01/09/10

LA VELINA ISLAMICA


Ci mancava la velina islamica, dopo la donna tangente. Degna commistione fra due paesi mediterranei diversamente retrogradi, ma entrambi contraddistinti dall’abitudine a trattare la femminilità come ornamento del potere. Naturale quindi che anche la velina islamica sia vincolata alla consegna del silenzio, come il suo corrispettivo che va in onda a ogni ora del giorno e della notte sulle tv del Belpaese. Il silenzio è requisito della sottomissione, e come tale lo impone la zelante agenzia Hostessweb, pena il mancato pagamento delle centinaia di ragazze scritturate a modica tariffa, confidando sul loro bisogno di lavorare. La religione, com’è ovvio, non c’entra nulla. Nessun buon musulmano prende sul serio Gheddafi, né il suo appello alla conversione islamica dell’Europa. Se davvero la suprema Guida della Jamahiriyya fosse mosso da intenti di proselitismo, avrebbe convocato intorno a sé un pubblico misto di interlocutori, non si sarebbe rivolto a un’agenzia di hostess precisando che servivano signorine bella presenza, provocanti ma non troppo, secondo il gusto maghrebino. C’entra invece, eccome, il bisogno di dimostrare che la grazia e la sensualità possono essere comprate col denaro. Il dittatore libico si rivolge al suo popolo prospettandogli la meraviglia delle belle donne da marito di cui l’Italia è percepita anche laggiù come il giacimento. Lui può permettersele, i suoi sudditi vedremo. Nessuna altra capitale europea avrebbe tollerato il ripetersi, per tre volte in un anno, di una simile esibizione. Ma l’Italia è la patria delle veline, dove d’estate è normale che un sedicente rivoluzionario autore televisivo impieghi pure anziane signore nella parodia ossessiva dell’avanspettacolo, e dove perfino il capo del governo rincorre il mito dello sciupafemmine per sentirsi amato. Perché negarci dunque l’eccesso fantasioso della velina islamica? Nonostante gli oltre quarant’anni ininterrotti al potere, in fondo Muammar Gheddafi resta pur sempre meno anziano rispetto al nostro presidente del consiglio. Hanno in comune la maschera patetica di chi insegue la longevità con camuffamenti giovanilistici. Da questo punto di vista, sono leader intercambiabili. Se oggi Berlusconi minimizza di fronte allo squallore dei raduni di giovani femmine italiane sottomesse, che Gheddafi non oserebbe mai convocare in un santuario di preghiera islamica, e si limita a definirli “folklore”, non è solo per imbarazzo diplomatico. Lui che per anni ha esercitato un indubbio potere seduttivo sulla maggioranza delle donne italiane, soffre di una vera e propria mutilazione culturale: vittima del suo stesso anacronismo, gli è preclusa la sensibilità necessaria anche solo a figurarsi le donne al di fuori di una dimensione subalterna. Gli verrebbe più facile parlare arabo che notare un evidente problema nazionale come la dignità femminile calpestata. Ora Gheddafi, aspirante colonizzatore di Roma, viene a dirci che in Libia le donne sono più libere che in Occidente. Immagino che lui e il nostro premier scherzeranno, in privato, di tale fandonia. Per quanto tempo ancora?


Gad Lerner

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