Nell’immaginario popolare la figura dell’artigiano è quasi sempre associata a un carattere gioviale, disponibile, rassicurante, filantropico. Fors’anche perché ad essa si richiama l’immagine del suo santo protettore, quel San Giuseppe, che nell’iconografia cristiana è appunto raffigurato come un bonario e silenzioso falegname. Ma il cammino dell’evoluzione – da San Giuseppe in giù – come Darwin ci insegna, procede instancabile confacendosi alle parimenti evolventi condizioni dei tempi, delle culture e delle economie! Oggigiorno l’artigiano – sebbene possa ancora avere una parvenza rassicurante – ha profondamente modificato le sue precipue caratteristiche di antica memoria. Arriva alla piena maturazione professionale attraverso un percorso lavorativo che parte il più delle volte dalla gavetta: garzone dipendente, operaio generico, operaio specializzato e infine affrancamento e messa in proprio. Poi basta una partita IVA, un furgone, pochi attrezzi, cazzuola e frattazzo e il “gioco” è fatto. L’investimento finanziario richiesto generalmente non è granché, ma per una strana interpretazione della legge del contrappasso già dai primi lavori i corrispettivi che pretende dalla sua nuova clientela sono salatissimi. Qui, nel Paese dei presepi – grazie alle innumerevoli occasioni irripetibili che si sono susseguite negli ultimi 20 anni in conseguenza del disastro di Stava – questa categoria professionale si è incrementata a dismisura tanto che il di essa parco autoveicoli intasa in ogni dove la striminzita viabilità locale e praticamente ogni garzone edile o di falegnameria, non appena raggiunta la qualifica, va repentino a rinforzare le fila di questo agguerrito nuovo esercito. L’artigiano si distingue per la sua dinamicità, che non a caso spesso sottolinea munendosi da subito di una potente fuoristrada; tipicamente non ha orario: lavora indefesso per ore e ore, dal lunedì al sabato incluso. Quasi sempre l’appartenente a questa “casta” imprenditoriale non è acculturato e proprio per questo la sua mèta recondita è il riscatto sociale. La sua volontà è di acquisire la stima della comunità cui appartiene e poter manifestare il più presto possibile la rendita del suo lavoro attraverso l’ostentazione di beni materiali qualitativamente superiori (case e automobili soprattutto). Per queste ragioni egli è preda ambita delle donne (e chiamatele fesse!), in particolare di quelle "ad elevata emancipazione culturale”, certe che “accalappiandolo” potranno beneficiare condizioni di vita agiata e disponibilità di tempo per distinguersi a loro volta nella comunità di appartenenza. La più importante caratteristica del Nostro resta comunque la sua spiccata avversione alla burocrazia in generale e a quella fiscale in particolare. Non c’è niente da fare, è più forte di lui. Perché lui lavora, caspita se lavora! Non è un perdigiorno. E ddai!! È un artigiano!! Ed è giusto e sacrosanto dunque che il suo lavoro non debba scontare il gravame della tassazione e di qualsivoglia altra fastidiosa gabella. Conseguentemente e con coerenza, al committente delle sue prestazioni professionali raramente certifica il dovuto mediante emissione di regolare fattura (e ché, scherziamo?), ad essa preferendo... la carta dal formae.
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