06/02/10

15 VARIAZIONI E FUGA

QUANDO UN PICCOLO GESTO PUO' FARE LA DIFFERENZA


Quando si parla di Fame nel mondo, si rischia troppo spesso di fare un discorso demagogico e in quanto tale può non essere sentito dai più. Spesso il problema viene vissuto come qualcosa che non possiamo modificare. Nel nostro piccolo, nel nostro vivere quotidiano, possiamo pensare di fare beneficenza aiutando i più poveri, facciamo delle donazioni, aiutiamo delle associazioni umanitarie di cui ci fidiamo, ma a volte basta anche un gesto apparentemente insignificante, che invece ha delle ripercussioni veramente rilevanti. Vorrei così dare un messaggio semplice, apparentemente poco significativo, ma al tempo stesso di sostanziale rilevanza.
I numeri
- 900 milioni di persone soffrono la fame e ben 2 miliardi sono quelle mal nutrite; - ogni anno 11 milioni di bambini muoiono per cause facilmente prevenibili (basterebbe molto spesso che avessero almeno accesso all’acqua e che questa fosse potabile). Molti altri ancora si “perdono in mezzo ai vivi”, resi invisibili dalla miseria. Di loro si perde ogni traccia, perché mai registrati alla nascita, perché rimasti orfani in età troppo tenera o perché finiti con in mano un fucile in un inferno molto più grande di loro, o finiti nel giro della prostituzione o finiti nel macabro, ma molto ben orchestrato (ad alti livelli!!) giro del traffico illegale degli organi!! - Oltre 600 milioni di loro, sotto i 5 anni di età, sopravvivono con meno di 1 dollaro al giorno, 200 milioni sono affetti da rachitismo per malnutrizione e oltre 110 milioni non vanno a scuola.
Dall'altra parte...
- 1 miliardo e 142 milioni di persone sono sovrappeso.
- 29.2 milioni di persone ogni anno muoiono per eccesso di cibo (17,5 milioni per patologie cardiovascolari, 9 milioni per patologie tumorali, 3,8 milioni per diabete...)
Cosa dire della parte più nobile e più pulita, di quel mondo meraviglioso e magico che apparterrebbe loro, di un diritto inviolabile: l’INFANZIA? Vengono privati di tutto questo, con un vero e proprio “saccheggio”!!
Perché organizzazioni importanti come la F.A.O. ad esempio, con i suoi 3500 dipendenti, di cui 1600 dirigenti ben stipendiati, da anni si interessano e si “impegnano” a tentare di risolvere il problema della fame, ma non ci riescono!? E perché gli affamati nel mondo aumentano sempre di più senza che a livello di organizzazioni che si fanno carico di questi problemi, non si riesce a trovare una soluzione? Forse perché da sessant’anni, ogni anno si organizzano vertici per discutere di Fame, davanti a tavole imbandite di cibo, o forse perché il 70 % dei dipendenti non vive sul campo, ma comodamente a Roma? O forse il problema è ancora più grande e la Fame è volutamente e lucidamente DECISA “A TAVOLINO” NEGLI AMBIENTI DELL’ALTA FINANZA E NELLE “STANZE DEI BOTTONI”?Di fronte a questo scenario cosa possiamo fare noi? Di certo non possiamo “risolvere” il problema di così difficile soluzione, ma possiamo fare la “NOSTRA PARTE”.
Le premesse:
- Per produrre 1 kg di carne ci vogliono circa 15.000 litri di acqua;
- Per ogni kg di carne prodotto, servono 16 kg di cereali per nutrire gli animali;
- Gli allevamenti di bestiame sono responsabili del 18% delle emissioni complessive di gas serra;
- La produzione di 1 kg di carne causa emissioni equivalenti a 36,4 kg di anidride carbonica;
- Il bestiame è una fonte diretta di metano, 23 volte più dannoso dell’anidride carbonica;
- Ogni ora vengono uccisi, solo negli Stati Uniti, 500.000 animali;
- 2/3 delle terre fertili del pianeta, sono usate per coltivare cereali e legumi per gli animali che saranno poi macellati.
Il numero enorme di animali allevati, per produrre carne:
- Bovini = 1.300.000.000,

- Suini = 1.000.000.000,
- Ovini + Caprini = 1.700.000.000
- Avicoli = 12.000.000.000!!!
contrasta in maniera stridente con i dati sulle popolazioni che muoiono ogni giorno per fame (due su dieci!).
Usare l’85% della produzione di cereali per alimentare gli animali e destinare poi questi all’uomo, da origine ad una catena divoratrice di risorse. E’ stato calcolato che per l’alimentazione del solo miliardo e trecentomilioni di ruminanti del pianeta, si utilizzano cereali che sfamerebbero 9 miliardi di persone!! Quindi le produzioni attuali di cereali sarebbero già più che sufficienti a sfamare tutti: basterebbe ridistribuire la risorse e diminuire il consumo di carne dei paesi ricchi.
Se solo si diminuisse la produzione di carne quanto più cibo ci sarebbe ? Quanta più acqua?
Quanto meno inquinamento? Perché a livello di FAO o di grosse organizzazioni ONU, non si riesce a mettere in relazione l’aumento della fame con la produzione di carne: nel 2007 la produzione di carne è stata circa 275 milioni di tonnellate; nel 2008 pare supererà i 280 milioni, e a questo ritmo nel 2050 sarà raddoppiata! E sempre che il nostro pianeta resista, saranno anche raddoppiati i morti per fame!
La nostra parte: Rajendra Pachauri, presidente del panel intergovernativo sui mutamenti climatici delle Nazioni Unite, ha recentemente proposto per la salvaguardia del nostro pianeta, per il nostro benessere e per la fame nel mondo, una soluzione”veloce” e alla portata di tutti: RINUNCIARE A FETTINA O BISTECCA UNA VOLTA ALLA SETTIMANA! La proposta di Pachauri (premio nobel per la pace) è sensata e legittima, dunque mangiare meno carne farà bene al clima, all’ambiente, e sicuramente anche a noi stessi.
Il valore etico di una scelta vegetariana è quindi elevatissimo, rappresentando una scelta di giustizia, di lotta contro la disuguaglianza e la sofferenza dei più deboli, inclusi gli animali non umani. Capisco che questa scelta non può, e di questo me ne rendo conto, essere di tutti. Ma se ognuno di voi, o di quanti mi leggeranno e vorranno ascoltare il mio modesto suggerimento, adottasse questa semplice e “veloce” soluzione, così come propone Pachauri, rinunciando a mangiare carne 1 volta la settimana, o riducendo in generale l’alimentazione con prodotti di origine animale, inciderebbe in maniera significativa sulla propria salute, del mondo, della natura e degli altri “poveri” dimenticati.

D.ssa Maria Concetta Digiacomo, medico di famiglia

03/02/10

L’ULTIMA REGALIA


Nel mentre negli ambienti politico-affaristici di valle da un po’ di tempo si parla a ruota libera di vivibilità, di benessere, di trasporti ecologici, di paesaggio come spazio di vita (e chi più bugiardo è più ne aggiunga) tra pochi giorni arriverà nell’aula consiliare di Tesero, per la solenne approvazione definitiva, l’ennesima revisione del piano di fabbricazione. Sarà l’ultima regalia di questa amministrazione in nome, si dice, del superiore interesse della collettività. Ma quale superiore interesse? Quello di tutti o quello di alcuni soltanto? In sostanza, depurato il tutto della solita aulica retorica, che ogni nuovo P.d.F. si porta appresso e che nulla traduce nella realtà delle cose, saranno aperte o ri-aperte nuove zone di espansione, per concedere a un esiguo numero di nuovi privilegiati di costruirsi la villa e a una non meglio precisata cordata imprenditoriale di costruire un “piccolo” complesso alberghiero (di 12.000 e rotti metri cubi!) in località Noalacce (centro del Fondo).
Dietro questo periodico ripetersi della solenne concessione pubblica di nuovo territorio a fini abitativi non c’è affatto, evidentemente, un superiore interesse collettivo. Anzi, da questa nuova modifica urbanistica, la comunità, nel suo complesso considerata, trarrà casomai un peggioramento della qualità della vita. Usare circonlocuzioni non fa capire e, in questo caso, le cose vanno dette con termini appropriati: questo è semplicemente un atto arbitrario. Più o meno, è sempre stato così; nel senso che la concessione all’edificazione da parte dell’autorità amministrativa pro tempore, ancorché legittima, è sempre e comunque un atto discutibile e opinabile. Ma l’arbitrio si fa via via più stridente e intollerabile, man mano che, procedendo nel tempo, più si concedono nuove aree naturali a nuove fabbriche, più le complicate interconnessioni socio-ambientali necessiterebbero di un sempre maggior approfondimento. Invece, purtroppo, anziché diventare prioritari nell’analisi, tali “effetti collaterali” finiscono per essere “derubricati” come semplici variabili residuali e, in ogni caso, mai discriminanti. A questo punto la domanda che si fa sempre più impellente, e alla quale non si vuole rispondere, è dunque: sin dove si vuole arrivare?
Come qui già abbiamo scritto, la pressione edificatoria che si è registrata in questi ultimi anni e attualmente in corso non ha paragoni nemmeno col periodo cruciale risalente agli anni ’70 – ’80 del secolo scorso e ha messo a nudo l’incapacità (o la mancanza di volontà) dell’Amministrazione di ascoltare le ritrosie sempre evidenti che spingevano verso un uso più parsimonioso del territorio.
Si sa che la casa è il bene primario per eccellenza, che da noi addirittura pretende di sostituire il logoro status symbol rappresentato dall’automobile. Farne di essa una reggia principesca è pertanto nelle aspirazioni di molti e sta nella pazzia dei tempi che viviamo. Chi non vorrebbe poter trascorrere le serate in compagnia, tra fumanti braciole e vino buono, nel giardino del proprio ‘castello’, a un passo dai prati in fiore, rimirando la luna e il firmamento tutto, nel silenzio di una notte incantata? E poiché il perverso e diffuso giro speculativo, procedente a questi ritmi vertiginosi da oltre vent’anni, ha prodotto una pletora di piccole o piccolissime ditte artigiane nel settore edilizio che lavorano per il 50% al nero, alle quali, pertanto, rimane un’incredibile disponibilità di liquidità (sottratta alla fiscalità generale) da poter reinvestire, la voglia di nuovo cemento è forte e in parecchi potrebbero economicamente soddisfarla. Tutto ciò sta nella logica perversa di questa economia locale. Che però l’autorità preposta alla concessione del privilegio non capisca che il tempo di dire stop al consumo territoriale è abbondantemente arrivato non è ammissibile, e nemmeno che l’idea invalsa tra la popolazione di avere la villa con vista panoramica, perché così fan molti, possa far da alibi a una miope e irresponsabile politica del lasciar fare.
Ci si alza la mattina con una strana voglia di gratificare gli eredi (il figlio ventenne piuttosto che il nipote) si va in Comune con due righe scritte sulla carta a quadretti, pretendendo l’inserimento del miglior terreno di proprietà disponibile, sicuri che al resto poi ci penserà il Comune. E che gli altri (cioè la collettività) naturalmente vadano a farsi fottere!! Come se le ottime ragioni degli altri appunto (che ci sono eccome) non esistessero. Perché l’inurbamento non è una questione privata: ogni nuova casa comporta la dequalificazione di quella che la precede nello spazio e nel tempo. Se si continua a espandere, per di più senza una visione complessiva delle interazioni, procedendo a casaccio, l’ultimo beneficiario godrà sì di un privilegio ma peggiorerà al contempo la condizione di chi l’ha preceduto, con effetto a cascata, via via che si scende.
E’ indecente che si continui a concedere con questa leggerezza nuove aree di fabbricazione, anche a chi già ha disponibilità immobiliari altrove e potrebbe tranquillamente rinnovare quel patrimonio ad uso personale anziché, come sempre più spesso accade, cederlo alla speculazione.
Ma è difficile per l’Amministrazione contrastare quest’andazzo. Ci vorrebbe una forte convinzione da parte di tutto il Consiglio. Ci vorrebbe etica, sì proprio etica, e preveggenza. Qualità rare. Si preferisce pertanto procedere senza meditare su queste fondamentali questioni. E così, dopo la scontata prossima approvazione del piano, le ruspe si mangeranno un’altra parte del paesaggio, dell’incontaminato. Nuove infrastrutture e nuovi insediamenti. Nuove case ad Arlasa, al Pèoco, ai Piani da Fia, a Stava, a Caltresa.
Siamo ormai alla metastasi, ma i dottori non se ne sono ancora accorti.
La modifica del P.d.F. che sta per essere approvata conferma una volta di più l’assoluta insignificanza della cosiddetta programmazione urbanistica. Si procede attraverso contrattazione privata tra committenti e sindaco, con pezze d’appoggio giustificative (leggi relazioni urbanistiche) prodotte da “professionisti di chiara fama”, contestabili anche dal primo passante della strada. Siamo all’arbitrio, appunto. Non c’è la volontà di dire finalmente basta. Il territorio è considerato alla stregua di una merce qualsiasi, a disposizione dei più furbi e più danarosi. Altro che sapienza teserana… Questa è scaltrezza napoletana! E’ questo il rispetto per un bene così vitale e indispensabile? Dove sono finite le analisi, le valutazioni dei nuovi flussi di traffico che saranno generati, le considerazioni paesaggistiche? Il Pèoco, la più bella finestra sul paese, zona chiusa da oltre 20 anni, riaperta all’assalto delle ruspe e del mattone. Ma si può continuare a procedere con questa miope visione? In quanti apriranno bocca in Consiglio? Staremo a vedere.

L’Orco

02/02/10

PIU' SCIENZA E MENO ETICA?


Data la lunghezza, per facilitarne la lettura, pubblichiamo in forma autonoma la replica di Michele ai recenti interventi sul tema del rilancio nucleare italiano di Lorenzo e di Evgeny e del sottoscritto. Avvisiamo l'autore, e chiunque in seguito intenda contribuire al dibattito con pezzi di lunghezza considerevole, di trasmetterli al seguente indirizzo di posta eurodelladio@gmail.com. Provvederemo a pubblicarli immediatamente con il dovuto risalto.


Caro Orco,

la carne al fuoco è tanta e quindi mi prendo la libertà di risponderti "a puntate". Andando con ordine, la contrapposizione nelle nostre vedute è evidente fin dall’inizio della tua risposta. Tu invochi meno scienza e più etica, mentre io individuo proprio nella carenza di cultura scientifica (a tutti i livelli, dal più alto dei dignitari all’ultimo dei garzoni) una delle massime cause della deriva a cui stiamo assistendo. E’ fuori discussione che ogni azione deve essere pervasa di senso etico, ma perché mai dovrebbe essere proprio quella misera base scientifica che permea i nostri governanti a soffocarlo? A questo proposito, e perdona se di carne al fuoco ne metto altra, mi pare calzante la stretta attualità (vedi la recente sentenza del Consiglio di Stato): Roma - "Sugli ogm serve una presa di posizione chiara anche da parte della Chiesa. Ne ho parlato oggi nell'incontro privato che ho avuto con il cardinale Ruini". Così il ministro dell'agricoltura Luca Zaia [ ]. "Non siamo qui per consegnare l'agricoltura ai laboratori genetici né alle multinazionali" ha aggiunto Zaia. Il Ministro ha raccontato di essere stato convinto proprio da un contadino che gli ha spiegato come quei semi genetici, a differenza dei semi naturali, non danno vita, non generano altri semi ma finirebbero per "fermare la natura". Durante l'incontro con Camillo Ruini, ha aggiunto Zaia, "abbiamo parlato di molte cose": il Cardinale aveva un piccolo podere a Sassuolo, sua città d'origine. Da qui la sua vicinanza al mondo dell'agricoltura. "Con la Chiesa - ha aggiunto Zaia - dobbiamo avere posizioni comuni e gli ho ricordato che dove c'é un contadino c'é un crocifisso". Ansa.it per NEWSFOOD.com So che anche su questo argomento (gli OGM) saremo in disaccordo, ma almeno in questa occasione concorderai con me che sembra non esserci un limite alla decenza… Per altro personalmente non mi sento affatto pervaso di scientismo. Non è una filosofia, o una religione, o qualcosa di assoluto il mio modo di vedere la realtà, ma semplicemente la constatazione razionale che il benessere e la civiltà si basano essenzialmente su una buona (e qui entra l’etica) applicazione della scienza (la tecnologia) e dei suoi principi, non sulla loro (magari aprioristica) negazione. La domanda a questo punto è: come si valuta questa bontà? Ovvero, a parità di potenziali interessi sotterranei che possono mettere in dubbio l’affidabilità degli uni o degli altri, di chi mi fido? Dei “tecnici” o di chi (vedi il ministro o il contadino di prima) fonda il proprio pensiero essenzialmente sull’ideologia (o meglio sul consenso nel primo caso e sulla saggezza popolare nel secondo)? Personalmente non ho dubbi. Venendo al discorso fonti, mi permetto un ragionamento generale: lo sbandierare pezze d’appoggio, di per sé non significa più niente. E dico “più” perché ormai chiunque voglia imporre un proprio modo di vedere o fatto presunto, si è fatto scaltro ed ha pronto liste di fonti di letteratura a supporto (le più divertenti sono le cosiddette “ricerche indipendenti”). Perfino il più sprovveduto degli omeopati o degli astrologi è in grado, a suo dire, di riportare dati certificati dai più illustri ricercatori internazionali. Allora come se ne esce? Tutto è legato a dove si pubblica. Perché un dato sia attendibile (non dico inconfutabile, visto che nella scienza i dogmi non esistono e una “verità” è tale fino a che una ricerca più evoluta non la perfeziona o smentisce) deve essere riportato su una rivista autorevole (alto fattore d’impatto, ovvero alta diffusione nella comunità scientifica) che preveda un sistema di “peer reviewing”. Questo è un severo apparato di controlli incrociati, eseguito da esperti del settore che, spesso anche a costo di mesi e mesi di ritardo nelle pubblicazioni, garantisce l’affidabilità e la genuinità di una ricerca. Tutto il resto sono le mie chiacchiere contro le tue, i miei dati contro i tuoi; e in questo contesto ricade, secondo me, ad esempio la guerra di cifre relative a Chernobyl.

A presto per gli altri commenti, M.

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

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Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

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SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

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MINU

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