15/09/10

LA VERITÀ SCIENTIFICA


A proposito del post "Cancro spa: leggere attentamente le avvertenze" scrive Michele:

C’è tutta una serie di aggettivi che si presta a descrivere questo post. Volendo sceglierne uno mi sembra azzeccato “allarmante”. E non per il contenuto in sé, ma per il cattivo servizio verso il lettore medio che di fronte a questa pagina di terrorismo continuerà a guardare con sospetto verso la medicina e la cultura scientifica in generale (e pazienza se chi questo pregiudizio non ce l’ha viene superficialmente tacciato di scientismo). Quanto a chi lo posta, il termine “scorretto” è il minimo che si possa dire. Aldilà dei presunti dati sbandierati, quello che fa più male è ciò che non viene detto (ad esempio che quelle cure pesantissime permettono che al giorno d’oggi siano di più le persone che guariscono rispetto a chi non ce la fa) e ciò che palesemente si ignora (ad esempio che la tossicità intrinseca di una sostanza non vale fondamentalmente niente. E’ la dose a determinare la tossicità [leggi Paracelso] e quindi la più pericolosa delle sostanze, con tutti i limiti e i compromessi del caso, nelle mani di persone competenti è effettivamente un rimedio. Perfino il principio attivo dell’aspirina nelle schede di sicurezza dei prodotti chimici è indicato come “nocivo per ingestione”, eppure…). Tornando alla scorrettezza, che a mio modesto avviso è il perno della questione, il problema è che si dà per scontata la credibilità dei signori protagonisti del post, o meglio è quello che il lettore tende a fare nel caso (come questo) il “postante” non fornisca ulteriori precisazioni. Per fortuna ci viene in soccorso(ironia della sorte) il termine “omeopatia” disseminato in mezzo all’articolo, che fa suonare un campanello d’allarme. Indagando si scopre allora facilmente che Luigi De Marchi era un sostenitore dell’analisi bioenergetica, che Alberto Mondini (citato in bibliografia) dopo una decina d’anni dalla dimostrazione del clamoroso flop è ancora fissato con il metodo Di Bella, che Marcello Pamio crede nella memoria dell’acqua, ecc. Insomma tutta gente fissata con il complottismo delle industrie farmaceutiche, le teorie olistiche e le “pratiche mediche non convenzionali”e che soprattutto non ha la minima idea di dove stia di casa il metodo scientifico. Perché allora dico io, su un tema così importante come la salute dobbiamo dare credito a questi individui?
Concedo all’Orco che si tenga conto della poesia quando si dibatte della luna, ma qui stiamo parlando di cose troppo serie (mi perdonino gli astrofili) per permetterci la poesia.
Saluti.

Michele (Vinante n.d.r.)

Caro Michele, le ragioni di questo blog, presuntuosamente, non sono quelle di raccogliere certezze ma, casomai, di seminare dubbi. Capisco che per te sia intollerabile leggere un articolo irriverente nei confronti del “rigore scientifico”. Trovo comunque paradossale che tu tacci di terrorismo psicologico un libro scritto da persone comunque competenti, pur non allineate alla verità ufficiale, che dubita dell’efficacia di una terapia a dir poco terrificante. Da profano lettore del pezzo, mi pare di poter dire che lì non si metta in discussione la scienza in senso lato ma quella specifica pratica medica, la chemioterapia, ufficialmente riconosciuta come unica metodologia, o quasi, ante o post operatoria di lotta al cancro, basata su presupposti discutibili. Detta brutalmente essa equivale al darghe zó fòrt, come si dice a Trento, usato in agricoltura per disinfestare le colture dalle erbacce parassitanti. La differenza sta nel fatto che con la chemioterapia il darghe zó fòrt non lo si pratica su una coltura di patate o di fragole ma su un corpo umano già debilitato dalla malattia. L’intento, in questo secondo caso, non è quello di salvare la coltura, ma di salvare quel corpo dalla tragica magagna che lo sta annientando. In sostanza si somministra a tutto l’organismo una bomba chimica nell’intento di annichilire il male, cercando contemporaneamente di compromettere il meno possibile le funzionalità complessive dell’organismo. Dopodiché, se alla “cura” il fisico resiste, bene, sennò amen. Generalmente (rare eccezioni a parte), dopo aver ulteriormente debilitato il paziente con quei cocktail chimici micidiali, il risultato è amen. Checché tu ne dica le statistiche di sopravvivenza purtroppo parlano chiaro. Detto ciò non si può tacere dell’inverecondo business prodotto grazie a quei cocktail dall’industria farmaceutica sulla pelle di chi in quel dramma si trova. Francamente, in quella ortodossia medica a te cara non vedo nulla di più etico, o di meno immorale, delle metodologie di cura alternative del vituperato professor Di Bella. Ma al di là della questione in sé, lo scopo di tutto quello che qui si pubblica, come già detto, è sollevare dubbi e curiosità rispetto alle opinioni correnti e ai luoghi comuni. Chi legge non è obbligato a credere a ciò che è scritto. Ogni lettore, se vuole, può valutare e confrontare altre fonti. Qui si fanno proposte di lettura, non si impone nulla. Ben vengano dunque le considerazioni degli scientisti convinti, così come quelle eventuali di segno opposto. E a proposito di scientisti convinti (e di dubbi) approfitto dell’occasione per chiederti come si possa scientificamente spiegare il fatto che molti di essi si professino credenti e appunto credano a quel castello di invenzioni e assurdità (scientificamente parlando) messo in piedi dalla Chiesa, in 2000 anni di storia, a sostegno e consolidamento della sua dominazione culturale, frequentino la messa ogni domenica e nelle festività comandate, si accostino pure ai sacramenti, con imperturbabile serenità, e poi inveiscano nei confronti di chi manifesta il dubbio che non tutto possa essere ricondotto e spiegato razionalmente. Che sia disonestà intellettuale?

L’Orco

3 commenti:

  1. Concisamente, da scientista poco convinto, mi limito a difendere il diritto di sollevare dubbi. Razionale ed irrazionale convivono quotidianamente, e questo dovremmo sempre ricordarlo.

    Vorrei però opinare sullo stile del post in questione, che decisamente non mi piace. La serie di dati sfornati fa apparire scientifico un pezzo che non lo è affatto. A mio parere, la prospettiva da cui si dovrebbe vedere la questione, ammesso che si vogliano sollevare (sacrosanti) dubbi sull'"obbligo" di curarsi, sarebbe meglio fosse meramente filosofica, senza un'inutile carrellata di dati che, per gente che non si affida al metodo scientifico, non dovrebbero dire proprio niente.

    lor.

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  2. Che tu sia libero di proporre i contenuti che ritieni opportuni, come vi è libertà di opinione, siamo d’accordo. Possiamo anche dissentire sui dati di persone salvate dalla chemio. Ciò che mi pare irresponsabile e quindi non in linea con il tuo alto senso etico (che sinceramente e senza ironia ritengo tale) è il rifiuto verso questo compromesso, del quale nessuno si sogna mettere in discussione i pesanti limiti, tanto meno spacciarlo per panacea (alla faccia della scienza infallibile). In pratica: ammettiamo che come dici tu il numero di “superstiti” sia una percentuale bassa. L’alternativa, ovvero rinunciare a queste terapie, mi spiace ma è morte certa. Ed ecco perché è eticamente discutibile rivendicare il diritto (e quindi indirettamente fare pubblicità) alla pratica Di Bella, quando a fronte di poche miracolose guarigioni (anche la scienza non spiga tutto) tante e tante persone compromisero la loro vita seguendo un metodo che al suo stesso creatore (un chimico per altro) era sfuggito di mano e che un “competente e lungimirante” pretore, sull’onda dell’emotività popolare, aveva imposto di liberalizzare prima di un’accurata sperimentazione. [continua]

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  3. Quanto all’obiezione finale, in poche parole, io persisto nel non sentirmi inquadrato nello schema che tu mi imponi. Credo presuntuosamente di usare la ragione (e altrochè se il dubbio e la critica non vi hanno a che fare) assieme a qualche nozione che lo studio e la mia professione mi insegnano e di comportarmi di conseguenza. Questo non mi impedisce di concepire un disegno superiore che dia origine a tutte le leggi che regolano la natura. Per quel che riguarda la rappresentanza terrena di questo disegno considero i miei pensieri in merito tutt’altro che accondiscendenti; quanto ai riti collegati, il grado di coinvolgimento personale, alto o basso che sia, lo trovo un fatto troppo privato per risponderne in questa sede.
    M.

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