21/01/12

LIBERALIZZAZIONI





Nuove norme per sbloccare il mercato: i figli dei notai finalmente potranno fare un lavoro onesto – Basta con le caste e le corporazioni professionali: da lunedì prossimo ogni ferramenta potrà vendere bazooka e missili terra-aria – Un toccasana per l’economia: i farmacisti potranno guidare il taxi anche senza patente. La febbre delle liberalizzazioni ha investito il paese con la stessa irresistibile potenza con cui i Beatles colpirono l’America nel ’64: una vera e propria epidemia. Guidato dal suo caro leader Kim Jong Mont, il popolo pretende liberalizzazioni economiche in ogni settore della vita pubblica e privata. “Perché un impiegato di banca non può guidare un aereo di linea? Vi pare giusto?”, si chiede in un editoriale Il Sole 24 Ore. In una nota rilanciata da tutte le agenzie, esponenti del governo fanno notare che la mancanza di liberalizzazioni blocca lo sviluppo del paese: “Lo sapete che se tutti i notai d’Italia avessero gravi problemi di infertilità, nel giro di una generazione non avremmo più notai? A chi daremmo soldi in nero, se questo accadesse?”. Anche la Conferenza Episcopale Italiana, in un comunicato pubblicato sull’Osservatore Romano, mostra grande attenzione al problema: “Sono ormai secoli che per fare il vescovo non serve essere figlio di un cardinale. Aiuta, certo, ma non è indispensabile”. Un buon osservatorio, come sempre sono le lettere ai giornali. Scrive ad esempio a Repubblica la signora Angelina Cecioni, da Velletri: “Faccio la parrucchiera da trent’anni e vorrei cambiare attività. Purtroppo in questo paese bloccato e senza liberalizzazioni non posso decidere della mia vita, per esempio non posso fare il neurochirurgo. E’ una vera ingiustizia!”. Certo, una seria politica di liberalizzazioni abbasserebbe le tariffe di molti servizi, ad esempio operarsi di prostata in una macelleria di Orvieto costerebbe molto meno che farlo in un normale ospedale, ma questo non è possibile per colpa della potente lobby dei medici. Qualcuno fa timidamente notare che tutto ciò che è stato liberalizzato negli ultimi vent’anni, dalle autostrade al gas, dalle assicurazioni alle ferrovie, costa di più e funziona di meno. Ma si tratta solo di voci disfattiste: grazie alla prossima liberalizzazione della lapidazione, anche queste posizioni antimoderne saranno messe a tacere per sempre.


Alessandro Robecchi

19/01/12

18/01/12

INTO LE BOCCE E FÖRA LE FACÉRE



Et voilà, è passato anche il Natale. Era ora. Non se ne poteva più di quel po’ po’ di inautentico, di scontato, di pletorico, di visto e rivisto, di quasi lugubre. Adesso possiamo immergerci nella trasgressione carnevalesca. In quell’unico periodo dell’anno espressamente dedicato alla licenziosità e al peccato. Tutto l’osceno e il proibito, compresso per undici lunghi mesi nel più profondo della nostra psiche, sarà ‘autorizzato’ per i prossimi 35 giorni circa ad emergere e annichilire l’ipocrita buonista messinscena della natività. Scherzi, sbornie, inganni, adulteri, faranno da contrappasso al logoro immaginario natalizio. “Into le bocce e föra le facére” soddisfatto annunciava puntualmente a sé stesso, ogni anno la sera dell’Epifania il buon Güstele Pressa (Gustavo Dondio / Tesero 1912 – Tesero 1986), anch’egli stufo de spinada e presepi.
Carnevale, ovvero Tempo di libertà: una volta ‘assoluta’, cioè capace di interpretare il moto animale più nascosto di ognuno di noi senza farsi dirigere da modelli esteriori, oggigiorno soltanto ‘relativa’. Anche il “Tempo della Carne” infatti ha scontato il tentativo di assoggettamento al commercialmente corretto. Tuttavia, grazie al suo evidente polimorfismo è riuscito a mantenere una sua autonomia e a non piegarsi completamente al volere consumistico, ma pagandone per questo un alto prezzo. Lo prova il paradosso che mentre Natale e Pasqua, feste di un giorno solo, si sono dilatate a dismisura, l’originaria veemenza sabbatica del carnevale si è via via depotenziata e l’ampio, seppur variabile, periodo che gli appartiene (dall’Epifania alla Quaresima) s’è ridotto sostanzialmente al solo pomeriggio del martedì grasso.
Sino ai ’70 del secolo scorso, il proibito e l’eccesso ‘affioravano’ esclusivamente durante quel periodo. In un crescendo che ad iniziare dalla seconda domenica di gennaio raggiungeva il suo culmine nei giorni della cosiddetta settimana grassa.
Maschere, coriandoli, tortié de pomo, frati ’mbriaghi, canederli, cene delle associazioni con relativi balli e bale. Era il tripudio della fantasia, della sensualità e degli incontri ‘peccaminosi’. Lo sfogo quasi fisiologico, giocato nel mezzo della lunga stagione invernale, che i montanari trascorrevano per lo più tra stalla, cambra e tabià. Trasgredire per sopravvivere al giogo immutabile del duro lavoro di un tempo e al repressivo controllo sul costume perpetrato da Santa Romana Chiesa, dalla notte dei tempi sino al Concilio Vaticano II, fatta salva quell’unica annuale eccezione.

A.D.

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
Foto di Euro Delladio

MINU

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