31/10/09

LA SAGRA DEI RAVALESSI


Tra le tante sagre di Tesero che qui ricordiamo, Sant’Eliseo profeta (14 giugno, patronale), Madonna de le Grazie (2^ de maggio, Lago), Santissima Trinità (maggio/giugno, rione Pedonda), Madonna Addolorata (3^ de settembre, Stava) e San Bartolomeo (24 agosto, Pampeago), ve n’è una dimenticata che si festeggiava, ancora sino a 50, 60 anni fa, nel pomeriggio dell’ultima domenica d’ottobre. Era la sagra del rione di San Gianardo (da Casa Rana e Casa Löbela sino al Brüstol) chiamata “sagra dei ravalessi”. Era una sagra atipica per Tesero. L’unica pagana (e forse per questo abbandonata). Come tutte le feste pagane, che venivano e vengono tutt’ora festeggiate in questo periodo stagionale, celebrava il passaggio dalla fertilità al riposo vegetativo delle campagne, dalla luce alla tenebra e in modo più criptico e simbolico dalla vita alla morte. Era una festa di ringraziamento a conclusione dell’anno agrario (che corrispondeva più o meno a quella di origine celtica, detta di Halloween, che si festeggia il 31 ottobre). Nel rione, per l’occasione, si lessavano i ravi (tipica orticola autunnale) che venivano serviti a tavola assieme a patate tonde e miel de saügo. Contemporaneamente i ragazzi si recavano te Piasòn per il caratteristico lancio de le móncele (le più grosse rape raccolte) facendole ruzzolare a valle. Questa particolare festa meriterebbe forse di venire riscoperta e riproposta ad uso e consumo dei soli residenti, visto che, da qualche tempo, è in discreta ripresa la coltivazione della campagna locale. Suggeriamo quindi al Comitato sagre di Tesero di farci un pensierino per il prossimo anno, allestendo davanti ai Conventi e alla chiesa di San Gianardo dei banchetti di pietanze fumanti, magari aggiungendo ai ravi, alle patate tonde ed al miel de saügo, del vino novello e delle castagne. E condendo il tutto, naturalmente, con la sopraffina musica de ‘l Bandin.

L’Orco

P.S.

A proposito di fine anno agrario e di ringraziamenti il presidente onorario della Mi.Sa.Po., signor Mario Delladio, non potendolo fare personalmente, ci chiede di far pervenire agli ignoti (e idioti) buontemponi che anche quest’anno si sono divertiti a roncare con motocross o fuoristrada le campagne di Milón e Porina, la sua più profonda gratitudine.

28/10/09

27/10/09

“CONNECTING PEOPLE “


Alla corta o alla lunga voler stare ai tempi ed essere adeguatamente moderni può far emergere non poche contraddizioni. Oggigiorno nessuno fa più caso alla musichetta che si diffonde nei supermercati mentre si fa la spesa. Si iniziò qualche decennio fa. Adesso per quelli che hanno vent’anni, o giù di lì, sembra una cosa del tutto ovvia, naturale. Ma non è sempre stato così. Per chi, come il sottoscritto, visse quel fondamentale passaggio dall’essenziale nar a provéder al superfluo to go shopping, la cosa apparve effettivamente strana all’inizio. Poi ci si abituò. In seguito capimmo che si trattava di una tecnica di condizionamento subliminale per far disconnettere temporaneamente il cervello e stimolare la compulsione all’acquisto. Dietro a quelle innocenti musichette non si nascondeva dunque alcun intento filantropico. Nient’altro che psicologia applicata alle strategie di marketing.
Ormai in ogni luogo di interesse pubblico (eccezion fatta – per ora – nell’amministrazione pubblica) è un proliferare di apparecchi diffusori di suoni e immagini, quasi sempre peraltro di gusto discutibile. E così, giorno dopo giorno, al paziente del dentista, piuttosto che al cliente della cooperativa, o del bar sottocasa, si somministra un’ulteriore e 'gratuita' dose di rincoglionimento. Da un po’ di tempo, inopinatamente, anche la nostra cassa rurale si è attrezzata alla bisogna. Stupisce che il benemerito istituto di credito, sempre pronto al mecenatismo culturale, volto a mantenere quel filo importante tra presente e passato e quindi a tener desta la soglia critica del confronto tra ieri e oggi, si sia premurato di piazzare un maxischermo televisivo nel salone principale, limitando la possibilità di conversazione tra i clienti in attesa del proprio turno. Non sappiamo da chi sia partita l’idea, ma almeno in questo caso la logica della bella trovata ci è oscura.
Si vive in un mondo alienato e alienante sempre più ostile all’interazione sociale e dove le occasioni estemporanee per parlare, per confrontarsi e per discutere diventano sempre più rare. E quando quell’unica opportunità quotidiana si presenta, magari sotto forma di coda allo sportello della banca, la si compromette quasi fosse un’eventualità terrificante. Dalla cassa rurale non ce lo saremmo aspettato. Ma forse pensiamo male (come sempre!). Forse in questo caso l’intento è davvero filantropico. E forse con questa trovata la benemerita intendeva soltanto mitigare il senso di solitudine e di smarrimento, a volte addirittura di panico, che ci prende prima di entrare dentro a quei suoi confessionali vetrati... Così adesso, anche in banca, grazie ad un moderno televisore, puoi stare tranquillo, eviti di parlare 'a sproposito' delle cose locali e soprattutto hai la possibilità di non perderti nulla di ciò che accade in tempo reale sul pianeta. Sky news, la caleidoscopica 'finestra sul mondo' adesso, grazie alla cassa rurale, non ti abbandona nemmeno mentre ti accingi a pagare il conto dell’idraulico. E ti permette di essere in contatto col resto dell’umanità. Sempre, comunque e ovunque 'connected people'. L’unica controindicazione è che poi, mentre modernamente 'sai', in tempo reale, ciò che accade a Kabul, a Caracas o a Singapore, non sai quello che succede sotto i tuoi occhi te Valusella, te Sa Noesco o te Begnesin. Che (nel primo caso) la speculazione edilizia, indecentemente, s’è mangiata una parte importante di paesaggio, per lucrarci sopra (a 5.000,00 euro al metro quadro) magari anche con denaro mafioso che rientrerà sul suolo patrio grazie al delinquenziale decreto governativo dello scudo fiscale. Che (nel secondo) per far entrare nella Historia Teseri un Tizio dall’ego smisurato (che nel suo paese di residenza, Carano, evidentemente conta troppo poco, ma che qui purtroppo conta ancora tanto) il Comune ha dato il permesso di edificare una casa di riposo per ricchi nel posto più sfigato possibile tra i tanti siti più adatti disponibili in valle. Che (nel terzo) la sistemazione con la bella pavimentazione che sempre il Comune sta ultimando (grazie anche all’attivismo dell’assessore Barbolini) presupporrebbe che pian piano, anzi veloce veloce, la gente si riabituasse a frequentare gli scorci caratteristici del paese a piedi, mentre, lungi da ciò, quella gente sta invece tramando per fare lo sgambetto elettorale proprio all’assessore Barbolini. Guarda un po’ te la gratitudine…
Insomma, di musichetta in musichetta, di news in news, facendoci credere di essere veramente 'connected people' ovvero liberi di sapere e di comunicare con tutti di tutto e di più, ci stanno invece togliendo la capacità di ragionare e di pensare autonomamente in maniera critica alle cose più prossime e contingenti. Ma di questo la cassa rurale non è affatto preoccupata perché sa che ad informare esattamente la nošša ŝente delle cose locali ci penserà poi la prima radio libera d’Italia alias la os de caša nošša con il suo formidabile anchorman Emme Effe.

Post scriptum

E i 'giovani' che dicono al proposito? Niente, naturalmente! Stanno tranquilli. Ma si allenano con grande abnegazione per entrare tra qualche mese nella 'stanza dei bottoni'. Organizzando feste campestri, giornate ecologiche, sagre, corte e parlando senza convinzione di Memoria.

Ario Dannati

26/10/09

PASSAPAROLA - 26/10/2009


IL MITO DEL WEEK END: LO SFOGO DEGLI SCHIAVI


C’è una parola che, con anglofila e intrigante “verve”, si è insinuata nella coscienza comune del nostro paese, e che è diventata un pò una nuova religione: il weekend. Il fine settimana, per dirla alla casereccia, ha assurto, negli anni, a vero e proprio status symbol, con tutti i suoi derivati e connessi: happy hour, serate all’insegna del “divertimento” (leggesi sballo), frenesia anticipatoria da grande evento. Al di là delle differenze prettamente “sociali” del fenomeno, che, in luogo di un “giorno di riposo” che era altresì un momento di socializzazione, in cui si cementavano i rapporti che già si intrattenevano durante la settimana (nel lavoro, nell’osteria o bar di paese, nelle scuole e via dicendo), è diventato ora un “esodo” in una delle mecche del divertimento, luoghi spersonalizzanti in cui l’individuo, solo tra soli, è riconfermato più che mai nel suo anonimato collettivo, nel suo essere numero, quello che ci interessa è la sensazione diffusa di una “febbre da weekend”. La sensazione cioè che ci siano migliaia di persone che “vivono” per inebetirsi di aperitivi, di serate in discoteca, con gli annessi di alcool e droghe, e via dicendo. Questo fa pensare che, nella realtà, a pochissime persone piaccia la propria vita. Se il weekend diviene un momento di “sballo”, di fuga dalla realtà collettiva, di “finzione collettiva”, in cui molte volte si simula una personalità e una persona (nel senso di maschera), che non si è durante il resto della settimana, se ci sono persone che “vivono” letteralmente per questi due giorni, ci rendiamo conto facilmente che vi è un “disagio del quotidiano”, che prima non era avvertito.Strano, perché ci avevano sempre fatto credere, prima della paradisiaca epoca moderna, che ha eliminato i frustranti lavori nei campi e a contatto con la natura e di artigianato manuale, per sostituirli con la più razionale catena di montaggio, che la gente si ammazzasse di lavoro, che fossero tutti degli epigoni di schiavi, che non avevano altra ragion d’essere. La realtà è che nell’epoca in cui il lavoro è divenuto il valore assoluto dell’esistenza, con i suoi corollari della carriera, dello stipendio e della “posizione”, non si è prodotto in realtà una libertà dal bisogno e una serenità, visto che molti lavori faticosi sono stati sostituiti dalle macchine, ma al contrario si è creato un senso più sottile, più penetrante, e strisciante di schiavitù: schiavitù non solo dei bisogni, che ora sono moltiplicati rispetto alle epoche precedenti (e totalmente inutili), ma anche una forma di alienazione e di insoddisfazione dello stile di vita che si è costretti a fare per “soddisfare” questa molteplicità di bisogni indotti. E cosi la valvola di sfogo dell’operaio, dell’elettricista, della commessa, ma anche dell’impiegato, del laureato e del professionista, è divenuto il famigerato “weekend”, di cui vengono cantate le lodi in canzoni e programmi televisivi, come di un nuovo “giorno sacro”. Ma in tutto questo agitarsi e delirare per un fine settimana che compensi delle squallide esistenze che la gente è costretta a vivere, in questo desiderio di fuga continua, di “non pensare”, di cercarsi e di cercare un senso all’interno dei “templi del divertimento”, noi vediamo l’evasione onirica di schiavi, che, nel buio delle loro celle, sognano una vita diversa. L’ironia è che nemmeno nei loro “sogni”, propiziati dall’etilismo o dallo sballo chimico, essi si immaginano qualcosa di più che appartenenti ad una indefinita e convulsa moltitudine, che ama, desidera, ambisce e invidia, le stesse situazioni, gli stessi oggetti, gli stessi luoghi e le stesse persone. Allo schiavo moderno manca anche in sogno, la capacità di elevarsi a singolo, ad unico, ad individuo in luogo di “massa”, di “popolo della notte”, di consumatore di divertimento, prefabbricato e standardizzato, che dovrebbe regalare le stesse sensazioni di euforia a buon mercato, a chi vive anestetizzato nell’illusione di essere “libero” perché lavora.

Fabio Mazza

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
Foto di Euro Delladio

MINU

MINU
Foto di Sabina

Archivio blog