22/01/10

LETTERE & INTERVENTI


Riceviamo e pubblichiamo la risposta di Evgeny all’intervento di Marzio pubblicato il 4 gennaio scorso.


Caro Marzio,

stavo covando un intervento in questo blog per esporre alcune idee sullo sviluppo della valle e di Tesero. Idee che non sono in totale accordo con la linea di Ario ma che si possono conciliare con essa. La tua lettera mi costringe a cambiare tiro, ma forse riuscirò comunque a far passare qualche concetto.
Nel mio commento al post ho difeso (non lodato) la ristrutturazione dell'ex-Hotel Alma dall'accusa che essa fosse stata di natura speculativa. Nulla più. Nella brevità del commento non vi era spazio per, né era necessaria, una spiegazione più completa.
Il mio commento era dovuto perché tirava in ballo direttamente me (e i miei "interessi" come dici tu), ma esso era basato sulla logica, non su una convulsa difesa del mio ego e del mio orticello.
Qui spiegherò, visto che non é compresa, quella logica. Io non sono un ingegnere, geometra o architetto; mi sono ritrovato "piccolissimo imprenditore" e a tempo perso ragiono di economia. Non riuscirò quindi a colmare tutte le tue curiosità tecniche, ammesso che ce ne sia bisogno, perché semplicemente non se so niente.
Risponderò, per quanto mi è possibile, ai rilievi sollevati nel tuo intervento.
Le inconfessabili mediazioni. Questa domanda mi stupisce. Parli del "tipo di contrattazione" in quel posto così delicato. Siccome conosci le leggi edilizie molto meglio di me, sai che senza compromessi é impossibile costruire anche solo una legnaia. Non mi è chiaro se quando parli di “compromessi e mediazioni che potremmo dire eufemisticamente inconfessabili” ti riferisci a fenomeni di tipo mafioso o se tu non sappia cosa sia la politica. Tu assumi che i compromessi siano dannosi e deprecabili. Può darsi. Io credo, invece, che le leggi e le innumerevoli regole che ne derivano, confezionate da politici e tecnici in comunella, siano troppo spesso assurde, diseconomiche, prive di fondamento pratico. Su di esse si fonda il potere del burocrate (e ti risparmio le definizioni di Max Weber o del Zanichelli).
Molte leggi sono fondate su un qualche ideale teorico o estetico (lo stile, la sicurezza, la tradizione, il paesaggio etc.), decise e scritte in qualche stanza dopo innumerevoli ore passate a pesarne vantaggi e svantaggi per i singoli (ecco la contrattazione!), e infine sempre disconosciute nella loro applicazione pratica. Moltissime norme italiane e provinciali ingessano e danneggiano l'economia e il suo territorio, pretendendo magari di proteggerlo. Le leggi sono confezionate nell'interesse di qualcuno, non della collettività.
La scelta di ristrutturare l'ex-Hotel Alma e trasformarlo in due residence, quindi in un’attività turistica non certo speculativa, é stata dettata, come hai accennato, dalla constatazione che la vecchia struttura era ormai fuori mercato. Avremmo potuto vendere il vecchio stabile a un qualche costruttore della zona, che avrebbe potuto facilmente aggirare la Legge sulle seconde case, e portare a casa il piccolo gruzzoletto. Si é invece deciso di rischiare, nel solco della tradizione, di provare ancora a "fare turismo", in altra forma.
Se per te questa é una forma speculativa, aspetta, "un’attività, azione intesa a conseguire un vantaggio personale sfruttando senza scrupoli una situazione favorevole", così sia. Mi permetto di farti notare che la definizione é così ampia che essa comprenderebbe ogni attività imprenditoriale nella misura in cui essa costruisce il proprio lavoro su una situazione favorevole; ad esempio, per dire, i rivenditori di ricambi d'auto speculano "brutalmente" sulla fragilità della componentistica dei mezzi (la situazione favorevole); i meccanici, loro compari, speculano candidamente sul maggior numero di incidenti causati dalla avverse condizioni meteorologiche. Mi sfugge inoltre quale sia stata la “situazione favorevole”, la politica locale?
Ma andiamo avanti.
La scelta dello studio. Non credo sia necessaria una risposta. Ognuno a Tesero sceglie lo studio che preferisce, che sia quello vicino alla maggioranza o quello vicino all'opposizione o un altro, poco importa. Sulle contropartite non so proprio cosa dirti. A cosa ti riferisci? Mazzette? Favori?
"L'avanzamento". Faccio un discorso generale perché, ripeto, non sono un tecnico. Sostieni che l'avanzamento vada a "discapito della sicurezza al transito veicolare e pedonale dei passanti e clienti". Enfatizzi e dici che é pericoloso. Può darsi. Ti faccio però notare che essendo il terreno antistante all’edificio fino al ciglio della statale di proprietà dei residence stessi essi non costituiscono, almeno per ora, marciapiedi pubblici. Di più, la costruzione dell'ingresso in avanzamento, togliendo un potenziale posto auto, ha anzi creato un’ "isola" in cui i pedoni possono transitare.
Dici che ti saresti aspettato l'arretramento sulla linea degli anni '40-'50, ovvero, più o meno a livello degli edifici adiacenti. Ma non sono pericolosi anch'essi? Mi sfugge la differenza sostanziale che ti porta a definirci praticamente dei pericoli pubblici. E’ evidente che la soluzione al transito pedonale in quell’area è intimamente legata alla soluzione parcheggi per tutti i residenti sul tronco della statale. Ma dove farli?
Aggiungo che quando nevica teniamo i nostri piazzali puliti dalla neve agevolando il passaggio e il parcheggio. Prima ancora che la fresa del comune renda calpestabile il nuovo marciapiede di via Roma. Forse dovresti andarti a rileggere la "favola delle api" di Bernard De Mandeville; "vizi privati, virtù pubbliche". Magari aiuta a capire che il mito del regolatore pubblico, fallisce, e spesso. E che gli uomini non sono tutti avidi speculatori. E ancora, che l'interesse privato può anche avere esternalità positive.
Non credo che io o la mia famiglia possano avere qualcosa in contrario al rendere la zona più sicura.
Questo mi porta al punto successivo. Dici che l'aumento della cubatura (del 8 o 10%) ha aggravato la situazione dei parcheggi. Quest'ultima non é certo rosea (d'altronde non tutti hanno la fortuna di vivere in Arlazza), ma é migliorata. La richiesta di parcheggi per due residence di 6 appartamenti é sicuramente inferiore a quella di un albergo con 50 posti letto.
Dicevo delle leggi. Avrei rinunciato senza problemi all'aumento della cubatura, ma come ben sai, la metratura minima di un appartamento (anche nella forma di Casa Vacanze) è di 60mq. Non importa a nessuno, fuorché a me, che esso sia sovradimensionato per le esigenze di una coppia o una piccola famiglia in vacanza. Per inciso, interessa ancor meno che il costo per una coppia di giovani teserani lieviti inutilmente, rendendo la speculazione (questa volta si) più golosa e il sogno della casa più lontano.
Per quanto riguarda il restringimento della "striminzita area di parcheggio" a causa del cappotto ti sei già risposto. Non andrò certo a misurare larghezza e lunghezza, ieri e oggi. Mi basta osservare che fai apparire un peccato di lussuria (rivestimenti marmorei! suvvia!), ben "insignificante", ma che pur ci fu, una scelta invece eco-logica, volta al risparmio energetico, alla riduzione delle emissioni e dei consumi di combustibili fossili. Ossia, quando l'interesse privato é anche nell'interesse di tutti. Capita.
Dirò di più: fosse stato per me, l'avrei fatto molto più spesso quel cappotto. Ma anche in questo caso le leggi (che mi dicono siano in via di discussione) arrivano in ritardo rispetto alla libera iniziativa, al mercato, alla logica.
La posizione espressa nel tuo intervento é incentrata sulla sicurezza al transito. Non credo che questa sia sostanzialmente peggiorata dalla ristrutturazione e trasformazione in residence dell'ex-Hotel Alma. Che dire, piuttosto, del semaforo intelligente di nuovo spento? Ci siamo battuti affinché sia installato per “istillare” un minimo di civiltà automobilistica in valligiani e foresti. Mi piacerebbe vedere un limite al transito veicolare di 30-40 all’ora, esteso fino alla chiesa, visto che la strada è sì una statale ma transitante in una zona residenziale.
Il semaforo e l’effetto deterrenza dei vigili era una cosa appunto "intelligente" ed é stata eliminata. Oggi, di nuovo briglia sciolta, e 80 km all'ora sulle strisce. Alé! Tanto, di vigili neanche l'ombra (essendo sparita la situazione favorevole…).
Per finire, costruire alberghi, residence e altre attività intese a sviluppare la valle nei limiti della domanda e nel rispetto del buonsenso per me non costituisce un'attività speculativa. E', invece, rischio d'impresa, una cosa che va tutelata e regolata con leggi "intelligenti".
Capisco le tue osservazioni e condivido in parte i tuoi rilievi sul problema parcheggio e percorso pedonale in via Roma; ma non tutti hanno la fortuna di aver casa in mezzo a un prato verde. In assenza, si fa quel che si può. Un saluto,

Evgeny

20/01/10

ARRIVA IL BENGODI NUCLEARE


Mentre i giornali ci solleticano con le abituali vicende legate alle tasse – oggi si tolgono, domani no, troppo tardi, forse dopodomani… – oppure con le molte leggi e leggine utili a riformare la giustizia (minuscolo) per il solo comprensorio di Arcore, sono state emanate le direttive per le future centrali nucleari. In sostanza, si dice che dovranno essere vicine all’acqua e lontane dalle aree sismiche: elucubrazioni che, anche chi non è Pico della Mirandola, già sapeva. Poi si parla d’incentivi: una manna – gente! – incentivi “a pioggia”, per tutti! Chi vorrà, potrà prendere visione del decreto in nota. Insomma, con il “rientro” di 95 miliardi di euro, grazie al bel regalo dello “Scudo Fiscale” – hanno pagato il 5% di tasse mentre avrebbero dovuto pagare il 40% – ci saranno tanti soldini per fare tante cose, nucleare compreso? Ma, quanto costa una centrale nucleare? Il costo medio attuale di una centrale nucleare è di circa 2000-2200 euro/kWe installato, ovvero il costo in conto capitale di una centrale da 1000 MWe è di circa 2 miliardi di euro. Il costo dell’EPR da 1600 MWe (il reattore europeo di III Generazione fornito dalla franco-tedesca Areva) è di 3 miliardi di euro. In realtà, sul Web circolano anche altre cifre – qualcuno arriva a dichiarare 15-20 miliardi di euro per il solo reattore – ma quelle più attendibili variano in una “forbice” fra 3-7 miliardi di euro. Il nodo, non facile da districare, riguarda cosa s’intenda per “costo”: il reattore, oppure la struttura? Entrambi? Non dimentichiamo che, proprio per il nucleare, ci sono delle procedure d’infrazione aperte dall’UE per il finanziamento “occulto”, usando fondi statali per finanziare imprese private, che lavorano in quello che dovrebbe essere un libero mercato. Insomma, un ginepraio. In effetti, la cifra di 5 miliari di euro per una centrale (struttura + reattore) da 1600 MWe è credibile, ma qui salta fuori un altro coniglio dal cappello: la “levitazione” dei costi. Un chiaro esempio di questi problemi è la costruzione in corso a Okiluoto, in Finlandia, di un reattore europeo pressurizzato ad acqua (EPR) di nuova generazione – il primo reattore di questo tipo – che dopo soli diciotto mesi di costruzione ha già accumulato un ritardo di diciotto mesi sul programma, superando già adesso il budget previsto di 700 milioni di euro. I tempi di costruzione delle centrali, dagli anni ’70 ad oggi, sono praticamente raddoppiati: per la maggior complessità tecnologica, per i sistemi di sicurezza, ecc. Se non sono riusciti a star “dentro” nei tempi (e quindi nei costi) tutti gli altri, c’è da sperare che ci riusciremo noi italiani? Si potrà ricordare che il reattore finlandese è di nuova generazione, ma il fenomeno del procrastinarsi dei tempi di costruzione è un fenomeno planetario, che riguarda anche le centrali non sperimentali. Poi, bisogna conteggiare i finanziamenti per “compensazione” alle popolazioni (termine assai poco chiaro) che ammonteranno a 3-4000 euro/anno per MWe installato: in pratica, una centrale da 1.600 MWe sborserà a “qualcuno” circa 6 milioni di euro l’anno. Nel decreto recentemente approvato, si parla addirittura di “interventi a pioggia” per tutti: Comuni, Province, sconti sull’IRPEF, sulle forniture elettriche…ancora…roba da Babbo Natale Atomico, mica scherzi. Saremo curiosi di verificare, dopo le elezioni regionali, quando si saprà chi si “beccherà” la centrale sulla cocuzza – prima no, ovvio, votate tranquilli… – quante di queste “piogge” di denaro rimarranno. Bisogna stare attenti quando si parla di provvedimenti a favore della popolazione, perché quei soldi s’intendono dati agli amministratori locali, che sono cosa assai diversa dalle popolazioni. Scusate il sospetto, ma i trucchi delle tre carte di Tremonti li conosciamo da tempo: magari “cartolarizzerà” quei benefici, “spalmandoli” in 25 esercizi finanziari…roba del genere…ma la centrale arriverà, sicuro. Cioè, sicuro: forse. Calcolando benefici a “pioggia”, costi di costruzione e quant’altro…chiudiamo la faccenda a 7 miliardi di euro per una centrale da 1.600 MWe per 25 anni? Senza considerare, ovviamente, l’Uranio, il personale, le scorie… I sostenitori del nucleare affermano che la “forza” di quel sistema è una produzione continua, senza interruzioni: falso. Anche le centrali nucleari, come tutti i sistemi complessi, necessitano di manutenzione: altrimenti, si spalancano veramente le porte dell’Inferno Nucleare. E’ appena passato Natale e vogliamo essere generosi: concediamo a quelle centrali di produrre alla massima potenza per l’80% del tempo, da quando entreranno in funzione (circa 2020) al 2045. Una centrale da 1.600 MWe produrrà, in un anno (all’80%), circa 11,2 milioni di MWh (11,2 TWh), in 25 anni 280 milioni di MWh (280 TWh). Quanta potenza elettrica di fonte eolica sarebbe possibile installare con 7 miliardi di euro? Calcolando il costo di 1 MW di potenza eolica installato in mare – lontano dalla costa, su piattaforma ancorata, invisibile da terra – in 1,3 milioni di euro (+ 25-30% rispetto agli impianti a terra, potrebbero essere installati 5.385 MW. Quanto produrrebbero in 25 anni? Siccome le mappe eoliche del CESI stimano nella aree marine del basso Adriatico, del Canale di Sicilia e del Sud della Sardegna (fondali inferiori ai 100 m) una produzione alla massima potenza per +3.000 ore l’anno, quegli aerogeneratori produrrebbero, sempre in 25 anni, circa 404 milioni di MWh (404 TWh). 124 TWh in più della centrale nucleare! Crediamo bene che gli alfieri della “estetica ambientale” si spellino la lingua, in TV, contro l’eolico: potremmo addirittura ipotizzare che qualcuno paghi, e parecchio, per tanto fervore! Difatti, negli altri Paesi stanno abbandonando il nucleare per investire nell’eolico: lo fa, addirittura, l’ENEL in Texas! 124 TWh in più senza considerare che la manutenzione dell’eolico è infinitamente meno onerosa rispetto ai costi del materiale fissile, del personale e della custodia delle scorie (peraltro, ben lontana dal trovare una soluzione)! A questo punto c’è la solita obiezione: le rinnovabili non sono affidabili poiché intermittenti, poco costanti. Ciò è vero, e sarebbe una follia affidarsi al solo eolico. Carlo Rubbia – oramai solo “di passaggio” in Italia – non ha mancato di “tirare le orecchie” al governo per lo strampalato piano energetico di Scajola & Co: riteniamo che un Nobel italiano, il quale sta operando proprio nel campo delle rinnovabili (solare termodinamico), almeno il diritto di togliersi qualche sassolino dalla scarpa (per come è stato trattato…) ce l’abbia. In qualsiasi Paese – diciamo solo “normale” – sarebbe Rubbia a stendere il piano energetico, anche perché il solare termodinamico sta funzionando benissimo in Spagna, i tedeschi stanno cercando joint venture per installarlo in Africa, Israele ci sta pensando, così l’Algeria, il Marocco… Insomma, tante nazioni rivierasche del Mediterraneo puntano su sole e vento…e noi – ma saremo proprio i più furbi della nidiata? – pianifichiamo un obbrobrio costoso, tutto d’importazione, meno redditizio e…ancora cantiamo? Un serio piano energetico dovrebbe poggiare principalmente su tre direttrici: solare termodinamico, eolico e biomasse di scarto. Perché? Poiché le energie naturali sono anche energie stagionali, ossia dipendenti dalla meteorologia, dalla stagione, dai capricci del tempo. Se è vero che il solare termodinamico, grazie all’inerzia delle alte temperature generate, riesce a soddisfare anche la richiesta notturna (che è sensibilmente inferiore di quella diurna, circa 1/6), poco può fare quando ci sono prolungati periodi di cielo coperto. In Inverno, ad esempio. Ma, proprio in Inverno, in Primavera ed in Autunno la circolazione dei venti è consistente, favorendo così l’eolico. Il quale, è certamente meno favorito d’Estate (ampia omeotermia nel Mediterraneo, e quindi ridotta circolazione dei venti), quando il termodinamico raggiunge le migliori rese. Ogni anno, poi, in Italia generiamo 30 milioni di tonnellate di scarti dell’agricoltura, della silvicoltura e delle industrie di trasformazione (segherie, ecc): scarti “puliti”, non come i rifiuti, materiali che si possono utilizzare ovunque. Calcolando in circa 4.000 Kcal/Kg l’energia che si può ricavare da quegli scarti, essi corrispondono all’incirca a 12 MTEP, ossia a 12 Milioni di Tonnellate di Petrolio, circa il 6% del fabbisogno energetico nazionale. Di più: proprio perché quegli scarti non inquinano, potrebbero essere utilizzati in un ciclo combinato, ossia per produrre energia elettrica e riscaldare le abitazioni con il vapore esausto delle turbine. Oggi, nelle centrali termoelettriche, il rendimento non supera il 35%: la gran parte dell’energia se ne va, sprecata, nei fiumi e nel mare, nelle acque usate per il raffreddamento nei condensatori. Nelle centrali a ciclo combinato – proprio perché il calore non viene dissipato bensì utilizzato per riscaldare le case – il rendimento raggiunge già oggi il 60%, ma con l’affinarsi delle tecnologie potrebbe migliorare. Vorremmo proporre una considerazione ed un’esortazione. Abbiamo fior fiore di tecnici e ricercatori, bravissimi, in grado di progettare e migliorare qualsiasi settore energetico: sanno fare bene il loro lavoro, al punto che alcune piccole industrie lavorano come sub-contraenti per l’industria eolica. Abbiamo aziende in grado di produrre meccanica di precisione, elettronica di supporto, ecc: non sono questi i problemi. Mancano filosofi. Ci vogliono persone in grado di dialogare, di proporre, di valutare – senza pelli di salame agli occhi – le future scelte. Avere un Rifkin sarebbe chiedere troppo? Forse mi sono sbagliato, i “filosofi” ci sono: non mancherà, per caso, chi li dovrebbe interpellare? Ad ascoltare certe fregnacce televisive, il dubbio viene. E veniamo all’esortazione. Prima di gettare nel nucleare del 2020 miliardi che, per ora, manco ci sono, perché non modificare il piano energetico – a questo punto suddiviso su più esercizi finanziari e con “ritorno” quasi immediato degli investimenti, non nel 2020 – su quelle tre direttrici come esperimento pilota? Tralasciamo, in questa sede, altre forme d’energia, il risparmio energetico e il dilemma di scegliere fra grandi impianti oppure sistemi per l’autosufficienza energetica: la questione diverrebbe troppo complessa, e ci torneremo in un prossimo articolo. Restringendo l’indagine a questi soli tre sistemi di produzione energetica: quale scenario potremmo ipotizzare? Alcune centrali termodinamiche nel Sud, “campi” eolici in mare e centrali a biomasse laddove c’è più produzione di scarti agricoli. Poi, fra pochi anni – da tre a cinque, non nel 2020 – potremmo già tracciare delle conclusioni, verificare i problemi, migliorare i sistemi, ecc. Distribuendo i campi eolici al limite delle acque territoriali (12 miglia, circa 23 Km, invisibili da terra), in tre zone ben definite: le coste adriatiche pugliesi, il Canale di Sicilia e l’area a Sud di capo Teulada, l’incostanza del sistema eolico sarebbe compensata dalla distanza poiché, chiunque abbia un minimo d’esperienza di mare, sa che è praticamente impossibile avere le medesime condizioni di vento in aree così distanti. Le centrali a biomasse potrebbero sorgere nei pressi di grandi città della pianura padana (forte produttrice di scarti agricoli), così da non incorrere in significative perdite per il trasferimento sulla rete elettrica di distribuzione e facilitando, per la stessa ragione, il teleriscaldamento delle abitazioni. Funzionando prevalentemente durante l’Inverno, compenserebbero la scarsa produzione termodinamica. Un’accorta programmazione – dato che il trasporto delle biomasse è uno dei principali fattori di costo – prevedrebbe, in parallelo, di riattare la rete fluviale italiana, dal Po ai canali limitrofi, compresa l’area veneta, ed un maggiore impulso alla navigazione di cabotaggio. Sono interventi non molto costosi, per altro finanziabili in parte con fondi europei. Per le centrali termodinamiche servono poche parole: che fine ha fatto la modesta centrale sperimentale di Priolo Gargallo, appaltata all’ENI per la costruzione e la messa in esercizio? Di questo passo, potremmo dare in appalto l’Arma dei Carabinieri ad una holding paritetica fra Mafia, Camorra e N’drangheta. In realtà, il termodinamico sta avanzando nel Pianeta, e in Spagna stanno passando dalle prime centrali da 50 MW a quelle, in fase di progettazione, da 300 MW. Se e quando funzionerà Priolo Gargallo, sarà una delle prime centrali progettate, ma avrà la minor potenza fra tutte le altre: 5 MW. Tutto questo, nonostante Rubbia abbia dimostrato che una superficie di specchi pari a quella compresa all’interno del raccordo anulare di Roma provvederebbe, da sola, ad un terzo del fabbisogno nazionale. Concludendo, potremo riassumere la faccenda in poche considerazioni. I dati sui costi reali dell’energia nucleare sono soggetti ad una continua disinformazione e facciamo notare che, nella nostra analisi, non abbiamo considerato i costi dell’Uranio né quelli del personale e neppure la custodia delle scorie, assai onerosa, come avevamo già analizzato nel nostro “Vattelapesca forever”. Programmare delle centrali per il 2020 è un’operazione molto azzardata, poiché il costo dell’Uranio ha goduto, dal 1990 in poi, di un importante calmiere del prezzo, dovuto allo smantellamento di moltissime testate belliche del dopoguerra (gli accordi SALT, ecc). Oggi, quella “manna” è terminata, ed il prezzo dell’Uranio – che influisce sulla produzione elettrica per un 5-10% – è in costante aumento. Nel 2020 non sappiamo a quanto arriverà il prezzo del minerale, poiché dieci anni – in mercati così volatili – possono riservare di tutto: vento, sole ed acqua costeranno quanto costano oggi, cioè niente. Le tecnologie per captare le energie naturali, al contrario, man mano che s’affinano e migliorano abbassano il costo del KWh prodotto. Da ultimo, ricordiamo che il costo d’impianto oggi stimato per il nucleare è di 2,2 milioni euro per MW, mentre quello dell’eolico è di un milione per le installazioni a terra e di 1,3 milioni per quelle in mare. Perciò, la scelta insensata va oltre la querelle sulla sicurezza delle centrali: si costruiscono obsoleti macinini ad Uranio e non si guarda oltre. Siamo un paese vecchio, che teme le novità, la ricerca, la sperimentazione. Nuove verità che affossino antiche credenze mettono in dubbio false sicurezze: ma, le false certezze, sono destinate da sole a crollare. Non siamo ingenui: conosciamo perfettamente la ragione che conduce l’Italia lontano dalle fonti rinnovabili e ad affidarsi, quando quasi tutti gli altri lo stanno abbandonando, al nucleare. Qualsiasi produzione energetica che necessiti di un rifornimento costante di materiali produce flussi di denaro e, su quei flussi di denaro, la corruzione crea enormi ricchezze per i soliti noti. Per quanto ci possa consolare il pensiero che corruzione e lobbismo siano radicati ovunque, non c’è terra dove la corruzione sia quasi “istituzionale”, come avviene in Italia. Condite “l’insalata nucleare” italiana con un po’ d’ignoranza e tanta voglia di soldi sicuri da distribuire ai famelici appetiti della politica e dei baroni dell’economia, ed ecco la risposta. La questione si sposta dunque dal settore tecnico alla politica: ci rendiamo conto che, per molti, questa è la classica scoperta dell’acqua calda, ma riteniamo che ogni tanto sia necessario “rinfrescare” le idee. Soprattutto a coloro i quali, dopo le elezioni regionali, si vedranno “recapitare” una centrale nucleare sulla cocuzza: mentre ENEL ed ENI si fregheranno le mani contente – e con esse il Tesoro, che ha importanti partecipazioni azionarie in entrambe le holding – quei “fortunati” vedranno le loro abitazioni precipitare ad un terzo del loro valore. Contenti loro. Cosa possiamo fare? L’unica forza politica che ha lanciato una petizione contro la costruzione delle centrali nucleari è stata “Per il Bene Comune”, la quale ha consegnato le prime 50.000 firme alla Presidenza della Repubblica, senza che – fino ad ora – sia giunta risposta (se gli amici di PBC hanno novità in merito, saremmo felici se ci aggiornassero, nei commenti o direttamente all’autore). PBC non ha passato sotto silenzio che il referendum del 1987 fu un pronunciamento contro l’energia nucleare nel nostro Paese: si potrà affermare che il meccanismo di qualsiasi referendum abrogativo prevede l’abolizione di una norma, come in quel caso furono abrogate le norme che prevedevano l’impianto delle centrali di Caorso e di Montalto di Castro (semplifico un po’ la questione). In pratica, furono abrogate le norme per quelle centrali, ed oggi ci sono nuove norme (emesse dall’attuale governo) che, per essere parimenti abolite, necessiterebbero di un altro referendum. Questo è il “corso” giuridico. Non ci si può, però, nascondere dietro ad un dito perché gli italiani – concediamo che la vicenda di Chernobyl abbia, all’epoca, modificato i consensi – si pronunciarono chiaramente contro il nucleare. Oggi, sono favorevoli? Per niente. Secondo una ricerca effettuata da “Il Sole 24 ore”– che non è certo una fonte “comunista” – solo il 26,3% degli italiani è disposto ad accettare una centrale sul proprio territorio. E, tutto questo, nonostante il buon Mannehimer si sia tanto dato da fare per organizzare – lo scorso 12 Novembre 2009 – un bel convegno con un titolo che era tutto un programma: “Energia nucleare: la gestione del consenso”. Insomma, ‘sti italiani sono contrari, lo erano già nel 1987: come facciamo a farli cambiare opinione? Va da sé che se la sono “sparata” fra di loro e basta: di voci contrarie, manco l’ombra. Il buon Mannheimer deve aver fatto un bel flop, tanto che il governo sarà costretto a militarizzare le aree delle centrali. E l’opposizione? L’UDC è favorevole, mentre Di Pietro ha recentemente dichiarato di voler promuovere due referendum abrogativi, contro il nucleare e la privatizzazione dell’acqua. Ma, Di Pietro, è la stessa persona che si alleò con il Presidente della Regione Molise Iorio (all’epoca, Forza Italia) contro il primo “campo” eolico italiano off-shore. La vicenda è comica, e la trattammo in “Venti nucleari. Farà seguire alle parole i fatti? Ah, saperlo… Non è il caso di chiederlo al PD – che, paradossalmente, si dichiara contrario al nucleare e favorevole all’eolico – per il problema che, loro, prima dovrebbero trovare il PD. Perciò, l’unica via da seguire è appoggiare PBC nella sua petizione e chiedere, finalmente, a Pietruzzo cosa vuol fare da grande. Ha un partito, è in Parlamento, può lanciare la raccolta di firme: il 75% degli italiani non vuole quelle centrali. Se ci sei, Pietruzzo, batti un colpo: altrimenti, taci.

Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.com/
Link: http://carlobertani.blogspot.com/2010/01/arriva-il-bengodi-nucleare.html

19/01/10

18/01/10

PASSAPAROLA - 18/01/2010

COMMOZIONE INDOTTA


Un paio di anni fa, a Roma, nel popoloso quartiere di Porta Pia, un portinaio che stava pulendo delle vetrate al quarto piano di un palazzo perse l'equilibrio e precipitò sul selciato, morto. La gente che passava aggirava il cadavere oppure disinvoltamente lo scavalcava, badando bene a non inzaccherarsi le scarpe. La settimana scorsa passavo per via Fabio Filzi, a Milano, una strada piena di negozi e di gente. Un uomo era riverso per terra, la testa fra il basello del marciapiede e la strada. La gente passava, guardava e tirava dritto. Lo feci anch'io. Avevo fretta. Ma dopo cinquanta metri mi bloccai. “Ma sono diventato pazzo, indifferente a tutto, disumano, solo perché potrei mancare un appuntamento che mi preme?”. Ritornai sui miei passi e mi chinai sull'uomo. Era un ubriaco in coma etilico. Poiché era caduto proprio davanti a un grande magazzino, una Upim mi pare, chiesi alla guardia giurata che vi stazionava davanti se aveva chiamato l'ambulanza. “No” rispose. “La chiami”. “Non è affar mio”. “Come non è affar suo? È affare di tutti”. “È solo ubriaco”. “Ma non vede che sta male?”. Intanto poiché io mi ero fermato ed ero chino sull'uomo si era formata una piccola folla di curiosi. Ma non faceva nulla, era lì solo per godersi lo spettacolino fuori ordinanza. Quando succedono tragedie come quella dell'Aquila o di Haiti gli italiani sono prontissimi a metter mano al portafoglio. Vespa raccontava l'altra sera che solo attraverso il suo programma aveva raccolto quattro milioni di euro. E anche questa volta, per la ben più lontana Haiti, gli italiani si sono mossi con rapida generosità. C'è un legame fra questi comportamenti apparentemente così contraddittori? Sì. L'uomo ha una capacità limitata di emozionarsi, di soffrire per gli altri, di solidarizzare. Non può farlo per il mondo intero. Invece la Tv globalizzata lo costringe a questo esercizio. Un tempo, poiché non vedevamo nulla, ci importava assai poco di un terremoto ad Haiti, per quanto terrificante. In una bella commedia anni '50, "Buonanotte Bettina", Walter Chiari si chiedeva: “Se schiaccio un bottone e muore un cinese in Cina ho veramente ucciso qualcuno?”. La distanza contava. Oggi la Tv ha abolito questa distanza. Ma a noi di un terremoto ad Haiti continua a non importarci nulla. Però, poiché, diversamente da Walter Chiari, che non vedeva il cinese ucciso in Cina, ci sentiamo in colpa per questa indifferenza, ci precipitiamo a mandare denaro. Ma questa mitridatizzazione delle emozioni, cui ci costringe la continua sollecitazione dei media, finisce per colpire anche il nostro vicino, colui che potremmo veramente e concretamente aiutare o per il quale potremmo provare un'autentica compassione. Ho vissuto per una decina di anni fra Italia e Svizzera (avevo una fidanzata che abitava a Lugano) e ho potuto notare che gli svizzeri sono instancabili, ancor più degli italiani, nello staccare assegni per qualsiasi calamità che capiti in qualsiasi posto del mondo. Nel periodo in cui ero lì un immigrato italiano, un giorno, prese un kalashnikov e fece fuori, d'un colpo, sei svizzeri (con la sotterranea soddisfazione della comunità italiana di Lugano). Quale il movente? Viveva da vent'anni nella Confederazione e non era riuscito a farsi un solo amico svizzero. La Modernità ha abolito le distanze. Noi siamo in contatto, via Tv o Internet, con il mondo intero. Con tutti e con nessuno. Conosciamo tutti ma non il vicino della porta accanto. Spargiamo la nostra emotività per tutto l'orbe terracqueo ma, al momento del dunque, non siamo in grado di riservarla al vicino, al vero "prossimo", che è colui che possiamo toccare e che, come nota lo psicologo junghiano Luigi Zoja in uno splendido libro, è scomparso dalla nostra vita ("La morte del prossimo", Einaudi).

Massimo Fini

17/01/10

L’H1N1? UNA TRUFFA COLOSSALE


L'influenza A, le cui conseguenze per settimane hanno tenuto in allarme milioni di persone, in realtà era una "falsa pandemia" orchestrata dalle case farmaceutiche pronte a fare miliardi di euro con la vendita del vaccino: l'accusa arriva da Wolfang Wodarg, il presidente tedesco della commissione Sanità del Consiglio d'Europa. Wodarg ha anche accusato esplicitamente le industrie farmaceutiche di aver influenzato la decisione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità di dichiarare la pandemia. Pesante il j'accuse di Wodarg, ex membro dell'Spd, medico ed epidemiologo, secondo cui le multinazionali del farmaco hanno accumulato "enormi guadagni" senza alcun rischio finanziario, mentre i governi di tutto il mondo prosciugavano i magri bilanci sanitari spendendo milioni nell'acquisto di vaccini contro un'infezione che in realtà era poco aggressiva. Wodarg ha fatto approvare una risoluzione nel Consiglio d'Europa che chiede un'inchiesta sul ruolo delle case farmaceutiche; e sulla questione il Consiglio d'Europa terrà un dibattito a fine mese. La denuncia, riportata con grande evidenza dal Daily Mail, arriva qualche giorno dopo quella secondo cui i governi di mezzo mondo stanno cercando di sbarazzarsi delle milioni di dosi di vaccino, ordinate all'apice della crisi. Il Mail ricorda che, in Gran Bretagna, il ministero della salute aveva previsto 65.000 decessi, creato una linea-verde e un sito web per dare consigli, sospeso la regola che vieta di vendere anti-virali senza prescrizione medica; furono allertati gli obitori e persino l'esercito, che doveva essere pronto a entrare in campo qualora si fossero verificati tumulti tra la popolazione a caccia dei farmaci. Secondo Wodarg, il caso dell'influenza suina è stato "uno dei più grandi scandali sanitari" del secolo. Le maggiori aziende farmaceutiche, secondo Wodarg, sono riuscite a piazzare "i propri uomini" negli "ingranaggi" dell'Oms e di altre influenti organizzazioni; e in tal modo potrebbero aver persino convinto l'organizzazione Onu ad ammorbidire la definizione di pandemia, il che poi portò, nel giugno scorso, alla dichiarazione di pandemia in tutto il mondo. "Per promuovere i loro farmaci brevettati e i vaccini contro l'influenza, le case farmaceutiche hanno influenzato scienziati e organismi ufficiali, competenti in materia sanitaria, e così allarmato i governi di tutto il mondo: li hanno spinti a sperperare le ristrette risorse finanziari per strategie di vaccinazione inefficaci e hanno esposto inutilmente milioni di persone al rischio di effetti collaterali sconosciuti per vaccini non sufficientemente testati". Wodarg non fa alcun nome esplicito di persona in conflitto di interessi; ma lo scorso anno il Daily Mail aveva rivelato che Sir Roy Anderson, uno scienziato consulente del governo britannico sull'influenza suina, fa parte del consiglio d'amministrazione della GlaxoSmithKline. L'azienda farmaceutica, che produce antinfluenzali e vaccini, ha immediatamente replicato alle accuse, definendole "sbagliate e infondate".

Fonte: AGI

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