20/09/14

ASSASSINO A PIEDE LIBERO


Giovedì 18 settembre, ore 17,45 circa. Il pomeriggio volge al termine. Dopo una giornata trascorsa in gran parte col sarchio in mano e con la schiena che reclama uno stop decido di caricare casse e attrezzi sul motocarro. Quest'anno i lavori in campagna tra un piovasco e una sbalconata di sole si fanno necessariamente a strüfi e bütoni. Oggi l'acqua ha dato tregua e ne ho approfittato, domani va' a sapere... Sto caricando l’ultimo cestarèl di patate sull’ape quando sento alle mie spalle il sopraggiungere di un’auto. Mi giro e vedo un imponente fuoristrada grigio che sta sistemandosi dietro la masiera lontana venti metri dal baito de Šaltojo.
Ne scende un uomo che sulle prime non riconosco. Apre il portellone posteriore dell’auto ed estrae l'armamentario. A quel punto l’interrogativo iniziale sul chi sia mi si disvela compiutamente. Tranne la barba nera, il resto è un tripudio di verde marcio: berretto, giacca, pantaloni, astuccio del fucile, binocolo, refòn. C’è però qualcosa di inusuale e stonato nel suo vestiario. Chissà perché non calza i classici scarponi ma un paio di stivali di gomma, anch’essi verdi. Il carico è pesante ma l'uomo non s'affatica molto. Percorre soltanto i venti metri che separano l’auto dalla baita e vi entra. Ben immaginando il seguito, la rabbia comincia a impadronirsi di me. E quando qualche istante dopo vedo spuntare dal sottotetto del piccolo rifugio di campagna lo schioppo ancorato ad un treppiede, esplode in tutta la sua virulenza.
Accendo l’ape, salgo attraverso la strada interpoderale in direzione del puntamento dell’arma clacsonando all’impazzata. L'intenzione è quella di spaventare quanto più possibile le eventuali ignare vittime che di li a poco, per ragioni vitali, sarebbero potute uscire dal bosco allo scoperto. Smonto poi dal motocarro e comincio a far baccano spostandomi a piedi avanti e indietro sul fronte di tiro, mentre il tapino immagino stia osservando dal baito la scena col binocolo. Mi rendo ben conto che l'azione sortirà minimi e soltanto temporanei effetti, ma non riesco a subire inerte quell'atto vandalico e proditorio  in fieri. Dopo un po’ rimonto sull'ape e ridiscendo la strada intenzionato ad affrontare direttamente l’ “animale” armato. Vedo il suo fucile da vicino, una carabina con cannocchiale montato sulla canna. Riconosco l’uomo, un tipo sui trent’anni o poco più, con una faccia da tagliagole dell’Isis, col quale in vita mia mai avevo scambiato parola. Lo provoco dicendogli che nel baito con l’arma carica non avrebbe potuto entrarci. Annuendo ed evitando il mio sguardo risponde laconico: “’nformete!” Lo osservo e sebbene la tensione tra me e lui sia al parossismo non dà alcun segno apparente d’emozione: uno sgherro fatto e finito. Gli dico ancora: “…e ti te saries ‘n amante de la natura?” “Mi no!” replica secco. Nonostante io continui a punzecchiarlo, sperando di spazientirlo e farlo andar via lui sembra non sentire neppure le mie parole e imperterrito continua a sbinocolare l’orizzonte. Azzardo ancora un: “varda, varda, ampò non gh’è pü niente”. Ma non riesco a cavargli più una parola di bocca. Lo hanno ammaestrato per bene, penso. Ma che razza di educazione avrà ricevuto in casa un gaglioffo del genere… La sera sta avanzando, ma non abbastanza velocemente per garantire la sopravvivenza sino all’indomani degli inermi abitatori del bosco. Passa l’ultimo trattore dei Petoli carico di balle di fieno bagnato. Si ferma, scambio due parole con l’Elio che non s’accorge della presenza dell’intruso all’interno del rifugio. Lo saluto e se ne va. Poi, siccome l’impasse mi sta fregando e l’unica idea che comincia a turbinarmi in mente, se messa in pratica, mi manderebbe all’ergastolo, approfitto di quel fugace calo di tensione, rimonto sull’ape e me ne vado anch'io. Dopo cena, ancora bollente di rabbia, chiedo informazioni sull’uomo. Dall’identikit che sottopongo ad amici lo sgherro risulta essere tale F.P. di Tesero. Noto nell’ambiente venatorio locale per precedenti azioni di bracconaggio. Allora intuisco il perché di quel suo inutile mimetismo, dato che a 400 metri di distanza, nascosto nella baita, le sue vittime non lo avrebbero notato neanche se si fosse vestito da arlecchino. No, l’abbigliamento mimetico serviva soltanto per sfuggire all’osservazione di eventuali guardacaccia appostati in zona durante le necessarie operazioni di recupero. Ecco, sì. Dev'essere questa la ragione. Bastardo!
E allora, se i signori guardacaccia e signori forestali fossero davvero preposti alla tutela del rispetto della fauna la domanda da porre loro sarebbe: perché a questa gentaglia famelica, insensibile, vigliacca ed arrogante dopo la prima flagranza di reato non le si toglie definitivamente il porto d’armi? Per attendere l’inevitabile puntuale recidiva? Purtroppo la verità è che i controllori non sono affatto al servizio della fauna bensì dei suoi annientatori. Così le continue barbarie commesse da questi ribaldi non vengono troncate definitivamente alla prima infrazione del regolamento con la radiazione, ma sanate con una semplice sanzione amministrativa. Se giustizia ci fosse davvero, considerato che l’animale-cacciatore nell’esercizio del suo barbaro diletto “si pone in competizione” con l’animale selvatico, la punizione, se dovuta, andrebbe comminata con lo stesso metro usato nella recente vicenda dell’orsa. Ma, considerata l’aggravante della premeditazione, della ferocia e della assoluta inutilità della predazione, al bracconiere andrebbe somministrata una dose doppia dell’ “anestetizzante” usato su Daniza.

A.D.


16/09/14

SEMPRE AVANTI E MAE PASSION...


È di ieri l’ennesima conferma ufficiale (fonte Ocse) dell’acuirsi della crisi economica dell’Eurozona e nella dolente classifica dei paesi CEE, nonostante la frenesia e l'agile loquela del suo twittante leader, l’Italia rimane buon’ultima. Insomma l’avviato processo riformatore, tanto caro al Nostro e ai notabili di Bruxelles, per intanto sembra non riesca proprio a cambiare il verso alle cose. D’altronde non sono necessari i vaticini della Sibilla Cumana per indovinare che una crisi di sistema non si risolverà riformando la scuola, la giustizia o modificando l’articolo 18… Stampa e tv mainstream, fanno però orecchi da mercante. Fiumi d’inchiostro e tonnellate di carta vengono sciupati ogni giorno per confezionare giornali che rassicurino e ci facciano credere in una possibile, ancorché lontana, “uscita dal tunnel”. E pur se vi fosse, anziché no, un fondamento di verità in quell’insistito quotidiano esercizio giornalistico, in definitiva saremmo ancora ben lontani dall’essere rassicurati. Perché purtroppo non c’è solo il “tunnel” economico da cui dover uscire. Le gravi compromissioni di questo nostro pianeta ammalato sono molte e concatenate. La confusione è totale, e ovunque i cattivi maestri fanno strame della residua coscienza collettiva. Giunti a questo punto, l’inerzia al galleggiamento sul mare in burrasca durerà ancora un po’, ma la fine non potrà essere elusa. Poche balle: i segni, per chi ha occhi per vedere, sono chiari. L’umanità è in piena convulsione. Guerre, Clima, Emigrazioni, Sovrappopolamento sono il “combinato disposto”, l’innesco della bomba che sta per esplodere. Diceva il saggio: “Il secolo della fine non sarà quello più raffinato, e nemmeno il più complicato, ma il più convulso, quello in cui, dissoltosi l’Essere in movimento, la civiltà, in un supremo slancio verso il peggio, si sgretolerà nel turbine che avrà suscitato.” . Eppure la maggioranza fa finta di non capire. Si ostina a perseverare. Non crede all’ auto-redenzione né tenta di ridimensionare la follia del nostro vivere quotidiano. Niente. Per pigrizia, forse, o forse per paralizzante paura confida nella scienza, nelle sue magnifiche sorti e progressive e spera, nonostante l’evidente loro inconsistenza, nelle giovani generazioni. Come se esse, nate e formatesi in questa confusione e in questa artificiosa condizione, per chissà quale miracolo fossero capaci di traghettarci in un nuovo umanesimo  facendoci uscire dalla schiavitù tecnologica che ci sta annientando. Ma che qualità superiore può avere un essere immerso e cresciuto come gli altri in una società marcia per la solo passeggera contingenza di trovarsi in un’età giovanile? Nessuna! Dai giovani nessuna speranza. E dalla conoscenza scientifica? Men che meno! Anche se riuscisse in un pur prossimo domani a farci annusare gli odori attraverso un telefonino. O condurci su Giove in astronave in sette giorni. O, più “banalmente”, regalarci energia nuova a buon mercato da sperperare come già facciamo per inquinare il mondo per qualche annetto ancora. No, il tempo è proprio scaduto. La vita è scaduta. L’umanità si è disintegrata. Il medioevo prossimo venturo  e il ritorno alla barbarie sono qui dietro la porta.

il Millenarista da Tieser

14/09/14

RITRATTO DEL CIVILIZZATO


... Se fossimo in grado di sottrarci ai desideri, ci sotrarremmo nel contempo al destino; superiori agli esseri, alle cose e a noi stessi, restii ad amalgamarci di più con il mondo, attraverso il sacrificio della nostra identità accederemmo all'anonimato e alla rinuncia. « Io non sono nessuno, ho vinto il mio nome! » esclama colui che, non volendo più abbassarsi a lasciare traccia di sé, cerca di conformarsi all'ingiunzione di Epicuro: « Nascondi la tua vita ». Gli antichi: sempre a loro torniamo quando si tratta dell'arte di vivere, della quale duemila anni di sovranatura e di carità convulsa ci hanno fatto perdere il segreto. Ritorniamo a loro, alla loro ponderazione e alla loro amabilità, non appena accenni a scemare quella frenesia che il cristianesimo ci ha inculcato; la curiosità che essi destano in noi corrisponde a una diminuzione della nostra febbre, a un arretramento verso la salute. E ritorniamo ancora a loro perché, separati dall'universo da un intervallo più ampio dell'universo stesso, essi ci propongono una forma di distacco che cercheremmo inutilmente nei santi.

 Facendo di noi dei frenetici, il cristianesimo ci preparava suo malgrado a generare una civiltà di cui ora è vittima: non ha forse creato in noi troppi bisogni, troppe esigenze? Queste esigenze, questi bisogni, inizialmente interiori, erano destinati col tempo a degradarsi e a dirigersi verso l'esterno; e allo stesso modo il fervore da cui promanavano tante preghiere sospese bruscamente, non potendo svanire né rimanere inutilizzato, doveva mettersi al servizio di dèi di ricambio e forgiare simboli a misura della loro nullità. Eccoci in balia di contraffazioni d'infinito, di un assoluto senza dimensione metafisica, immersi nella velocità, non potendo esserlo nell'estasi. Questa ferraglia ansimante, replica della nostra smania di movimento, e questi spettri che la manovrano, questo corteo di automi, questa processione di allucinati! Dove vanno? Che cosa cercano? Quale vena di demenza li trascina? Ogni volta che propendo per assolverli, che concepisco dei dubbi sulla legittimità dell'avversione o del terrore che mi ispirano, mi basta pensare alle strade di campagna, la domenica, perché l'immagine di quella marmaglia mi rafforzi nei miei disgusti o nei miei raccapricci. Essendo stato abolito l'uso delle gambe, il camminatore, in mezzo a quei paralitici al volante, ha un'aria da eccentrico o da proscritto; presto farà la figura del mostro. Non c'è più contatto con il suolo: tutto ciò che in esso affonda ci è divenuto estraneo e incomprensibile. Strappati da ogni radice, inadatti per di più ad avere dimestichezza con la polvere o con il fango, siamo riusciti nell'impresa di rompere non soltanto con l'intimità delle cose, ma con la loro superficie stessa. La civiltà, a questo stadio, apparirebbe come un patto col diavolo, se l'uomo avesse ancora un'anima da vendere.

  E' davvero per « guadagnare tempo » che furono inventati questi arnesi? Più sguarnito, più diseredato del troglodita, il civilizzato non ha un momento per sé, i suoi svaghi stessi sono febbrili e opprimenti: un forzato in ferie, che soccombe all'uggia dell'inattività e all'incubo delle spiagge. Quando si sono frequentati luoghi dove l'ozio era di rigore, dove tutti vi eccellevano, ci si adatta male a un mondo dove nessuno lo conosce e lo sa godere, dove nessuno respira. L'essere, infeudato alle ore, è ancora un essere umano? E ha il diritti di chiamarsi libero, quando sappiamo che si è scrollato di dosso tutte le schiavitù tranne quella essenziale? ...

Da LA CADUTA NEL TEMPO di E.M.Cioran

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

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Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

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Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

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SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

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MINU

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