03/04/10

01/04/10

CASA CHIUSA



Esattamente tre anni fa, il 1° aprile 2007, apriva La Casa dell’Orco e partiva l’avventura di Ario e dei suoi dannati amici. Un cammino iniziato per caso e per divertimento. Poi, man mano che la conoscenza dell’ “abitazione” si diffondeva nella rete aumentò anche la frequentazione dei visitatori. Abbiamo registrato oltre 40 mila contatti dal 17 luglio 2007, giorno in cui entrò in funzione un contatore di entrate, con una crescita esponenziale negli ultimi mesi. A distanza di oltre mille giorni, che dire?
Che, forse, sarebbe stato tempo di “inventarsi” qualcosa di nuovo: l’idea che ci intrigava da un po’ era quella dell’intervista in video. Ma per questo ci sarebbe voluto un po’ di gente disposta a intervenire.
Poi, che aggiornare continuamente “il racconto paesano” non è agevole, specie se il confronto nel merito non viene (r)accolto e rilanciato dai lettori. Alle nostre provocazioni, come abbiamo più volte detto, non è quasi mai seguita reazione. Anche se la discussione sulle cose avrebbe dovuto proprio innescarsi attraverso solletichi o “scosse” più o meno intensi. C’è stato sì qualche rigurgito rabbioso a seguito di talune prese di posizione nei riguardi di un tale intoccabile, e basta.
Ma la più clamorosa evidenza negativa riscontrata in questo triennio di attività pubblicistica è stata la totale assenza di partecipazione al dibattito da parte del personale politico locale. Cosa che, più di ogni altra, non ci saremmo aspettati. Quasi che il coinvolgimento diretto degli “eletti” nel rapporto amministratore/amministrato fosse cosa insana e aborrevole e la disputa sulla cosa pubblica (cioè di tutti) prerogativa esclusiva degli inquilini temporanei del Palazzo.
Si dirà: “E cosa volevate? Mica è un obbligo istituzionale, per un consigliere o un assessore, intervenire su un blog!”. Certo che no. Ma, visto che lo strumento c’era e lo stava usando un numero crescente di lettori, perché un amministratore pubblico di una piccola comunità non avrebbe dovuto sentire opportuno, addirittura piacevole, di tanto in tanto, intervenire per informare o per replicare a qualche imprecisione?
Ci siamo fatti l’idea che ciò sia dipeso dal fatto che l’apertura democratica, cioè il coinvolgimento diretto della collettività all’elaborazione dei bisogni, all’analisi dei problemi e alle ragioni del fare o del non fare, faccia paura, sia un tabù. Non si svegli il can che dorme, per l’amor di dio!
E nell’esercizio del potere tutto ciò che necessita di un impegno culturale aggiuntivo si preferisce evitarlo. Questa è una regola antica e non scritta dell’ortodossia politica del paese, forse non solo del nostro. Tradizionalmente la prassi “democratica” prevede si facciano le liste, si voti, si elegga, e poi, in sedi separate, la parte eletta amministri e gli altri tacciano o mormorino, ma a distanza e quasi senza confronto. In verità, generalmente, un paio di assemblee pubbliche, durante una legislatura, si fanno. Ma la gente, in quelle occasioni così rare e impreviste, non essendo avvezza al confronto pubblico si sente in soggezione. Il timore dell’autorità costituita, per quanto vicina alle persone possa essere, è un fatto eliminabile solo attraverso un’insistita iterazione. Pertanto noi crediamo che il miglioramento dell’anzidetto rapporto amministrato/amministratore si possa realizzare solo se le occasioni di confronto (e di scontro) sono ripetute con più frequenza e senza obbligare chicchessia a “mettersi in gioco” a braccio, pubblicamente.
Ci eravamo convinti, strada facendo, che il blog possedesse proprio le caratteristiche ideali per poter garantire l’avvio di un vero confronto democratico: spazio per chi propone, esponendolo, un tema alla discussione e possibilità di riflessione e tempi adeguati di risposta per chi intende replicare. Credevamo sarebbe stato lo strumento più idoneo per destare, pian piano, le assonnate coscienze popolari. Eravamo fiduciosi, massimamente in questo momento pre-elettorale, che i nuovi candidati ne avrebbero approfittato. E invece, nisba. Ci eravamo soltanto illusi: non siamo riusciti a farlo funzionare. Ci dispiace. Il bilancio consuntivo è impietoso.
L’esercizio dialettico e il dibattito nel merito delle cose di Tesero è stato possibile, sostanzialmente, solo grazie agli interventi di 9 persone (nove): Evgeny, Ezio, Flavia, Franco e Teresa, Lorenzo, Marzio, Massimo, Settembrini. Obiettivamente un po’ troppo poco per poter continuare. La Casa dell’Orco con oggi dunque chiude. Chi vorrà potrà in ogni caso inviare interventi e scritti, che pubblicheremo con sollecitudine e resteranno a disposizione di chi, di tanto in tanto, nonostante l’evidenza dei fatti, vorrà ritornare su queste pagine. Saluti e grazie a tutti.

L’Orco

LIBERTÀ, UGUAGLIANZA, FRATERNITÀ: LA RIVOLUZIONE TECNICA.


Tecnica vuol dire libertà. Inventiva, creatività, trasgressione sono le parole d’ordine della Tecnica. Niente conformismo, niente passività: la crescita, il progresso “tecnico” esigono entusiasmo per il cambiamento. La tradizione, gli antichi costumi, i valori di una volta devono essere continuamente messi in discussione: solo la contestazione spiana la strada allo sviluppo tecnico. Libertà, libertà: tutto è possibile, nulla è proibito. “Se devo, posso”, recitava il vecchio imperativo morale. “Se posso, devo”, recita il nuovo imperativo “tecnico”. La morale è un intralcio: la Tecnica è al di là del bene e del male. Non tollera intrusioni della vecchia morale, dei vecchi valori: è essa a dettare le tavole della nuova legge. E la sua è la legge della libertà assoluta, della libertà illimitata. Ognuno può ascoltare la musica che vuole, indossare gli abiti che preferisce, mangiare le pietanze che gli gustano, aderire alle mode, alle filosofie, ai culti più bizzarri: è la Tecnica stessa a produrre gli oggetti e i gadget necessari a questo pluralismo, a questa diversificazione. La Tecnica vuole menti critiche, aperte, malleabili, libere dai vecchi pregiudizi, dalle antiche certezze, dalle fedi incrollabili. Il mondo è in continuo movimento, in continua trasformazione, in continua fibrillazione: mobilità, flessibilità, liquidità. La ricerca è libera; la scienza è libera: chi si ferma è perduto! Ognuno può e deve cambiare idea, lavoro e moglie ogni tre anni! Più liberi di così… Anche l’amore è libero: manuali di tecniche sessuali e tecniche contraccettive sono a disposizione di tutti. Come pure corsi di tecnica della comunicazione, delle dinamiche di gruppo, di autoconoscenza e consapevolezza del proprio Io: perché anche le relazioni sociali sono libere! Insomma, la Tecnica ci rende liberi: essa ci mette a disposizione tutto. Talmente liberi, che noi non dobbiamo far niente: essa ha già scelto tutto. Noi dobbiamo solo registrare le sue decisioni, certificare la maggiore efficacia, la migliore funzionalità tra questa o l’altra opzione che essa ha messo in campo. Perché la Tecnica è appunto libera, autonoma, neutra. E la sua neutralità è la nostra neutralità nei suoi confronti. Più diventa autonoma, e più la sua “indifferenza” nei nostri confronti aumenta: possiamo fare quello che ci pare, quello che ci piace, tanto saranno sempre scelte “tecniche”. Ogni novità, ogni cambiamento, saranno un altro mattone, un altro tassello per lo sviluppo del sistema, per la crescita dell’Apparato. Le nostre idee, i nostri gusti e le nostre scelte non implicano altro effetto ed altro significato se non quelli di confermare e far progredire la Tecnica stessa. Perché tra opzioni “tecniche” c’è poco da scegliere: la più efficace non può che imporsi di per sé. L’anticonformismo, la contestazione sono solo spie che segnalano il cattivo uso della Tecnica, le opzioni che non funzionano, il rischio di stagnazione del sistema. Ogni sfida, ogni contesa, ogni contrasto hanno solo natura “tecnica”: ad una potenza tecnica si può opporre solo un’altra potenza tecnica, una tecnica migliore. La Tecnica ci emancipa quindi, dall’etica come dalla politica, emancipandoci alla fine da noi stessi: non più scelte morali, scelte politiche, scelte personali: ci sono solo scelte “tecniche”. E’ l’apoteosi della libertà, l’apoteosi dell’irresponsabilità. C’è qualcuno, la Tecnica, che sceglie per noi: cosa volere di più?
Tecnica vuol dire uguaglianza. Essa non sopporta differenze di genere, di classe, di razza, di cultura. Può e quindi deve applicarsi a tutto e tutti; sa prescindere da ogni particolarismo, da ogni specificità. Non tollera discriminazioni, non tollera gerarchie, non tollera divisioni. La Tecnica offre a tutti le stesse garanzie: tutti uguali di fronte alla Tecnica! Essa dona tutto a tutti, aiuta tutti a raggiungere gli stessi livelli, gli stessi standard. Fissa per tutti gli stessi parametri, gli stessi orizzonti, elimina ogni differenza per affermare l’unità. Gli uomini sono tutti uguali e uguali sono tutte le cose: esseri umani, animali e oggettistica varia non fa differenza. Tutti hanno gli stessi “diritti”, tutti possono fare tutto: gli uomini quello che fanno le donne, le donne quello che fanno gli uomini, le macchine quello che fanno gli uomini e le donne insieme. Mai vista un’uguaglianza così! Un’uguaglianza illimitata, perché illimitata è l’applicazione della Tecnica. Nessuno si senta escluso: la Tecnica ha bisogno di tutti, ognuno è buono per ricoprire ogni ruolo, la stessa funzione all’interno dell’Apparato; ognuno può e deve dare il suo contributo allo sviluppo e alla crescita. E senza privilegi e discriminazioni di sorta: ognuno può dare una mano, ognuno essere d’aiuto agli altri, sostituirsi agli altri senza problema alcuno. Tutti per uno, uno per tutti: ciascuno partecipa come ogni altro alle magnifiche sorti e progressive! Guai a sentirsi “diversi”, guai a rivendicare una propria specifica “identità”: la Tecnica non lo tollererebbe! Sradicare quindi ogni universo qualitativo per imporre ovunque la quantità, il numero, riducendo tutto a criteri misurabili, razionalizzabili, calcolabili: ecco la missione della Tecnica! Niente più uomini, niente più donne, niente più bianchi, niente più neri; esistono solo gli “individui” e la loro somma meccanica: la massa, indifferenziata, anonima, amorfa. Omologare e livellare, perché nessuno abbia più grilli per la testa e possa pensare di essere “unico e irripetibile”! Tutti uguali perché tutti messi davanti alle stesse scelte, alle stesse opzioni; tutti fedeli ed umili servitori dello stesso Apparato, tutti ingranaggi interscambiabili della stessa Megamacchina. Non uguali unicamente a se stessi, non uguali perché rispetto a nulla e a nessuno paragonabili, classificabili, raffrontabili; ma uguali perché tutti posti allo stesso nastro di partenza e poi vinca il migliore, il più efficace, il più funzionale! Non uguali perché ciascuno per la sua strada, i suoi mondi, i suoi sogni. No: tutti insieme perché unico è il nostro destino, il destino “tecnico”! Tecnica vuol dire fraternità. Perché la Tecnica è universale. Non conosce confini spaziali, geografici, ambientali. Lega tutti i popoli e tutte le culture, va al di là di tutte le tradizioni, tutte le fedi, tutte le religioni. E’ ovunque la stessa: ad Est come ad Ovest, a Nord come a Sud; in Europa come in America, in Russia come in Giappone. Ovunque faccia il suo ingresso, gli stessi gusti, gli stessi stili di vita, la stessa mentalità. La Tecnica abbatte le barriere, azzera le distanze, dissolve le diffidenze: tutti i popoli in un unico abbraccio, in un unico afflato, nello stesso “luogo” e nello stesso “tempo”! Tutti uguali, tutti fratelli, figli dello stesso Dio: la Tecnica. L ’umanità è una, come la Tecnica. Essa prescinde dai sistemi politici: democrazia o dittatura, repubblica o monarchia, ovunque lo stesso apparato tecnico, ovunque lo stesso modello di sviluppo. Prescinde dai sistemi economici: capitalismo o socialismo, liberismo o dirigismo, ovunque lo stesso obiettivo: crescere! Si disfa dell’uno come si lega all’altro a seconda di chi meglio ne garantisce il perseguimento: dopo essersi liberata del socialismo, non avrebbe problemi a liquidare il capitalismo, se questo iniziasse a risultare d’impaccio per il suo progresso. Nessuno può resisterle, nessuno può tenerle testa: o Tecnica o morte! Nessuno osi tenersi fuori dal nuovo consesso planetario, nessuno osi disturbare la costruzione della nuova casa comune dell’umanità: chi ci prova è un retrogrado, un egoista, un razzista! La Tecnica ama invece tutti: è vicina a tutti, è a disposizione di tutti! E così più spezza i legami di sangue, i legami familiari, i legami di vicinato, più si preoccupa dell’intera società, dell’intera umanità, dei diritti universali! Nessuno ha tempo più per occuparsi dei propri figli, dei propri anziani, e più cresce l’apparato dei “servizi”, più si diffondono le tecniche di assistenza, i servizi sociali e quelli alla persona! Le famiglie scoppiano, nei condomini si litiga su tutto, tra vicini di casa non ci si guarda manco più in faccia, e le città pullulano di enti di beneficenza, gruppi di volontariato, associazioni umanitarie il cui personale è formato per lo più da single o coppie senza figli – più ci si “sviluppa” e più nessuno ha voglia di mettere al mondo bambini - che pretendono di avere a cuore i problemi del Terzo Mondo, le sorti dell’umanità, il benessere delle future generazioni! Anche l’amore, gli affetti, i sentimenti più naturali e spontanei sono diventati “tecniche”, esportabili ed applicabili quindi a tutti, indifferentemente, ovvero nell’indifferenza più generale. Niente paura, quindi: vi sentite soli, depressi e abbandonati nelle vostre metropoli tutte rigorosamente costruite secondo i più moderni criteri tecnico-urbanistici come nell’angolo più remoto dell’ultimo dei paesi sottosviluppati? La Tecnica penserà a voi, ricoverandovi nei centri di assistenza più avanzati o mandandovi direttamente a domicilio il personale più altamente specializzato! Basta con i propri cari, la propria famiglia, la propria comunità: la Tecnica ci ha affratellato tutti; ciò che conta è l’umanità, l’ecosistema, il pianeta Gaia! E, ciliegina sulla torta, nel caso il peso dell’Apparato si facesse a volte troppo opprimente, relax, svago ed evasione per tutti: cinema, tv, discodance e tour esotici in giro per il mondo, tutto impeccabilmente organizzato secondo le più moderne tecniche del divertimento! E allora, avanti tutta! Progressisti di tutti i paesi, benefattori di destra e di sinistra, umanitari laici e cattolici sempre più uniti e serrati per rivendicare ancora più libertà, ancora più uguaglianza, ancora più fraternità! Sempre più accaniti per spazzare via gli ultimi residui di superstizioni bigotte, costumi tribali, morali oscurantiste ed emancipare definitivamente l’umanità! Vogliono un mondo migliore, un mondo perfetto, l’utopia realizzata! “Sono convinti di agire per il bene dell’uomo. Sono animati dalle migliori intenzioni […]. Sono solo portavoce dell’autonomia tecnica nella sua assoluta intolleranza nei confronti di qualsiasi limite: sono perfetti conformisti dell’ortodossia tecnica implicita. Credono di combattere per la propria libertà, ma in realtà è la libertà della Tecnica, della quale essi ignorano tutto, che servono ciecamente, schiavi del peggiore dei destini” (Jacques Ellul).


Stefano Di Ludovico

31/03/10

GLI UOMINI ROSSI


Tutto è compiuto,
scorre l’acqua sulle puntute sassaie torrentizie…
Della scomparsa umanità restano simulacri e vestigia.

Pioveva.
La processione del venerdì delle Palme non s’è fatta.
Un tempo non importava.
Se pioveva c’erano gli ombrelli.
E le persone non si scioglievano come zucchero o sale.
Tenteranno l’ingrata sorte mercoledì.

Ritornerà, così, involontariamente,
la processione corta del Mercoledì santo.
Quella degli Uomini rossi.
Ma loro non ci saranno. Nemmeno il Giovanni da Sorasass.
Non se ne perdeva una.
Da Senigallia a Tesero ogni anno per immergersi in quel particolare spettacolo sacro.
Gli Uomini rossi:
il Niccolino Moretto, il Pasquale Magiaca, il Giovanni Giamboron, il Giovanni Zonca.
Erano una squadra affiatata.

Per la prima volta la guarderanno tutti dall’alto
la processione corta del Mercoledì santo.
Pomeridiana.
Le scuole chiudevano alle undici.
Vacanza.
Anche le botteghe chiudevano,
la produttività non assillava le proprietà.
C’era bisogno di sacro.
Il paese si fermava.
Dopo l’ultima Ora e l’Ora dei Confratelli.
Tra litanie in latino e candele che di tanto in tanto erano spente,
apparentemente a caso.
E poi, finalmente, la processione…

C’era silenzio.
Quale significato religioso nascondevano quelle tonache rosse,
cinte alla vita con uno spago?
Sangue? Vita? Sacrificio? Martirio?
Gli Uomini rossi incutevano sana alterità e rispetto.
Rispetto, sì, quel che oggi ci manca.
Sembriamo tutti uguali.
Ma è finto.
Allora eravamo più pari.
Dignitosi.
Non c’erano vigili a tener lontano dalle gambe degli ultimi del corteo
gli scacciacanguri dei fuoristrada.
Cavare sangue da una rapa non si può, ma molti credono ancora di sì.

A.D.

30/03/10

CONSIGLIO SÌ, CONSIGLIO NO …


Prima che i galli cantino vorrei tornare su due commenti di un po’ di giorni fa (Ezio e “Godot 1”) che, a proposito di elezioni, informazione politica e candidati, manifestavano in modi diversi uno sconcerto che condivido anch’io. Come sapete, sono tre anni che questo blog “provoca” e stimola a ripetizione gli amministratori locali, invitando implicitamente Tizio e Caio a dire qualcosa. Risultato? Zero. Nessuna reazione. Guai a chi parla.
Ma al di là di questa pietosa contingenza, che più che altrove a Tesero è macroscopicamente evidente e su cui tornerò più avanti, da tempo mi sono convinto che l’istituzione del Consiglio comunale, data l’attuale legge elettorale regionale, non abbia più alcun senso (pur rendendomi conto di essere in questo momento incoerente). È un consesso inutile, talvolta addirittura pericoloso. La sua forza propositiva, semmai ne abbia avuta una, con questa legge, risalente a quasi vent’anni anni fa, è stata del tutto annullata. Il rapporto di forze che viene a determinarsi in modo automatico all’interno del consesso municipale impedisce all’opposizione di esercitare l’azione di pungolo, che le competerebbe, in modo degno. Tanto per esemplificare, se il 16 maggio prossimo ci fossero solo due liste in competizione, andasse a votare l’intero corpo elettorale e la lista vincitrice ottenesse il 50% delle preferenze + 1 (in pratica quindi l’esito fosse di parità assoluta), metà dei votanti si ritroverebbe con una rappresentanza già azzoppata prima di iniziare e non corrispondente alla volontà espressa. È lampante dunque la non “democraticità” di questo sistema. Ma non è solo questo. A Tesero c’è molto di più. L’esercizio dialettico all’interno del Consiglio, se non del tutto assente, è per atavica abitudine intimorito e mortificato dall’uso a fini personali del potere, e, per ovvia conseguenza, la cittadinanza non manifesta la benché minima “coscienza politica”. La popolazione mediamente è, come ho già scritto, molto, molto distratta e disinteressata. Tranne nell’imminenza del confronto elettorale quando si scatena, per modo di dire, un parteggiare di tipo calcistico, da tifoseria ultras, irrazionale e irragionevole. Ne sono prova le fideistiche dichiarazioni di stima che si susseguono da quando si è palesata una seconda lista competitrice. Dichiarazioni del tutto ingiustificate visto che nessuno sa ancora in cosa questa seconda lista intenda differenziarsi dall’altra. Credo abbia ragione il signor Mich, che in un commento sul blog si stupiva di tutto questo inspiegabile entusiasmo. Ciò che offre il “convento” di questo paese non è dunque un granché e con questa base sociale diventa anche molto difficile selezionare personale politico all’altezza del compito. Infatti, se i candidati che ci ritroveremo sulle schede elettorali sono quelli di cui si parla, è evidente che ancora una volta si rimesteranno gli stessi “ingredienti” che sono nel menù del “Gran Cameriere” da oltre 20 anni in qua, con piccole entrate ininfluenti e qualche logora uscita di scena. Questa purtroppo è l’inevitabile conseguenza di un sistema di “promozione sociale” organizzato scientemente attraverso l’associazionismo locale che impedisce l’emancipazione e l’autonomizzazione politica dei suoi affiliati (vedasi post “Tesero e le sue Associazioni”). Ecco perché, pur nel rispetto di quelle persone, dico che si può tranquillamente fare a meno del Consiglio. E lo dico con giudizio, perché ho l’esperienza per poter affermare che forse nemmeno uno di costoro (sicuramente non la maggioranza di essi) ragionerà nel merito delle cose importanti che implicheranno conseguenze durature sul nostro paese. Con facile profezia posso scommettere che codesti signori faranno i “politici zelanti” soltanto su questione residuali, delegando il giudizio sulle cose fondamentali ad altri, magari, tanto per non ripeterci, a quelli di Trento o… di Carano. Qualcuno, con delega speciale, si preoccuperà del buon esito delle Corte, qualcun’altro dei “poveri bacani”, altri ancora delle smanie di commercianti ed artigiani che auspicano migliori abbellimenti nel periodo natalizio o pretendono un luogo più degno ove organizzare la mostra dei prodotti locali... La forma mentale è nota e il loro orgoglio è massimamente soddisfatto quando possono salire sul palco per dire banalità. Là si sentono importanti, ammirati, finalmente “arrivati”. Ma è tutto lì, niente di più. Quando invece sono chiamati a dibattere e discutere su questioni di rilievo, come, ad esempio, l’ipotizzato prossimo collegamento stradale Fondovalle – S.S.48, l’ampliamento del piano di fabbrica, la localizzazione della nuova scuola musicale (che, ad avviso di molti, nella struttura dell’attuale Ricovero Giovanelli, avrebbe trovato una soluzione logistica ottimale), o ancora, quella del Nuovo ricovero Canal, eccetera, sulle quali ci si aspetterebbe (ci si sarebbe aspettati) ampia e profondissima analisi (leggi, per dare un’idea, intervento di Evgeny sul blog a proposito della Milón/S.S.48) essi storicamente hanno sempre dimostrato di essere non già “le 15 migliori persone del paese”, ma le ultime 15. Tranne i soliti due o tre che curano interessi di bottega (endemicamente presenti in Consiglio), gli altri non sanno, non dicono, non hanno un’opinione nel merito.
Io credo che chi desidera scendere nell’agone politico (si fa per dire, naturalmente) innanzitutto dovrebbe avere tre qualità imprescindibili: SENSIBILITA’, ONESTA’, CULTURA, e in più ESSERE UOMO DI PENSIERO. Abituato cioè a pensare e ragionare sulle cose. Se mi si concede l’esagerazione, dovrebbe essere filosofo e filantropo!
Un tempo, qui, per eliminare un concorrente politico che altre pecche non aveva, si usava dire: “No l’è nian bòn da far i sò mestieri, voléo che ‘l faghe quei de i altri?”. Per paradosso dovremmo invece proprio auspicare che chi governa sia temporaneamente incapace di curare il proprio tornaconto e sia invece capace di pensare le cose della comunità in generale, senza farsi distrarre dall’interesse personale. Non un marinaio di piccolo cabotaggio, dalla visione particolare e ristretta, bensì un navigatore con una visione del tutto e che sappia cogliere e prevedere con lungimiranza le complesse interazioni conseguenti che ogni azione amministrativa riverbera sul quadro generale. Questa, penso, dovrebbe essere la dotazione minima del “bagaglio tecnico” di un aspirante candidato per venir inserito in una lista. Vedo invece che anche in questa occasione si è preferito valutare e scegliere i candidati in base alle solite categorie sempre care a questo corpo elettorale: il riconoscimento sociale, l’immagine, la visibilità, lo zelo, la simpatia, l’ambizione personale. Forse (e me lo auguro) questa volta sarò smentito dai fatti, ma ne dubito fortemente.

Ario Dannati

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

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Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

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Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

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Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
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MINU

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