per le tre ragazze per bene che in quel di Sondrio qualche anno fa hanno ammazzato una suora; così è stato a Sesto San Giovanni dove un ragazzo, anche lui per bene, è finito in carcere per una coltellata inferta alla sua amica nel cortile della scuola; e così è stato in quel di Padova, dove un figlio ha ammazzato suo padre, professore d’università, e poi ne ha bruciato nel cortile il cadavere.
Non sono passati molti anni da quando a Novi Ligure una ragazza, che le cronache hanno descritto bella e intelligente, cresciuta in una famiglia serena, educata in un istituto privato retto da religiosi, ha inflitto, con il fidanzatino suo coetaneo, quaranta coltellate alla madre, cinquantasei al fratello e, senza troppo scomporsi, ha retto per diversi giorni gli interrogatori a cui è stata sottoposta, senza cedimenti emotivi.
Tutti questi casi hanno in comune quell’evento terribile che è l’imprevedibilità. E di fronte all’imprevedibile, di fronte a ciò che non si lascia in alcun modo anticipare, si scatena in tutti noi l’angoscia primordiale, quella che provavano i primi uomini di fronte a un mondo che non riuscivano a decifrare.
Quando la causa è irreperibile, quando il furore che di solito accompagna i gesti della follia è assente, allora bisogna scavare più a fondo e scoprire chi sono e come sono fatti coloro che compiono gesti così orrendi senza dare a vedere alcuna risonanza emotiva.
La psichiatria conosce questa sindrome, e la rubrica sotto il nome di “psicopatia” o “sociopatia”. Lo psicopatico è colui che è capace di compiere gesti anche terribili senza che il suo sentimento registri il minimo sussulto emotivo. Il cuore non è in sintonia con il pensiero e il pensiero con il gesto. Ma non si accorge nessuno di questa condizione giovanile peraltro molto diffusa?
Tendenzialmente no. Una buona educazione – soprattutto quella borghese che insegna a tenere a bada gli eccessi emotivi – confeziona per ciascuno di questi ragazzi un abito di buone maniere, di stereotipi linguistici, di controllo dei sentimenti che, come corazza, rende questi giovani impenetrabili e scarsamente leggibili a chi sta loro intorno. Alla base c’è una mancata crescita emotiva, che ha reso il sentimento atrofico, inespressivo, non reattivo, per cui gli eventi della vita passano loro accanto senza una vera partecipazione, senza un’adeguata risposta di sentimento a quanto intorno accade.
Buon terreno di cultura sono di solito le famiglie per bene, dove i problemi, quando si affrontano, si affrontano sempre in modo razionale, dove non si alza mai la voce, dove non si piange e non si ride, e dove soprattutto non si comunica, perché quando i figli hanno dato le loro informazioni sull’andamento scolastico e sull’ora del rientro quando si fa notte il sabato sera, sono lasciati nel rispetto della loro autonomia, dietro cui si nasconde il terrore dei genitori (anche questo mascherato) ad aprire quell’enigma che i figli sono diventati per loro.
E i figli, come animali, sentono quando c’è la paura dei genitori, e, quando non c’è, sentono il loro sostanziale disinteresse emotivo. Soli da piccoli, affidati alla televisione o alle prestazioni mercenarie dell’esercito delle baby-sitter, questi figli del benessere e della razionalità, crescono con un cuore dapprima tumultuoso che invoca attenzione emotiva, poi, quando questa attenzione non arriva, giocano d’anticipo la delusione e il cinismo per difendersi da una risposta d’amore che sospettano non arriverà mai.
A questo punto il cuore, un tempo tumultuoso e invocante, si fa piatto, non reattivo, pronto a declinare ora nella depressione ora nella noia. E quando la tempesta emotiva si abbatte sul cuore, ormai arido perché mai irrigato, si comprime tutto con le difese impenetrabili approntate dalla buona educazione, dalle buone maniere, dal buon allenamento nella palestra gelida della razionalità.
Tutto bene dunque? All’apparenza si, tutto bene. A scuola non vanno male, col prossimo si sanno comportare, vestono anche bene, e con le maschere, che con estrema facilità indossano e sostituiscono, l’allenamento è collaudato.
La sessualità, quando c’è, è tecnica corporea, perché questi ragazzi sono “emancipati”, in discoteca ballano in modo parossistico, insieme a tutti gli altri, la propria solitudine. Un po’ di ecstasy dà quella leggera scossa emotiva di cui si è assetati, ma non lo si dice, lo si fa per moda, per essere come gli altri, con cui si fa “gruppo”, anche gruppo ben educato, nel tentativo di ottenere dagli amici quel residuo di conforto affettivo di cui il loro cuore, come un organo autonomo, saltuariamente ha sete.
Finché alla fine tutto esplode. La compressione della razionalità mai diluita nell’emozione, la difesa delle buone maniere, che ormai, persino a propria insaputa, fanno tutt’uno con l’insincerità, la noia, che come un macigno comprime la vita emotiva, impedendole di entrare in sintonia con il mondo, formano quella miscela che sotterra l’io di questi adolescenti infelici, facendoli agire in terza persona con gesti che la storia dell’uomo fa fatica a reperire come suoi.
Sono gesti che mettono in crisi la giustizia e, con la giustizia, la società che, per tranquillizzarsi, è sempre alla ricerca di un movente. E il movente in effetti non c’è, o se c’è è insufficiente, comunque sproporzionato alla tragedia, perché ignoto agli stessi autori. Cercarlo ci porta lontano, tanto lontano quanto può esserlo l’avvio della loro vita, lungo la quale è stato loro insegnato tutto, ma non come mettere in contatto il cuore con la mente, e la mente con il comportamento, e il comportamento con il riverbero emotivo che gli eventi del monto incidono nel loro cuore.
Queste connessioni che fanno di un uomo un uomo non si sono costituite, e perciò nascono biografie capaci di gesti tra loro a tal punto slegati da non essere percepiti neppure come propri. E questo perché il cuore non è in sintonia con il pensiero e il pensiero con il comportamento, perché è fallita la comunicazione emotiva, e quindi la formazione del cuore come organo che, prima di ragionare, ci fa sentire che cosa è giusto e che cosa non è giusto, chi sono io e che ci faccio al mondo.

Tratto da “L’ospite inquietante” di U.Galimberti

Nessun commento:

Posta un commento

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
Foto di Euro Delladio

MINU

MINU
Foto di Sabina

Archivio blog