21/12/07

FINE POLITICA DEL VERDE


L'ambientalismo in Italia è al tramonto a causa di una classe dirigente miope e distratta


Lungo tutto il Novecento le famiglie politiche si sono raccolte intorno alle tradizioni ideologiche del socialismo, con la sua variante comunista, del liberalismo e del cattolicesimo politico, anch'esso con le sue varianti popolari e cristiane. Solo negli anni Ottanta, che costituiscono, ben più del mitico '68, un tornante storico nella politica europea, la solidità di questa tradizionale articolazione ideologica si incrina. A far breccia nella cittadella social-liberal-cristiana provvede la cosiddetta 'rivoluzione silenziosa': un cambiamento di atteggiamenti nelle giovani generazioni del baby boom che rifiutano la politica burocratica, ossificata, spersonalizzata, vecchia, dei partiti tradizionali e promuovono una nuova agenda 'post-materialista', vale a dire una politica fatta in prima persona, irrispettosa delle gerarchie e delle idee ricevute, che pone al centro della propria azione la 'qualità della vita', coinvolgendo territori inediti, dalla liberazione femminile e sessuale alla difesa dell'ambiente. Da questo nuovo insieme di domande e priorità nascono i primi partiti verdi. Inizialmente una congerie folkloristica di animalisti, conservazionisti, antinucleari, profeti del ritorno alla terra, nostalgici del tempo andato e hippy di ritorno colora le prime riunioni del movimento ambientalista. Il folklore passa però in seconda fila quando in tutt'Europa si spande la nube di Chernobyl. La minaccia della catastrofe nucleare consente a questo movimento di capitalizzare le sue provocazioni e di insediarsi in tutt'Europa come un nuovo attore politico. Dalla culla tedesca e belga, partiti verdi si diffondono ovunque raggiungendo anche risultati elettorali a due cifre come in Francia nel 1993; in seguito entrano a far parte anche dei governi nazionali (in Finlandia nel 1995, in Italia e in Francia nel 1997, in Germania nel 1998, e in Belgio nel 1999 L'ecologismo politico raggiunge così la sua maturità negli anni Novanta e figure come quella del ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer contribuiscono a legittimare le sue aspirazioni a forza di 'governo'. Eppure, negli ultimi anni, nonostante alcuni successi simbolici come il Nobel ad Al Gore, questa nuova famiglia politica sembra segnare il passo. E in Italia ancora di più. L'ingresso al governo e la diversificazione delle sue iniziative al di là dei classici temi dell'ambientalismo, non hanno salvato i Verdi da una crescente marginalizzazione. Qualunque sia la causa, dalla debolezza della classe dirigente del Sole che ride a una persistente, diffusa ostilità/ diffidenza dell'opinione pubblica, il risultato è che oggi, in Italia, con la convergenza del partito di Alfonso Pecoraro Scanio nella neonata federazione della Sinistra, scompare il soggetto verde. Un esito forse inevitabile vista l'assenza dell'ambientalismo nell'agenda politica nazionale. Partito democratico e Forza Italia, tra gli altri, non mostrano alcun interesse per le politiche ambientali. In Gran Bretagna, invece, il tema del climate change coinvolge sia l'opinione pubblica a livello di base, militante (eroici i 10 mila che hanno sfilato per il vie di Londra sotto una pioggia battente il 9 dicembre, giornata mondiale di mobilitazione sul mutamento climatico, in connessione con la conferenza dell'Onu a Bali), sia la classe dirigente, con i due maggiori partiti che si sfidano a colpi di coscienza ambientalista. Tant'è che Tony Blair concluse il suo discorso d'addio al congresso laburista del 2006 parlando del climate change e il leader conservatore David Cameron si fa alfiere di politiche verdi. In Italia siamo ancora alle irrisioni verso coloro che chiedono città meno inquinate dal traffico, politiche dei trasporti alternative alla gomma, energie rinnovabili, raccolta differenziata e riciclaggio dei rifiuti. La politica del No alle richieste degli ecologisti non conosce scalfitture. Un solo dato per illustrare il nostro ritardo: l'Italia, paese dove fioriscono i limoni, produce 40 megawatt di energia solare contro i 1.400 (!) della 'solatìa' Germania. Tutto questo non è imputabile soltanto alla debolezza, anche culturale, del soggetto politico verde; buona parte di responsabilità va anche ad una classe dirigente miope e distratta. Difendere l'ambiente sembra ormai démodé. Molto più sciccoso il politicamente scorretto di chi vuole scorrazzare a tutto gas nei centri storici e impiantare un bel reattore nucleare sotto casa (quella del vicino, ovviamente). Ancora una volta, il marinettismo italico sfida ragionevolezza e lungimiranza. Non resta che affidarci al Carlo Petrini, gran sacerdote dell'incontro tra l'antica saggezza contadina del progetto Madre Terra e il postmoderno dello Slow Food.

Piero Ignazi – L’espresso 14/12/07

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