01/12/25

LA COOP SEI TU. NO, IO NO!

C’era una volta, nei paesi trentini, la Famiglia Cooperativa. Era il negozio di tutti, e tutti, per automatica affiliazione, vi si recavano per gli acquisti quotidiani di prima necessità. Le commesse e i commessi erano naturalmente compaesani. La mia memoria, nel ricordo di queste figure quasi mitiche, molte delle quali già passate a miglior vita, si spinge indietro sino ai primi anni Sessanta: la Gisella (Isoletta) Zeni (del Piciol) 1928, l Tullio Mich da Lago (1929), l Bruno Zeni (Cesterin) 1930, l Pierin Trettel (Fanin) 1932, la Rosina Zeni (Valgerota) 1936, la Mariarosa Vinante (Micea) 1940, l Giuliano Redolfi 1942, la Giuliana Andreatta 1942, la Giuliana Cristel (Panetti) 1943, l Mario Ventura (Cionder) 1944, la Marcella Trettel (Negrelli) 1944, la Silvana Canal (Bolza) 1946, l’Albina Gilmozzi (Rasa) 1946, la Giacinta Zeni (Valgerota) 1946, la Teresina Trettel (Deli) 1948, l Paolo Deflorian (del Ciro de la Melania) 1948, la Maria Delladio (del Teodoro) 1950, e altre ancora.





In quell'epoca ormai lontana, anche il consiglio di amministrazione era eletto e costituito da uomini del posto; lo spirito solidaristico "donguettiano" stava alla base del suo operare e, di conseguenza, tra l’altro, deliberava l'assunzione del personale privilegiando spesso "giovani e signorine di specchiato irreprensibile contegno sociale", provenienti da famiglie numerose e, talvolta, magari, in difficoltà economiche. La gestione della Famiglia era semplice e “sostenibile” (aggettivo quest’ultimo che all’epoca era vero nei fatti e non, come sarebbe accaduto molto tempo dopo, soprattutto e fintamente negli slogan). Lo spaccio delle derrate alimentari, per esempio, si faceva al banco, il cuore pulsante del negozio, dove il personale serviva ogni cosa adoperando l'unico materiale (oltre al vetro e alla latta) preposto al packaging, cioè la carta o al più, per le farine, il sacchetto di stoffa, senza consumo sfrenato d’imballaggi plastici indistruttibili. Veniva servita sfusa, per esempio, la marmellata, stoccata sullo scaffale in appositi mastelli di legno a tronco di cono. Così la cioccolata, disponibile di solito in tranci avvolti in una carta stagnola dorata, che veniva tagliata a richiesta e incartata. Il pesce (per lo più lo sgombro) veniva invece servito e impacchettato nella carta oleata. Per il “rabbocco” dell’olio il cliente si recava in cooperativa munito della propria bottiglia vuota che lì veniva riempita. Insomma, niente self-service, ma economia vera e, soprattutto, rifiuti al minimo. La nota spesa di quanto comperato al banco veniva annotata col relativo importo dalla commessa servente su un foglio colorato di un piccolo block-notes che il socio/cliente consegnava poi alla cassiera per le operazioni di incasso e la registrazione sul libretto personale. Anche i pagamenti non avevano bisogno di particolari stratagemmi, di tessere, o di qualsiasi altra diavoleria. Li si faceva semplicemente usando la vecchia e funzionale cartamoneta, immediatamente all'acquisto o, più comodamente, posticipandoli in un'unica rimessa a fine mese. Insomma, facilità ed efficienza in un contesto ambientale familiare, appunto, di mutuo rispetto tra paesani con ruoli diversi: quelli con la "telara" verde/grigia dietro il banco e quelli in abiti borghesi davanti, in attesa del proprio turno.

Andò avanti così sino all’inizio degli anni Settanta. Poi, l’evoluzione dei costumi, la mobilità, lo sviluppo economico e urbano, il turismo, l’ “americanizzazione” dei consumi, con l’introduzione anche in Coop del sistema self-service, trasformarono via via anche le piccole comunità paesane, che assunsero connotati più vicini e simili a quelli di città. Di conseguenza, le conoscenze e i contatti di vicinato cominciarono a rarefarsi sino a sparire quasi del tutto. In quella temperie onnicomprensiva non poteva certo estraniarsi alcuna parte dal tutto. Così, anche la Famiglia Cooperativa si conformò a immagine e somiglianza di quella società modificata, perdendo sempre più le precipue caratteristiche del negozio di vicinato, che per anni, dal primo dopoguerra sino ai primi anni Ottanta, era stato il punto di riferimento commerciale principale di ogni piccolo/medio paese trentino.

E veniamo all’oggi. La Coop ora è un gruppo nazionale importante, che deve confrontarsi con una sempre più agguerrita concorrenza. Le melanconie romantiche e "donguettiane" legate a quegli anni lontani non possono più esserne il segno distintivo. Bisogna categoricamente efficientare il sistema. Il socio non ha più un nome e un cognome, ora è un numero, anzi un QR code. E il personale che conoscevi e col quale ti rapportavi in maniera diretta non esiste più. Ora in servizio ci sono commessi e commesse in perenne avvicendamento, obbligati a spostarsi da una filiale all’altra e a usare l’auto ogni giorno per recarsi al lavoro, in base a non si capisce qual principio e in barba a un’altra moderna chimera, quella dello zero emissioni.

Oggidì, acquistare alla Coop o alla Despar o al Poli ormai è quasi indifferente. Anzi, paradossalmente la Cooperativa, affiliata al gigante della Federazione Trentina e dunque, teoricamente avvantaggiata nella logistica e nella distribuzione rispetto al concorrente privato, spesso è meno conveniente. Chissà come mai. Quindi, in una lotta sempre più serrata, per mantenere la linea di galleggiamento c’è necessità di vincolare la clientela ancor di più e di tornare se possibile a quell’affiliazione del tutto automatica, ovvia e scontata di un tempo. Ma, se il socio/cliente è ormai un QR code, come fare? Non certo ripristinando lo spirito delle origini, sia mai! No, attraverso massicce, estenuanti, quotidiane, campagne promozionali di “istigazione” al consumo. Sino a raggiungere il paradosso della discriminazione tra i soci. Socio con app e socio senza app. Assurdo!



Proprio in questi giorni è in corso una campagna promozionale su una moltitudine di prodotti con sconti anche molto importanti riservata però ai soli soci muniti di app. Neppure quelli con la “tradizionale” tessera arancione possono beneficiarne. Ma come! Io socio A pago in contanti con la tessera arancione l'acquisto del prodotto X a prezzo pieno! e tu cooperativa con questa mia azione hai la disponibilità immediata della mia rimessa, ma, anziché premiare me vai a premiare il socio B, munito di app, che però ti accrediterà l'importo dell'acquisto dello stesso prodotto X ma scontato! soltanto a fine mese. Qui il buonsenso ci dice che qualcosa non torna. Perché? Per chi non bazzica da anni le fonti avvelenate del mainstream bugiardo e fanfarone è abbastanza facile intuire dove con queste politiche commerciali apparentemente paradossali si voglia andare a parare. Basta unire i puntini, perché tutto si tiene. Ovviamente, a chi non avesse ancora colto l’antifona dei fatti accaduti in Italia e nel mondo a far data dal 2020, sarà probabilmente difficile unirli.

Ecco dunque la (probabile) ragione del paradosso. La Federazione della Cooperazione Trentina, cui fa capo anche la filiera dei Supermercati Trentini e delle Famiglie Cooperative (a loro volta affiliati al gruppo Coop), è molto vicina ai cosiddetti “protocolli di Davos” (quelli della famigerata Agenda 2030) che portano avanti, con sempre maggiore forza ed evidenza, la digitalizzazione massiva di ogni aspetto dei rapporti interpersonali. Nel 2026 in Italia partirà la sperimentazione della cosiddetta CBDC (valuta digitale della banca centrale) cioè dell’€uro digitale. 
Ciò provocherà (e questo è l’intento nascosto), salvo un'improbabile alzata di scudi da parte della maggioranza della popolazione, la progressiva sparizione del contante.




Tornando alla Coop, ecco spiegarsi il motivo vero degli incentivi premiali all’uso di app a danno di chi invece pur socio e con tessera arancio paga in contanti. Chi acquista con l’app viene fidelizzato non tanto al negozio in sé, come ci vogliono far credere, ma ad usare in ogni contesto dispositivi elettronici digitali per introiettare nell'immaginario collettivo l'equazione farlocca no cash + digitale = comodità & libertà.



Purtroppo, per noi (tutti) è vero esattamente il contrario. La digitalizzazione di ogni aspetto della nostra vita costituirà la vera gabbia dove i padroni universali vogliono rinchiuderci. Gabbia gestita e sorvegliata da remoto attraverso la cosiddetta Intelligenza Artificiale. Se riusciranno a raggiungere il loro obiettivo non saremo più padroni di niente. Ogni cosa sarà controllata: ogni acquisto, ogni operazione bancaria, qualsiasi azione quotidiana che comporti un movimento di denaro pur minimo (dal biglietto ferroviario o del bus al ticket sanitario, dalle fortae pagate al giro de le "Corte" al bicchiere di vino al bar, dal libro acquistato in negozio alla cena pagata in pizzeria, dall'entrata in un cesso pubblico all'entrata al museo, e chi più ne ha più ne metta) sarà registrata ed entrerà nei mega database dell’I.A., con buona pace della privacy e di tutti i nostri "dati sensibili". Soltanto il baratto, forse, non sarà soggetto al controllo! Con la scomparsa del contante, l'occhio del Grande Fratello digitale, riuscirà a vedere e a registrare vita morte e miracoli di ognuno di noi. E potrà di conseguenza imporci a suo piacimento, cioè dei padroni universali, qualsiasi cosa. Il nostro denaro, ormai digitalizzato, non sarà più nella nostra arbitraria ed esclusiva disponibilità, ma diverrà di fatto una semplice "gentile" concessione, magari addirittura a tempo. Basterà un clic e saremo fottuti.

Meditate gente, meditate.

Ario

27/11/25

FINE PENA MAI

(...)

In etterno verranno a li due cozzi:
questi resurgeranno del sepulcro
col pugno chiuso, e questi coi crin mozzi.

Mal dare e mal tener lo mondo pulcro
ha tolto loro, e posti a questa zuffa:
qual ella sia, parole non ci appulcro.

Or puoi, figliuol, veder la corta buffa
d’i ben che son commessi a la fortuna,
per che l’umana gente si rabuffa;

ché tutto l’oro ch’è sotto la luna
e che già fu, di quest’anime stanche
non poterebbe farne posar una".


(...)

Dante - Inferno Canto VII




Mancano solo pochi giorni. I demoni dell’avidità e del denaro “facile” sono quasi pronti a scatenarsi. Dal 30 novembre prossimo, prima domenica d’avvento (non soltanto di nostro Signore Gesù Cristo, ma, soprattutto, delle avanguardie kamikaze che si riverseranno in queste valli per essere letteralmente spennate) inizierà la più grande predazione della storia ai danni di questi territori, che in una crescente frenesia giungerà al parossismo tra una sessantina di giorni.

La parte più “indemoniata” e insaziabile dei residenti, manco stesse uscendo dalla più nera miseria postbellica, sta ultimando l’allestimento della grande trappola olimpica acchiappa denaro. Dagli alberghi e dai ristoranti rimessi a nuovo, alle ristrutturazioni edilizie private pronte a cavare 10.000 €uro a settimana, siamo agli ultimi dettagli (la posa sulle fioriere dei coppi di brugo bicolore e delle “dase” di peccio), poi la famelica attesa di quell'ingorda minoranza finirà.




“Oro, oro, altro che pézi!” vaticinava all'epoca dei primi mondiali di sci un anonimo entusiasta “profeta” ai microfoni di Radio Fiemme. Ed in effetti, a ragion veduta, quel “profeta” ci ha preso in pieno: da allora i "pézi" delle nostre foreste (l’oro verde di un tempo) si sono ridotti drasticamente, mentre l’oro giallo nei caveau della cassa rurale s’è accumulato a dismisura.

Nel frattempo, anche le comunità locali, solidali, autentiche, sinergicamente legate a questi luoghi e al suo territorio, identificate nei valori quasi millenari rappresentati dalla Magnifica Comunità (Generale) di Fiemme si sono sostanzialmente dissolte, atomizzate. Delle rustiche e tenaci Gens Flemmorum rimane ben poco, retaggio di un mondo ormai scomparso. Il “grande evento”, dunque, sancirà l’ingloriosa fine dell’identità fiemmese.

Adesso il centro di gravità permanente di chi abita questa vallata è proprio la cassa rurale, ingranditasi a dismisura grazie a quei demoni. 
È questo il nuovo tempio frequentato ogni giorno dagli accumulatori patologici dello sterco del diavolo, dov'essi al prezioso metallo, custodito nei suoi blindati sotterranei,  tributano compiaciuti le lodi più grandi.
"Che vaghe tütto a sé far ciavàr, ma, come sempre,  guai che la cambie!" In saecula saeculorum, amen.

L'Orco


14/11/25

IL CARO CASA OLIMPICO

Il post di Cittadinanza Attiva descrive perfettamente quanto sta succedendo in valle ed in particolare nel nostro Comune. Anche io trovo eccessivo “lo spropositato entusiasmo” per l’evento olimpico manifestato dalla componente politica, mentre la maggior parte dei paesani/valligiani non dimostra sicuramente un tale entusiasmo, anzi. Concordo sulla speranza che a conclusione dei giochi, a Tesero, ci sia quel cambio di “passo” promesso in campagna elettorale dagli attuali amministratori e che ci sia maggiore attenzione per il nostro territorio.
Anche oggi i quotidiani locali riportano le difficoltà che hanno i nostri giovani a trovare casa. 


Sia in affitto che di proprietà, a causa dell’ aumento non giustificato dei prezzi. Io credo, pertanto, che una delle priorità alle quali il prossimo anno dovrebbero essere convogliate le maggiori energie “amministrative” sia quella di intervenire sul Piano Regolatore Generale e sul Regolamento edilizio, in modo da privilegiare le costruzioni o ristrutturazioni da adibire a prima casa di persone residenti. Ovviamente, dopo aver fatto eseguire a esperti pianificatori le analisi sul contesto abitativo del nostro paese e dopo aver sentito le esigenze dei cittadini.
Nella prima adozione della variante al PRG di ottobre 2024, (ancora ferma in provincia, come ha dichiarato recentemente il Sindaco) è stata inserita un’area di proprietà comunale di complessivi 4826 mq di superficie, quale “intervento a sostegno della realizzazione della Prima casa - Area residenziale C3 - destinata alla prima casa con vincolo di piano attuativo. La previsione di PEA è finalizzato a realizzare progetti di edilizia convenzionata.” Iniziativa lodevole, ma nelle N.T.A (norme tecniche di attuazione) non era presente però la scheda tecnica del piano attuativo, che secondo me avrebbe dovuto esserci, contenente gli obiettivi e i criteri dell’intervento , le regole di trasformazione, le caratteristiche costruttive, l’attuazione e i vincoli da apporre a tali residenze ordinarie in modo che il requisito di prima casa sia mantenuto per parecchi anni (sicuramente più di 5). Invece nessun vincolo particolare emerge in questa variante. Forse nel PRG quell’area poteva essere inserita come area destinata ad “edilizia popolare” non come “area residenziale C3” . In tal modo anche il valore al mq. sarebbe stato minore (chi ne sa di più mi corregga se sbaglio).

L’area residenziale C3 attualmente prevede :

Aree C3

· superficie minima del lotto: 600 m²;

· SUN massima del fabbricato 240 m²;

· altezza massima del fabbricato: 8,50 m;

· altezza del fronte 8,50 m;

· n° massimo di piani 3;

· Uf (indice utilizzazione fondiaria) 0,36 m²/m²;

· superficie permeabile: 30 %.

Quindi nell’area destinata a prime case di mq. 4826, sempre che la morfologia del terreno lo consenta, potrebbero starci 8 lotti (superficie minima 600 mq) con altrettanti edifici anche di tre piani, la cui sun di 240 mq. consentirebbe la realizzazione di tre appartamenti in ogni edificio. Ma in questo caso le famiglie che ne potrebbero beneficiare sono 8. Se invece i lotti fossero anche diversi e venissero realizzate case a schiera unifamiliari (vedi lottizzazioni nei paesi vicini ) con una SUN (superficie utile netta) di una metratura adeguata per famiglie di 4/5 persone, i beneficiari potrebbero essere anche il doppio. Sarebbe da non prevedere l’edificazione di case singole di più appartamenti, dei quali spesso, uno solo viene usato dal proprietario e gli altri usati come B&B, oppure case destinate inizialmente a prima abitazione dei figli, poi affittate a turisti. Così si favorisce solo la pratica degli affitti brevi peggiorando il fenomeno dell'overturismo. 


Quindi stabilire in partenza cosa l’amministrazione intendeva fare sarebbe stato sicuramente meglio.
Importante poi sarebbe, sempre secondo me, che siano effettuati dei controlli affinché le case con vincoli abitativi, siano veramente usate come residenza ordinaria e che le persone che chiedono l’inserimento di nuovi terreni per la prima casa ne siano effettivamente sprovvisti, senza avere una rete familiare proprietaria di più appartamenti o case da ristrutturare lasciate in stand by, per ristrutturarle in seguito e trasformarle in B&B.
La nuova amministrazione a mio modesto parere ha pertanto la possibilità di intervenire su molteplici aspetti in materia urbanistica, fino ad ora non considerati o volutamente trascurati.
Se venissero rispettati determinati requisiti, forse anche le giovani coppie potrebbero avere l’opportunità di formare nuove famiglie, acquistando i terreni a prezzi contenuti, e costruire una propria abitazione spendendo meno, con mutui più contenuti, rispetto ad acquistare abitazioni da società immobiliari che vendono a prezzi spropositati.

Giuliana Iellici




07/11/25

LETTERA APERTA AL PRIMO CITTADINO


Egregio Sindaco, sono trascorsi sei mesi dall’elezione che ti ha visto trionfare lo scorso 4 maggio con un perentorio 7 a 3. Ci auguriamo che nel frattempo tu abbia preso dimestichezza con la complessa macchina amministrativa che a noi cittadini chiedevi di poter guidare. Dunque, ora che ne sei al volante ci piacerebbe capire se, come intimamente auspicavamo, ci sarà discontinuità da parte tua e della tua giunta rispetto al precedente decennio ceschiniano. Sappiamo bene che è presto per poter pretendere il cambio di passo, soprattutto in ragione del “macigno” rappresentato dalle famigerate olimpiadi prossime venture. Quindi pazienteremo sino a conclusione dei cosiddetti giochi. Non possiamo tuttavia esimerci dal manifestarti il nostro grande disappunto per lo spropositato entusiasmo, rispetto al merito, che le pubbliche, elettive amministrazioni (anche le nostre) hanno tributato e continuano a tributare a questa manifestazione sportiva e alle sue precedenti equivalenti. Soprattutto, troviamo vergognoso che la PAT abbia deciso di finanziare nuovamente opere inutili e peraltro già esistenti (centro salto e centro fondo), sperperando somme di denaro ingentissime, che a giochi finiti si trasformeranno immediatamente in oneri perenni a carico dei territori sottraendo risorse a necessità reali e locali ben più importanti e generali.



Tutto ciò mentre il CIO (mangiatoia internazionale sotto falsa bandiera per filibustieri di ogni ordine e grado) attraverso i diritti televisivi e le sponsorizzazioni intascherà, grazie al nostro territorio, milioni e milioni senza colpo ferire rifilandoci però in cambio aforismi d’inestimabile valore (purché scritti in inglese, s’intende) del tipo “Tesero, It’s your vibe”. Troviamo altresì disgustoso dover registrare che nel mentre il principale prenditore nostrano dell’ “evento” (Misconel) ha le mani in pasta in tutte le opere previste e finanziate con denaro pubblico sonante, ai residenti (l’85% della popolazione) che per questa adunata sportiva internazionale avranno solo da rimetterci (incremento esponenziale del costo dei beni e dei servizi, disagi, traffico e inquinamento aggiuntivi, diminuzione delle risorse naturali, e, dunque, un conseguente indiscutibile peggioramento della qualità della vita) gli si assegni la parte in commedia dei minchioni gaudenti. 



Ma vogliamo dirlo o no, finalmente, che a mettersi in tasca il malloppo (chi più chi meno, ovviamente) sarà, a farla grossa, un 15% scarso della popolazione? È o non è vergognoso che Provincia e comuni, per garantire all’Elefante giallo stratosferici ricavi, ci abbiano consegnati nostro malgrado a questa follia anacronistica che realtà turistiche più accorte respingono ormai al mittente senza indugio? Money, money, money e nient’altro. Perché ciò, al netto dei salti, dei sogni, delle staffette, delle fiamme olimpiche, delle massoniche cerimonie celebrative di apertura e di chiusura è lo scopo vero di tutto questo manicomio! Le amministrazioni territoriali non dovrebbero essere di parte ma super partes, quindi agire per il bene comune, cioè generale e non invece per conto e a tutela dei potentati economici! E invece no. Ancora una volta nostro malgrado, abbiamo dovuto registrare la prostrazione della politica ai loro diktat.

Anche se in molti non ne sono affatto consci (e tra questi, purtroppo, anche molti amministratori locali) con questo ulteriore passo siamo giunti probabilmente al capolinea dello sprofondo definitivo della nostra comunità di appartenenza e delle sue peculiarità identitarie.

Pertanto e concludendo, considerato il plebiscito elettorale da te ricevuto, spintosi ben oltre l’aspettativa attesa, e al quale col nostro voto abbiamo contribuito, confidiamo tu possa manifestare nelle sedi opportune il disagio di quella maggioranza popolare, cui apparteniamo, che da qui a febbraio e oltre ancora non riceverà né denaro né onori ma solo oneri aggiuntivi e disagi imperituri.

Cittadinanza Attiva

05/09/25

FOLLIE GLOBALISTE

Sono scaduti oggi i termini per inoltrare al Comune, da parte della cittadinanza, le osservazioni relative al PEBA (piano eliminazione barriere architettoniche), che fa parte dei diciassette cosiddetti obiettivi dell'ambigua Agenda 2030.



Detto che nel paese ideale oltre a questo sarebbe assolutamente necessario redigere e approvare una serie di altri piani parimenti importanti, che però ben ci si guarda dal porre in essere: il PRMM (piano riduzione mobilità motorizzata) da valere quantomeno per i centri storici, il PERM (piano eliminazione rumori molesti), il PEEN (piano eliminazione emissioni nocive), il PRES (piano riduzione dell'elettro smog) questione massimamente sottovalutata ma potenzialmente pericolosissima (vedasi p.e. l'installazione della nuova antenna 5G a Lago), il PTRVP (piano di tutela e rispetto del verde pubblico), eccetera. Questo incompleto elenco di buoni propositi mai concepiti e attuati conferma una volta di più che, in un paese ideale, il vero “piano dei piani” da approvare preventivamente prima di ogni ulteriore altro dovrebbe essere il PEDC (piano eliminazione deficit cognitivo) handicap del quale sono spesso “portatori” inconsapevoli gli amministratori pubblici.

Su quello in questione, il PEBA, nutro comunque parecchie perplessità. Innanzitutto perché nasconde la solita ipocrisia del “siamo tutti uguali” e quindi “tutti abbiamo diritto a…”. E invece, chi per sventura soffre di una qualunque minorità fisico/motoria non può fare ovviamente ciò che fa una persona perfettamente sana. Ciò vale per qualsivoglia tipologia di handicap. Dal cieco al paraplegico, dal cardiopatico all’autistico, dal sordomuto al mutilato. Non siamo tutti uguali!, e trovo insopportabile che l’ideologia “arcobalenica” fintamente inclusiva e onnicomprensiva che, appunto, l’Agenda 2030 porta avanti a spron battuto, voglia a tutti i costi farci credere che così non è.

Io (proprio io!) sono “portatore” di penalizzanti problemi congeniti a un'articolazione e quindi, tra le tante limitazioni, non posso percorrere determinati cammini accidentati. Perché dovrei pretendere che l’ente pubblico, attraverso costosi interventi di adeguamento, sistemasse qualsiasi sentiero di montagna, per permettermi, per esempio, di camminare in lungo e in largo nei luoghi in quota, ovviamente accidentati? Per questa mia condizione, non imputabile agli altri, non ho mai fatto né un trekking nel Lagorai, né una discesa con gli sci, né giocato una partita di calcio. E allora? Pazienza. Faccio altro. Ognuno può fare altro. Non siamo tutti uguali e non si può pretendere che chiunque, anche quello sfortunatamente affetto da patologie o/e handicap diversi, "abbia il diritto" di fare tutto… per decreto!

Ecco perché trovo l’enfasi sul PEBA ripugnante e falsa. Soprattutto perché esso, per quanto analitico e dettagliato possa essere, risulterà comunque incompleto e la sua costosissima realizzazione sarà sempre insufficiente. PEBA o non PEBA, nell’incessante mutamento dei luoghi e dei costumi, ci sarà sempre un “diversamente abile” che troverà un nuovo ostacolo e un nuovo inciampo per superare i quali avrà bisogno della solidarietà di chi è più fortunato.

A.D.

06/08/25

IL PONTE




Era una mattina tersa e luminosa. Un venticello leggero rendeva piacevole la giornata estiva. Lungo il ponte camminava una donna. Teneva per mano la sua bambina, che saltellava allegra al suo fianco. La bambina chiese: “Mamma, me lo compri il cappellino?” “Certo che te lo compro. Ma non oggi, lo prendiamo per il tuo compleanno”. “E quand’è il mio compleanno?” chiese la bambina. “E’ fra dieci giorni”. La bambina tacque per un attimo, poi disse: “E quanti sono dieci giorni, mamma?” La mamma paziente rispose “Dieci giorni sono domani, poi domani, poi ancora domani, così per dieci volte”. La bambina sorrise soddisfatta. Poco più avanti camminava un uomo ricurvo. Era già avanti negli anni. Stava andando al mercato rionale. Nelle sua testa, ripassava la lista delle cose da comperare: pane, mele, un pò di carote, forse un bel pesce da cucinare in famiglia. In quel momento passò una signora in bicicletta, che salutò l’anziano signore. L’uomo rispose con un sorriso gentile e con un gesto della mano. Chiaramente si conoscevano.



Dieci secondi dopo, nessuno di loro esisteva più. Non esisteva più la signora in bicicletta, non esisteva l’uomo anziano, non esistevano più la madre con la sua bambina. I loro corpi non c’erano più, fisicamente. Si erano letteralmente volatilizzati, scomparsi nel nulla. Il ponte era ancora lì, intatto, ma le persone che lo stavano attraversando non c’erano più.

L’ora era le 8.15 del mattino. Il giorno era il 6 di agosto del 1945. Il luogo era Hiroshima.

Massimo Mazzucco



03/08/25

BRT: SPECCHIETTO PER LE ALLODOLE

In un'intervista di qualche tempo fa, data alla stampa locale, il presidente di Transdolomites, Massimo Girardi, confrontava l'idea del "Treno dell'Avisio", che l'associazione sta promuovendo da anni, con il cosiddetto BRT (acronimo di bus rapid transit) la cui stazione di Cavalese è in fase di ultimazione. Tra le due soluzioni, per Transdolomites (e anche per noi) la prima sarebbe stata sicuramente preferibile per tutta una serie di ragioni che Girardi ha puntualmente elencato. Peccato che l’idea di una efficientissima mobilità pubblica, davvero alternativa a quella privata, Il Treno dell'Avisio appunto, preveda come scenario principale sul quale tradursi eventualmente in realtà, le valli avisiane di Fiemme e Fassa (Cembra, per sua fortuna, fa storia a sé) accomunate ormai dall'identica inguaribile magagna: l'over turismo.


Il progetto pare quindi di difficile realizzazione, non tanto per le difficoltà tecniche, oggigiorno ampiamente superabili, bensì per lo scoglio culturale insormontabile rappresentato dalle abitudini poco ecosostenibili della massa illimitata dei vacanzieri che invade questi territori da gennaio a dicembre senza soluzione di continuità.



Specialmente il turismo invernale (e di conseguenza i comportamenti di quanti ne fruiscono) è quanto di più distante dal concetto di sostenibilità ecologica si possa trovare. Il cosiddetto circo bianco è sostanzialmente popolato da persone con scarsa consapevolezza dei problemi ambientali connessi e derivati da questo tipo di attività economica. Persone che raggiungono le piste con l’unico scopo di consumare un prodotto, che l’industria dello sci ha furbescamente ben imbandito sulla tavola del divertimento coatto in più di quarant’anni di marketing martellante.

Turisti 4.0 che i grand commis dell’industria dello sci hanno plasmato a loro immagine e somiglianza: rispetto della montagna, dei suoi ritmi, dei suoi silenzi, della sua sacralità, zero! Piste in stile luna park, illuminate a giorno sino a mezzanotte. Neve artificiale, rigorosamente artificiale (perché più performante). Fuochi d’artificio e botti fragorosi come a Napoli a San Silvestro per ogni minima occasione. Questa danarosa moltitudine sin troppo spensierata, forzata dalla propaganda al divertimento senza fine, attirata dagli strateghi del marketing verso questa montagna denaturata e “plastificata” non raggiunge ovviamente la meta in torpedone o in taxi. Nell’andirivieni della statale 48, da Ora a Canazei, sfrecciano per lo più ciclopici suv e berline di gran lusso.

Pensare che questi indisciplinati fruitori del territorio altrui, abituati alla confort-zone dei loro esclusivi magnificenti autoveicoli si abbassino all’umiliazione di dover salire su un bus, ancorché efficiente e rapido, per percorrere un tratto di strada a stretto contatto con dei comuni mortali e, soprattutto, si assoggettino ai vincoli di un orario prestabilito, riteniamo sia pura utopia. Potremmo anche sbagliarci, ma molto probabilmente il BRT sarà un flop. Comunque sia, nessun problema. I lavori per la realizzazione della Hauptbahnhof BRT di Cavalese stanno procedendo e i relativi 12 milioni stanziati per l’opera finiranno come previsto nelle tasche giuste. Questo era il vero obiettivo del BRT. Obiettivo pienamente raggiunto!

L.D.

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
Foto di Euro Delladio

MINU

MINU
Foto di Sabina

Archivio blog