16/04/15

LA FINE


Ancora una volta, l’ultima, la battagliera Giuliana disquisì con sapienza e puntiglio sulle questioni all’O.d.G. e poi votò con coerenza. La minoranza ufficiale invece, quella che poco dopo tramutò il suo nome in Maggioranza, sempre ligia alla sua parte in commedia recitò il suo solito copione: sbottò e si agitò, ma anziché infine dire sì o no, si astenne. Nemmeno al capolinea riuscì a spogliarsi dei suoi consunti abiti pilateschi. Dopo quell’ultima assise, la commozione del Sindaco, i saluti dei duellanti, seguì l’extra omnes (l’equivalente dotto di un ŝéme föra dai cojoni) pronunciato solennemente dal signor Secretari che concluse anche formalmente la tredicesima consiliatura di Tesero.


Spente le luci e chiuse le finestre, il giorno dopo toccò alle maestranze tutte del Palazzo rinfrescare i locali a dovere, cerare nuovamente i pavimenti, spolverare gli scranni, dare acqua alle piante d’addobbo assetate ed arieggiare.
Quindi entrò in scena il grande fabbriciere del comune (il pesante signor Ciro) che prima asperse i luoghi con essenze all' incenso e alla mirra, profumando le arie ancora viziate e poi con austero ritegno sigillò le stanche stanze consiliari in attesa dell’arrivo della nuova papessa e la sua corte.
Appena un anno dopo, forse meno, più nessuno avrebbe ricordato quel parlare, quegli inutili strepiti, quelle rabbie trattenute, quell’argomentare sottile e machiavellico, per giustificare l’ingiustificabile, specialità dei consessi di ogni ordine e grado ove si disputi di res publica. Chi dietro quei banchi tacque, chi parlò. I silenzi, le parole, gli aliti. Sì, in un qualche scantinato i verbali catturarono ancora per un po’ la polvere. Ma le carte restarono mute e oscure, nessuno le cercò più, sinché l’oblio e il tempo le cancellò del tutto.

Ario


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