22/12/17

SERMONE DI MEZZANOTTE (24 DICEMBRE 1630)




Solo adesso arrivo a parlarvi, miei fedeli. Educato fra uomini abituati al disprezzo della vita e al culto dei morti, affamati di un immaginario martirio e di una tormentosa trascendenza, oppressi dal cilicio di una religione oscura come una tara inconfessabile, solo adesso arrivo a parlarvi, come dopo un lungo viaggio.
Ora siamo nudi, qui, nella chiesa di Saint Paul, e non possiamo tacere. I nostri abiti sono quella piccola montagna di stracci ammucchiata davanti al portale. Ma non vergognatevi. Nessuno entrerà. La porta è stata sbarrata dall’interno con un trave di legno. E’ quasi mezzanotte e nessuno potrà vederci così come siamo. Dowland ha acceso questo grande fuoco al centro della chiesa, che ci scalda tutti. Non possiamo avere freddo. Dobbiamo restare in preghiera – noi, chiusi in questo silenzioso mausoleo con i nostri corpi nudi, nudi come lo furono alla nascita, senza lo straccio di una veste, senza l’orpello di un abito, scorticati da ogni lusso superfluo – con tutti i nostri corpi, giovani, vecchi, bambini, adulti, nel giorno della massima festività: il Natale del 1630, la nascita di Cristo, Nostro Signore.
Il cuore mi si colma di commozione. Quasi non riesco a proferire parola. Come siete diversi tutti. Il tempo è leggero su quelle braccia, pesante su quella schiena, funesto su quel cranio, atroce su quelle gambe. Vi vedo tutti – non posso farne a meno. Vedo la vita in cammino, come il suo muto gemello, il Signore della Morte. Dio passa dentro di voi. Quell’addome magro, Katherine, ieri era florido e ha generato Anna Porter, vostra figlia. Quel braccio che ieri lavorava duramente nei campi, Summer, adesso è lì, raggrinzito sul volume di preghiere. Vi vedo con chiarezza, come un cartografo la mappa delle terre che esplorerà.
Ma i vostri pensieri sono le cose più incredibili: affollano questo luogo da ogni parte, sono uno sciame di cose tranquille e atroci, chi vorrebbe ammazzare il vicino di campo, chi cullare la figlia, chi mangiare un arrosto di cervo, chi fare all’amore con la donna dell’amico. Voi che ora mi ascoltate e arate dei campi e nutrite delle famiglie, non avete mai sentito parlare, da bambini, di apostasie, anatemi, abiure, sentenze. Non siete stati allontanati, a sei anni, da un drappello di militari che conducevano l’eretico alla forca: non vi hanno coperto il viso, come fecero a me, obbligandomi a giurare di non fare parola di quello scandalo. Io, che sentii solo il rullo dei tamburi, non promisi però di non immaginare: così vidi me stesso, issato sulla forca, il cappuccio sulla testa, ma, nel momento in cui la botola avrebbe dovuto aprirsi, la terra tremò, franò la forca, e io ero là, nudo e ispirato, la morte negli occhi, che soggiogavo tutti con le parole e cambiavo il corso del mondo.
Ognuno di voi, lo sapete, è nato da un luogo buio, lì ha preso forma: e, dentro il corpo della madre, è nato e si è nutrito, per nove mesi. Ma, se quel tempo non fosse stato rispettato, se il feto avesse avuto qualche malattia, la morte avrebbe ucciso le madri e i figli, e qui ci sarebbero dei posti vuoti e io non potrei guardare negli occhi persone che hanno vissuto una vita intera, di felicità o di stenti, perché non sarebbero mai esistite, perché un piccolo germe, quel giorno di primavera o di autunno, si sarebbe insediato nell’utero di qualche madre, un piccolissimo insetto, invisibile a occhio nudo, che anche adesso potrebbe benissimo stare sotto la cute del tuo braccio, John, o la pelle del tuo cranio, Jane, anticipando il vostro viaggio agli inferi. La vita è qualcosa di incongruo e di non ragionevole: dipende da un acaro o da un bacillo, a noi è capitato di viverla e siamo qui, insieme, come una mappa di cui è impossibile decifrare qualcosa. Siamo corpi che si espongono a Dio.
Io non mi staccherò più dalla pelle degli uomini, non sarò più il perfetto ascoltatore delle Variazioni Walshingham di John Bull, non sarò più l’assiduo frequentatore dell’Hamlet di William Shakespeare. Mi spoglierò di tutte le mie maschere. Prima di venire a Saint Paul a parlarvi, ho lacerato con un bisturi affilato la tela in cui mi ero fatto dipingere con il lenzuolo funebre annodato sul capo, già composto per la sepoltura: vezzi di poeta funebre, che predispone la mappa del suo cadavere per il futuro giudizio di Dio.
Atlante, libri, pianeti, sudore, fatiche, singulti – voi siete la mia mappa, la parabola accidentata della creazione. I libri sacri lo dicono: La creazione è il sommo bene, ecco l’opera di Dio, mirabile ai nostri occhi, e tu mi hai fatto e plasmato, Signore: ma queste meraviglie, se sono attaccate dalla peste e dilaniate dalle guerre, restano sempre delle meraviglie? A volte marciscono negli uteri, a volte marciscono nel mondo, e la vita è meno di una pezza da piedi, in cui il potente si asciuga lo stivale infangato o la lancia insanguinata. E tutto è così precario anche se ci copriamo di mille abiti e pellicce e corazze e armature, perché la puntura di un ago infetto potrebbe provocare dolori, febbri, bubboni, e non lasciarci più finché non abbiamo reso l’ultimo respiro.
Credete a me – miei cari, miei nudi fedeli, miei vivi – è solo per caso che qui ci vediamo e parliamo. Nostro Signore è nato in quella capanna che le nostre storie dolcificano a nido edificante di un bambino meraviglioso ma lo sapete – voi! – che era una notte d’inverno e faceva un freddo atroce e il fuoco non bastava e, se Cristo non fosse stato il miracolo di se stesso, la febbre lo avrebbe assalito e lui sarebbe morto di freddo o di fame o per qualche agente maligno, e lo avrebbero pianto i suoi sventurati genitori, eletti da Dio?
Certo, quando un uomo nasce, può scegliere le sue condizioni di vita. Può viaggiare o pensare, sposarsi o restare solo, leggere libri o conquistare città: ma non c’è nessuna differenza fra un eremita e un viaggiatore, entrambi si consumano, entrambi sono ben fragili fortezze. Uno preferisce farsi di pietra, l’altro di vento, ma alla fine devono tutti morire: e chi va sul Nilo a trovarsi oscure terzane e sopravvive, e chi non si sposta dal tugurio dove è nato e un piccolo verme lo possiede, distrugge il suo corpo, lo espropria dalla vita: questo è il dannato exitus a cui siamo tutti avviati, e i vostri corpi lo confermano, chi giovane, chi vecchio, chi malato. Nessuno di voi è immune dai segni del tempo e dai sintomi del male. Implorate al vostro corpo, che ora è qui, nudo, di tacere a lungo, di non portarvi le sue sorde pene; fatelo stare zitto; non forzatelo con lavori massacranti; non esibitelo come trofeo nelle guerre; non esponetelo in guerre di religione; non vituperatelo in risse da quattro soldi; non vi spaccate lo stomaco con la carne e i reni con la birra.
Rispettiamoci: la morte verrà, anche se siamo prudenti. Ma forse, possiamo essere in armonia con lei, se cerchiamo di vivere un’ora d’ozio al giorno, di leggerezza assoluta, senza vestiti e senza rimorsi, disincantati e liberi. Eccoci qui, corpi e volti nudi, come non siamo mai stati prima, a mezzanotte. Qui non ci sono orge o scandali, ma solo la pace giusta. Non sento più il sussurro delle fontane, le armonie dei clavicordi, i cori delle campane, i corni di caccia, le marce funebri, i canti liturgici. Ho perso il lessico del teologo per essere qui, con voi, nel dubbio reale dei capelli intorno all’osso, della pelle viva contro lo scheletro. Voi siete la mia mappa planetaria e le mie strofe perfette: voi significate il mio abbandono di ogni perfezione. Io entro, con voi, nella presenza della vita e della morte.
Anche se la chiesa, come abbiamo voluto, è sbarrata a chiave. Anche se non vogliamo che nessun vescovo o nessuna guardia entri qui, dove preghiamo, e inorridito dallo scandalo delle mie parole condanni me al rogo e voi ai lavori forzati. Ma sarebbe bello fosse così per ognuno di noi – nella sua comunità; che fosse esposto a tutti, docile e giusto. Certo è che l’uomo, così come voi lo vedete, ha bisogno di tutto. E’ l’essere più fragile. Se questo fuoco uscisse dai limiti in cui lo abbiamo confinato e si appiccasse ai vostri corpi, cosa potrei fare io, per voi? cercare di salvarvi? Ma come, se io sono debole e leggero quanto voi? e se questa chiesa fosse invasa dall’acqua e grandi onde frantumassero le vetrate e si impadronissero dei vostri corpi? e se il vento vi trascinasse via come fuscelli? e se la terra vi inghiottisse nei suoi crateri?
Ecco, noi siamo qui, nudi e calmi, in questo Natale, solo perché la terra è tranquilla e non manda scosse e gli oceani non escono dai loro limiti. Noi esistiamo e i nostri padri e i padri dei padri e i figli dei figli e i figli dei nostri figli, magari per cinquecento anni, solo perché in questi cinquecento anni la terra è rimasta tranquilla. Quindi viviamo per caso: e intanto continuiamo a invecchiare e niente può arrestare il processo se non amare meno la vita e pensare con saggezza al possibile distacco.
Guardate laggiù, i vostri abiti. Sono tutti fradici delle vostre fatiche, del sudore, della gioia che avete vissuto. Sanno di quando avete fatto all’amore o avete cagato i vostri escrementi. Sono una piccola montagna lurida. Ma racchiudono tutti i fatti che vi sono accaduti. Forse, in qualche brandello, ci sono rimasti anche i vostri pensieri. Forse un giorno li brucerete, li dimenticherete, li getterete via, parte della vostra storia resterà in quelle fibre di tessuto, e le fibre non andranno distrutte, magari saranno macinate o riassorbite dall’acqua e porteranno nel mondo, dove voi siete morti, l’eco di voi.
Eccoci qui, nudi. Le maschere le abbiamo lasciate lì, addossate al portale della chiesa, e qui nessuno entrerà. Ma ricordiamo che quelle maschere sono anche la nostra storia. Non illudiamoci di essere sempre nudi. Santi o veggenti o folli – è un destino di cui ho appena intravisto l’orrore.
Qualcuno di voi è malato. Qualcuno di voi mi dirà che, magari, desidera uccidersi. Non c’è niente di più naturale, per l’uomo, che togliersi la vita. Cosa si può imputare, al suicida? Egli corre, invece di camminare. Si affretta, invece di rallentare. Cade nel pozzo, invece di esserci a fatica buttato dentro. Siamo tutti mortali. Non ci sono peccati né nel vivere né nel morire. Siamo tutti la mappa di un disegno sacro, che ognuno di noi potrebbe anche turbare, chi ridendo, chi giocando, chi uccidendo, chi cominciando a danzare. Non c’è un fato già scritto: già scritto è solo il fatto che morremo.
Ma qui, adesso che siamo nudi e spaventati, io vi dico: guardiamo con chiarezza il mistero. Nutriamoci della morte come gustiamo la carne degli animali o le piante della terra, è tutto un ciclo naturale, non pensiamo troppo a noi, alle nostre famiglie, ai nostri figli, non possediamo i nostri pensieri ma facciamo che loro traversino noi. Non viviamoci indispensabili, anche se siamo portati a pensarlo, ognuno con le sue eccellenti ragioni. Tutti andiamo e veniamo dalla stessa porta. Ognuno di noi ha il suo volto e il suo incubo: la paura non è neppure un sentimento, è uno stato. E’ sangue della nostra carne, prendiamola con noi, passiamo con lei le nostre ore. Viviamo o uccidiamoci o sopportiamo gli stenti: ogni giorno ci colerà vita dalle mani, è stupido poi piangere quando qualcuno muore, come se un fato crudele ce lo avesse strappato. Sarebbe come incolpare una bottiglia di essere vuota, dopo che è stata bevuta giorno per giorno. Piangere, lo possiamo fare a ogni secondo che scappa dalle dieci dita; ma, se non fossimo esistiti, potremmo gustare questa gioia di esserci, di gridare e battere i piedi, e gustare il vino e tenerci per mano? Non saremmo nulla e allora niente servirebbe, né cibo né vesti né carezze.
Se uscite di qui, quando sarete di nuovo con le vostre vesti, non pensate a voi stessi. Ricordate di esservi visti e che domani potete ancora vedervi, se il caso lo concede. Non c’è speranza o disperazione: solo una stretta di mano, un bacio, uno sguardo. Si vive di nulla. Qui, a pelle nuda, col sangue che ci scorre nelle vene. Qualcuno leggerà la mappa dei nostri corpi anche quando essi saranno cenere e solo le ossa indicheranno la nostra permanenza sulla terra. Qualcuno ci sognerà o respirerà di noi e noi rivivremo nel sogno di un re o nel rimpianto di un soldato, nel dolore di un mendicante o nel sonno di un eremita, in qualche angolo del pianeta, e allora, verme o Shakespeare, cosa importa, resteranno sempre le ossa, fuori sarà primavera o inverno, o qualche altra stagione.
Forse qualcuno di noi, presente oggi, potrebbe domani uccidere il vicino, per una questione di donne o di campi. Si uccide per difendersi da chi ci opprime o ci offende: è un impulso naturale. Un uomo deve uccidere, per essere vivo: ma se lo fa, lo circondano ingombranti cadaveri, cose da sotterrare. Deve essere più scaltro. Deve, se sarà necessario, annientare l’altro, privarlo delle armi, ridurlo alla condizione di morto, ma senza spargere sangue. Così l’essere umano ammazza il padre e la madre non se li elimina fisicamente ma quando sa distaccarsene. Essere vivi è sempre e solo un distacco. Tutta la vita è un raffinato vagare nelle strategie dell’addio. Ma durante queste fasi, durante il tempo che ci separa dalla morte o dall’assassinio, eccoci nudi, qui, nella chiesa di Saint Paul, a dichiarare che amiamo, a non potere non amare, nel modo più eretico e folle, personale e avventuroso, quanto vogliamo e possiamo. E, se ci sarà occasione di odiare, odieremo.
Ma ora rivestiamoci. Il tempo della Messa è quasi finito e non voglio che nessuno sappia di quanto è accaduto. Questa notte è stata irripetibile: teniamola dentro la nostra memoria come un evento. Spegniamo il fuoco e torniamo a vivere e a morire nelle nostre case. Non cerchiamo mai di opprimere o di rassegnarci ma di essere liberi, innanzitutto. Di sorprendere e meravigliarci. Mai dormire in se stessi ma addormentarsi fuori di sé, per uscire dai nostri corpi, lasciando a chi resta l’insegnamento del sogno e qualche gesto da ricordare.
 
Amen
 
John Donne

01/10/17

DURISSIMO, MA...





Avara pena, tarda il tuo dono
in questa mia ora
di sospirati abbandoni.

Un oboe gelido risillaba
gioie di foglie perenni,
non mie, e smemora;

In me si fa sera:
l'acqua tramonta
sulle mie mani erbose.

Ali oscillano in fioco cielo,
labili: il cuore trasmigra
ed io son gerbido

e i giorni una maceria.

 
Oboe sommerso di Salvatore Quasimodo


28/09/17

TRA VENT'ANNI (ANCORA UNA GENERAZIONE) - 1° SCENARIO

Nel 2037, Tesero, definitivamente distrutto dalla monocoltura turistica, sarà un paese anonimo, una periferia cittadina attrezzata per il divertimento, dove i pochi residenti originari, quelli di più o meno recente insediamento e gli ospiti 'mordi e fuggi' interagiranno in modi del tutto indistinti. Il caratteristico dialetto paesano, ormai dimenticato, sarà stato sostituito da un italiano essenziale e povero in cui si saranno incuneati vocaboli di origine araba, berbera e yoruba. Dell'originario vernacolo, quale retaggio culturale, sarà rimasta traccia solo in un paio di libri del Gilmozzi, custoditi in un'urna nella biblioteca comunale.




L'espansione urbanistica, miracolosamente bloccatasi durante la grande depressione di inizio millennio (2007 - 2016), ma poi ripresasi con crescente virulenza, avrà raggiunto il massimo rapporto possibile (un abitante, una casa) e cementificato anche le ultime praterie un tempo esistenti, sino all'estremo limite dei boschi. Di conseguenza, i mostruosi autoveicoli di quell'epoca, obbligati ad attraversare il centro per raggiungere le residenze periferiche, avranno reso, se possibile, ancor più squallido e rumoroso l'antico storico abitato. Esso, deturpato dall'abbandono e dall'incuria, sarà allora occupato per lo più da immigrati nordafricani e asiatici, affluiti durante le bibliche migrazioni degli anni Dieci/Venti del terzo millennio.



Il museo etnografico di Casa Moretto, custodirà qualche segno delle antiche vestigia dell'Età dell'oro: una benna in salice per il trasporto del letame, due sarchi, una grighela per il trasporto dei chèni de pin, tre comacci, un aratro austriaco Krogmann, alcuni libri devozionali con bordature rosse, qualche addobbo dell'altare di Begnesin della processione del Corpus Domini, la tonaca consunta dell'ultimo parroco, un paio di coppe color Pentecoste della sua ultima amante.


L'assenza di negozi (la cooperativa era stata dismessa già nel 2023) avrà finalmente! imposto a tutti l'uso dell' autoveicolo privato e l'obbligo di recarsi fuori porta anche per gli acquisti alimentari di prima necessità. Il traffico incessante da e per, generato da quei vettori incredibilmente ingombranti, per la viabilità interna risulterà di conseguenza faticosissimo, intenso e caotico.


Così, nel tentativo di renderlo più fluido, i nuovi amministratori comunali, ex bambini, non soltanto concepiti, ma anche cresciuti in 'macchina', e forse per questo incapaci di idealizzare uno stile di vita alternativo, avranno fatto costruire altre strade, demolendo qui e là storici edifici ritenuti d'intralcio, senza ottenere però risultati apprezzabili.


Del territorio produttivo primario, sino a ottant'anni prima fonte di lavoro e garanzia di sostentamento dell'intera popolazione, sarà rimasto quasi nulla. Con la scomparsa dei prati, dei campi e degli orti se ne sarà andata anche la memoria collettiva della loro fondamentale importanza. La deturpazione ambientale e paesaggistica avrà raggiunto picchi mai visti, ma l'indignazione, per l'apatia di quella popolazione meticciata e spuria, sarà pari a zero. Ci saranno posteggi ovunque e sarà questa l'immagine emblematica colta immediatamente anche dall'occhio distratto. Ogni interstizio di terreno privato libero sarà stato espropriato e trasformato in 'posto auto'.


La cementificazione massiva avrà prodotto un innalzamento della temperatura media del microclima locale di 1,4 gradi Celsius. Non nevicherà più e le piste da sci saranno per forza di cose rese agibili soltanto mediante abnormi produzioni di neve artificiale e corrispettivi stratosferici costi energetici e ambientali (nuovi bacini acquiferi in quota). Tutti gli abitanti, allora, saranno stati costretti ad improvvisarsi albergatori, però i costi d'impianto e d'esercizio, per loro fortuna, esattamente come adesso, saranno totalmente a carico dell'ente pubblico. Non di meno, le aziende artigiane fattureranno le prestazioni di manutenzione alberghiera direttamente alla Provincia e gli ormai incongrui agritur, sviluppatisi un po' dappertutto all'inizio del terzo millennio, saranno trasformati in bed & breakfast, per totale mancanza del supporto primario.


L’esercito dei laureati, ingrossatosi a dismisura (uno studente, una laurea, perché così sarà imposto per legge!), avrà prodotto a sua volta precariato di terzo grado. I pochi giovani non laureati saranno costretti ad espatriare (la cosiddetta fuga dei cervellini), e solo i più scafati di loro, quelli con qualche residuo 'santo in paradiso', riusciranno ancora a trovare un lavoro di nicchia e di supporto nell’unica economia esistente. I laureati invece (previo superamento di rigorosissimo concorso) avranno l'opportunità di impiegarsi in qualità di comparsa sui palcoscenici e nei recital promozionali turistici. Questa sarà la più ricercata e ambita, nonché unica, professione possibile. Le Corte estive e quelle invernali, i Martedì e i Giovedì, le Slizolae, le Marcialonghe, le Olimpiadi estive ed autunnali, i Mondiali di fondo, quelli di ski roll, di bocce, di watten, le Sky race e le River race (lungo l'Avisio), le Tonde, le Corse coi sacchi e quelle coi trampoli, affideranno le cabine di regia e i microfoni per le infinite premiazioni esclusivamente a fior di centodiecielodisti.


Di questi, soltanto quelli davvero super godranno di un po' di autonomia e potranno ritagliarsi spazi acconci ai loro studi. In particolare troveranno fortuna e lavoro i paleontologi che si occuperanno della riesumazione in laboratorio delle antiche locali attività di allevamento e i glottologi che invece interpreteranno l’antico idioma locale, basandosi sulle preziose memorie del citato Gilmozzi.
  
Anche gli astrofisici avranno qualche opportunità di lavoro alla ricerca di mondi lontani presso l'I.O.C. (International Observer Coeli) di Monte Zanon. Rimarrà ben poco altro per sopravvivere.

Ario D.
 

15/09/17

MITOLOGIA DEGLI ALBERI


"Nel più lontano passato, molto prima che l'uomo facesse la sua comparsa sulla terra, un albero gigantesco s'innalzava fino al cielo. Asse dell'universo, attraversava i tre mondi. Le sue radici affondavano negli abissi sotterranei, i suoi rami arrivavano all'empireo": fin dall'antichità gli alberi sono stati al centro di un affascinante sistema di miti e leggende, e in questo sorprendente saggio  Jacques Brosse ricostruisce i fattori storici e culturali che nei secoli hanno portato le piante a essere considerate le manifestazioni per eccellenza della divinità.

Dal grandioso mito dell'Albero cosmico che collegava gli inferi e il cielo al culto delle querce tra i Greci e i Romani, dal giardino dell'Eden nel cristianesimo al fico sacro sotto il quale il Buddha giunse all'illuminazione, l'autore ci restituisce il fascino di un mondo oggi in gran parte dimenticato e illumina la profondità di una saggezza plurimillenaria che, fondandosi su un'incredibile conoscenza delle piante, seppe armonizzare le attività umane con gli equilibri e i ritmi della natura.


(...) Fu così che dopo il trionfo della Chiesa rimase un solo albero che fosse lecito venerare: quello, squadrato, sul quale era morto il Redentore. Tutti gli altri culti erano vietati e abbiamo visto con quale zelo gli evangelizzatori si accinsero a estirparli.

A un sistema cosmico complesso e articolato, basato sulla diversità, sulla reciproca complementarietà, qual era stato quello del "paganesimo", successe un monoteismo dogmatico, intollerante e manicheo. In nome della distinzione tra Bene e Male, e per reazione contro l'antico stato d'animo, l'anima venne separata dal corpo e l'uomo dalla natura. Poiché l'anima apparteneva di diritto a Dio, sia la natura che il corpo risultarono necessariamente riprovati. Dato che inducevano in tentazione, non potevano essere che strumenti del diavolo, l'antico Serpente dell'albero della conoscenza, responsabile dell'espulsione dall'Eden.

Claude Lévi-Strauss ha definito con mirabile penetrazione questa posizione che è ancora, spesso senza che ce ne rendiamo conto, la nostra:

Malgrado le nuvole d'inchiostro sollevate dalla tradizione ebraico-cristiana per mascherarla, nessuna situazione mi pare più tragica, più offensiva per il cuore e per l'intelligenza, di quella di un'umanità che coesiste con altre specie viventi su una terra di cui queste ultime condividono l'usufrutto e con le quali non può comunicare. Si comprende come i miti rifiutino di considerare questo vizio della creazione come originale; che essi vedano nella sua comparsa l'evento inaugurale della condizione umana e della sua debolezza.

In questo modo, infatti, venne a essere rotto un equilibrio vitale, basato sulla comunione di tutti gli esseri viventi, di questa rottura noi subiamo oggi le estreme conseguenze. Da aperta che era un tempo, l'umanità si è sempre più rinchiusa in se stessa. Tale antropocentrismo non riesce più a vedere, al di fuori dell'uomo, altro che oggetti. La natura nel suo complesso ne risulta sminuita. Un tempo, in lei tutto era un segno, la natura stessa aveva un significato che ognuno, nel suo intimo, percepiva. Avendolo perso, l'uomo oggi la distrugge, e con ciò si condanna.

13/09/17

IN MEZZO ALLA PALUDE


Giro di boa alle viste per la compagine comunale 2015-2020 e niente di nuovo sotto il sole teserano. Tutto come previsto, nonostante lo sdegno iniziale di chi, ridicolo assertore della sacralità del voto, aveva negato l'esistenza di brogli elettorali. E invece l'imbroglio, non nella conta, ma prima del voto, c'è stato, altro che no. Ma questa è acqua passata.

Il bilancio amministrativo a circa metà strada è negativo. Data la stura all'agognata variante urbanistica, sono iniziati con gran lena i lavori di smembramento territoriale periferici. A Lago in particolare, luogo dove, evidentemente, in molti abitavano nei container, sì come profughi derelitti e abietti, al via del Comune le pachere sono state prontamente azionate e le gru issate sui nuovi cantieri, che dall'alto del paese si possono ammirare, rendono bene l'idea dell'avanzamanto incessante della cementificazione territoriale. Ma anche qui nel 'capoluogo', originale e insuperata sede sapientiae vallis, nonché a Piera, nuove caŝotte stanno crescendo come 'na bütada de fiferli dopo due giorni di pioggia settembrina. Il peggio però, ahinoi, deve ancora arrivare.

In compenso il centro storico, nonostante la strepitosa movida serale di luglio e agosto, presunta taumaturgica medicina contro il suo inevitabile declino, non riesce ad affrancarsi dai suoi antichi luoghi comuni che ne condizionano la possibilità di riqualificazione...

Nel grigiore di un Consiglio che non dibatte, l'unica nota lieta, si fa per dire, è arrivata dal consigliere Danilo Vinante che, dopo una breve parentesi in maggioranza, da 'Panetti' verace qual è ha pensato bene di togliere il disturbo, salutare la compagnia dei pappagalli muti e mettersi in proprio. L'autonomia di pensiero non ha prezzo! Bravo Danilo. Altro e forse unico fatto di rilievo sin qua è stata la netta, ferma dissociazione dell'opposizione dal pasticciaccio brutto del bacino artificiale di Pampeago. La polemica, amplificata a mezzo stampa, dopo un inqualificabile agire della sindaca, si è sviluppata tutta al di fuori dell'aula consiliare, anche perché in quel luogo la questione non vi è nemmeno entrata! Vedremo se in aula, qualora venga posta all'ordine del giorno, Barbolini & C. manterranno la stessa fermezza espressa sui giornali, votando un fiero e netto NO. Perché un'eventuale loro astensione al proposito suonerebbe come beffa nei confronti di chi li ha votati e confermerebbe una volta di più il consueto triste gioco delle parti tanto caro al palazzo: contesto il metodo, contesto il merito, ma poi mi astengo perché non sia mai che la prossima volta, se sarò io a menare le danze, e, a quel punto, ritornando sul problema, obbligato, chissà, da qualcuno a ricambiare frettolosamente idea,  non debba magari giustificare l'ingiustificabile.



Ma stiamo allegri, ché il 2018 riserverà a noi tutti paesani gradite sorprese. Dopo il costoso concorso di idee del 2008 (amministrazione Delladio) e i successivi altrettanto costosi progetti, in una piazza Battisti finalmente messa a nuovo, in un clima pacificato e di ritrovata generale amicizia saremo invitati da un paio di noti filantropi  a favorire prelibatezze di ogni tipo. Squisite tartine al salmone, pregiati e buonissimi rossi, castagne arrostite e brulè, babbà, profiteroles e cornetti alla crema. Poi, tra una stretta di mano, una pacca sulle spalle, un ammiccamento malandrino alla folla un po' storna, piano piano, poco poco, i due, a turno, parleranno suadentemente del futuro. Un futuro pregno di nuovi sensazionali progetti, ovviamente radioso (per loro) e molto, molto prossimo, distante all'incirca diciamo... appena un quinquennio. 
Il tutto a gratis. O quasi!
 
L'Orco

07/09/17

ATTENTI AL LUPO!


L'allarme è stato dato qualche giorno fa. Un allarme concreto, fattuale, non effimero e modaiolo come quello evocante improbabili e lontane modificazioni climatiche. No, questa è una questione seria, tanto seria che le associazioni allevatori delle valli avisiane si sono riunite in seduta plenaria per cogitare il da farsi. Dopo l'iniziale ovvio generale sconcerto, è tempo di agire. E agire in fretta. Ma chi l'avrebbe detto, proprio qui, in Trentino, addirittura in queste nostre magnifiche, famose, invidiate valli di Fiemme e Fassa, che tutto il mondo conosce! Come si dice, a volte la realtà supera, purtroppo, la fantasia.

Il nostro benessere, così faticosamente guadagnato e meritato, è nuovamente in pericolo. Dopo tanto fatto e brigato, eliminati via via tutti gli intralci, credevamo di aver raggiunto il perfetto equilibrio e creato in questa nostra terra il nuovo Eden. Certo, con qualche cinghiale tra le balle, ma perlomeno senza orsi e zanzare.


E invece... Invece, ci si è messo anche il lupo. Addirittura un lupo carnivoro e cattivo! Pensavamo che soltanto nelle fiabe dei Grimm e di Perrault il lupo fosse un cattivo carnivoro! Ma com'è possibile? Forse si è pregato troppo poco, o con troppo poca convinzione. O forse - ma ciò sarebbe davvero imbarazzante - siamo di fronte ad un errore originario, una disattenzione compiuta, incredibilmente, da Domine Dio durante la Creazione. Perché l'intenzione certamente era quella  di includere quell'animale tra gli erbivori al pari di cervi, caprioli e camosci. Un lupo brucante, insomma. Così che le greggi e gli armenti sarebbero stati al sicuro. Nessun agnello e nessun capretto avrebbe rischiato di finire tra le fauci di quel canide e i pastori avrebbero potuto consegnarli sani e salvi nelle mani premurose del beccajo. E invece toh, il lupo c'è, è un carnivoro, ogni tanto ha pure fame  e addirittura rivendica il suo diritto di vivere.

Eh, no! Macché, scherziamo? Qui soltanto l'uomo, un tempo molto lontano sapiens, ma ora, per naturale evoluzione, stupidens, ha diritto di fare quel cazzo che gli pare. Rompere i coglioni a tutto il resto del creato, inquinare, cementificare, far strade, asfaltare, costruire invasi in quota per mantenere i suoi tanti parco giochi invernali, urbanizzare incoerentemente piani e monti, giorovagare motorizzato a piacimento dagli zero ai tremila metri, errabondare indisturbato ovunque e comunque.

Grazie alla sua stupidità gli equilibri ambientali del pianeta sono saltati, ma l'homo stupidens, ogni giorno più stupido, anziché finalmente capire il nesso causa-effetto dei cambiamenti in atto nella nostra biosfera  e, in quanto principale responsabile,  velocemente rinsavire, qui è in allerta per il lupo.


A.D.

19/08/17

FILODRAMMATICI

L' Associazione 19 Luglio Val di Stava ha rinnovato recentemente il direttivo. Approfittando delle dimissioni del presidente che ne ha retto le sorti nell’ultimo periodo, a nostro avviso, avrebbe invece fatto bene a chiuderla qui. Dire basta. Fermarsi a riflettere se, in trent'anni e passa di presenza in loco, a qualcosa è servita. Chiedersi, per esempio, se essa abbia impedito, o quantomeno rallentato, lo sciupio e il consumo di suolo vergine e abbia contribuito ad inculcare nella nostra gente concetti quali finitezza, limite e sostenibilità territoriale. Perché al netto dell'ampia e puntuale retorica che, in quanto inevitabile, pur va concessa, e a prescindere altresì dagli obblighi statutari, per tale istituzione questo avrebbe dovuto essere il più importante fine da perseguire! Nonché, di conseguenza, quello di trasmettere alle nuove generazioni il senso del rispetto e della salvaguardia ambientale. Noi riteniamo che questi obiettivi non siano stati nemmeno sfiorati.

Senza valutare tutto ciò, si è deciso invece di continuare. Con un nuovo direttivo e, presto, con un nuovo statuto. A che pro? Non si sa.

Dalle dichiarazioni a mezzo stampa rilasciate dal nuovo presidente, pare si intenda coinvolgere maggiormente l’associazionismo paesano per rinfrescare la memoria collettiva, su quel tragico 1985, ormai sfuocata. Questa non ce l'aspettavamo. Davvero un bel colpo di scena! Le annuali rievocazioni non sono evidentemente servite a molto. Però, se davvero la trovata del nuovo direttorio è questa, c'è da preoccuparsi:
 


 
non osiamo immaginare cosa cogiteranno le fantasiose menti alla guida degli innumerevoli sodalizi che compongono lo sterminato arcipelago del volontariato teserano.

Forse qualcuno è già al lavoro e sta pensando a messe campestri di suffragio, pantomime in costume e processioni con orchestrine jazz stile New Orleans...

Clemente, permettici un consiglio: lascia perdere! Approfitta dell’occasione e disfa codesta Associazione. Se in 32 anni non è riuscita a radicare gli anzidetti concetti non solo nella cittadinanza di Tesero, ma nemmeno e soprattutto negli amministratori comunali che da allora in poi l'hanno governata, è del tutto inutile perseverare. E se ti illudi che scomodando l’associazionismo locale almeno il ricordo possa ritrovare vigore, sta fresco! Dio ce ne scampi! Ma guardati attorno: ti pare di vivere in un paese di filosofi e di pensatori? La memoria è una propensione individuale, difficile da coltivare in laboratorio solleticandola occasionalmente a comando, massimamente in questi luoghi. Qui si vive (anche) di un turismo che si sostanzia nella leggerezza e nel 'fa, approfitta e divertiti'. Comportamenti che non conciliano affatto con l'auspicato recupero mnemonico. Qui, fuor di ogni dubbio, la sobrietà non è di casa e affinché il ricordo non vada inevitabilmente a spegnersi il contesto ha la sua importanza. Eccome!

Da quel tragico 19 luglio, fatti salvi gli annuali momenti rievocativi, il paese si è immerso nella più sfrenata e spensierata superficialità. Nessun monito (e ne sono stati fatti a iosa) è riuscito a vincolare questa comunità a un maggior rigore e a far propria la benefica consapevolezza di ciò che purtroppo è accaduto e del perché. E nessun espediente, temiamo, potrà modificarne l'inerzia. Non rimane che ‘portare in tribunale’ i libri dell'Associazione, ché di oltraggi alla memoria, appunto, quei nostri morti ne hanno subiti abbastanza.

A.D.


 


17/08/17

LA DEMOCRAZIA AL TEMPO DE LE CORTE

Riceviamo e pubblichiamo l'interrogazione del gruppo consiliare Uniti per Crescere datata 26 luglio 2017 inoltrata alla sindaca dal capogruppo di minoranza.




Consiglio Comunale di Tesero

Gruppo Consiliare “Uniti per Crescere





Ill.ma Dr.ssa Elena Ceschini 
Sindaco del Comune di Tesero


Interrogazione: cosa significa “Consiglio Comunale”!


OGGETTO:


Cari consiglieri della Maggioranza, spettabili Assessori, spettabile Sindaco!


Partiamo da queste parole pronunciate recentemente nella Sala Bavarese: “dopo una lunga discussione in Consiglio Comunale siamo orgogliosi di presentarvi il progetto di fattibilità... “

Signor Sindaco, si rende conto di cosa ha detto di fronte ad una pubblica assemblea?
Si rende conto di quali assurde affermazioni... che mettono in cattiva luce pure noi Consiglieri della Minoranza che eravamo all'oscuro di tutto ciò?

Ma partiamo con ordine: durante lo scorso Consiglio Comunale, del 18 aprile 2017, il Consigliere Vinante Donato chiedeva, nelle varie ed eventuali, delucidazioni in merito allo stato del processo di Gestione associata fra i Comuni, alla quale domanda avete risposto sottolineando problematiche insormontabili, difficoltà di ogni genere, e certe contrazioni nei servizi! Noi della Minoranza abbiamo chiesto di essere tenuti al corrente in merito! E Lei sig. Sindaco cosa fa: viene organizzata una riunione di chiarificazione fra i Consigli comunali di Predazzo, Ziano, Tesero e Panchià a metà maggio, e non comunica niente alla Minoranza del Consiglio!! Cioè tiene all'oscuro quella parte di Consiglio che più aveva a cuore il buon procedere delle gestioni associate! Forse in nome della trasparenza?

Ma non solo! Ad inizio giugno la nota serata di delucidazione del bacino di Località Caserina: il Sindaco comunica in pubblico di aver parlato con tutto il Consiglio, a lungo, di averne discusso! Peccato che siano solo fantasie di democrazia da parte della nostra massima Carica! Non vi sono verbali di Consiglio che indichino alcuna discussione, alcun punto all'ordine del giorno, alcun progetto di massima!

Quando poi alla serata, richiesta da Noi Minoranza, con il tecnico incaricato da ITAP s.p.a. Ing. M. Lutzemberger, ci è stato detto che di tale progetto la Giunta era a conoscenza da oltre 2 anni, che avete fatto numerosi incontri Giunta Comunale - ITAP, che il progetto è ormai definitivo e pronto per le valutazioni nei vari Uffici provinciali, ci siamo sentiti ulteriormente presi in giro!

Da ultimo, l'incontro avvenuto di recente, convocato in maniera informale per discutere di “Biogas” a Predazzo, alla quale riunione mancava solo un rappresentante del nostro Comune: è scandaloso che non sia stato presente nessuno, ma ancor di più che buona parte dei componenti del Consiglio ne siano stati all'oscuro! Ciò denota in pieno la voglia da parte di questa Amministrazione di portare avanti un dialogo politico in una singola direzione: noi facciamo quello che riteniamo importante, e non ne parliamo con gli altri Consiglieri!

Ma signor Sindaco, forse non sa quale dovrebbe essere il suo ruolo! Di garante di tutta la cittadinanza di Tesero, sia che abbia votato in un modo, sia in quello diametralmente opposto! Oppure forse utilizza spesso, ma in modo improprio, le parole “dialogo, confronto, trasparenza, dibattito... democrazia” solo per una sua scarsa conoscenza linguistica! Questi sono i termini con i quali spesso si diletta nelle sue infelici uscite giornalistiche! Concetti che rimangono purtroppo sempre solo sulla carta stampata e non nel suo agire amministrativo quotidiano!





Inoltre la smetta per favore di etichettare come attacchi e critiche gratuite ogni segnalazione o diversa idea che esprime un amministratore! Siamo qui in questa Aula proprio per verificare il vostro operato, per fare delle osservazioni o per portare alla attenzione di tutti dei problemi reali che ci vengono segnalati! Lei Sindaco non può sempre iscrivere come un attacco personale, un tentativo per mettere in cattiva luce Lei e gli Assessori ogni nostro pensiero!

Da ultimo Le ricordiamo gli obblighi di un Sindaco: recita il testo unico delle leggi regionali all'art 13, diritti dei Consiglieri comunali: “Il Sindaco o gli Assessori delegati rispondono, entro trenta giorni, alle interrogazioni e ad ogni istanza ispettiva presentate dai Consiglieri comunali”!! Ricordiamo che l'ultimo Consiglio era di data 18 aprile 2017, cioè più di 100 giorni fa! E non abbiamo ottenuto alcuna risposta in merito! Ma non solo: Le abbiamo inviato una PEC in data di fine luglio per sollecitare una sua risposta: con il risultato... silenzio assoluto!! Le risposte che Lei deve dare non sono indirizzate ai Sigg. Barbolini, Vinante, Volcan, Zanon, ma sono date ai cittadini che essi rappresentano; quindi Lei in questo modo dà un pessimo servizio non a noi nell'Aula ma a tutti i cittadini, ed ormai sono la maggioranza, che non la supportano nella sua attività amministrativa! Caro Sindaco, chiediamo un suo netto cambio nel comportamento! O torna a fare con attenta condivisione il compito che ha assunto con le Elezioni, o è meglio che si metta da parte e permetta a qualcun altro di portare avanti correttamente il Mandato!


Si richiede risposta scritta alla interrogazione entro 30 giorni come previsto dall'art.13 comma 3 del TULLROC approvato con D.P.Reg.1/2/2005 n. 3/L e ss.mm.


Tesero, 26 Luglio 2017

Il Capogruppo consiliare di Minoranza

28/06/17

SCIZZERI!


Brunello dell’Antonietta – Tesero 1865 / vivente. E’ stato ed è un pittore neoclassico della scuola trentina d’oriente. Autodidatta. Sublime resa della plasticità umana, colori tenui e tratto deciso sono le sue caratteristiche tecnico-stilistiche peculiari. Si distinse all’inizio della sua lunga parabola artistica per la vasta produzione di affreschi murali ritrovati postumi a seguito di restauri architettonici presso la sua casa natale in Tesero. In particolare fa bella mostra di sé sul lato est del fabbricato la splendida “Meridiana delle bifore con donne affacciate”, dagli sguardi ironici ed enigmatici. Sul lato sud sono riemerse invece scene di vita campestre, con amorini, colonne frigie e sequenze didascaliche.


Altrettanto importanti sono le sue riproduzioni di antichi affreschi sacri, osservati dal Brunello durante le sue frequentazioni nelle famose chiese di Tesero: "I peccati della domenica", "Il supplizio di San Sebastiano" ed altre.

Il capolavoro, però, è senza ombra di dubbio il grande quadro recentemente venuto alla luce ed esposto da qualche giorno in via Stava al civico 24.


L'opera, di grandi dimensioni, raffigura il passaggio di una compagnia di Schützen, armata di schioppi, alabarde, falci e ferri diversi, attraverso un'incantevole imprecisata località alpina, sul finire del XVIII secolo.
La scena elaborata, frutto di un' evidente approfondita ricerca storica del Brunello, è ricca di dettagli e pregna di un marcato verismo, e con sopraffina eleganza e incomparabile maestria apre alla vista dell'osservatore un mirabile spaccato del paesaggio e della vita del tempo.

A.D.


23/06/17

È SCOPPIATA L'ESTATE


Siore e siori, bondì. Avé magnà pulito e volentéra? Son contènt. Esordiva così Ottavio Fedrizzi, in arte 'l Checo de la Portela, in una ascoltatissima trasmissione radiofonica di molti anni fa, in onda il sabato alle 13 dalle stazioni RAI di Bolzano. Ottavio, mèzo da Tieser e mèzo da Pancià, con brillante sagacia intratteneva all'ascolto un uditorio che a quell'ora, più o meno, stava marenando. Che c'entra 'l Checo de la Portela? Niente. Ma l'altro giorno, il dì di sagra, vedendo nel piazzale scolastico la lunga coda di persone con il biglietto in mano in attesa di un piatto di polenta, mi è balenato il ricordo. La fame è fame e il rancio alpino a base di farina di granturco, con lüganega e formae, ben si confà alla domanda che 'l Checo poneva immancabilmente in apertura di trasmissione. Ricordi di anni lontani e di tempi remoti. Ma proseguiamo.

Mentre il popolo gozzovigliando festeggiava il santo patrono, in Comune qualcuno distribuiva benemerenze a tre noti concittadini. A memoria è la prima volta che l'amministrazione pro tempore conferisce pubblicamente e con apposita cerimonia un riconoscimento di questo tipo. Nel segno evidente di una strategica captatio benevolentiae mirata a garantire il prossimo anno la fondamentale rielezione in Provincia di un altro noto personaggio del paese. Per quel posto al sole, luccicante di baiocchi e con probabile incarico 'pesante', tutto fa brodo e i tre premiati, popolari e nonostante tutto ancora capaci di 'fare opinione', sono evidentemente stati valutati strumento all'uopo non trascurabile. L'elettore moderno, così distratto e disinteressato, va condotto al voto con cura ed attenzione. E bisogna iniziare per tempo. Da qui ai prossimi dodici mesi, c'è da scommettere, sarà un crescendo di iniziative pubbliche volte a  blandire ed orientare la cittadinanza con le più inattese e fantasiose regalie.


Intanto il caldo non dà tregua. L'inedito anticiclone Giuda, sarà seguito, sembra, dal più conosciuto Caronte, con un aumento di temperatura vieppiù infernale. Tra qualche giorno, se tanto ci dà tanto, i brenzi pubblici dovranno essere chiusi. Non possiamo affatto permetterci un inutile spreco d'acqua proprio ora che si apre la stagione turistica estiva e negli alberghi il contadocce inizierà a girare vorticosamente.

La situazione meteo pare davvero fuori controllo. Si ha la netta impressione che il peggioramento, anno dopo anno, sia inarrestabile. Fa più caldo in termini assoluti. Piove meno, nettamente, e le 'stravaganze' meteo si susseguono. Dopo l'ultimo asciuttissimo inverno, c'è stata una primavera 'quasi' normale: dolcemente inattesa, mite e con qualche gentile pioggerella. Poi, d'improvviso, un tardivissimo colpo di coda dell'inverno, con un gelido vento a sferzare la vegetazione già ben avviata di inizio maggio. E, dopo qualche pioggia ancora, ma insufficiente a compensare il 'non precipitato' invernale, ci tocca registrare il preoccupante susseguirsi degli anticicloni africani far bolla su tutto il continente. E siamo soltanto a metà giugno!

Fortunatamente viviamo a Tesero, ove la voglia di non pensare e di festeggiare senza alcun apparente motivo, ma tanto per, è codificata nel DNA della sua gente. Archiviato il Patrono ecco la Stava sky race, che ora ha cambiato sì il nome, ma non la sostanza; peraltro la gara, chissà poi perché, nel pieno rispetto di un non senso nominale, non parte né arriva a Stava, ma nel più comodo e centralissimo piazzale scuole elementari. E daighela! Meglio, no? La pubblicità è sì per Stava e i suoi alberghi, nonché per la Sportiva che ne è lo sponsor principale, ma la rottura di coglioni è per quelli di Fia, che, ironia della sorte, non vengono nemmeno ringraziati per la pazienza. Sa tutto di beffa, di presa per il culo.  C'è sempre qualcosa di incongruo, sempre qualcosa sopra le righe. Sempre, l'anno dopo, una novità da aggiungere all'anno prima. E sempre, nonostante l'istanza dei residenti di ubicare in altro luogo il tendone col suo caravanserraglio, nell'ex giardino scolastico. Lo stile è stile e i Tieseri, quanto a stile sono inimitabili.

Due giorni dunque, sabato e domenica (ecco la novità), di microfono aperto sull'ascoltatore, impossibilitato purtroppo a difendersi dalle molestie amplificate dello speaker. Due giorni di gloria per Macia & C. attesi, ne siamo certi, con spasmodica impazienza. Due giorni di gridati e ripetuti numeri di partenza e di arrivo. Di nomi sconosciuti e immediatamente dimenticati. Di date di nascita e di località di provenienza. Di tempi di percorrenza, medie ponderate, dislivelli, tasso di umidità, probabilità di temporali e anticipazioni sul menù de la marena seguente. Di fornicazioni certe e di fornicazioni presunte. Di We Are the Champions cantato a squarciagola, ma con lacrime di commozione. Di premiazioni fatte dall'assessore invitato sul palco a dire due parole. Di premiazioni fatte dallo sponsor invitato sul palco a dire due parole. Di premiazioni fatte dal presidente della Cornacci invitato sul palco a dire due parole. Di premiazioni fatte dallo stesso Macia, che sul palco già sta e da lì non lo schioda nessuno. Di tutto e di più, tanto per aggiungere nuove medaglie al petto del bravissimo e disinvolto presentatore. E, ciliegina sulla torta, dalle 21 di sabato, altra razione di musica amplificata a tutto volume, con annessi e connessi, fino a mezzanotte.

E' la decadenza del tempo. La barbarie che avanza. L'insignificanza di un procedere stupido. Quando capiranno questi amministratori che così si dequalifica il paese e l'appetibilità turistica? Chi scappa dai forni delle città estive e si rifugia in località di montagna, almeno alla sera, cerca tranquillità e silenzio, non casino! I tendoni e i palchi con le loro feste e la loro baraonda si organizzino e si allestiscano fuori paese! Il luogo adatto Tesero ce l'ha. Cosa ci vuole? Vadano a vedere come si fa in Alto Adige e imparino.

Comunque, passerà anche questa e poi, sotto a chi tocca. A chi tocca? Ma al Concertone number 75. Anche in questo caso, nel rispetto dell'incongruenza, i pezzi d'assieme, non amplificati, vero e precipuo scopo del raduno bandistico, non verranno eseguiti nel piazzale delle scuole, ma in piazza Cesare Battisti, col traffico di passaggio a disturbarne l'ascolto,  mentre il frastuono amplificato del post Concertone sarà garantito, come sempre, ai soliti noti.

Finalmente, da lunedì 3 luglio alle otto in punto del mattino, coadiuvati dagli operai comunali, gli alpini daranno inizio alle operazioni di smantellamento del tendone. E la profanata quiete del martoriato ex giardino scolastico, tornerà a tranquillizzare i mortificati spiriti dei resistenti di via Fia e a rilassare le  fesse membra dei turisti in cerca di una panchina all'ombra. Sarà vero?


A.D.


21/06/17

STRESS METEO CLIMATICO: AVREMO L'AFRICANO ESTIVO PERENNE?



Al pomeriggio si gronda di sudore a Londra; a Parigi l'aria è rovente come se fosse Tunisi. In Germania il caldo è afoso e non spira neppure la brezza, e per cercare refrigerio ci si inventa di tutto, anche perché questa calura è insolita. In Spagna sono stati raggiunti i 44°C, ma in alcune località pare siano stati toccati i 46°C. Ma in Spagna mentre fa così caldo, ogni giorno si susseguono temporali anche di forte intensità con insolite grandinate e nubifragi. In Portogallo un forte temporale ha generato un enorme incendio boschivo dove sono morte decine di persone. In Italia si aspetta la nuova ondata di caldo che potrebbe essere più robusta della precedente. E nel frattempo la siccità induce le autorità a provvedimenti drastici per attenuare l'emergenza della crisi idrica. Ma non solo, è crollata la produzione di energia idroelettrica.



Siamo piombati in una nuova caldissima estate, o quantomeno uno scorcio di questa perché nessuno sa che cosa potrà succedere in Italia nel seguito. Le ultime previsioni continuano a indicare prospettive di brutto tempo con un marcato refrigerio per la fine del mese, quando potrebbe esserci maltempo anche di estrema intensità. La causa delle anomalie climatiche che stiamo vivendo sono i mutamenti del clima. Questi sono ormai drammatici in molte lande del Pianeta. E su ciò potremmo dedicare centinaia e centinaia di articoli di approfondimento, citando fonti autorevoli della scienza.

In Italia vari centri meteo che studiano i cambiamenti meteo climatici hanno individuato novità che inquietano: c'è chi sostiene che si è allargata verso nord la fascia tropicale, e che gli anticicloni africani, che da noi vengono dal Sahara, saranno una costante del clima del futuro, con conseguente rischio di desertificazione di varie aree del nostro Paese. Teorie che forse saranno ridimensionate, attenuate, sostituite con altre, ma che esprimono l'esito di studi scientifici, non di teorie che sono frutto di visionari.
Il cambiamento del clima ha trasferito verso il cuore dell'Oceano Atlantico l'Alta Pressione delle Azzorre, quella che sino ad alcuni anni fa si estendeva verso est, adesso è andata verso ovest, fin quasi le coste americane, esponendoci alla calura africana estrema.

E cambiamenti meteo climatici come quelli che abbiamo esposto nel Pianeta ce ne sono svariati, e stanno portando novità climatiche che non erano state sperimentate prima a memoria d'uomo, o nel migliore dei casi non così di frequenza. Citiamo per finire l'avvento di una fortissima ondata di calore che sta per investire la Siberia, di piogge con alluvioni lampo che hanno interessato a più riprese il sud del Sahara.

C'è poco altro da aggiungere per ora, se non che augurarci un po' di normalità, e soprattutto chi gioisce per il caldo dovrebbe riflettere sul fatto che questo è un evento meteo drammatico, che danneggia la nostra agricoltura e il nostro ecosistema naturale.

Andrea Meloni




16/06/17

FANTASMI


L'albergo Avisio e il suo quasi dirimpettaio albergo Lagorai hanno rappresentato, anche iconograficamente, il turismo estivo di Lago sino agli inizi degli anni '70. Quel turismo del tutto scomparso, fatto da persone che dalle città 'fuggivano' e si trasferivano armi e bagagli in luoghi ameni e silenziosi per tre settimane/un mese e spesso anche qualcosa in più. Ospiti alla buona, modesti e rispettosi che qui chiamavamo impropriamente "i siori" (ma tra gli ospiti del Lagorai  soggiornarono anche 'siori' veri, personaggi di fama nazionale, come Eugenio Cefis e Renato Squillante), che si adattavano ai luoghi così com'erano e non viceversa, come accade oggi. Non pretendevano strutture particolari, locali aggiuntivi, piscine, saune, solarium, campi da tennis, sale gioco, dancing, parcheggi, anche perché arrivavano generalmente con i mezzi pubblici (sino al 1963 addirittura in treno!).

Per la stessa ragione non girovagavano annoiati e insofferenti tre quarti del tempo con inutili, ingombranti fuoristrada, come ci tocca osservare di continuo. Per ricaricarsi si 'accontentavano', turisticamente parlando, della migliore qualità in assoluto gratuitamente disponibile,  che ora invece, dopo cinquant'anni di continui aggiornamenti e aggiunte all'offerta, all'interno dei nostri paesi purtroppo non siamo più in grado di garantire, e cioè il silenzio, la tranquillità e la possibilità di muoversi in un contesto ambientale sano e più a misura d'uomo. Già allora in città l'odore caratteristico era quello delle benzine combuste e il rumore prevalente quello delle autovetture. Qui da noi, a quell'epoca, girando si sentivano invece ancora distintamente l'odore delle stalle e il profumo della legna accatastata sotto i poggioli delle case. I rumori serali erano pochi e di giorno, oltre alle persone a piedi, transitavano per le strade per lo più carri a trazione animale. Lago offriva tutto questo. Niente di meno, niente di più.

Ma il tempo fugge inesorabilmente e le vicende familiari degli originari proprietari delle due strutture alberghiere, per ragioni diverse, pregiudicarono il prosieguo delle loro attività ricettive e uno dopo l'altro, prima l'Avisio e poi il Lagorai, vennero definitivamente chiusi.

Così, dopo aver ospitato negli ultimi decenni soltanto ricordi e fantasmi, qualche giorno fa l'albergo Avisio è stato demolito.


Al suo posto ora saranno edificate 'doe o tré növe 'cašòte, ma ben... piciole'. Occuperanno complessivamente una superficie quadrupla rispetto a quella occupata dalla struttura abbattuta e sottrarranno altri prati e altro verde alla località aggiungendovi nuovo cemento, nuove aree asfaltate e nuovi imprescindibili posti auto. In compenso però, come commentò soddisfatta  la nostra sindaca in occasione dell'approvazione dell'ultima variante al Piano di Fabbricazione comunale, i nostri artigiani avranno nuove opportunità di lavoro...

A conferma, una volta di più, di quanto miope sia la visione del tutto, ed il rispetto, l'attenzione, il senso del limite, la salvaguadia del territorio siano, qui più che altrove, soltanto vuote e impraticate parole. Continuiamo così.


Ario Dannati

A PROPOSITO DI NEVE


“Snow Future” è la mostra temporanea inaugurata nei giorni scorsi al Museo di Scienze Naturali dell’ Alto Adige, a Bolzano

Legato alla mostra si è concluso però nei giorni scorsi anche un simposio di due giorni dal titolo “Snow Future -. Cambiamento climatico – una svolta interdisciplinare”. A chiudere i lavori con una conferenza pubblica è stato il noto climatologo Luca Mercalli. L’ abbiamo intervistato. Neve e Futuro. Non occorre aggiungere molto.

Quale scenario si viene prefigurando sull’ arco alpino? «Abbiamo serie storiche di dati che coprono quasi un secolo e il trend è chiaro: al di sotto dei 1500 metri la riduzione delle precipitazioni a carattere nevoso è drastica e arriva anche al 40%, mentre a quote più alte la situazione è migliore, anche se per avere una certa stabilità del manto bisogna salire al di sopra dei 2000 metri. Situazione in via di peggioramento perché la temperatura media aumenta di anno in anno».

L’ industria delle neve tenta di rispondere introducendo nuove tecnologie nell’ innevamento programmato e creando bacini di accumulo sempre più grandi e capillari. È sufficiente? «Temo di no, sia dal punto di vista della sostenibilità economica che da quello della sostenibilità ambientale. Inverni siccitosi come quello che si è appena concluso riportano tutti coi piedi per terra: l’ acqua è un “bene scarso” e impone un uso razionale. Usi civili, agricoltura, turismo esprimono interessi in conflitto e prima o poi dovremo stabilire delle priorità. Abbiamo vissuto negli anni scorsi altre situazioni di crisi idrica primaverile che poi, nel corso dell’ estate si sono risolte grazie ai temporali. Speriamo che anche stavolta vada così. Speriamo davvero». 

Dunque, tornando al turismo invernale, quale strategia? «Neanche un euro di denaro pubblico alle stazioni sciistiche al di sotto dei 1500 metri e poi diversificare l’ offerta turistica, come si sta facendo in Appennino».

Ma le Alpi e le Dolomiti in particolare hanno un’ altra storia. Ci sono intere economie che ruotano intorno al turismo invernale dove, negli anni, sono stati investiti fiumi dei denaro in infrastrutture.
«Lo so, ma negare che le cose stiano cambiando, e in fretta, per via dell’ innalzamento delle temperature e dei cambiamenti del ciclo idrologico, non serve a nessuno. Non lo trovo utile. Né si può pensare di spostare sempre più in alto le stazioni sciistiche andando ad occupare stabilmente aree al di sopra dei 2500 o dei 3000 metri. Quelle zone sono troppo fragili, sia dal punto di vista idrogeologico che dal punto di vista ecologico. Sarebbe un errore gigantesco». 
Lei sta introducendo l'idea di limite. «Sì. E non capire che esiste un limite in ciò che si fa, nel battere certe strade, ritarda solo l’ adozione di adeguate contromisure. Io dico che perseguire oggi una politica espansiva dei comprensori sciistici non ha senso».
 
Il Trentino 06/06/2017

13/06/17

FOREVER SNOW: L’ITAP SFIDA I CAMBIAMENTI CLIMATICI

L’opinione pubblica paesana non mormora, non discute, non dibatte. Guarda attonita, o forse ebete, incapace di un sussulto, di un’indignazione. È morta e sepolta. L’opposizione comunale non è all’altezza del suo ruolo, e Dio solo sa quanto avremmo bisogno di un contrappeso di qualità per contrastare la presunzione di una maggioranza asservita e impalpabile; un’opposizione capace di argomentare con competenza e all’occorrenza di battere i pugni sul tavolo. L’intellighenzia giovanile (le decine e decine di laureati e diplomati presenti in paese) è muta, in parte tacitata da un incarico, una presidenza, una licenza edilizia, e in parte, peggio ancora, indifferente. La PAT, in epoca lontana baluardo al dilettantismo amministrativo delle periferie e garanzia di buona amministrazione, annovera ora al suo interno innumerevoli spregiudicati dilettanti, plebiscitati a Trento non certo per le loro qualità morali e intellettuali. Quale ultima speranza, confidavamo nel parroco, coi suoi legami ultraterreni e il privilegiato rapporto diretto con il Massimo Fattor. Ma anche lui evidentemente è poca cosa; in caso di perdurante siccità, garantirà, forse, qualche orazione ad hoc.
 


 
I cambiamenti climatici sono un fatto inequivocabile al centro delle agende politiche internazionali. A Tesero, però, pare non ce ne importi una pippa! Le cronache riportate dai quotidiani locali sulla recente serata di presentazione del nuovo bacino di accumulo di Pampeago lo testimoniano perfettamente. Pur di striscio evocati, proprio durante quell’incontro pubblico, essi non spaventano e si procede e si rilancia con disprezzo ed arroganza, come se i problemi di realizzazione di quell’opera fossero casomai soltanto tecnici ed economici e non invece soprattutto ambientali e morali.

Lo sconcerto è totale.

Delle parole del Santo (i famosi MAI PIÙ) pronunciate 29 anni fa ai piedi delle rovine di altri tragici bacini e a un tiro di schioppo dal luogo ove verrà edificato il nuovo invaso, chi se ne frega…

“Il dominio accordato dal Creatore all’uomo non è un potere assoluto, né si può parlare di libertà di ‘usare e abusare’ o di disporre le cose come meglio aggrada. La limitazione imposta dallo stesso Creatore fin dal principio ed espressa simbolicamente con la proibizione di ‘mangiare il frutto dell’albero’ mostra con sufficiente chiarezza che, nei confronti della natura visibile, siamo sottomessi a leggi non solo biologiche, ma anche morali, che non si possono impunemente trasgredire”.

Di fronte a un procedere così incongruo, dopo oltre 30 anni di anniversari celebrati in gran pompa e di insistiti moniti, ci saremmo aspettati quantomeno e finalmente prudenza, attenzione, cambio di indirizzo, voglia di cercare alternative ad un’offerta turistica costantemente in competizione col territorio. Invece… Invece le parole non coincidono mai con i fatti: attenzione, rispetto, cura, prevenzione, si ripetono infinite volte soltanto in quelle occasioni, ma nella realtà Il consumo e lo sciupio territoriale qui continua senza l’apparente minima preoccupazione generale.

La Fondazione Stava, che va a insegnarla al mondo intero, ha qualcosa da dire in proposito, o le ardite intraprese di ITAP e CERMIS non rientrano tra le fattispecie presenti nel suo statuto da monitorare, biasimare e finanche condannare?

Quanto dovremo attendere ancora per vedere un cambio di rotta, finalmente virtuoso? Quanto è difficile cambiare registro? Perché ci si incaponisce? Si faccia qualcos’altro. Si promuova un nuovo modo di ‘vivere’ la stagione invernale. Se non si useranno più gli sci non per questo gli impianti dovranno venire smantellati. Si promuova il trekking di alta quota, il nordic walking, si converta la marcialonga skiing in cycling (come già si fa da qualche anno in estate). E chi più ne ha, più ne metta. Fantasia, diamine!

Ma dov’è il problema? Perché di fronte alla chiara evidenza della tendenza climatica in atto ci si accanisce con lo sci, costi quel che costi? Con opere artificiali costosissime, a carico ovviamente dell’Ente pubblico, sottrazione di risorse naturali, modificazioni orografiche importanti, 'cannoni' che soffiano e ululano notti e notti intere a 2400 metri (ma anche a 900, in quel di Lago). È un procedere miope, stupido e pericoloso. E, serbatoio o non serbatoio, potrebbe non durare ancora molto. Perseverare su questa strada è davvero diabolico.

L’Orco




11/06/17

€ 600,00 PER PASSARE ALLA STORIA


Tempi oscuri e memorie labili, assorbite e prosciugate da rivoli infiniti di spazzatura in cui la modernità, attraverso la sua incessante diffusione tecnologica di massa, quotidianamente ci immerge. Like, tweet, post, whatsapp, s-bit, emoticon, etc., etc. Azioni ripetute ogni giorno centinaia e centinaia di volte. Per essere virtualmente collegati col mondo intero ed essere fisicamente scollegati da tutto. Sono le operazioni compulsive della connessione globale che paradossalmente ci impediscono ormai di fare il punto della situazione globale e di capire dove stiamo velocemente precipitando. Possiamo tutto, ma un tutto effimero e mai colmo. Comunicare, inviare foto, trasmettere documenti, condividere drammi e felicità, ascoltare e sapere in tempo reale ciò che accade in ogni dove senza essere protagonisti e decisori di nulla. Onnipotenti e impotenti al tempo stesso, perché l'onnipotenza virtuale generalizzata equivale, appunto, all'impotenza fattuale di ognuno.

Tutto passa veloce. E tutto, in una confusione sempre più evidente, veloce precipita nella dimenticanza e nell'oblio. L'apparente immutabile circolarità del tempo inquieta e mortifica. La routine della vita agiata e comoda - "guai che la cambie..." spesso s'udiva non molto tempo fa - non durerà purtroppo ancora a lungo. Perché tutto sta velocemente cambiando. La nuova Via della Seta presto ci porterà i Cinesi in casa. Saranno loro tra non molto i padroni del mondo. Un miliardo e mezzo di umani vogliosi di fare, di produrre, di conquistare. Non solo Inter e Milan, ma anche la 'gloriosa' Cornacci calcio presto avrà un presidente dal nome mandarino, Xien Pjin Lu. E tra quindici anni addirittura il sindaco di Tesero potrebbe chiamarsi Deng Zi Xan.

Di tutto questo in Comune se ne sono accorti e hanno deciso di correre ai ripari. Se lo scenario è questo urge alla svelta lasciare traccia ai posteri della nostra Età dell'Oro, perché le vestigia sparse qua e là sul nostro territorio non bastano. Con questi cervelli frusti o collassati, le opere e i provvedimenti amministrativi del recente passato non sono sufficienti a garantire una Memoria davvero imperitura. Chi ricorderà tra dieci anni (ma già adesso i più non lo ricordano) quale geniale amministratore cogitò l'ultimo disastroso piano di fabbrica locale? In quanti, passando te Cavada, sapranno rispondere alla domanda: sotto quale sindaco nel 1998 venne abbattuto il vecchio brenzo e costruita la qui presente fontana?

Sì, il grave rischio dell'oblio è drammaticamente reale e per chi amministra, il gratificante passaggio del Ventisette ad ogni fine del mese non può essere l'unica ragione per candidarsi ed aspirare ad una cadrega di peso...

Ecco dunque l'idea: editare un libro (o forse un più modesto pamphlet, o addirittura, una semplice pergamena) con le biografie in formato espresso di coloro che per esclusiva purissima filantropia e amore civico si sobbarcarono il gravoso onere del comando. Un segno doveroso di gratitudine nei confronti di chi precedette l'attuale prima cittadina e di autogratitudine nei confronti di essa stessa, che pubblicamente e imperituramente ricordi ai posteri questi benefattori.

La pubblicazione sarà consegnata ad ogni famiglia ed una copia con brossura speciale e rilegature in metallo prezioso sarà custodita nella biblioteca comunale. Che alle future generazioni si lasci una traccia certa del recente passato paesano!

La ricerca, vista l'indisponibilità degli uffici comunali, troppo presi a organizzare i prossimi eventi estivi mondani, sarà affidata allo storico locale, professor Italo Giordani. Essa ripercorrerà cronologicamente vita, opere e miracoli di chi dal dopoguerra in poi guidò il paese. Magari (ma non ce lo auguriamo), per eccesso di zelo, l'autore si spingerà sino a classificare in base ai fatti amministrativi le dodici figure che ressero le sorti di Tesero dal lontano 1946 ad oggi.

I dodici nomi di chi si succedette al comando di palazzo Firmian (Francesco Mich, Gabriele Iellici, Giuseppe Zanon, Enrico Ciresa, Remigio Braito, Pietro Deflorian, Adriano Iellici, Maurizio Zeni, Giovanni Delladio, Francesco Zanon e Elena Ceschini) verranno dunque svelati e consegnati alla Storia del paese per la certamente modica cifra di € 600,00. Un libro (o, come detto un pamphlet, o addirittura, una semplice pergamena) e una targa d'oro (o più probabilmente d'ottone) cesellata a mano li ricorderà nell'atrio del Palazzo.

Sarà opportuno lasciare qualche spazio libero sul supporto cartaceo e qualche centimetro di metallo in più sulla targa in modo da poter aggiungere i nomi e le storie di quelli che all'attuale reggente comunale succederanno. Nella speranza che tra quindici anni il nome da aggiungere non sia proprio quello di Deng Zi Xan...

Ario Dannati

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
Foto di Euro Delladio

MINU

MINU
Foto di Sabina

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